Parte III
Kafka scrittore politico
1.
Kafka lettore di Holitscher:
da Chicago a Praga
Vorrei qui tentare di rispondere a un altro quesito “kafkiano”. Da dove perviene a Kafka questa sapiente penetrazione dei meccanismi del potere? Quali sono le mediazioni culturali a lui più immediate? Azzardo un tentativo di risposta. Ritengo le possibili fonti siano essenzialmente due.
La prima consiste quasi certamente nella lettura del saggio del 1913 di Arthur Holitscher, Amerika Heute und Morgen, dove la civiltà americana, in preda al taylorismo, viene descritta come un macchinario infernale, spietato e ripetitivo. In quest’opera, in particolare, si dice che “la specializzazione del lavoro, risultato della produzione di massa, riduce sempre più il lavoratore al livello di un pezzo morto della macchina, di un ingranaggio o di una leva che funziona con precisione e automatismo”. L’ingegner Frederick Taylor è il responsabile di questo “sfruttamento scientifico della forza umana al servizio del lavoro di fabbrica” – da cui deriva “il sistema dello ‘Speedingup’, del logoramento protratto (Aufpulverung), come si potrebbe definirlo, il sistema cioè dello sforzo e del consumo delle energie umane fino all’estremo dei limiti tollerabili”, automatismo che fa assomigliare gli abitanti della città americana a ingranaggi di una “macchina infernale” (Höllenmaschine). In questo meccanismo sadico (il riferimento esplicito di Holitscher è Chicago), la competizione – di tutti contro tutti, ma addirittura dell’uomo in genere nei confronti del Tempo – si è fatta sistemica. Si può fare l’esempio dell’impiegato al macello, che deve uccidere venticinque maiali al minuto, “il che vuol dire 1.500 in un’ora, che è pari a 15.000 per le dieci ore di lavoro giornaliere. Se egli è rimasto per dieci anni al suo posto di lavoro, sulla scia di un’America che procede a gonfie vele, le lacerazioni prodotte dal suo arpione avranno spedito milioni di maiali là dove l’industria della carne ha preteso che finissero”: brani di carne appesi a ganci metallici che si perdono a vista d’occhio, in un macabro ostensorio dell’umana voracità e crudeltà. Lo spettacolo è raccapricciante, c’è da meravigliarsi della forza e della capacità di far fronte al Tempo espressa da un tale uomo-macchina; demone che – con gesti automatici, ripetitivi fino alla perdita di senso dell’azione completamente motorizzata – sacrifica il vivente all’efficienza della produzione industriale. Il lavoratore, divorato dal demone efficientista, non vede e non sente: semplicemente, alla stregua di un buon impiegato, compie il proprio dovere all’insegna di un’applicazione efficace.
Questo fa di lui un non-uomo, un non-animale, una non-cosa, una creatura dell’inferno che sembra affiorare dalla pittura di Bosch – quasi un criterio e una misura della stessa forza umana, un marcatore di record nell’ambito dell’efficienza lavorativa: ecco cosa egli è. Il suo nemico non è il maiale, bensì il suo prossimo. Ecco cosa è diventato questo ragazzo infernale che ricorda le immagini terrificanti realizzate da Bosch. La sua abilità è tale da renderlo nemico del suo prossimo, e ciò in quanto costui cerca di far economia, risparmiare velocità. Ora, è indubbiamente una legge stabilita che, in un tale contesto competitivo, il volenteroso sia nemico del meno volenteroso. Tuttavia, in questa Nazione che ha fatto dell’efficienza una religione – una religione che ha eretto i suoi templi accanto a quelli della democrazia, ai quali, non soltanto nelle ore d’impiego lavorativo, ha garantito un così consistente afflusso [di fedeli] – nell’America odierna questa legge ha subito una piccola integrazione, quasi un completamento: il volenteroso è, allo stesso tempo, anche nemico del più volenteroso.
È a questo proposito da ricordare che tra il 1902 e il 1908 Henry Ford, per rendere più spedita la produzione di massa della Model T (la mitica Lizzie), introdusse “nel montaggio delle automobili il sistema del lavoro a catena che aveva osservato nei mattatoi di Chicago”, potendo così ridurre i costi della produzione e rendere accessibile il prodotto anche agli operai. Oltretutto, la parabola che dal mattatoio conduce alla fabbrica moderna sembra avere come conclusione efficientista il campo di concentramento, quale incarnazione ideale dello sterminio burocratizzato.
Ritornando a Holitscher, a proposito della convergenza riscontrata tra religione, organizzazione lavorativa e burocrazia, vale la pena ricordare che per Carl Schmitt la religione, sotto l’aspetto istituzionale – ed egli pensava in particolare al cattolicesimo –, è una burocrazia per celibi, una sorta di macchina papista: da qui le riserve protestanti rispetto al suo assetto istituziona...