Jacques Lacan, passato presente
eBook - ePub

Jacques Lacan, passato presente

Un dialogo

  1. Italian
  2. ePUB (disponibile sull'app)
  3. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Jacques Lacan, passato presente

Un dialogo

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Alain Badiou ed Élisabeth Roudinesco, due intellettuali profondamente differenti per formazione e per il modo di interpretare il loro ruolo, dialogano in questo volume sull'importanza che Lacan ha avuto nel loro percorso filosofico, esistenziale e politico. Riflettendo ciascuno sul "proprio" Lacan, da un lato gli autori si trovano a commentare l'influenza che questo "maestro socratico" ha esercitato sulla cultura – soprattutto francese, ma non solo – degli ultimi cinquant'anni, dall'altro ritrovano nella riflessione lacaniana gli strumenti per immergersi nel presente ed esplorare le relazioni tra rivoluzione politica e rivoluzione del soggetto.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Jacques Lacan, passato presente di Alain Badiou,Élisabeth Roudinescu in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Philosophy e Philosophy History & Theory. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Anno
2019
ISBN
9788857558141
1
Un maestro, due incontri21
Philosophie Magazine: Per iniziare, qual è la vostra posizione nei confronti di Lacan? In quali circostanze avete scoperto il suo pensiero?
Élisabeth Roudinesco: Per me, l’avventura della psicoanalisi è iniziata a casa. Mia madre, Jenny Aubry, era un medico e si occupava di bambini abbandonati. Era anche psicoanalista e aveva introdotto in Francia i principi della clinica di John Bowlby e di Anna Freud che aveva incontrato a Londra. Senza esserne un’allieva in senso stretto, era stata vicina a Lacan a partire dal 1953 e gli era stata a fianco al momento della fondazione della Société française de psychanalyse (SFP). Per questo motivo, soprattutto dopo il divorzio dei miei genitori, Lacan veniva spesso da noi, da mia madre e dal mio patrigno (Pierre Aubry). Jenny era molto amica di Sylvia Bataille che Lacan aveva sposato da poco.
In quel periodo, andavo a Guitrancourt, alla Prévôté, cioè la casa di campagna di Lacan, senza sospettare nemmeno lontanamente che quell’uomo così familiare potesse essere un pensatore di una statura così elevata. Nemmeno durante l’adolescenza mi sono sentita particolarmente attratta dalla psicoanalisi, non avevo nessuna voglia di occuparmi di una questione che interessava così tanto mia madre. Sognavo invece di scrivere romanzi, o di fare del cinema. Così ho iniziato a studiare lettere, poi linguistica e intanto seguivo con passione i “Cahiers du Cinéma”, la Nouvelle Vague e il cinema hollywoodiano.
Nel 1966 sono andata a insegnare a Boumerdès, in Algeria, proprio lo stesso anno in cui sono usciti Le parole e le cose di Michel Foucault e gli Scritti di Lacan. Che momento eccezionale! L’ondata strutturalista, iniziata con Claude Lévi-Strauss e proseguita con Louis Althusser a partire dal testo Per Marx del 1965, era stata per me era una vera e propria rivelazione. Le lezioni di filosofia che avevo seguito al liceo erano state pessime e finalmente, invece, scoprivo filosofi e pensatori che scrivevano benissimo: erano pensatori della lingua. Mi sono immersa con un piacere estremo negli Scritti di Lacan, che non ho mai trovato particolarmente difficili perché conoscevo bene la linguistica strutturale (nata da Ferdinand de Saussure e poi sviluppata da Roman Jakobson) a cui anche Lacan si ispirava. Scena topica: mi rivedo mentre dico a mia madre, in modo perentorio, quanto il “suo” Lacan mi sembrasse geniale. E lei che mi risponde: “Da quanto tempo te lo dico!”. E così abbiamo iniziato a confrontarci, in modo anche vivace, sulla teoria del significante, anche se avevamo approcci diversi.
Dopo il maggio del 1968 ho abbandonato il progetto di scrivere romanzi per orientarmi verso le scienze umane e la filosofia, finendo la mia tesi in lettere sotto la direzione di Tzvetan Todorov all’Università Paris VIII Vincennes (oggi Saint-Denis) dove poi ho svolto il dottorato. Ho seguito il seminario di Deleuze sull’Anti-Edipo e poi sono passata alla storia grazie a Michel de Certeau che insegnava al dipartimento di psicoanalisi fondato nel 1969 da Serge Leclaire. Nel 1972 ho incontrato Louis Althusser. Per quanto riguarda Lacan, ho iniziato a seguire il suo seminario nel 1969, che allora si teneva alla facoltà di Diritto del Pantheon. Quando mia madre gli ha detto del mio interesse per il suo insegnamento, mi ha dato subito un appuntamento e mentre parlavamo ha esclamato: “Ma cos’è questa storia? Perché ci ha messo così tanto tempo per venire da me?”. Gli ho parlato di quello che facevo: cominciavo a lavorare sull’opera di Georges Politzer nel contesto della rivista “Action poétique”, animata da Henri Deluy e così ha insistito affinché entrassi all’École Freudienne de Paris (EFP) che aveva fondato nel 1964 anche se in quel momento non avevo ancora deciso di entrare in analisi. Ho accettato, compiendo, per così dire, il mio destino. Sono stata membro dell’EFP fino al 1980, fin quando cioè Lacan, un anno prima della sua morte, ha deciso di scioglierla.
Alain Badiou: Il mio percorso è stato diverso. Giovanissimo, ero stato un sartriano convinto. Tra il 1958 e il 1962, poi, mentre seguivo i corsi di filosofia all’École Normale Supérieure della rue d’Ulm, ho incontrato, dopo il Sartre della mia adolescenza, il mio secondo maestro, Louis Althusser. È stato uno shock perché erano uno il contrario dell’altro. Althusser proponeva di rileggere Marx eliminandone tutti gli orpelli umanisti proprio mentre Sartre ne presentava una visione esistenzialista. Una volta, assolutamente per caso, mi è capitato tra le mani il primo numero della rivista “La Psychanalyse” che conteneva il famoso Rapporto di Roma di Lacan (la conferenza intitolata Funzione e campo della parola e del linguaggio in psicoanalisi, del 1953). Sono rimasto letteralmente abbagliato da quel testo, ho provato una vera e propria fascinazione testuale e infatti il mio rapporto con la teoria di Lacan è sempre restato mediato dallo scritto. Dopo questa prima scoperta, ho continuato a leggere “La Psychanalyse”, iniziando a inserire qualche riferimento a Lacan nelle mie dissertazioni. Althusser, piuttosto intrigato da questi rimandi, mi ha portato a una lezione del seminario all’ospedale Sainte Anne. Era il 1960-1961. E così, su richiesta di Althusser, sono stato il primo studente dell’ENS a tenere due lezioni sul pensiero di Lacan.
É.R.: E Freud? Lo leggevi?
A.B.: Certo! La lettura sistematica di Freud mi ha occupato fin dal primo anno all’ENS. Lo consideravamo allora come una tappa fondamentale per le scienze umane, ovvero quelle scienze che secondo una diffusa convinzione avrebbero presto sostituito l’idealismo filosofico con il loro “serio” materialismo. Ma al di là degli elementi di continuità evidenti, ho subito percepito la profonda differenza tra la sua opera e quella di Lacan che era assolutamente innovativa.
É.R.: Talmente innovativa che per molti intellettuali, tra cui io, la lettura di Lacan ha influenzato quella di Freud. Io ho letto Lacan prima di Freud e quindi la mia lettura di Freud è stata “lacaniana”. Bisogna però stare attenti a non fondere insieme le due opere finendo per credere a un Freud già lacaniano.
A.B.: In ogni modo, Lacan per me si è subito imposto come una figura importantissima della scena intellettuale francese anche se aveva pubblicato solo qualche articolo, del resto di difficile reperibilità.
É.R.: Era il grande dramma di Lacan: prima del 1966 e della raccolta degli Scritti non c’erano testi suoi disponibili, erano tutti sparsi.
A.B.: Proprio nel 1966, mentre ero professore di filosofia in un liceo a Reims, sono entrato a far parte, grazie a François Regnault, che aveva anche lui un posto nella stessa città, della redazione dei “Cahiers pour l’analyse”, una rivista lacaniano-marxista lanciata da un gruppo di normalisti un po’ più giovani di me. C’erano, oltre a François Regnault, Jacques-Alain Miller, Jean-Claude Milner, Yves Duroux, Alain Grosrichard… I due primi contributi che ho pubblicato in questa rivista, piuttosto centrati sulla logica matematica – una delle mie grandi passioni di allora e di sempre – si riferivano esplicitamente a Lacan, anche se con una tonalità critica, con una certa riserva. Per esempio, contestavo la sua idea che esista un soggetto della scienza, mentre su questo punto restavo althusseriano: la scienza rimandava sempre, per me, a un processo a-soggettivo. Dovete pensare che siamo nel 1966, 1967… sta arrivando la tempesta del maggio del ’68 con tutte le sue conseguenze, un avvenimento che ha sconvolto la mia vita e mi ha catapultato per molto tempo nel pensiero e nell’azione politica.
É.R.: Per te, in sostanza, la lettura di Lacan è stata parallela a una rottura in ambito politico, mentre per me si è trattato di qualcosa che ha avuto a che vedere con la cesura strutturalista.
A.B.: Sono riuscito a incontrare di persona Lacan nel 1969. L’impressione è che per lui tutto fosse urgente e quindi voleva vedermi con urgenza. Siccome ero occupato a girare da una parte all’altra, tra fabbriche e riunioni, ero irraggiungibile durante il giorno e Lacan non riusciva mai a parlarmi al telefono. Alla fine abbiamo comunque trovato un momento per pranzare insieme. Era un grande seduttore e ha cercato di attrarmi con la sua voce squillante, proprio come ha fatto con te, Élisabeth: “Ma perché non è venuto da me prima?” ecc. Io però non sono entrato a far parte dell’EFP, non sono mai diventato psicoanalista e del resto nemmeno sono stato in analisi, ho ignorato il divano. Lacan è sempre stato per me un pensatore di primo piano e non un maestro nell’ambito della psicoanalisi. Primato dello scritto, sempre! Ed è a questo titolo che occupa un posto considerevole nel mio lavoro filosofico e questo fin dalla prima opera di sintesi del mio pensiero, Teoria del soggetto (1982). È stato, e lo è ancora, una presenza costante nel mio orizzonte intellettuale.
P.M.: Come definireste il contributo di Lacan alla filosofia in generale e al vostro pensiero nello specifico?
A.B.: L’opera teorica di Lacan è entrata a far parte del mio percorso filosofico per la sua specifica posizione sulla questione del soggetto. Come altri giovani filosofi, mi trovavo, all’inizio degli anni Sessanta, in una particolare congiuntura. Ero, come ho detto poco fa, un sartriano convinto fin quando, grazie ad Althusser, avevo capito che era arrivato il momento di rompere con la fenomenologia di cui Sartre era uno dei rappresentati più significativi. Questa rottura era inevitabile perché la fenomenologia, a partire dalla sua elaborazione husserliana, riduce il pensiero del soggetto a una filosofia della coscienza, ancorandosi nell’esperienza vissuta, immediata e primitiva. Il soggetto si confonde con la coscienza e con la comprensione trasparente di quello che gli accade. Non è un caso, infatti, che i fenomenologi (pensiamo a Merleau-Ponty) accordino una così grande importanza alla percezione, cioè all’esperienza più elementare del rapporto diretto e intenzionale della coscienza con il mondo. Inoltre, e in questo la fenomenologia francese è l’erede della psicologia tradizionale, il soggetto è compreso nella sua interiorità, dal punto di vista dei suoi sentimenti, delle sue emozioni… Il risultato è che ci si concentra principalmente sull’io riflessivo e la sfera dell’intimità.
Per elaborare un pensiero libero, emancipato e rivoluzionario, basato sulla scienza (com’era all’epoca il nostro “programma comune”) dovevamo svincolarci da questo modello fenomenologico del soggetto, riflessivo ed esistenziale. Per uscirne, potevamo riferirci alle scienze umane, all’oggettività della scienza e al formalismo logico-matematico. In poche parole, contro la fenomenologia, lo strutturalismo rappresentava un’ancora di salvezza. Tutte le riflessioni, anche le più disparate, che sono state accomunate da quest’etichetta, hanno comunque in comune l’idea di mettere in atto una fronda. La costellazione strutturalista trova il suo compimento in un “antiumanismo teorico”, secondo la significativa espressione di Althusser, o nella “morte dell’Uomo”, per citare Foucault. Evidentemente in tutto questo movimento d’insieme sono possibili varianti, declinazioni diverse. Alcuni affermano che il soggetto è un’illusione, un effetto che rispecchia le strutture più essenziali, invisibili e nondimeno pensabili dalla scienza. Altri cercano di dimostrare, magari nel solco di Heidegger, che il soggetto metafisico classico è solo un’anticaglia idealista. Si postula che ciò che vi è di reale nella nozione di “soggetto” sia solo una forma particolare dell’oggetto. Altri ancora, discepoli di Althusser, sostengono che il soggetto sia la nozione emblematica se non la categoria tipica dell’era borghese. Ma in ogni caso, indipendentemente dall’approccio che si privilegia, tutte le strade strutturaliste portano a una critica radicale del concetto di soggetto.
E Lacan, invece, cosa fa in questo contesto? Innanzitutto ha contribuito a rompere con la fenomenologia, tanto più che conosceva bene il pensiero di Sartre e di Merleau-Ponty. E poi può essere inserito nella galassia strutturalista non solo perché, più di tanti altri, ha fatto ricorso ai formalismi logico-matematici, ma soprattutto perché ha rinunciato al soggetto riflessivo come il centro di qualunque esperienza. Nella prospettiva analitica, che è la sua, il soggetto dipende da una struttura non riflessiva e per certi versi transindividuale: l’inconscio che, a sua volta, per Lacan, dipende interamente dal linguaggio. La scienza dell’inconscio si sostituisce così alla filosofia della coscienza.
Detto questo, però – ed è il secondo versante della sua posizione particolare – Lacan non si spinge lontano come gli strutturalisti “duri”, come Foucault o come gli heideggeriani alla Derrida, convinti che la categoria del soggetto sia solo un avatar dell’ormai defunta metafisica. Lacan in qualche modo vuole conservare questa categoria ed è pronto a rinnovarla in profondità perché per lui il soggetto resta al cuore dell’esperienza clinica. Lacan, in questo modo, in piena offensiva strutturalista, salva il soggetto. Certamente il “suo” soggetto è asservito alla catena significante; è diviso, sconosciuto a se stesso, scisso, esposto a un’alterità radicale (quello che Lacan ...

Indice dei contenuti

  1. Presentazione
  2. Jacques Lacan, passato presente
  3. Introduzione
  4. 1 Un maestro, due incontri
  5. 2 Pensare il disordine