Tennis, tv, trigonometria, tornado (e altre cose divertenti che non farò mai più)
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Tennis, tv, trigonometria, tornado (e altre cose divertenti che non farò mai più)

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Da anni impegnata nella ricerca della letteratura angloamericana di qualità, minimum fax celebra una delle sue più grandi scoperte, David Foster Wallace, con la riedizione dei titoli che hanno fatto conoscere e amare lo scrittore statunitense anche in Italia. Cinque pubblicazioni, in una nuova veste grafica, che raccolgono le diverse forme letterarie in cui Wallace si è cimentato: la narrativa (La ragazza dai capelli strani, Verso Occidente l'Impero dirige il suo corso), il reportage narrativo e la saggistica (Una cosa divertente che non farò mai più, Tennis, tv, trigonometria, tornado e Il rap spiegato ai bianchi), ottenendo sensazionali risultati di critica e di pubblico. A tre anni dalla sua morte, minimum fax rilancia un autore di culto la cui opera – diventata rappresentativa di un'intera generazione di scrittori – è destinata a conquistare il cuore e la memoria dei giovani lettori per sempre.Pubblicata dopo il successo mondiale di Infinite Jest, che consacrò Wallace come uno dei migliori narratori americani contemporanei, questa raccolta ne rivelò anche il talento di saggista e osservatore del proprio tempo. Esilaranti reportage «dietro le quinte» da un'edizione degli Open Canadesi di tennis e dal set di Strade Perdute di Lynch; fotografie inedite della vita di provincia americana in un Midwest animato da bizzarie metereologiche e chiassose fiere campionarie; geniali riflessioni sul rapporto di odio/amore fra la televisione e la narrativa contemporanea. In sei saggi sui generis, Wallace ci offre un'analisi caleidoscopica della società e della cultura postmoderna condotta al tempo stesso con lo sguardo acuto e distaccato del critico e quello entusiasta del fan, e percorsa da una vena inesauribile di ironia.

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Informazioni

Anno
2018
ISBN
9788875214159
Argomento
Literature

/
David Lynch non perde la testa

1. di quale film parla questo articolo

Strade perdute di David Lynch, scritto da Lynch e Barry Gif-
ford; con Bill Pullman, Patricia Arquette, Balthazar Getty. Prodotto da CIBY 2000, Francia. © 1996 di una certa Asymmetrical Productions, la società di Lynch, i cui uffici sono proprio a fianco della casa di Lynch sulle colline di Hollywood e il cui logo, disegnato da Lynch stesso, è un simboletto molto carino, fatto così:
Logo disegnato da Lynch
Strade perdute è girato a Los Angeles e nel territorio desertico subito alle sue spalle. Le riprese vere e proprie durano dal dicembre ’95 al febbraio ’96. Normalmente Lynch non apre il set al pubblico, prende misure di sicurezza ridondanti e crea un’aria di segretezza quasi massonica intorno alla produzione dei suoi film, ma io dall’8 al 10 gennaio 1996 sono ammesso sul set di Strade perdute. Questo non avviene soltanto perché sono da anni un fanatico ammiratore di Lynch, anche se ho fatto ben presente il mio fanatismo per Lynch quando alla Asymmetrical cercavano di decidere se ammettere o meno uno scrittore sul set. La verità è che ho avuto accesso al set di Strade perdute grazie all’influenza di cui una rivista come Premiere gode nell’ambiente, e perché Lynch e la Asymmetrical si giocano parecchio con questo film (vedi paragrafo 5), e probabilmente sentono che stavolta non possono permettersi di assecondare la loro allergia alle public relations e alla Macchina dei Media come hanno fatto in passato.

2. com’è davvero David Lynch

Non ne ho la più pallida idea. Raramente sono arrivato a meno di un metro e mezzo da lui, e non gli ho mai parlato. Una delle ragioni secondarie per cui la Asymmetrical Productions mi ha lasciato entrare sul set è stata che io non faccio nemmeno finta di essere un giornalista, non ho idea di come si intervisti la gente, e non vedevo il motivo di cercare di intervistare Lynch, il che si è paradossalmente rivelato un vantaggio, dato che Lynch ha fatto capire molto chiaramente di non voler essere intervistato mentre Strade perdute era in fase di produzione, perché quando gira un film è incredibilmente occupato, assorto e concentrato, e può dedicare pochissima attenzione e una minima parte del suo cervello a qualunque altra cosa che non sia il film. Queste potrebbero suonare come cazzate da public relations, ma ho scoperto che è la verità – ad es.:
La prima volta che mi capita di buttare un occhio su David Lynch in persona sul set del suo film, sta pisciando contro un albero. Non sto scherzando. Questo accade l’8 di gennaio al Griffith Park, West L.A., dove si stanno girando alcuni esterni e varie scene di guida di Strade perdute. Lynch è in piedi in mezzo alla sterpaglia a lato della strada sterrata che va dalle roulotte del Campo Base al set, e piscia contro un pino nano. Il sig. David Lynch, un eccezionale bevitore di caffè, a quanto pare piscia molto e spesso, e né lui né la produzione possono permettersi di perdere il tempo che gli ci vorrebbe per fare una corsa giù alla lunga fila di roulotte del Campo Base, fino alla roulotte dove sono i bagni, ogni volta che gli scappa. Per cui, la prima volta che vedo Lynch lo vedo solo di spalle e (com’è intuibile) da una certa distanza. Il cast e la troupe di Strade perdute praticamente ignorano le minzioni di Lynch in pubblico, e le ignorano in una maniera rilassata piuttosto che tesa e imbarazzata, più o meno nel modo in cui uno ignora un bambino che faccia la pipì all’aperto.
piccola curiosità: come si chiama in gergo
la speciale roulotte che ospita i bagni, sul set?
«Honeywagon».

3. film e programmi televisivi creati/diretti
da David Lynch che vengono citati in questo articolo

Eraserhead (1977), The Elephant Man (1980), Dune (1984), Velluto blu (1986), Cuore selvaggio (1989), due stagioni televisive di Twin Peaks (1990-92), Twin Peaks: Fuoco cammina con me (1992) e il programma tv, pietosamente sospeso, On the Air (1992).

4. altri esempi della sua versatilità
da uomo del Rinascimento

Ha diretto video musicali per Chris Isaak; ha diretto il trailer per i cinema del fastoso video di Michael Jackson della durata di mezz’ora, «Dangerous»; ha diretto spot per Obsession di Calvin Klein, Opium di Yves Saint-Laurent, l’Alka Seltzer, la Campagna di Sensibilizzazione Nazionale sul Tumore al Seno35 e il nuovo Piano di Nettezza Urbana di New York. Ha prodotto Into the Night, un album di Julee Cruise con canzoni scritte a quattro mani da Lynch e Angelo Badalamenti, fra cui il tema di Twin Peaks e «Mysteries of Love»,36 che compariva in Velluto blu. Per qualche anno ha disegnato per l’L.A. Reader una striscia di fumetti settimanale, «Il cane più arrabbiato del mondo». Ha scritto insieme a Badalamenti (che sta anche componendo la musica di Strade perdute) Industrial Symphony #1, nel cui video, del 1990, appaiono Nicolas Cage, Laura Dern, Julee Cruise, lo ieratico nano di Twin Peaks, alcune majorettes in topless e un cervo scuoiato, e che suona più o meno come suggerisce il titolo – IS#1 è stata anche eseguita dal vivo alla Brooklyn Academy of Music, nel 1992, ricevendo recensioni un po’ discordi. Ha esposto in molte gallerie i suoi dipinti espressionisti astratti, e i giudizi critici sono stati un po’ peggio che discordi. Nel 1992 ha co-diretto, con James Signorelli, Hotel Room,37 un lungometraggio composto di scenette tutte ambientate in una stessa camera di un albergo ferroviario newyorkese, una vecchia idea piuttosto convenzionale, rubata a Neil Simon e lynchianizzata a sufficienza, in Hotel Room, da poter essere in seguito ripresa da Tarantino & co. in Four Rooms, del 1995. Ha pubblicato Images (Hyperion, 1993, 40$), una specie di libro da salotto che comprende fotogrammi dei film, riproduzioni dei dipinti di Lynch e alcune delle sue foto artistiche (alcune delle quali sono inquietanti, cupe, sexy e molto belle, e altre sono semplicemente foto di prese di corrente e strumenti dentistici, e sembrano piuttosto stupide).38

5. la particolare attenzione o il «taglio»
che questo articolo ha rispetto a
Strade perdute,
suggerito (in maniera piuttosto esplicita)
da certe figure redazionali di
Premiere

Con il successo di Velluto blu, la Palma d’Oro a Cannes per Cuore selvaggio e poi il fenomeno nazionale della prima serie di Twin Peaks, David Lynch si è chiaramente imposto come il miglior regista d’avanguardia / d’avanguardia commerciale / «alternativo» degli Stati Uniti, e per un certo periodo, con queste premesse, sembrava che potesse essere capace, tutto da solo, di combinare un nuovo matrimonio fra cinema artistico e commerciale, portando un po’ dell’eccentricità e del vigore tipici del cinema d’autore in una Hollywood congelata nei propri schemi.
Poi il 1992 vide la seconda, poco popolare serie di Twin
Peaks
, il fallimento a livello di critica e pubblico di Fuoco cammina con me, e la bruttezza infinita di On the Air, che la ABC sottopose a eutanasia dopo sei settimane che già sembravano molto lunghe. Questa tripla botta di sfiga fece tornare di corsa i critici ai loro pc, per riconsiderare i giudizi complessivi di valore sull’opera di Lynch. Il regista che era stato sulla copertina di Time nel 1990 diventò l’oggetto di una fulminante controffensiva ad personam, con pezzi tipo questo, del L.A. Weekly: «Il pubblico più “in” parte dal presupposto che Lynch debba essere satirico, ma niente potrebbe essere più lungi [sic] dalla verità. Gli mancano i mezzi per criticizzare [sic!] alcunchè, satiricamente o in qualunque altro modo; il suo lavoro non viene mai sottoposto a un controllo intellettuale. Un motivo per cui tanta gente, di fronte alle sue fantasie cinematografiche, reagisce con un “Eh??”, è che il regista stesso non ha mai questo tipo di reazione».
Per cui la domanda più ovvia per quelli dell’ambiente di Hollywood, riguardo a Strade perdute, è se il film riuscirà o meno a riabilitare la reputazione di Lynch. Questa domanda è legittima e interessante, sebbene, data l’estrema imprevedibilità del tipo di forze che portano la gente a finire sulla copertina di Time, sarebbe probabilmente più realistico provare a chiedersi se sarebbe giusto che S.p. rimettesse Lynch a cavallo esattamente di qualunque cosa stesse prima cavalcando. Per me, comunque, una domanda rivelatasi alla fine più interessante è se a David Lynch gliene frega veramente un cacchio che questa riabilitazione avvenga o meno. L’impressione che ho avuto riguardando i suoi film e girando un po’ intorno a questa sua ultima produzione è che non gliene frega, non molto. Questo atteggiamento – come Lynch stesso, come i suoi lavori – mi sembra ammirevole e anche leggermente folle.

6. di che cosa parla Strade perdute, a quanto pare

Secondo la fascetta originale di Lynch sulla prima pagina della copia circolante della sceneggiatura, si tratta di
Un horror noir del 21esimo secolo
Un’indagine di estrema potenza visiva sulle crisi d’identità parallele
Un mondo dove il tempo è pericolosamente fuori controllo
Una corsa terrificante lungo le strade perdute
definizioni che sono forse un po’ troppo enfatiche nello stile, ma probabilmente sono state messe lì come slogan altisonanti per i potenziali distributori, o qualcosa del genere. La seconda riga della sviolinata è quella che si avvicina di più a una descrizione di Strade perdute, anche se «crisi d’identità parallele» sembra quasi una specie di modo affettato per dire che il film parla di uno che letteralmente si trasforma in qualcun altro. E questo, nonostante le parecchie e diverse novità di Strade perdute, lo rende un film quasi classicamente lynchiano – il tema delle identità multiple/ambigue è sempre stato un marchio di fabbrica dei film di Lynch, quasi quanto i sinistri rumori di sottofondo nelle colonne sonore.

7. pezzetto conclusivo del par. 6,
usato per proseguire in un rapido ritratto
della genesi di Lynch come autore eroico

Per quanto i suoi film riguardino i flussi di identità, David Lynch è rimasto notevolmente fedele a se stesso nel corso di tutta la sua carriera cinematografica. La potete vedere in uno dei due modi – che Lynch non si è compromesso/sputtanato, o che non è maturato molto in vent’anni che fa film – ma resta il fatto che Lynch è rimasto strettamente legato alla sua personalissima visione e al suo approccio alla regia, e che ha fatto notevoli sacrifici per riuscirci. «Insomma, voglio dire, David potrebbe fare film per chiunque», dice Tom Sternberg, uno dei produttori di Strade perdute. «Ma David non fa parte della Macchina Hollywoodiana. Sceglie completamente di testa sua quello che vuole. È un artista».
Questo è essenzialmente vero, anche se, come molti artisti, Lynch non è stato privo di mecenati. È stato per merito di Eraserhead che la società di produzione di Mel Brooks scritturò Lynch per girare The Elephant Man nel 1980, film che valse a Lynch una nomination all’Oscar, e che fu a sua volta la ragione per cui nientedimeno che una figura archetipica della Macchina Hollywoodiana come Dino De Laurentiis scelse Lynch per l’adattamento cinematografico di Dune di Frank Herbert, offrendo a Lynch non solo una barca di soldi ma anche un contratto di esclusiva per futuri progetti con la casa di produzione di De Laurentiis.
Dune, del 1984, è indiscutibilmente il film peggiore della carriera di Lynch, ed è bruttarello forte. Per certi versi sembra che sia stata sbagliata proprio la scelta di Lynch come regista: Eraserhead era stato uno di quei capolavori della serie «ti vendi un rene per comprare la pellicola», con un cast e una troupe minuscoli e perlopiù non pagati. Dune, al contrario, aveva uno dei budget più alti della storia di Hollywood, lo staff di produzione aveva le dimensioni della popolazione di una piccola nazione caraibica e il film prevedeva strepitosi effetti speciali all’avanguardia (metà dei quattordici mesi previsti per la realizzazione del film furono dedicati ai modellini e alla stop motion). Inoltre il romanzo di Herbert in sé è incredibilmente lungo e complesso, per cui oltre a tutti i grattacapi di una grossa produzione finanziata da tizi in Ray-Ban, Lynch aveva anche il problema di rendere cinematograficamente accettabile la trama, che già nel romanzo è contorta da far paura. In breve, per la regia di Dune ci voleva una combinazione fra un tecnico e un esperto di amministrazione, e Lynch, anche se uno dei migliori tecnici sulla piazza,39 è più che altro quel tipo di bambino intelligente che si incontra ogni tanto, pieno di inventiva nelle sue fantasie, in cui si immerge completamente, ma che lascia che gli altri bambini vi prendano parte solo se mantiene il completo controllo creativo sul gioco e le sue regole e i suoi annessi e connessi – in breve, assolutamente non è uno che ci sa fare con l’amministrazione.
Rivedendo Dune in videocassetta, ci si rende conto che alcuni dei suoi difetti sono chiaramente responsabilità di Lynch, ad es. aver scelto quel nerd con la faccia di patata di Kyle MacLachlan per fare la parte di un eroe epico, e Sting dei Police, che è clamorosamente incapace di recitare, per il ruolo del cattivo psicopatico, o – peggio – aver cercato di fornire spiegazioni della trama rendendo udibili i pensieri dei personaggi (con quella leggera eco da pensiero ad alta voce) mentre la macchina da presa zooma sul personaggio che fa una faccia pensierosa, un vecchio mezzuccio di cui Saturday Night Live già faceva la parodia da anni quando uscì Dune. Il risultato generale è un film che fa ridere mentre cerca di essere mortalmente serio, che è la migliore definizione di flop che esista, e Dune in effetti fu un flop enorme, pretenzioso e incoerente. Ma di buona parte dell’incoerenza sono responsabili i produttori della De Laurentiis, che tagliarono chilometri di pellicola dalla copia definitiva di Lynch subito prima dell’uscita del film, avendo a quanto pare già fiutato il disastro, e volendo almeno ridurre il film a una durata normale da sala cinematografica. Anche in videocassetta, non è difficile vedere dove sono stati fatti molti di questi tagli; il film appare sventrato, involontariamente surreale.
Per qualche strano motivo, tuttavia, Dune finì per essere la «grande svolta» di Lynch come regista. La versione di Dune che apparve nelle sale fu, secondo tutte le fonti attendibili, qualcosa che gli spezzò il cuore, il genere di débâcle che nelle leggende sugli Artisti Innocenti e Idealisti Schiacciati Dagli Ingranaggi della Macchina Hollywoodiana segna la fine violenta dell’Innocenza dell’artista – sedotto, affascinato, fottuto, dato in pasto alla foga del pubblico e al furore del magnate. L’esperienza avrebbe potuto facilmente trasformare Lynch in un travet inacidito (anche se probabilmente un travet molto ricco) sp...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Indice
  3. / Tennis, trigonometria e tornado
  4. / E Unibus Pluram: gli scrittori americani e la televisione
  5. / Invadenti evasioni
  6. / Che esagerazione
  7. / David Lynch non perde la testa
  8. / L’abilità professionistica del tennista Michael Joyce come paradigma di una serie di cose tipo la scelta, la libertà, i limiti, la gioia, l’assurdità e la completezza dell’essere umano