Dal Land Grabbing agli Indio-Bond
di Paolo Groppo, PhD
1. Introduzione
Il punto di partenza del viaggio che qui vi propongo è la constatazione dell’unicità dello spazio in cui dobbiamo vivere. Di Terre ne abbiamo una e, fatti salvi eventuali miracoli futuri, qui siamo e qui dobbiamo trovare un modo per stare in equilibrio con quella Natura che era presente ben prima che noi arrivassimo.
L’evoluzione del rapporto degli esseri umani alla Natura, la presunzione di potersi porre al di sopra di essa in nome del profitto, sarà il filo conduttore di questo racconto. Verranno spiegati anche gli sforzi che abbiamo portato avanti negli anni rispetto a una sfida che attori molto più potenti di noi hanno ingaggiato da tempo. Sforzi che sono nati all’interno dell’organizzazione per la quale ho lavorato per quasi 30 anni, la FAO, ma che si sono estesi, in cerca di collaborazione e alleanze, con altre entità esterne, governative e non.
I fenomeni di accaparramento delle terre e di altre risorse naturali a cui assistiamo in misura crescente in anni recenti, hanno una loro logica che va studiata, capita e spiegata, in modo che le (non molte) forze che cercano di opporsi, si facciano un’idea più completa del gioco in corso.
Quello che crediamo è che stiamo passando da un attacco vecchio stile alla terra, il Land- Grabbing, a un livello più alto e più complicato, dove la proprietà dei beni non è più condizione necessaria. Uno scontro che avviene in un momento storico di crescenti asimmetrie di potere e che ha alla base un cambio di paradigma totale dei rapporti dell’uomo con la Natura. Da un’idea di convivenza e di ricerca di equilibrio fra pari livelli, si è passati a una dove l’Uomo si erge a dominus della natura – il cambio di maiuscole è voluto –, vista come un semplice supporto dal quale estrarre quanto ci serve per un modo di vita “non negoziabile” come disse il presidente americano George Bush Sr. al Summit di Rio 1992. Una nuova fase che ci trova impreparati a reagire come società e dove le conoscenze e le possibili proposte su “cosa fare” e “con chi” hanno ancora difficoltà ad uscire dall’alveo dei circoli specialistici.
2. Il secondo dopoguerra e il modello americano
La mia carriera professionale si è svolta quasi completamente all’interno delle unità tecniche della FAO che si occupavano della terra, vista sotto l’angolo dell’accesso, ma anche dell’uso e della gestione. E’ quindi naturale per me iniziare questo viaggio partendo da qui: la superficie agricola della terra non è una variabile, ma una quantità fissa che, a causa di scriteriate scelte umane, tende ogni anno a ridursi, vuoi per fenomeni legati alla degradazione e contaminazione dei suoli, vuoi per l’avanzare di fenomeni di desertificazione che non sappiamo ancora come arrestare.
Nella storia umana, la terra nasce come bene comune. Terra comune significa terra che include e non esclude: bene al quale tutti possono accedere. Oggi invece riusciamo a concepire la terra esclusivamente in termini di appartenenza, di oggetto di diritti da far valere nei confronti degli altri e in particolare del diritto di proprietà: come bene escludente.
Storicamente possiamo identificare due processi convergenti:
– dai diritti comunitari verso diritti individuali e
– dai diritti informali (consuetudinari) verso diritti formali (titoli di proprietà, formalizzati per mezzo di catasti e registri vari), funzionali all’economia di mercato.
Alla fine dal secondo conflitto mondiale la situazione dell’agricoltura mondiale vedeva molti paesi, del nord e del sud, deficitari in termini di produzione: per alcuni di loro si parlava chiaramente di “fame”. L’idea di creare un’organizzazione sopranazionale (FAO) che si occupasse specificamente di questi temi – agricoltura e alimentazione – nacque, su iniziativa americana, sulle spoglie del precedente Istituto Internazionale per l’Agricoltura, già basato a Roma.
All’epoca il “farmer” americano si presentava non solo come un esempio di successo dal punto di vista produttivo, ma anche come un modello di stile di vita tout court. Le condizioni di vita degli agricoltori americani erano anni luce avanti rispetto ai colleghi europei. Basti pensare che, n...