Appendice 1
Introduzione alla Filosofia Clinica
Che cos’è la Filosofia Clinica
La filosofia clinica è una disciplina teorica e una relazione di aiuto che comprende abilità, competenze e strumenti di natura comunicativo-relazionale e utilizza saperi e metodologie d’indagine della filosofia. Si situa all’interno del movimento internazionale delle Pratiche Filosofiche e rientra tra le discipline che intendono consentire ai filosofi di tornare a fare il loro antico mestiere, ovvero a prendersi cura delle persone.
Quando è nata la Filosofia Clinica
La filosofia clinica nasce alle origini della filosofia occidentale nella sua antica alleanza con la medicina. Nei tempi antichi la filosofia non era una semplice forma di “sapere” e non ambiva alla mera costruzione di un sistema teoretico, ma era un modus vivendi, “un’arte o una condotta di vita che mirava a formare gli animi piuttosto che a informarli”, una “terapia delle passioni con valore psicagogico e formativo elaborata al fine di trasformare la vita e la visione del mondo di chi si esercita e la pratica, implicando di conseguenza una metamorfosi della sua intera personalità e del suo essere nel mondo” (Hadot, 1988, p. 27).
L’antica alleanza tra la medicina e la filosofia: la lotta contro il Pathos
La filosofia occidentale non nasce come pura teoresi con scopi teorici o teoretici ma come “pratica sociale”, con il fondamentale obiettivo di prendersi cura dei “mali dell’anima”, come la medicina si prendeva cura dei mali del corpo.
Plutarco di Cheronea scrive infatti che in origine filosofia e medicina “hanno un solo e identico campo […]: il loro elemento centrale è il pathos, ossia il ‘sentimento di vita impedita’ che sorge innanzi alla sofferenza generata dalla sensazione di dover subire la malattia del corpo e dall’impotenza dell’ignoranza e delle altre passioni che generano la sofferenza dell’anima” (2003, p. 71).
Il concetto di pathos, ammette Michel Foucault commentando il passo di Plutarco, “si applica altrettanto bene alla passione e alla malattia fisica, alle alterazioni del corpo e ai moti involontari dell’anima e si riferisce a uno stato di passività che per il corpo assume la forma di un’affezione che altera l’equilibrio dei suoi umori e delle sue proprietà e, per l’anima, di un movimento capace di obnubilarla suo malgrado” (2003, p. 41).
“È vuoto – conferma Cicerone – il discorso di quel filosofo che non riesca a guarire alcuna sofferenza (pathos) dell’uomo: come non abbiamo alcun bisogno della medicina se essa non riesca a espellere dal nostro corpo le malattie, così non abbiamo alcuna utilità dalla filosofia se essa non serva a scacciare le sofferenze dell’anima” (2010, p. 121).
I primi psicoterapeuti della storia sono i filosofi!
E così, più di venti secoli prima della nascita della psicologia clinica e della psicanalisi, i filosofi erano psico-terapeuti, letteralmente, offrivano una “terapia” per la “psiche”. Il sofista Antifronte di Atene è il primo psicoterapeuta nella storia dell’Occidente. A sentire Plutarco, aveva elaborato “un’arte del non soffrire, cioè una cura come quella che i medici prescrivono agli ammalati; messo su un ambulatorio a Corinto accanto alla piazza, annunciò che egli riusciva con le parole a curare gli afflitti e, sentite le cause del male, confortava i sofferenti” (Id., p. 26).
La dimensione “terapeutica” della filosofia è andata disperdendosi durante il Medioevo e poi in Età Moderna, con il suo ingresso dapprima nei monasteri, nelle vesti della servetta della teologia, poi negli ambienti delle Università, dove “professori formano professori e professionisti formano professionisti, con un insegnamento che non si rivolge più a uomini che si intende formare affinché siano uomini, ma a specialisti perché imparino a formare altri specialisti, secondo i dettami e i pericoli della filosofia scolastica” (P. Hadot, 1998, p. 73).
Mali dell’anima e patologie della Psiche
La Filosofia Clinica, pur facendo tesoro del sapere teorico e teoretico sviluppato nelle “Accademie del pensiero” con la quali intrattiene una fitta “corrispondenza”, eredita l’antica vocazione della filosofia come “terapia dei mali dell’anima”, che oggi hanno mutato aspetto, forma e sostanza rispetto all’antichità. Oggi il termine “anima” è scientificamente demodé, è più efficace parlare di psiche, mente, personalità, coscienza e cervello. Oggi le antiche “malattie dell’anima” si chiamano “patologie della psiche” o “disturbi della personalità”: c’è il Manuale Diagnostico e Statistico che le classifica, tecniche di brain imaging che le localizzano e gli specialisti della psiche che le curano in maniera scientifica.
Per una terapia filosofica delle idee
La Filosofia Clinica nasce dalla consapevolezza che non tutti i “mali dell’anima” sono patologie della psiche o disturbi della personalità. Umberto Galimberti, filosofo e psicanalista, tra i maggiori sostenitori in Italia della valenza terapeutica della filosofia nel contesto della società quotidiana, scrive che le nostre sofferenze psichiche e i nostri disagi esistenziali non sempre dipendono da presunte disfunzioni neuro-bio-chimiche (come vuole la psichiatria cosiddetta organicistico-naturalistica) o da conflitti interni, traumi remoti o coazioni a ripetere esperienze antiche e in noi consolidate (come vuole la psicanalisi) ma, il più delle volte, nascono dalla modalità del nostro stesso essere-nel-mondo, dalla nostra visione del mondo che, qualora troppo limitata, angusta, sclerotizzata e irriflessa, non ci consente di comprendere e realizzare il nostro progetto esistenziale, e ciò può generare i sintomi tipici di certe “malattie” della psiche o disturbi della personalità. E aggiunge, in conclusione: “Se questa seconda ipotesi è vera, perché non prendere in considerazione una terapia filosofica delle idee?” (Galimberti, 2013).
La Filosofia Clinica è (anche) una “terapia filosofica delle idee”.
Quale Filosofia per la Clinica?
Una domanda: come possono i filosofi, personaggi notoriamente reclusi tra le mura accademiche e per lo più occupati ad affrontare questioni astratte in testi voluminosi e notoriamente inaccessibili ai più, aiutare, in senso clinico, le persone che si presentano affrante da sentimenti di ansia, angoscia o tristezza cosmica, per lo più derivanti dalla propria incapacità di venire in chiaro con se stesse e dunque di reperire un senso e un significato della propria esistenza nel mondo?
Resta forte l’idea che la filosofia sia una disciplina astratta, teorica, tecnica, concettuale, difficile e, comunque, assai distante dal mondo vero, vivo e concretamente reale all’interno del quale si ricerca il senso e significato della propria vita. Si dice: “Mettete due filosofi a parlare in una stanza e presto non saranno d’accordo neanche di essere là”, mentre è assai radicata nell’immaginario comune la storiella di Talete, il primo filosofo che s’incrocia sui manuali di storia della filosofia occidentale che, assorto in astratti pensieri e nella contemplazione del cielo stellato, non si curava della terra sulla quale poggiava i piedi e finì sul fondo di un pozzo, suscitando l’ilarità della servetta di Tracia che s’era goduta la comica scena. Talete è stato assunto quale immagine tipico-ideale del filosofo; e quindi richiediamo: personaggi completamente assorti nella contemplazione delle idee, cosa potranno mai dire per fare una terapia delle idee, per aiutare cioè le persone a trovare delle risposte alle quest...