Il cerchio di Nietzsche
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Il libro, che si apre con una lettura ravvicinata dei testi giovanili, prende in considerazione la riflessione di Nietzsche dalla Nascita della tragedia ai primi approcci di una filosofia della volontà. Il percorso di analisi, punteggiato da momenti interpretativi originali, mira a mostrare come il lavoro di Nietzsche entri in un cerchio che chiude la prospettiva aperta della vita in una nuova forma di metafisica. Saranno questi due aspetti contraddittori ad aprire le più ampie prospettive della filosofia del Novecento.

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Informazioni

Anno
2020
ISBN
9788857566849

Parte prima
Uno sguardo
sul giovane Nietzsche

§1 – L’opera del giovane Nietzsche

Tra il 1869 e il 1874 nell’opera del giovane Nietzsche vi sono una serie di temi che costituiscono un reticolo intellettuale di sicuro interesse perché, in qualche modo, essi hanno un’eco rilevante nella “Nascita della tragedia” del 1872, il primo lavoro pubblico del filosofo che destò sorpresa e interesse nel mondo colto, e poi nelle “Considerazioni inattuali” del ’73-’74. Anche se bisogna ricordare che ogni opera composta ha una sua finalità che seleziona, dirige, organizza il patrimonio intellettuale dello scrittore, immagina i suoi destinatari, prefigura il suo effetto e quindi circoscrive la sua identità.
Non sfiorerò, in questo contesto, nemmeno il celebre, e ormai storico, contrasto che oppose, nell’interpretazione del filosofo tedesco, le pagine di Lukács che situavano Nietzsche nella catena filosofica tedesca che ebbe il suo epilogo nel nazismo, e gli studi filosofici della “Nietzsche Renaissance” che, con varie strategie storicamente non accettabili, hanno avuto il merito di condurre l’esperienza di Nietzsche ad un risultato teorico decisivo: l’abbandono, quale che fosse l’oggetto del sapere, di qualsiasi posizione filosofica che chiudesse la riflessione in un cerchio di pensiero nella presunzione ideale di una verità filosofica.
Nietzsche (come del resto il “secondo” Heidegger e Peirce, se ci spostiamo rispetto all’area geografica) è stato il protagonista della celebre rivoluzione linguistica della filosofia che, nella sua positività, ha ridotto al minimo indispensabile la “temporalità platonica” del pensiero filosofico: una condizione in cui necessariamente cade ogni tentativo di ricerca della verità.
Si può sempre aggiungere che gli autori della Renaissance hanno sempre selezionato aspetti particolari dell’opera di Nietzsche sviluppandone la ricchezza teorica in un nuovo contesto, mantenendo necessariamente in ombra la natura storica della sua opera che poteva essere visualizzata dalle stesse conoscenze biografiche. C’è stata invece una grande dovizia di temi filosofici, linguistici, estetici, esistenziali, morali e politici che hanno configurato una intera e prolungata stagione, ricca di numerose ed eleganti ripetizioni, che ci ha condotto come al margine filosofico occidentale, nell’incertezza di un avvenire teoretico, e, piuttosto, nel ruolo e nello stile contemporanei di “copisti” critici del nostro sapere. Riconoscere nel nostro destino la ripetizione del nostro ricchissimo “alessandrinismo” (per usare una parola cara a Nietzsche, il quale però non fa mai cenno della drammatica fine di Alessandria a causa del fanatismo dei cristiani dopo Costantino) è interrogarci sulla nostra possibilità di pensiero e sulla nostra impossibilità di pensiero. È una soglia molto difficile, e tuttavia noi cercheremo di onorare al meglio la nostra destinazione di “copisti” tentando di perdere il meno possibile dello straordinario patrimonio intellettuale, cosa non difficile poiché la nostra lunga educazione storica ci ha insegnato che ogni tratto simbolico ha un suo senso (da comprendere e da giudicare, si capisce), ma anche che nulla va distrutto, come accadde con i primi copisti, zelantissimi interpreti della religione cristiana e nemici radicali di quello che rimaneva, nelle sue varie estensioni, della cultura che noi chiamiamo “classica” da molto tempo.
In Nietzsche sono presenti in tutto il percorso delle sue opere due elementi costanti. Il primo, rilevato molte volte, magari con altro linguaggio, è la considerazione della filosofia come risultato di una difficile e complessa biografia intellettuale sempre alla ricerca della sua trascrizione stilistica o, addirittura, del precipitare in una scelta stilistica. Il secondo elemento importante è una forte propensione educativa (che, una volta, disse perfino “evangelica” riferendosi a Zarathustra), peraltro con contenuti molto differenti, dato che non vi è alcuna linea, o una somiglianza possibile tra il nucleo culturale degli inizi degli anni Settanta e la scrittura dell’Anti-Cristo, dove l’elemento che appare costante è il rapporto tra il “genio”, che segna il punto più elevato dell’esistenza e della sua possibilità educativa, e la plebe o “armento”, il cui sapere, in modo molto peggiorativo, appartiene al famoso “ontico” di tradizione heideggeriana.

§2 – Cinque conferenze sull’Avvenire delle nostre scuole.

Nel 1872, contemporaneamente alla “Nascita della tragedia” Nietzsche tiene a Basilea, dove, con indubbio prestigio insegnava filologia greca, cinque conferenze sull’ “Avvenire delle nostre scuole”.
Ma soffermiamoci un momento sulla parola “avvenire” che, così come compare in altri filosofi importanti, per esempio Feuerbach, mostra la possibilità di un futuro migliore rispetto al tempo presente, come effetto di una azione storica. Naturalmente bisogna distinguere tra un progetto storico e la rappresentazione di un “valore” che viene enunciato in un sintagma temporale soprattutto condiviso dalle abitudini mentali dei destinatari. E questo mi pare proprio il caso di Nietzsche. Questi testi seguono il modo in cui il filologo-filosofo desidera mostrare la sua presenza a Basilea dove il costume medio, secondo il suo giudizio, era costituito da un collettivo filisteismo. In ogni caso si tratta di scuole tedesche e non di scuole svizzere, mentre le linee educative, nel loro valore oggettivo, come pensiero dell’oratore, sono elementi importanti che ci conducono verso la comprensione della “Nascita della tragedia”. L’oggetto della conferenza è il completo corso scolare della educazione tedesca, dalla educazione primaria all’università. Il problema è riuscire ad armonizzare un’idea valida di cultura, quella fortemente nazionalistica di Nietzsche, con il compito dello stato di dover garantire l’apparato scolastico (concezione ignorata da Nietzsche), ma che deriva dall’immagine dello stato della, più volte deprecata, rivoluzione francese.
La posizione di Nietzsche, fin dalla prima conferenza è chiara: la cultura pubblica non deve essere in relazione né alle necessità pratica della vita sociale, né a quelle politiche degli organismi che strutturano lo stato. Un obbiettivo che definisce l’educazione nell’ambito della autonomia ideale della cultura e del suo senso nella formazione dei giovani, si trova subito in contrasto con due tendenze fondamentali: per un verso un codice educativo che sia in grado di formare gli impiegati, a vario livello, dell’apparato dello stato, per altro verso non deve aderire all’ordine che appare proprio dei sistemi immanenti alla società civile.
Questi obbiettivi di comune accettazione impediscono un’autentica formazione della persona, che è completamente a rovescio rispetto a quelli che, nella più recente storia tedesca, appaiono gli scopi collettivi: la forza dello stato e lo sviluppo economico del paese al livello delle grandi potenze industriali, certamente l’Inghilterra manchesteriana e colonialista e la Francia con gli ideali progressisti di Saint Simon. Al contrario c’è una figura dominante alla cui affermazione deve essere rivolto tutto l’apparato scolastico, ed è la nascita del “genio”. Il “genio” nel linguaggio del giovane Nietzsche è il personaggio che nella sua individualità riassume i valori tradizionali di un popolo, diremmo la sua unità simbolica, e la propone come motivo della sua identità e destino.
La politica attuale della educazione ha invece impliciti due scopi: l’uno l’ampliamento della cultura (che era stato considerato un diritto del “popolo” e un potenziamento dello stato) e l’indebolimento della cultura che forma il valore supremo dell’individuo: la formazione certamente propria di Goethe, Winckelmann, Schiller. Il paradigma “democratico” dell’educazione deriva dal potere culturale di un sapere, come l’economia politica di tradizione inglese o francese, fattore fondamentale di direzione del progresso materiale e quindi conoscenza operativa di una finalità essenziale che è la riproduzione allargata del denaro. L’espressione che ho usata è marxiana, ma indica bene, a livello della oggettività sociale, il comportamento personale decaduto a puro egoismo privo di qualsiasi altro orizzonte. Nietzsche vede con chiarezza la mobilitazione di una cultura adatta per la moltiplicazione dei beni economici che formano una particolare dimensione dell’uomo che, contemporaneamente, aumenta la potenza politica dello stato. Una condizione fondamentale della modernità che contempla se stessa come il vertice della storia contemporanea.
In una situazione che, rispetto alle finalità di ogni istituzione, oppone i valori della vita, anche lo studioso deve avere una parte omogenea a questo scopo immanente alla vita stessa. Al contrario, nella situazione attuale, l’intellettuale è al servizio della moltiplicazione oggettiva della specializzazione. È una circostanza sociale che può essere pensata secondo la razionalizzazione della divisione sociale del lavoro, tema che certamente era arrivato in Germania dalle famose pagine di Smith. Ma questa generalizzazione nasconde un dato di fatto: il sapere di natura scientifica non ha alcun rilievo al livello a cui Nietzsche colloca i più importanti problemi della esistenza umana, il suo senso, il suo valore, il suo scopo come vertice (se pur possa anticipare un tema successivo) della creatività stessa del processo naturale. A livello dell’opinione pubblica è il giornalismo, con la sua presenza quotidiana, a fornire la certezza intorno a tutti i luoghi comuni, gli interessi e i valori che dominano la scena sociale. Chi desidera liberarsi da questa forma della vita contemporanea è in grave difficoltà, il proprio nulla è inserito nel gesto quotidiano: “bisogna essere completamente corrotti per non spaventarsi […] della suprema povertà spirituale, e di questo girotondo davvero spiacevole”, dove il sapere tecnico (il saper fare per una finalità pubblicamente riconosciuta) diventa l’ordine stesso della cultura. La decadenza educativa comincia dall’elemento fondamentale che costituiva la trasformazione della Germania da paese fondamentalmente agricolo (come, per esempio, è visibile nel “Wilhelm Meister” di Goethe) in un paese che conosce il processo di industrializzazione. Al contrario la buona conoscenza della lingua della propria tradizione (il lessico tecnico e le forme operative della scrittura ne sono la negazione) costituisce la fedeltà fondamentale alla propria origine, poiché è la lingua che costituisce “il nostro posto nel mondo”. Che, va notato è tutt’altra cosa della interiorità romantica (per esempio Hölderlin, che pure sarà considerato una fonte di Nietzsche da Cosima Wagner) che nella scuola viene presa a modello per una espressività del giovane che deve trovare se stesso. Tra esigenza tecnica e destino romantico il giovane dovrebbe, al contrario, reprimere i suoi ideali che sono vanto barbarico ed essere invece sottomesso al “dominio del genio”.
Esiste nelle scuole il culto della classicità, ma esso diventa una sorta di sapere oggettivo, una filologia che provoca conoscenze oggettive, prive di alcun rapporto con una lingua che costituisce la realtà vivente di un mondo. Per comprendere la cultura della Grecia “abbiamo bisogno [..] dei nostri classici tedeschi per essere sollevati anche noi dal colpo d’ala delle loro aspirazioni alla antichità, e trascinati verso la terra della nostalgia, la Grecia”. Questa relazione, l’unica possibile tra i nostri classici e la cultura classica, non è stata avvertita tra i vecchi muri del liceo. È un tema fondamentale per Nietzsche: la rievocazione della Grecia come elemento critico del nostro presente culturale ed estetico. Dal punto di vista scolastico bisogna avere l’età giusta per arrivare a questa posizione, ma “il senso del mondo ellenico, una volta risvegliato, deve esprimersi contro la presunta cultura del momento attuale”. La critica allo sviluppo della cultura tedesca è certamente in relazione all’ammodernamento tecnologico in corso, ma vi era certamente una critica all’idea di cultura pedagogica, né conservatrice, né clericale, che in Francia si era sviluppata dal clima filosofico della rivoluzione francese; una cultura che ai vertici favoriva la ricerca scientifica parallela alle innovazioni produttive e, a livello popolare, non era insensibile al processo di alfabetizzazione. La critica alla modernità, alla democrazia, a qualsiasi idea emancipativa del movimento operaio era del tutto implicita alla stessa formazione di Nietzsche che avviene in un clima religioso e scolastico, alla quale reagisce un’immagine “poetica” della propria identità. D’altro canto si può anche sostenere che tutta l’opera del filosofo è un’autobiografia intellettuale che si riconosce come avversa ad ogni pensiero che si affidi ad una oggettiva costrizione logica, come un “gioco delle perle di vetro”, per ricordare Hermann Hesse. Se lo sguardo del filosofo esplora la scena degli studenti, trova dei servitori delle procedure scolastiche del greco; lo stesso accade con gli insegnanti prigionieri della medesima pratica educativa. La cultura umanistica che era lo scopo del liceo è stata resa impossibile dallo spirito straniero e cosmopolitico che traduce ogni esperienza nella astratta positività dello scambio. Per riprendere la più antica tradizione occorre ricercare il tradizionale spirito tedesco che, nella sua realtà, è ostile alla forma della cultura attuale dominata dalle origini neolatine, da cui deriva l’egemonia francese e le sue imitazioni. Riprendere lo “spirito tedesco” vuol dire valorizzare le proprie origini nella Riforma (un tema che Nietzsche considerò del tutto negativo negli anni successivi), nella musica (anche qui, quanto al tipo di musica, com’è largamente noto, cambiò del tutto parere), nella filosofia (che relegherà a livello dei giochi concettuali), nel mondo militare (che, dopo l’entusiasmo per la vittoria del ’71 sulla Francia, dovrà anch’esso declinare). Dominante, in questo ideale pedagogico, è la congiunzione con lo spirito originario greco che è il tema centrale della “Nascita della tragedia”, che qui ha la sua enunciazione pedagogica. Questa congiunzione ellenico-tedesca (di cui, è esempio visibile l’Achilleo di Corfù) è possibile solo se nella scuola si riattiva lo spirito tedesco attraverso la nostalgia per i grandi tedeschi, Schiller e Goethe, attraverso i quali si può ritrovare la realtà della cultura greca, che altrimenti rimane una astratta ragione di studio. Anche qui vi è un’eco della “Nascita della tragedia”, ma laddove nell’opera letteraria è, come elemento essenziale, la rivelazione del mondo ellenico tramite la musica, qui lo stesso esito dovrebbe averlo il lavoro pedagogico ben indirizzato. È proprio questa rinascita (la parola non è di Nietzsche) che viene osteggiata dalla prassi esteriore del corpo insegnante, anche come elemento fondamentale di una politica che conduce alla espressione scolastica come elemento di civiltà. Nietzsche, come radicale reazionario favorevole ad una educazione di élite, è all’opposto della linea culturale che deriva dalla rivoluzione francese e, entro certi limiti, dallo stato moderno; vuole poche scuole e una frequenza limitata a quegli uomini (ragazzi, naturalmente) che la stessa selezione naturale indica come degni di un vero sviluppo culturale. Il testo riproduce una memoria darwiniana interpretata a livello della selezione “spirituale”, ma, magari con altri linguaggi, era una linea condivisa da tutta la cultura conservatrice europea.
Le vicende storiche, e le posizioni dei democratici liberali e poi dei socialisti, mostrarono, almeno per quanto riguarda la scuola primaria, tutt’altro andamento rispetto alla scuola come istituzione aristocratica dello spirito. In questo ambito ristretto troviamo gli eroi dello spirito, se non i “liberi dallo spirito”, certamente i “liberi dello spirito”, personaggi che sono gli eroi del tempo e saranno gli eroi epocali. L’educazione delle masse popolari consiste nel creare le condizioni affinché il popolo coltivi “suoi istinti religiosi” dove si mantiene fedele ai suoi costumi, al suo diritto, al suolo patrio, alla sua lingua. Nella letteratura tedesca del resto non saranno poche le descrizioni di un ambiente di questo tipo. Nietzsche prosegue: ”In ogni caso ciò è possibile solo attraverso violenze e distruzioni; promuovere veramente la formazione del popolo in queste cose serie significa appunto limitarsi a tener lontano queste violenze e queste distruzioni”. L’interpretazione non è difficile: l’educazione popolare deve evitare la diffusione di idee astratte e pericolose dove il risentimento abbia la sua sublimazione (sono fuori dal lessico di Nietzsche di questo tempo) e la sua aggressività. C’è una pace priva di illusioni che è il vero destino del popolo. Nietzsche vede certamente in questa prospettiva la tragedia della Comune di Parigi, evento terminato con la fucilazione di migliaia di comunardi al celebre muro. Tutto questo si poteva evitare se idee elaborate dal ceto colto illuminista, idee di libertà, di uguaglianza e di giustizia non fossero divenute patrimonio del popolo che ne ha fatto il proprio obbiettivo politico. L’educazione del filosofo è del tutto favorevole ad un sapere popolare che ripeta, nella sua condizione, i tratti di una educazione servile che è proporzionata al ruolo secondo cui il popolo, con il suo lavoro, è lo strumento pratico necessario per lo sviluppo dei genii, che sono pochi (così possono apparire i candidati alla sapienza di Zaratustra) e, qui, sono i destinatari dell’estetica dei classici tedeschi compresi nella prospettiva della cultura dei classici greci. Gli intellettuali che alterano questo giusto equilibrio (Nietzsche può pensare ai socialisti tedeschi lassalliani o proudhoniani prima che nel ’75 Bismarck non mettesse fuori legge il partito) sono dei pericolosi demagoghi. Sono i genii, con la loro opera solitaria e aristocratica, ad essere i veri interpreti dell’anima del popolo. Tutto il contrario, come ho già ricordato dello spirito dell’economia politica, della potenza del denaro, della egoismo di massa, dell’utopia popolare della propria emancipazione. Non c’è da stupirsi che Nietzsche, con il suo modello interpretativo del destino del mondo e degli uomini, non sia in condizioni di condividere lo sdegno che mostra Cosima Wagner nei confronti delle fucilazioni di massa a Parigi, tra i quali anche un vecchio amico. Del resto per il giovane filosofo la Francia è proprio il paese, con la forma della sua vita sociale, l’eleganza della propria cultura, la raffinatezza dei propri costumi, da tener lontano dai propri confini, entro i quali soltanto può sviluppa...

Indice dei contenuti

  1. MIMESIS / Theoretica
  2. Parte prima Uno sguardo sul giovane Nietzsche
  3. Parte seconda Il tempo della ragione
  4. Parte terza Al di là
  5. Nota
  6. Theoretica