1. SORRY, FOR CASSANDRA CROSSING?
Quando ero piccola, mi ricordo che a pranzo veniva sempre mio padre per mangiare con noi e fare una pennichella prima di tornare al lavoro. Mangiavamo assieme, poi lui si ritirava e diceva: «Vado a fare un riposino, svegliatemi fra quarantacinque minuti».
Dopo cinque minuti ricompariva e diceva: «No, svegliatemi fra trentacinque minuti». E tornava a letto.
Dopo altri cinque minuti ricompariva e diceva: «No, meglio che mi svegliate fra trenta minuti». E tornava a letto.
Dopo altri cinque minuti rieccolo, come un fantasma: «Forse è il caso che mi svegliate fra 20 minuti».
Dopo altri cinque, visibilmente agitato: «Accendete il caffè fra dieci minuti».
Dopo tre minuti arrivava e proferiva come tarantolato: «NON C’È TEMPO DI DORMIRE! HO L’ANSIA! HO L’ANSIA!!!»
Dopo di che: lui accendeva il caffè e io decidevo di diventare psicoanalista.
Come tutti gli ansiosi, mio padre era una persona dalla vita complicata e complicante, ma anche un uomo davvero simpatico e piacevole. Gli ansiosi di solito hanno questa consapevolezza di incongruenza che li rende piacevolissimi e amabili, al punto da perdonargli lo scassamento ultroneo che incontrovertibilmente procureranno ai loro congiunti. Inoltre, sono strutturalmente delle brave persone, oneste anche per un’incompatibilità quasi biologica alla malavita – in effetti, quanti ansiosi c’erano nei Soprano? Nessuno! C’erano disturbi antisociali, un mucchio di depressi, un Alzheimer e Tony Soprano aveva gli attacchi di panico, ma giustamente ansiosi puri nessuno, perché l’ansia è una caratteristica che malissimo si coniuga con la cattiveria, sia per via dei conflitti interiori terribili che l’ansioso porterebbe seco, sia perché essendo ansioso mal conterrebbe questi stati interni e si farebbe scannare subito dagli esasperati consoci; e sia perché comunque anche se portasse a termine le cose cattivissime farebbe spesso gran danno.
Gli ansiosi sono problematici ma, è da dire, anche di buon cuore.
Per essere precisi, comunque, dobbiamo sapere che l’ansia non è tutta cattiva, in effetti la natura ci ha dato degli stati emotivi del cavolo perché avessero un’utilità. Stabilito che esistono i leoni, le tigri, i coccodrilli, stabilito che Berlusconi ha dei figli, gli stati emotivi del cavolo – come la depressione, la paura e l’ansia, ma anche l’aggressività – ci aiutano nella nostra giungla quotidiana.
Come faremmo, per esempio, a evitare i pericoli se non avessimo paura? Che poi uno vorrebbe evitare di arrivare proprio a cagarsi sotto perché i neuroni posteriori non hanno distinto una pantera da un gattino, ma indubbiamente è meglio cagarsi sotto che essere trucidati, e l’ansia segnale è proprio quella cosa che serve per proteggersi dall’eventuale incontro con la pantera: Dio ci ha dotato del calcolo delle probabilità e dell’ansia per questo, in modo da preoccuparci e decidere di fare il giro dall’altra parte.
Se ne può dedurre che un ansioso per nucleo familiare possa essere interpretato come una sorta di dispositivo di sicurezza per il futuro dei membri, e quindi un buon consiglio potrebbe essere quello di valorizzare l’ansioso di casa.
Parallelamente, potremmo suggerire agli ansiosi lettori: Sentitevi importanti! Non sentitevi in colpa! Questo rasserena il clima familiare, seda gli impulsi omicidi, aiuta i membri non ansiosi a cogliere il positivo del loro antifurto congiunto, e aiuta l’antifurto in questione a lavorare sul suo ruolo, a – diciamo – suonare in maniera più cassandresca che indifferenziata. Ossia, a stanare la sfiga imminente quando è imminente per davvero, non quando si tratta di scaramanzia pura oppure di – Dio non voglia – ansia generalizzata.
I modi per valorizzare il vostro ansioso domestico possono essere diversi. Bisogna prenderlo sul serio quando la sua parossistica lungimiranza vede sfighe serie, complimentarsi con lui se il caso lo merita, addirittura interrogarlo come se fosse il Bernacca, come se fosse la pizia quando c’è da predire eventi funesti. Ogni tanto citate l’ansioso per suoi meriti nelle discussioni con terzi, e se vi sente è meglio.
Certo, come tutti sapete, è quando il gioco si fa duro che i duri cominciano a giocare: è il caso che impone un ansioso domestico con l’ansia generalizzata. Caratteristica precipua dell’ansia generalizzata è infatti non solo la sua capacità ad applicarsi anche al futuro prossimo delle formiche condominiali ma la sua intrinseca necessità di essere comunicata: vale a dire, non solo nei contenuti – che sarebbe facile – ma anche negli stati emotivi.
Questi maxiansiosi non saranno contenti fin quando non avranno avuto la prova provata che voi che li ascoltate state come loro, ossia sull’orlo del suicidio. (Pericoloso: si ottiene sempre l’orlo e sempre del suicidio, ma diciamo che l’interlocutore alla lunga si fa mezzo.) Il maxiansioso ha le sue strategie per ottenere uno scopo perverso: per esempio, usa dei toni allarmatissimi, tira fuori fogli Excel con tabelle che illustrano l’indice di frequenza delle iatture prossime, per essere più incisivo getta un sinistro cono di luce sul tuo proprio futuro. E se tu, interlocutore fanfarone che prendi sottogamba l’arcobaleno iettatorio, e se anche di fronte all’eventualità dell’esproprio proletario del tuo tetto, del crollo simultaneo di tutta la tua dentatura, del dover andare in treno proprio sul ponte catastrofico del film padre di tutte le catastrofi Cassandra Crossing, se tu, interlocutore atarassico der cazzo, non ti smuovi, be’, io ansioso generalizzato ti ripeterò la iattura cento volte, finché non ti entra in testa, finché non ti procuro uno stato d’animo di confusa esasperazione con venature di sadismo che tu, per uno scherzo del lobo frontale, scambierai per ansia.
Finalmente.
L’errore comune, ancorché umanamente comprensibile, è di reagire con i meccanismi di difesa di cui dispongono i nevrotici ad alto funzionamento: per esempio, razionalizzare. Oppure, che ne so, ironizzare, a volte cercare anche di controbattere con un altro cono di luce, ottimistico e soprattutto informato; per esempio, citando l’attuale ordinamento giuridico, l’esame di medicina che aveva superato da regazzino, alcuni rudimenti di John Kenneth Galbraith che aveva letto in edizione Bur nel tempo libero.
Voi potreste dire, per esempio: «Ma no, non è sicurissimo che tuuuutta l’azienda, compreso tuo marito, tuo fratello e tuo cugino, andrà in cassa integrazione al cento per cento; sul giornale il direttore (o alla riunione sindacale il capo) ha detto che soltanto una certa percentuale andrà incontro a riduzioni provvisorie dell’orario...»
Cioè può capitare di sperare che il sapere sfati la paura, che il Kulturkampf allontani medioevali forme di terrore. Erroreee! Sono tutti errori tremendoni!
L’ansioso viene destabilizzato da una risposta del genere, la sua ansia ne è accresciuta, aumenterà ancora di più, dovrà depositarla da qualche parte e quella parte sarete voi! E quindi, al di là degli psicofarmaci, prima di considerare tutte queste difese salubri, dovete sempre accettare l’ansia dell’ansioso, è l’unico modo per sopravvivergli, perché egli è altresì dotato di un’energia sovrumana, energia che voi non avete, e se la osteggiate quella aumenta, e alla fine ve la dovete accollare comunque e, garantito, a telefonata conclusa con l’ansioso non vi basterà manco la Treccani.
Quindi non fate i saputelli. Non citate statistiche. Non mantenete un tono freddo.
Invece, se accogliete con serietà le angosce trigenerazionali dell’ansioso, avrete più possibilità di sopravvivenza, e anche di evitare un acting out dagli esiti tragici.
Lui si sfoga, voi ascoltate, prendete sul serio, prendete nota, esclamate anche qualche cosa che dimostri viva preoccupazione e trasporto, insomma fate vedere che un po’ vi state cagando sotto anche se non è vero (dite cose come davverooo, maddaiii, ma senza esagerare, eh, che vi scopre); questo vi permetterà di accomiatarvi presto, in modo da correre dalla fattucchiera all’angolo, oppure, si diceva, di reagire nella maniera dei forti di spirito, compulsando cioè la Treccani.
Certo, più l’ansia del caro è generalizzata e più la congiuntura storica collude, diciamo così, con la tempra del congiunto psicolabile, più per gli interlocutori dell’ansioso sono tempi duri. Quando la sfiga trionfa – e davvero causa mutuo non pagato la banca potrebbe pignorare la casa, e davvero il licenziamento s’avvicina – gli ansiosi generalizzati arrivano a fare molte telefonate al giorno, oppure a comparire fisicamente molte volte al giorno; e il desiderio vivo e concreto di prenderli a testate proprio come fece Zidane, il celebre calciatore, è lì dietro l’angolo della vostra educazione borghese, pronto a prendere la scena.
È dura, e bisogna ricordarsi che si vuole bene ai propri cari. Poi sicuramente tutto dipende dal ruolo che svolge l’ansioso domestico nella vita familiare. Mio padre, per esempio, è un ansioso figlio a prescindere, e quindi chiede sempre di essere tranquillizzato; mia sorella, invece, è un ansioso comandante de nave, e questo ha esiti che possono essere consistenti. Ogni tanto rischia l’ammutinamento degli ansiati.
Certo, anche l’ansioso generalizzato stesso deve stare parecchio scomodo nella sua natura ansiosa, che quando diventa intollerabile deve essere trattata come tutti gli altri problemi psichici. E le statistiche dicono che con i disturbi d’ansia le psicoterapie hanno un particolare successo. Di solito, su queste vicende emotive – perché non è cosa di ragionamento, è cosa di sentimento – si incrostano altri timori e questioni che con il tema esplicito non c’entrano niente. Ossia esistono dei motivi psicoanalitici seri che producono la fenomenologia ansiosa.
Le trame possono essere infinite ma, per fare un esempio grossolano, se fin da piccini si sono trovati in una relazione ansiosa, come dire, oramai si sono abituati così.
Per esempio, l’ansioso può essere abituato a chiedersi: mi si nota di più se sto zitto e buono o se prevedo la caduta di Saturno sulla piazza del giornalaio? Forse alla mamma dell’ansioso serviva questa seconda opzione. Oppure l’ansioso potrebbe aver avuto ai suoi bei dì della prima infanzia dei cari affettuosissimi genitori che però erano anche ansiosissimi a loro volta, poco preparati al know how della relazione con la prima infanzia: quando il pupo li cercava quelli non c’erano e quando quello se ne stava a dormire quelli stavano sempre col muso sulla culla, e al povero bambinetto co sto genitore che non si sintonizza mai per benino è venuto uno stile di attaccamento ansioso che solo un partner sicuro come una roccia o un valido sostegno specialistico potrebbero correggere, e manco del tutto.
Sapere queste cose può rendere la convivenza con il catastrofismo imminente più tollerabile.
2. ACHTUNG MANDRILLI
Quando ero una ragazzetta che affrontava i primi viaggi in treno da sola, per esempio andando a trovare un’altra ragazzetta mia amica (avrò avuto sui tredici anni), mio padre, cercando un momento adatto, mi convocava per esprimere le sue raccomandazioni.
Di solito il momento adatto era la colazione che lui preparava tutte le mattine, e le motivazioni si sintetizzavano in un unico accorato monito: «Figlia mia, attenta ai mandrilli».
Il mandrillo nell’immaginario di mio padre era un uomo più grande di me ma non necessariamente vecchio che, con delle ottocentesche promesse d’amore, con lusinghiere quanto fallaci manovre di corteggiamento – nell’immaginario di mio padre credo si stagliassero dei cioccolatini, forse dei complimenti – minava alla mia virtù portandomi in situazioni pericolose e certamente peccaminose.
Nelle descrizioni di mio padre il mandrillo era quindi un disincantato patito del sesso, uno scapolo a piede libero senza ombra di scrupolo e di principio.
Però, con quelle due elle nel suono, con la desinenza che faceva rima con animali innocui e buffi come il grillo e l’armadillo, io non riuscivo a immaginare il mandrillo come davvero pericoloso e scarsamente stimabile.
Conservo a tutt’oggi nell’idea del mandrillo qualcosa di autoironico e gradevole, che negli esemplari più simpatici si ripresenta fedelmente. Ciò non toglie, però, che in una misura meno allarmistica e ansiosa di quanto pensasse mio padre il mandrillo è molto spesso, anche se non sempre, foriero di guai.
Può assolvere un suo ruolo in una fase di importante iniziazione alla vita, può regalare un po’ di leggerezza in momenti di profondo scassamento esistenziale –...