Markus Krienke
La libertà di Dio
come presupposto necessario
per la possibilità di una storia umana
«L’incomprensibilità della sofferenza
fa parte dell’incomprensibilità di Dio».
«Ma perché soffre l’umanità? Non dovrebbe ella,
come creatura d’un Dio ottimo, essere immune
da qualsivoglia patimento?».
1. La teodicea come problema della libertà tra storia umana e Dio
In un momento storico in cui l’umanità si confronta con le variegate sfide del male – fisico e morale – e con la «fine delle metanarrazioni» ha perso ogni possibilità di poterne trovare una spiegazione, la filosofia ha bisogno di un concetto forte per dare il suo contributo: in altre parole, il problema una volta definito teodicea potrebbe diventare il punto di partenza per il recupero della metafisica, certamente in modo nuovo e all’altezza delle istanze teoriche, o in altre parole, come altra metafisica. Altrimenti, non cogliendo la propria responsabilità in tali momenti, perde un altro momento importante della sua legittimazione. In questo impegno, essa non deve nemmeno cadere nel pericolo opposto e credere di risolvere il problema attraverso un’impostazione razionalistica, quindi astratta, lasciando la dimensione esistenziale della domanda fuori dalla porta. Infatti, interrogarsi filosoficamente sul senso del mondo, dato che esiste la sofferenza e il male, non significa “risolvere” speculativamente la radicalità del male o rispondere in modo cinico. Significa piuttosto accettare che proprio attraverso queste esperienze del e nel mondo si esprime uno scetticismo radicale, e accogliere in modo teoreticamente serio la sfida che in questo modo si rivolge all’affermazione della ragionevolezza della realtà e della sua struttura intelligibile. Più che l’esistenza di Dio, in una prospettiva di teodicea attuale, tardo-moderna, risulta quindi “sfidato” il senso dell’esistenza e della storia umana: oppure, come ha analizzato Marquard, la teodicea si muta in antropodicea. Le conclusioni che ne trae Marquard, però, sembrano superate, ossia che porre l’uomo al centro della domanda sul male, significherebbe “esonerare” Dio, cioè negare l’importanza della sua esistenza nei confronti degli interrogativi più esistenziali e drammatici dell’essere umano. Ciononostante, egli ha visto bene un paradosso nel modo “moderno” di affrontare tale sfida – e lo stesso Rosmini ha denunciato che «[l]a filosofia moderna distrugge la teodicea» – prevedendo oltre Marquard anche la pressoché completa resa dell’antropodicea nel XX secolo, che è stata definitivamente confermata dalla falsificazione storica della tesi del fine della storia – tesi espressa da Fukuyama, secondo il quale l’umanità approderebbe a una definitiva convivenza universale e libera in società democratiche, aperte e gestite dal libero mercato. Proprio in tale momento è la domanda del perché del male – irrisolvibile per le ideologie politiche e le variegate antropodicee – che fa emergere nuovamente la questione di un senso sovra-politico della libertà umana. In questo nesso sistematico, analizzato già da Rosmini all’inizio dell’800, si colloca la sua riflessione con la prospettiva che solo alla luce della libertà di Dio si riesce ancora a evidenziare il senso della storia e della libertà umane nei confronti della sfida del male.
In questo senso, il tema della libertà di Dio propone senz’altro una prospettiva diversa o persino invertita rispetto al “metodo tradizionale” della teodicea: il dilemma tra la spiegazione razionale del male, che renderebbe superflua l’affermazione dell’esistenza di Dio, e la sua origine inspiegabile e misteriosa, ha messo in crisi non solo la classica metafisica nei confronti delle esperienze del XX secolo e del mondo di oggi, ma ha posto anche un fine alla teodicea come impresa moderna e al suo derivato laico ossia la “filosofia della storia”. Le versioni idealistiche della filosofia della storia che hanno ereditato la questione leibniziana che da Kant in poi è stata considerata fallita, ma trasformando e perciò conservando le sue esigenze metafisiche, si sono dialetticamente invertite negli storicismi pessimistici dell’inizio secolo, anch’essi a lungo andare prede della forza distruttiva di ogni senso meta-storico espresso dall’annuncio nietzscheano. La Teodicea rosminiana, ora, realizza forse l’ultimo tentativo di riconnettere questi due aspetti oltre-razionali, cioè l’esistenza di Dio e la libertà umana rispetto alla quale l’esistenza del male è il contrassegno dell’autonomia dell’uomo nei confronti dell’esistenza di Dio: così Rosmini nella Teodicea cerca «il modo onde la libertà nell’uomo, e l’onnipotenza di Dio congiungono sia pur arcano quanto si voglia; questa e quella si debbono ammettere, ed io ho assunte a principio come postulati queste due grandi verità». La Teodicea di Leibniz – intesa come giustificazione dell’esistenza di Dio nei confronti del mal...