Perché i gatti cadono sempre in piedi?
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Perché i gatti cadono sempre in piedi?

e altri misteri della fisica

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Perché i gatti cadono sempre in piedi?

e altri misteri della fisica

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Chi di noi non ha mai guardato un filmato di gatti sul web? Ammettiamolo, sono davvero carini, fanno acrobazie straordinarie e riescono ad atterrare sempre in piedi. Quest'ultima caratteristica è quasi proverbiale e ha contribuito non poco ad alimentare la leggenda delle nove vite dei nostri amici a quattro zampe. Eppure scienziati, matematici e pensatori hanno faticato a capire come fanno i gatti a compiere certi movimenti; le teorie che hanno proposto coinvolgono diverse branche della fisica e della biologia.Gregory J. Gbur ha ricostruito con precisione e arguzia la storia scientifica della sinuosa elasticità dei gatti: l'entusiasmo del XIX secolo – ben prima dell'odierna invasione sui social –, gli esperimenti temerari, il paradosso di Schrödinger, le ipotesi bizzarre e anche l'imbarazzata ammissione della comunità scientifica di non riuscire a comprendere la meccanica dell'atterraggio. Nel 1969 questa elegante mossa felina (battezzata «piega e torci») è stata finalmente spiegata, ma il gatto ha continuato a far parlare di sé: come protagonista di ricerche sul movimento degli astronauti in assenza di gravità, modello per la costruzione di robot in grado di rimettersi in piedi senza danni o persino come autore di articoli universitari.Perché i gatti cadono sempre in piedi è un'ode ai felini, alle loro misteriose doti fisiche e alle capacità straordinarie che hanno affascinato nei secoli pensatori e scienziati, contribuendo a graffianti rivelazioni sul funzionamento e sulla natura dell'universo.

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Informazioni

Anno
2020
ISBN
9788865768150

1. Fisici famosi affascinati dalla caduta dei felini

Nella storia della fisica dell’Ottocento, forse nessun nome è illustre quanto quello di James Clerk Maxwell. Nato in Scozia nel 1831, al momento della sua morte precoce nel 1879 aveva dato contributi a molteplici campi della scienza e dell’ingegneria. Il suo più grande risultato fu l’unificazione teorica dell’elettricità e del magnetismo – ritenuti per millenni forze fisiche indipendenti – in un unico fenomeno fondamentale, l’elettromagnetismo. Nel 1860 Maxwell partì da un insieme eterogeneo di osservazioni compiute da altri fisici, le distillò in un sistema di equazioni completo e coerente e mostrò che queste equazioni prevedevano che l’elettricità e il magnetismo potessero unirsi a formare onde elettromagnetiche viaggianti. Si spinse ancora oltre e chiarì che la luce visibile, a lungo considerata distinta dall’elettricità e dal magnetismo, è in realtà un’onda elettromagnetica.
Si può dire che la scoperta di Maxwell segni l’inizio dell’era moderna della fisica, in cui si ritiene che tutte le forze fisiche conosciute siano manifestazioni di una singola forza fondamentale; il sistema di equazioni ottenuto da Maxwell è ora noto in suo onore come equazioni di Maxwell.
Maxwell aveva anche la reputazione di lanciare gatti.
Si guadagnò questa peculiare fama durante gli studi universitari, che iniziò all’Università di Edimburgo nel 1847, all’età di sedici anni.
Nel 1850 si trasferì al Trinity College di Cambridge, dove studiò matematica e svolse ricerche sulla percezione umana del colore. Dopo essersi distinto come uno dei migliori studenti, rimase per due anni al Trinity come ricercatore. Fu in quel periodo che trascorse alcune ore di ozio a studiare il modo preciso in cui un gatto che cade riesce apparentemente ad atterrare sempre sulle zampe.
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James e Katherine Clerk Maxwell, 1869. Non si sa se James abbia fatto cadere anche il cane. Wikimedia Commons.
Nel 1870 Maxwell tornò alla sua alma mater e scoprì che le storie dei suoi esperimenti sui gatti si erano gonfiate in sua assenza. Raccontò la situazione in una lettera alla moglie, Katherine Mary Clerk Maxwell:
Si tramanda al Trinity che quando ero qui ho scoperto un metodo per lanciare un gatto in modo che non atterrasse sulle zampe e che ero solito scagliare gatti dalla finestra. Ho dovuto spiegare che l’oggetto della ricerca era scoprire a che velocità ruota un gatto e che il metodo giusto consisteva nel far cadere il gatto su un tavolo o un letto da circa cinque centimetri e anche così il gatto atterra in piedi.1
Maxwell sembra scusarsi nella lettera a Katherine e la rassicura di non aver fatto del male a nessun gatto. Per quanto i suoi esperimenti fossero singolari, è pur sempre sorprendente che fossero diventati una leggenda nel giro di appena vent’anni.
Maxwell non era l’unico scienziato famoso della sua epoca a interessarsi alla caduta dei gatti. Il fisico e matematico irlandese George Gabriel Stokes (1819-1903) svolse i propri studi informali nello stesso periodo. Stokes, come l’amico Maxwell, si distinse in giovane età, guadagnandosi l’ambita posizione di professore lucasiano di matematica nel 1849; la conservò fino alla morte. Altri titolari sono lo studioso dei buchi neri Stephen Hawking, il fisico quantistico Paul Dirac, il pioniere dell’informatica Charles Babbage e il «padre della fisica moderna» in persona, Isaac Newton. Stokes meritava sicuramente di entrare a far parte di un novero così illustre, poiché nel corso della sua lunga carriera ha dato importanti contributi alla matematica, alla fluidodinamica e all’ottica. Chiunque si occupi di fisica o matematica ha familiarità con il teorema di Stokes, che ha trovato applicazione letteralmente in tutti i rami della fisica. Il nome di Stokes è anche associato alle equazioni di Navier-Stokes, importanti formule matematiche usate per descrivere il moto dei fluidi (le cui proprietà non sono ancora del tutto comprese). Stokes scoprì inoltre che la fluorescenza, la luminosità degli oggetti sotto una «luce nera», si deve alla conversione della luce ultravioletta, invisibile, in luce visibile.
A questo solido pedigree scientifico Stokes aggiunse alcuni studi informali su come i gatti atterrano in piedi. A quanto pare non lasciò traccia scritta dei suoi esperimenti, ma ne riferisce la figlia in un libro di memorie, diversi anni dopo la morte del padre.
Era molto interessato, così come lo era anche il professor Clerk Maxwell nello stesso periodo, alla rotazione dei gatti, una locuzione coniata per descrivere il modo in cui un gatto riesce a capovolgersi se viene fatto cadere con il dorso in basso e le zampe in alto, vicino al pavimento. Studiava anche gli occhi dei gatti, esaminandoli con l’oftalmoscopio, così come quelli del mio cane Pearl: ma Pearl era assai meno interessato rispetto al cane del professor Clerk Maxwell, in apparenza contento che il padrone gli esaminasse gli occhi.2
È sorprendente che due importanti fisici fossero incuriositi da un fenomeno apparentemente banale come la caduta di un gatto. Nel problema del gatto che cade, quelle due menti brillanti vedevano qualcosa che tanti altri non vi avevano visto; ma cosa? Ci vedevano un segreto.
I gatti sono considerati da lungo tempo come custodi magici di segreti; nel problema del gatto che cade vedremo quanto sia accurata questa idea.
Sfinge del mio tranquillo focolare! che ti degni di dimorare
amico dei miei travagli, compagno del mio agio,
tuo è il sapere di Ra e Ramses;
ciò che gli uomini dimenticano tu lo ricordi bene,
ancora contemplato in fantasticherie baluginanti,
con il cupo sguardo verde mare imperscrutabile.3
 

2. L’enigma (risolto?) del gatto che cade

Se Maxwell e Stokes scorsero qualcosa di interessante e insolito nel problema della rotazione dei gatti, facevano parte di una minoranza molto esigua. Come mostrano i testi pubblicati ai loro tempi, in genere lo si considerava un problema piuttosto banale e già adeguatamente spiegato. La spiegazione tradizionale, tuttavia, era errata; a quanto pare l’errore ostacolò per quasi duecento anni una seria indagine su questa abilità del gatto. Il ragionamento sbagliato è intimamente connesso all’inizio della fisica come scienza formale.
Nella seconda metà dell’Ottocento le spiegazioni della rotazione dei gatti non apparivano sulle riviste scientifiche, ma in libri scritti da amanti dei gatti. In quell’epoca apparvero molti libri così, per contrastare le comuni percezioni negative dei felini. Per secoli la superstizione e l’ignoranza della psicologia felina avevano portato gli abitanti dell’Europa occidentale a rifuggire i gatti. Molte di queste credenze resistono tuttora. I gatti erano ritenuti – e spesso lo sono ancora – egoisti, freddi e indifferenti nei confronti degli esseri umani che li ospitano. I gatti erano personaggi fissi delle storie di stregoneria, in particolare quelli neri; la violenza contro i felini era considerata accettabile, persino ragionevole, e le persone che difendevano i gatti venivano spesso derise apertamente. Come lamenta Charles (Chas.) H. Ross nell’introduzione del suo Book of Cats del 1893:
Un giorno, tanto tempo fa, mi sono reso conto che mi sarebbe piaciuto provare a scrivere un libro sui Gatti. Ho menzionato l’idea ad alcuni amici: il primo è scoppiato a ridere alla fine della mia prima frase e quindi ho evitato di fornire ulteriori dettagli. Il secondo ha detto che c’era già un centinaio di libri sui Gatti. Il terzo ha detto: «Non lo leggerebbe nessuno», e ha aggiunto: «E poi, che ne sai dell’argomento?». E prima che potessi iniziare a spiegarglielo, disse che secondo lui era molto poco. «Perché non i Cani?» mi ha chiesto un amico, come seguendo un’improvvisa ispirazione. «O i Cavalli» mi ha detto qualcun altro; «Magari i Maiali; oppure, aspetta, questa è l’idea migliore in assoluto:…
Il libro degli Asini,
scritto da un loro parente!»1
Nonostante questo atteggiamento sprezzante da parte della società, Ross e molti altri difesero i gatti come animali domestici, amici e creature da ammirare. Per chi li amava, l’opinione altrui riguardo ai propri scritti era proprio irrilevante. William Gordon Stables, nato nel Banffshire, in Scozia, intorno al 1840, ebbe una vita avventurosa e indipendente.2 Quando era ancora uno studente di Medicina diciannovenne al Marischal College di Aberdeen, in Scozia, partecipò a un viaggio nell’Artico su una baleniera groenlandese, e questo fu solo il primo dei suoi viaggi. Dopo essersi laureato in Medicina e specializzato in Chirurgia nel 1862, ottenne un incarico come assistant surgeon (sottufficiale medico) nella Royal Navy, prestando servizio sulla hms Narcissus attorno al Capo di Buona Speranza e poi sulla hms Penguin, che dava la caccia alle navi negriere al largo della costa del Mozambico. Dopo aver servito per due anni in Africa, ne trascorse molti altri di stanza nel Mediterraneo e nel Regno Unito. Nel 1871 problemi di salute lo costrinsero a lasciare la Marina, ma ciò non fermò i suoi vagabondaggi: entrò nella Marina mercantile per altri due anni, in cui navigò attorno alle coste dell’America del Sud e in Africa, in India e nei mari del Sud. Nel 1875, infine, si stabilì a Twyford, in Inghilterra, e iniziò una carriera di scrittore prolificissimo, pubblicando oltre centotrenta libri. La maggior parte erano romanzi di avventure per ragazzi, che attingevano alle sue esperienze personali, ma scrisse anche una serie di libri sugli animali e su come accudirli.
L’opera di Stables oggi ricordata di più è probabilmente la sua guida Cats: Their Points and Characteristics, with Curiosities of Cat Life, and a Chapter on Feline Ailments, che apparve per la prima volta intorno al 1875. Si tratta di un’ampia rassegna di tutto ciò che riguarda i felini: aneddoti divertenti e terrificanti sui gatti, una trattazione delle origini dei gatti domestici, una guida ai problemi di salute dei felini, consigli su come addestrare i gatti, argomentazioni a favore di una legislazione britannica contro le crudeltà sui gatti e, cosa che qui ci interessa in particolare, una spiegazione dell’abilità del gatto di atterrare sempre sulle zampe.
Perché i gatti cadono sempre sulle zampe? A questa domanda non è affatto difficile rispondere. Quando comincia a cadere dall’alto, il gatto ha il dorso verso il basso ed è piegato a semicerchio. Se cadesse così, ne seguirebbero inevitabilmente la frattura della colonna vertebrale e la morte. Ma l’istinto naturale lo induce, dopo che è caduto per qualche decina di centimetri, a distendere improvvisamente i muscoli della schiena e ad allungare le zampe; così il ventre diventa convesso e la schiena concava, alterando il centro di massa e facendolo roteare; quindi deve solo mantenere questa posizione per atterrare sulle zampe.3
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Il modello del gatto che cade secondo William Gordon Stables. Disegno di Sarah Addy.
Questa spiegazione sembra ragionevole e, a quanto pare, era soddisfacente per la maggior parte delle persone curiose dell’O...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Sommario
  3. Prefazione: i gatti sono pazzi
  4. Avvertenza
  5. 1. Fisici famosi affascinati dalla caduta dei felini
  6. 2. L’enigma (risolto?) del gatto che cade
  7. 3. Cavalli in movimento
  8. 4. Gatti su pellicola
  9. 5. Girare e girare
  10. 6. I gatti scuotono il mondo
  11. 7. Il riflesso di raddrizzamento
  12. 8. Gatti nello spazio!
  13. 9. I gatti custodi di misteri
  14. 10. L’avvento dei gatti robotici
  15. 11. Le sfide della rotazione felina
  16. 12. Frane feline e fisica fondamentale
  17. 13. Gli scienziati e i loro gatti
  18. Note
  19. Bibliografia
  20. Ringraziamenti