Capitolo secondo
Oltre i relitti barbarici
2.1 Natura, genesi e funzioni della moneta legale
In qualsiasi conversazione a tavola se provo a chiedere ai commensali se c’è una qualche dissomiglianza fra moneta e denaro, dopo una prima perplessità e una certa sorpresa per il quesito, quasi tutti rispondono affermativamente, ma poi trovano problematico illustrare in che cosa questa consista. Suppongo che la risposta positiva derivi dal fatto che a due termini non possono che corrispondere due significati e così tutti sembrano presumere che una qualche differenza fra moneta e denaro sussista.
Un secondo interrogativo potrebbe essere invece posto da chi intraprende un’indagine per comprendere le caratteristiche e la natura di tale diversità: perché è importante conoscere questa distinzione?
Il quesito è più che legittimo, poiché la difformità fra moneta e denaro è tutt’altro che secondaria e l’uso sinonimico dei due termini ha condotto a specifiche interpretazioni di eventi sociali e a fallimentari proposte di politica economica, anche se indubbiamente i due vocaboli hanno un legame, ma non si identificano in quanto a natura. Essi operano nella realtà in modo convergente ma con modalità differenti. In comune hanno, in primo luogo, che entrambi sono correlati all’agire pratico degli esseri umani.
Alla moneta sono state attribuite, nel corso di circa due millenni di riflessione sul tema, tre funzioni: in primo luogo quella di numerario, cioè di misura del valore delle merci e dei servizi, della ricchezza, dei debiti e dei crediti e del valore dei prodotti finanziari; in seconda istanza quella di mezzo o strumento di circolazione e quindi di scambio; in terzo luogo quella di mezzo di pagamento – da cui poi si estende il sistema del credito –. Nel XIX e, in maniera più marcata, nel XX secolo a queste tre funzioni ne è stata evidenziata, soprattutto teoricamente, una quarta, quella di riserva intertemporale del valore, cioè è stata indicata la capacità della moneta di acquisire cose utili in un tempo differito; un aspetto messo in luce già nel 1875 da Jevons. Questo ha comportato, introducendo la variabile tempo, l’inserimento dell’incertezza. Non che non fossero presenti sporadiche riflessioni al riguardo già precedentemente, basti pensare alle elaborazioni compiute da Aristotele (Etica Nicomachea, Libro V, 5, 1132b 31; Etica Nicomachea, 1133a 28-32; Politica, Libro I, 9, 1257a 6-17; Politica, 1257a 31-41; Politica, 1257b 10-23) per il quale il termine moneta (nomisma) è etimologicamente connesso al termine legge (nómos).
È la determinazione strutturale dell’incertezza che definisce e caratterizza la trasformazione della natura della moneta in tempi recenti, e ciò segna il discrimine con la tradizione consolidatasi nel corso del tempo, poiché l’incertezza, e di conseguenza la crisi potenziale del sistema, è la chiave della struttura del processo produttivo e distributivo legato allo scambio generalizzato e che quindi include anche l’offerta e la domanda di lavoro. La riflessione sulla moneta vede così nascere studiosi che la inseriscono in una dimensione macroeconomica, uscendo da uno sguardo individualista e dalla dimensione del puro mezzo che facilita gli scambi e i pagamenti, che ha caratterizzato gran parte del pensiero economico sia della seconda parte del XIX secolo, sia nell’intero XX secolo. Visto che la moneta è un’invenzione umana, la sua funzione – di conseguenza la sua natura – è strettamente legata allo scopo per il quale è stata creata. Questo scopo, insieme ai vincoli ambientali e istituzionali, rientra nell’oggetto della ricerca dei teorici della moneta.
È indubbio che la moneta, nelle sue diverse forme, ha accompagnato millenni di storia della civiltà. Sia geograficamente sia nel tempo ci sono oggetti che hanno perduto il significato di moneta, come sale, conchiglie, merluzzo secco, tabacco, zucchero, chiodi, rafia e altre che lo hanno acquisito, come le carte magnetiche.
Il termine moneta deriva dall’epiteto latino di Giunone, Moneta, l’ammonitrice, perché la zecca si trovava presso il suo tempio. La storia della moneta ha però radici molto più profonde. Si ritiene, infatti, che le prime monete coniate di cui si ha conoscenza risalgano al regno di Creso nella Lidia del VII secolo a.C.: erano fuse in una lega naturale di oro e argento (l’elettro) e modellate in forma tonda e recavano un’effige, erano segnate. Più o meno nello stesso periodo, re cinesi iniziarono a coniare monete in bronzo, recanti anch’esse un’effige e modellate a forma di attrezzi in miniatura come la vanga e il coltello. L’ipotesi che molti studiosi hanno avanzato è che questo tipo di oggetti fossero giustificati maggiormente da finalità di prestigio sociale piuttosto che essere strumenti per facilitare le transazioni commerciali (Terzi 2002). Data la specializzazione delle produzioni cinesi, greche, romane, bizantine, indiane e arabe, il commercio si espanse fra aree geografiche molto distanti fra loro, il che rese le monete metalliche uno strumento cruciale e quindi assai diffuso.
Invece, la cartamoneta compare in Cina nell’XI secolo, mentre l’attività bancaria si sviluppa in Italia e nel resto d’Europa a partire dal XII secolo. Ed è nel XIV secolo che nasce a Venezia il deposito di conto corrente presso i “banchi di scritta”, sull’isola di Rialto, una scrittura contabile che consentiva di eseguire pagamenti fra mercanti senza l’uso di moneta metallica, si tratta della “moneta di banco”, che la legge riconosceva essere mezzo per saldare i debiti (Terzi 2002). Mentre, è a metà del XVII che si diffonde l’uso del “biglietto di banca”, nella forma di credito “al portatore”, come sostituto delle monete metalliche nella circolazione, e che a differenza della lettera di cambio, la cui circolazione era limitata ai grandi mercati, ha una circolazione identica alle monete metalliche ed è in queste convertibile. Ciò accade in particolar modo in Inghilterra e in Svezia, dove il Banco di Stoccolma emette banconote sostitutive delle monete di rame, fino ad allora in uso (ibidem), anche grazie allo sviluppo delle tecniche di stampa.
Il passaggio dalla società analogica a quella digitale ha condotto a una progressiva smaterializzazione della moneta, il cui fenomeno viene indicato con il termine anglosassone cashless society, ed è così che si è affermata l’attuale moneta elettronica, la digital currency. La digital currency è la forma digitale della fiat money. Esiste solo sotto forma di numeri sui sistemi informatici, ma può eventualmente essere convertita in moneta fisica, metallica o cartacea, e rappresenta la gran parte della moneta legale.
A tale fenomeno sono essenzialmente riconducibili le carte prepagate e i dispositivi virtuali a “spendibilità generalizzata” che, variamente denominati, sono utilizzati anche nel commercio online (Guerrieri 2015).
Le teorie monetarie si sono sviluppate come in una sorta d’avvolgimento a spirale, alcune ne hanno espulso altre, che poi sono state recuperate, per essere a loro volta sostituite dalle precedenti e rielaborate in un nuovo contesto, dato da un mercato monetario, bancario e finanziario via via più complesso nei fatti e quindi anche nelle analisi. Come sostiene Joseph Schumpeter: “le opinioni sulla moneta sono altrettanto difficili a descrivere quanto le nuvole in movimento” (Schumpeter 1954, p. 354). Insieme a questo aspetto è anche importante tenere presente che gli economisti espungono qualsiasi radice teologico-politica dalla moneta, poiché distinguono fra economics ‒ l’economia come teoria e scienza ‒ ed economy ‒ l’economia come pratica sociale ‒ e hanno per lo più fatto propria le tesi di Carl Popper, il quale differenzia l’“essenzialismo metodologico” dal “nominalismo metodologico”. Mentre l’essenzialista metodologico cerca di rispondere a domande del tipo: “che cos’è lo Stato” o “che cos’è la moneta” e l’obiettivo che si propone è quello di dare una definizione della sua vera natura o essenza, il nominalista metodologico si limita a descrivere come una cosa si comporta in varie circostanze e, soprattutto, cerca di capire se ci sono regolarità nel suo comportamento (Popper 1975). Gli economisti hanno in gran parte teso ad ascriversi fra i nominalisti metodologici.
Per comprendere le varie posizioni all’interno della storia del pensiero economico relative alla moneta è necessario utilizzare come criterio tassonomico la natura, la genesi e le funzioni che ...