Play, Men!
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Un panorama della stampa italiana per adulti (1966-1975)

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Un panorama della stampa italiana per adulti (1966-1975)

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L'anno 1966 sembra essere una sorta di annus mirabilis per quanto riguarda la sessualizzazione dell'editoria popolare italiana. L'uscita nelle edicole di un settimanale come "Men" e, qualche mese prima, di due testate a fumetti come "Goldrake" e "Isabella" costituisce, di fatto, un punto di non ritorno nel processo di sdoganamento dell'erotismo nelle abitudini culturali del nostro paese. Play, Men! rappresenta un tentativo di sistematizzazione della stampa per adulti a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta. Dai fumetti neri ai primi timidi nudi fotografici, dagli exploit porno-chic di "Playmen" fino allo scivolamento nell'hard, questo volume offre uno sguardo d'insieme sulla miriade di riviste che popolavano la fascia di consumo "vietata ai minori", un settore tanto centrale dal punto di vista commerciale e della produzione di immaginario, quanto ancora poco esplorato dagli studi sui media.

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Informazioni

Anno
2020
ISBN
9788857566856
Categoria
Sociologia
Capitolo 1
Sesso e attualità:
le riviste maschili
Signorine per bene e provocanti “mascotte”
Prima degli anni Sessanta, in effetti, la stampa popolare italiana aveva manifestato una certa reticenza nell’affrontare apertamente determinati temi legati alla sfera della sessualità27: al discorso sul sesso si preferiva, caso mai, quello sulla passione amorosa, generalmente considerata in senso deteriore, e una magnificazione a tutto campo della vita matrimoniale, soprattutto nel caso di periodici destinati al consumo femminile28. Per quanto riguarda, poi, l’aspetto strettamente visivo, le riviste illustrate proponevano, in generale, una rappresentazione del corpo (femminile) almeno in apparenza piuttosto castigata e volta, semmai, a evocare più che a sbandierare il potenziale seduttivo dei soggetti ritratti29.
Ad esempio, un’icona sexy degli anni Trenta come la Signorina “Grandi Firme”, disegnata da Gino Boccasile per le copertine della nota rivista, incarnava il non plus ultra del lavoro di immaginazione erotica a cui erano abituati i lettori maschi di quegli anni. Come nota anche Stephen Gundle nel suo saggio sulla bellezza femminile italiana, la Signorina era, infatti, raffigurata graficamente con una particolare cura nell’evidenziare alcune parti del corpo, dando vita a un capolavoro assoluto di feticismo evocativo:
Il suo stile era dinamico, gioioso, eroticamente allusivo. Era ben vestita e curata in stile moderno, con rossetto e tacchi alti, fasciata in abiti stretti che suggerivano una prorompenza fisica bilanciata dall’innocente espressione sul viso. […] In un certo senso, la “signorina Grandi Firme” era un ideale per i feticisti. Ogni parte del suo corpo riceveva un’attenzione particolare. D’Annunzio era stato il primo a erotizzare le parti del corpo femminili nella letteratura italiana, con la sua attenzione particolare alle mani e in misura minore ai piedi. Boccasile da parte sua si dedicò alacremente alle braccia, al busto e soprattutto alle gambe.30
Mutatis mutandis, l’appeal dell’allusione era il perno centrale anche delle cosiddette riviste “di varietà” o “di attualità cine-teatrale” degli anni Quaranta e Cinquanta, come “Sette”, “Mascotte”31, o “Alta Tensione” che, tra una notizia di gossip, la recensione di un film e il resoconto di uno spettacolo teatrale, mostravano le attrici più in voga vestite con abiti aderenti o castigatissimi due pezzi, o ritraevano procaci modelle in foto di nudo “artistico”, coi corpi velati da suggestive ombreggiature o impreziositi da reggicalze e guêpière, o addirittura con le classiche pecette a coprirne le zone più scabrose. Come sottolinea Mariapaola Pierini,
l’immediato dopoguerra, ovvero quel breve ma intenso giro di anni che precede le elezioni del 1948 [è] stato, dal punto di vista della diffusione, ridefinizione ed erotizzazione dell’immagine del femminile, particolarmente denso. Le riviste che fioriscono in quegli anni, a partire dal ’44, sono sintomatiche di una improvvisa, e per certi versi incontrollata, attenzione e quindi proliferazione di corpi femminili. Dive del ventennio rigenerate, nuove dive che si affacciano alla ribalta dei periodici ancor prima e ancor più rispetto allo schermo, e molti, moltissimi, corpi anonimi di aspiranti star nostrane e d’oltreoceano, di soubrette del varietà.32
A livello strettamente tematico, anche su questo tipo di pubblicazioni non si discuteva apertamente di sesso, preferendo semmai un’impudente e ammiccante esaltazione verbale del corpo della donna. Ad esempio, sul numero di “Sette” del 26 agosto 1945, Carlo Maria Petrucci informava i lettori della propria (certamente condivisa) predilezione per uno dei più celebrati indumenti intimi femminili:
Io sono del partito del reggicalze. Pensate al fascino che ha il reggicalze. Uno di quei reggicalze di seta nera con fiorellini azzurri o celesti. Che bellezza! Danno alla donna un senso di signorilità, di misterioso, di eccitante. Quando ci si avvicina a una ragazza, con il semplice lieve sfiorare della mano sulla gamba, si può sentire la fibbia del suo reggicalze.33
Nel decennio successivo, “Mascotte” avrebbe reso ancora più esplicita una tale propensione. Sebbene nata come “paratesto del mondo dello spettacolo”34, la rivista aveva dichiarato fin dall’esordio che il reale centro di interesse sarebbero state le donne del varietà e del cinema e, soprattutto, i loro corpi. Ci ricorda, infatti, Mauro Giori che già “dal suo primo editoriale Mascotte si rivolge esplicitamente a un lettore maschio e, coerentemente con gli esperimenti dell’immediato dopoguerra, non ritiene necessario ricorrere a schermature”35, riportando poi alcuni passaggi esplicativi dell’editoriale in questione:
Qui non troverai il Capo spirituale di un popolo nel gesto benedicente ed il seno della Lollobrigida; qui non vedrai la foto dei soldati americani reduci dalla Corea e lo “spogliarello” di Marilyn Monroe; qui non vedrai il Presidente di una nazione nel gesto di tagliare un nastro inaugurale e Linda Darnell in pagliaccetto. Perché noi, lo diciamo subito, dedichiamo Mascotte alla Donna, esclusivamente alla Donna. Pubblicheremo foto di Donne in tutte le espressioni le più belle, le più originali, le più simpatiche, le più attraenti, le più strane.36
Un discorso più diretto sul sesso era tollerato (e quasi “regolamentato”), invece, all’interno delle pubblicazioni di taglio umoristico. Per la maggior parte, si trattava di opuscoletti anonimi, che spesso circolavano pericolosamente al limite della legalità37, ma esistevano anche vere e proprie riviste “di freddure”, improntate al doppio senso, quando non alla battuta greve e all’aperto turpiloquio, spesso incentrate su temi come l’adulterio e gli appetiti sessuali “eccessivi” delle donne. Una delle più longeve, il settimanale “umoristico-satirico-politico” “Calandrino”38, già dal 1952 raccoglieva “il meglio dell’umorismo mondiale” e presentava, sulle copertine disegnate, le immancabili donnine dai grossi seni e dalle lunghe gambe, decisamente provocanti nei loro vestiti aderenti o succinti costumi da bagno. In generale, la rappresentazione dei corpi femminili all’interno di queste riviste era basata su una stilizzazione molto simile a quella che caratterizzava le barzellette illustrate: pochi, semplici tratti “esplicativi” e uno scarno bianco e nero, ovviamente più strumentali alla risata maliziosa che non alla vera e propria evocazione erotica.
Per accedere a contenuti più scabrosi, i lettori italiani avrebbero dovuto attendere gli anni Sessanta, quando il sesso avrebbe fatto la sua comparsa sulle pagine dei periodici, sia a livello tematico che, soprattutto, sotto forma di immagini da guardare39.
Le sexy cronache
Già dall’inizio del decennio, si erano viste modelle e attrici in costume da bagno o biancheria intima (ritratte in pose velatamente sexy e allusive) sulle copertine di settimanali di attualità e politica come “ABC”, “Il Borghese” e “L’Europeo”, oppure sulle pubblicazioni legate al mondo dello spettacolo, come ad esempio “NAT. Nuova Alta Tensione”, che riproponevano formule già sperimentate nei decenni precedenti.
Per quanto riguarda la prima categoria, un caso certamente affascinante è quello di “ABC”. La rivista – fondata nel 1960 da quel Gaetano Baldacci che era stato il primo direttore del quotidiano “Il Giorno” – adottava una strategia basata sulla commistione tra inchieste su tematiche scottanti riguardanti politica, economia, ecologia, articoli piccanti di “costume sessuale”, ampio spazio dedicato al cinema (con anche una rubrica fissa piuttosto spregiudicata, curata da Callisto Cosulich), e ovviamente un esercito di belle ragazze discinte40.
Prendendo ad esempio alcune copertine in bianco e nero d’inizio decennio, si nota il tono innovativo e di esibita trasgressività con cui erano trattati gli argomenti legati alla sfera del sesso. Sul numero 30, del 28 luglio 1963, campeggiava una fotografia dell’attrice Stefania Careddu in lingerie nera, inginocchiata, con le labbra dischiuse e gli occhi rivolti al lettore in una sorta di provocante appello diretto. Sulla destra, una scritta a caratteri cubitali annunciava il contenuto di uno degli articoli: “Ho lavorato per il re dello Yemen. Storia di un film segreto raccontata dalla protagonista”. In questo caso, l’evidente appeal del proibito si sommava, come spesso accadeva anche nel cinema erotico dell’epoca, a suggestioni legate all’esotismo e al cosmopolitismo. Sul numero 49 del 6 dicembre 1964, accanto a una foto di Elsa Martinelli senza veli (le cui nudità erano occultate soltanto da una coperta), si leggeva “Storia dell’amore in Cina”. Sulla stessa copertina, tuttavia, altri lanci ci restituiscono un’idea del tono degli articoli di politica all’interno: “La rivolta di Milano (articolo di Gaetano Baldacci)” ed “Elezioni 1964. Parlano i “trombati””; mentre, sul numero 52 dello stesso anno, datato 27 dicembre, a fianco di Ursula Andress in un succinto bikini bianco, un titolo “stuzzicante” invitava a fantasticare sul libertinaggio all’interno del bel mondo: “Cortina: quando i ricchi si scatenano”.
Il settimanale, nonostante il sensazionalismo dei toni, si poneva comunque in un’ottica sinceramen...

Indice dei contenuti

  1. Introduzione O tempora, o mores
  2. Capitolo 1 Sesso e attualità: le riviste maschili
  3. Capitolo 2 Così lontani, così vicini: i fumetti per adulti
  4. Epilogo Il 1975: un salto di paradigma
  5. appendice iconografica
  6. Bibliografia