L'egoismo è inutile. Elogio della gentilezza
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L'egoismo è inutile. Elogio della gentilezza

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L'egoismo è inutile. Elogio della gentilezza

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Informazioni sul libro

George Saunders è uno degli autori più amati e influenti della scena letteraria americana di oggi. La sua raccolta di racconti Dieci dicembre è stata uno dei casi letterari del 2013, sia negli Stati Uniti, dove ha scalato le classifiche ed è stata finalista al National Book Award, sia in Italia, dove sia La Repubblica che il Corriere della Sera l'hanno inserita fra i migliori libri dell'anno. La rivista Time ha incluso Saunders nella sua lista delle 100 persone più influenti al mondo. Nel dicembre 2013, La Repubblica e minima&moralia, il blog di minimum fax, hanno pubblicato un memorabile discorso di Saunders agli studenti della Syracuse University in cui lo scrittore invita i neolaureati a basare la propria vita sulla gentilezza verso il prossimo invece che sull'ambizione personale. In poche ore il pezzo è stato letto da decine di migliaia di persone (20.000 solo le condivisioni su Facebooke Twitter) e ripreso da altri blog e testate. Per chi non l'avesse ancora letto, perchi vuole conservarlo o regalarlo, minimum fax lo ripubblica ora in questo volumetto, accompagnato da un attualissimo saggio («L'uomo col megafono») contro la retorica politica urlata e violenta, e da un'intervista inedita all'autore.A cura di Christian Raimo.

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Informazioni

Anno
2014
ISBN
9788875215927
Argomento
Literature

/
L’Uomo col Megafono*

1

Mi ritrovo a pensare a un uomo in mezzo a un campo nel 1200, che fa quel che si faceva nel 1200 stando in mezzo a un campo. Penso alla sua mente, mi chiedo cosa c’è dentro. Cosa starà dicendo sul nastro che gli gira nel cervello? Con chi ce l’avrà? Da chi si starà difendendo? Con chi si starà giustificando?
Mi chiedo, in altre parole, se tra la sua esperienza mentale della vita e la mia esista una qualche differenza di base.
In comune, direi, abbiamo il fatto di dialogare mentalmente soprattutto con persone che conosciamo: genitori, mogli, figli, vicini di casa.
Invece direi che siamo diversi rispetto al numero e alla natura delle conversazioni che intratteniamo con persone che non conosciamo.
Lui probabilmente chiacchiera con i suoi dei, i suoi avi, gli esseri mitologici, i personaggi storici. E io pure. Ma c’è una categoria di persone con cui io converso mentalmente e lui no; quelle lontane, che arrivano alla mia mente, con intenti diversi, per mezzo delle fonti ad alta tecnologia.
E immagino che queste persone le abbiate in testa anche voi; anzi, dal momento che mi leggete (scusate, chiedo venia), sono diventato una di loro.
Questa differenza tra noi e il Signor 1200 sarà un bene o un male? Non lo so. Per ora limitiamoci a constatare che è una differenza: è cambiato il tipo di impegno che gli esseri umani chiedono ogni giorno alla loro mente.

2

Immaginate una festa. Gli ospiti, di tutti i ceti sociali, non sono persone qualsiasi. Conoscono il mondo: hanno vissuto, sofferto, possiedono delle attività, vantano solide competenze. Stanno affrontando argomenti che li interessano, scambiandosi sottili correzioni. Stanno venendo a galla certe preoccupazioni nascoste che – oh, meno male, che bello – vengono confermate, condivise e alleviate da chi ci è già passato.
A un certo punto entra un uomo col megafono. Non è l’ospite più intelligente della festa né il più navigato, e nemmeno quello che si esprime meglio.
Però ha il megafono.
Mettiamo che inizi a parlare di quanto ama le mattine di primavera. Cosa succederà? Be’, gli altri si volteranno ad ascoltare. Sarebbe difficile evitarlo. Anche per un fatto di educazione. E poco dopo gli ospiti, divisi in gruppetti, potrebbero trovarsi a parlare delle mattine di primavera. O meglio, della validità delle sue idee sulle mattine di primavera. Alcuni gli daranno ragione, altri torto, ma siccome l’Uomo col Megafono fa un gran baccano, cominceranno a reagire ai suoi stimoli. Appena cambierà argomento, lo cambieranno anche loro. Se userà continuamente l’espressione «in fin dei conti», cominceranno a usarla anche loro, se butterà là che il lato ovest della sala è meglio del lato est, partirà una lenta migrazione verso ovest.
Queste reazioni non dipendono dalla sua intelligenza, dalla sua straordinaria esperienza del mondo, dai suoi poteri di preveggenza né dalla sua padronanza della lingua, ma dal volume e dall’onnipresenza della sua voce narrante.
La sua caratteristica principale è il predominio. L’Uomo col Megafono sovrasta tutte le altre voci, e la sua retorica diventa la retorica di riferimento perché è inevitabile.
Dopo un po’, l’Uomo col Megafono guasterà la festa. Gli ospiti smetteranno di credere nel loro valore di ospiti, e arriveranno a pensare che il loro ruolo consista soprattutto nel reagire all’Uomo col Megafono. Smetteranno di fare quello che gli ospiti dovrebbero fare: continuare a parlare di ciò che li interessa e li preoccupa. Diventeranno passivi, non crederanno più nella validità delle loro impressioni. Potrebbero anche non accorgersi che stanno parlando nel suo stile, pensando alla sua maniera. Ciò che è importante per lui sembrerà importante anche a loro.
Abbiamo detto che l’Uomo col Megafono non è il più intelligente né il più bravo a parlare, e nemmeno la persona più navigata della festa. E se fosse anche peggio di così?
Mettiamo che l’Uomo col Megafono non abbia valutato attentamente quello che sta dicendo. In sostanza apre bocca e dà fiato. E che malgrado il megafono, debba urlare un po’ per farsi sentire, cosa che limita la complessità dei suoi discorsi. Siccome ritiene di dover intrattenere gli ospiti, salta di palo in frasca, prediligendo il concettuale-didascalico («Stiamo mangiando altri cubetti di formaggio: che gusto!»), l’ansiogeno-polemico («Il vino sta finendo per colpa di un oscuro complotto?»), il pettegolezzo («Segnalata sveltina nel bagno al piano di sotto!»), il futile («E voi, quale settore della sala preferite?»).
Noi consideriamo il linguaggio un prodotto del pensiero (facciamo un pensiero e poi scegliamo una frase con cui esprimerlo), ma il pensiero è a sua volta un prodotto del linguaggio (tentando, grazie alle parole, di trasmettere un significato preciso, capiamo meglio ciò che pensiamo). E questa specie di logorroico, imponendo a viva forza il suo lessico ristretto agli ospiti, ha inciso sulla quantità e la qualità dei loro pensieri.
In sostanza, ha imposto un tetto massimo di intelligenza alla festa.

3

Un uomo è seduto in una stanza. Qualcuno comincia a urlargli dalla finestra, informandolo sulle condizioni della casa accanto. La mente del nostro uomo elabora: comincia cioè a immaginare la casa. Quali fattori potrebbero influenzare la qualità della sua immaginazione? Cioè, quali fattori influenzano la sua capacità di immaginare com’è veramente la casa accanto?
1. La chiarezza del linguaggio usato dall’Informatore (meno è confuso, sconnesso o infarcito di termini gergali, meglio è);
2. gli intenti dell’Informatore (laddove nessun intento è preferibile a diversi intenti);
3. il tempo e la cura profusi dall’Informatore nell’elaborazione del resoconto (in che misura il suo messaggio è stato riveduto e migliorato prima di essere trasmesso, laddove più tempo e più cura sono preferibili a meno tempo e meno cura);
4. il tempo concesso alla comunicazione (laddove più tempo è preferibile a meno tempo, perché si suppone che avendo più tempo l’Informatore potrà spiegare, analizzare, chiarire ecc.).
Quindi l’ipotesi più ottimistica per l’acquisizione di un quadro veritiero della casa accanto potrebbe essere più o meno la seguente: l’informazione arriva in forma scritta, riveduta e corretta durante un lungo arco di tempo, allo scopo di trovare la verità, da una persona disinteressata e di provata esperienza nel settore. Il resoconto potrà essere lungo, denso, sfaccettato e articolato quanto basta per restituire la complessità della situazione.
L’ipotesi più pessimistica potrebbe essere: l’informazione arriva in forma scritta da una persona con poca o nessuna esperienza di prima mano nel settore, che non ha avuto molto tempo per rivedere ciò che ha scritto, e ha lavorato sotto pressione, seguendo intenti che possono sottilmente o palesemente distorcerne la capacità di offrire un resoconto veritiero.
Possiamo rendere questa seconda ipotesi ancor più pessimistica? Come no. Supponiamo che il compito principale dell’Informatore sia quello di intrattenere, e che se non ci riesce è fregato. Non solo: mettiamo che il destinatario delle informazioni sia troppo indaffarato, impreparato e distratto per valutare correttamente ciò che l’Informatore gli sta urlando.
Dopodiché proponiamogli di invadere la casa accanto.
Benvenuti in America, più o meno nel 2003.

4

Secondo me, un fenomeno latente nei nostri mezzi di informazione è diventato smaccato e catastrofico ai tempi del processo a O.J. Simpson. Siccome la premessa che il suo reato fosse d’importanza nazionale era palesemente falsa, bisognava accreditarla. Bisognava inventare un nuovo modo di esporre i fatti. Per spremere migliaia di ore di trasmissione da una vicenda condensabile in un paio di minuti ogni tot settimane, venne trovata – ma sì, voglio essere generoso: venne elaborata – una nuova strategia retorica.
Se devi pontificare dieci ore al giorno su una cacca di cane dentro un vaso, serviranno dei ritocchi. Per dire le frescacce che andranno dette per accrescere l’impressione che la storia della cacca di cane sia una notizia seria («L’esperto di cacca di cane Jesse Toville ci fornisce una valutazione sulla taglia del cane e le sue condizioni psicologiche al momento della cacata!»), la voce, il volto e il format andranno distorti.
Questa erosione è proseguita durante lo scandalo Monica Lewinsky («Alle cinque, altri aggiornamenti sulla Macchia! Avete mai provocato una Macchia? Quale colore nasconde meglio una Macchia, secondo voi? Ascoltate le previsioni degli esperti sulle vostre risposte!») e durante altre dozzine di casi e scandali minori (?), tutti morbosi, sensazionali e gonfiati a...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Indice
  3. / L’egoismo è inutile. Elogio della gentilezza
  4. / L’Uomo col Megafono
  5. / Intervista a George Saunders