Parte II
La nascita temporale
di Gesù Cristo:
l’incarnazione del Verbo
Dopo aver analizzato il significato della generazione eterna all’interno delle prediche giovanili e dei primi trattati filosofici di Cusano, questa seconda parte del presente volume affronta il secondo momento della Natività: l’incarnazione di Gesù Cristo. Secondo uno schema differente rispetto a quello precedentemente adottato (ove lo sviluppo tematico e linguistico-concettuale inerente alla generazione eterna del Verbo è stato mostrato nel rispetto dell’ordine cronologico delle prediche in esame) oltre la cornice della celebrazione della triplice Natività, questa parte del volume presenta una suddivisione in quattro capitoli, ciascuno dei quali mostra e discute le principali sfaccettature che le opere filosofiche e religiose insieme ai sermoni rivelano sul tema qui dibattuto.
Il primo aspetto, quello “metafisico” concernente l’unione ipostatica di Cristo (il massimo parimenti assoluto e contratto), è analizzato nei termini caratterizzanti il terzo libro del De docta ignorantia. Questo nucleo teorico si configura nell’opposizione al nestorianesimo nel De pace fidei, ove l’incarnazione è presentata come una questione di “fede”, oggetto fondamentale del dialogo interreligioso volto irenicamente al perseguimento della concordia. Con la discussione sulla predestinazione (quaestio de praedestinatione) l’orizzonte speculativo si amplia fino ad interessare il dibattito medievale sulla predestinazione di Cristo; è così dalla lettura analitica dei passi significativi sulla nascita temporale (nativitas temporalis) che si avvia l’indagine sul rapporto tra la prospettiva soteriologica e quella cosmologico-escatologica e il conseguente richiamo sia alla concezione cusaniana del peccato originale, che si configura come un peccato della ragione (peccatum rationis), sia alla creazione, quale explicatio delle forme complicate in Dio, Pater dator formarum. La storicità di Cristo, infine, è qui problematizzata a partire dal luogo della sua nascita e dal tempo della sua vita. Il Sermo CCXVI, Ubi est qui natus est rex Iudaeorum, nel confronto tra l’interpretazione eckhartiana e cusaniana sul “dove” di Dio, costituisce un ulteriore campo d’indagine sull’incarnazione di Cristo, e offre, al contempo, uno spunto di riflessione sulla filiazione (filiatio), evidenziando il nesso tra la nativitas temporalis e la nativitas spiritualis.
Capitolo 3.
Il massimo parimenti assoluto
e contratto: l’unione ipostatica
della natura divina
e della natura umana
In termini metafisici, l’incarnazione del Verbo divino consente innanzitutto di apprezzare e di comprendere la centralità della cristologia all’interno del pensiero filosofico e teologico di Cusano. L’analisi metafisica della nascita temporale trova nello scritto del De docta ignorantia un terreno fecondo per la discussione sull’unione ipostatica della natura divina e della natura umana di Gesù Cristo nella prospettiva del massimo parimenti assoluto e contratto.
3.a. Introduzione alla cristologia cusaniana
La cristologia di Cusano di stanzia accanto al tema teologico e si specifica nella discussione circa la doppia natura di Cristo unita ipostaticamente in una persona, il quale, oltre a essere considerato di per sé, è affrontato in relazione alla questione antropologica e cosmologica. A ben vedere, non risulta casuale la sua collocazione nel terzo libro del De docta ignorantia, posposto alla trattazione del massimo assoluto (Dio) e del massimo contratto (il cosmo). Da questa struttura è desumibile il ruolo di “mediatore” incarnato da Cristo: “la contrapposizione fra il massimo assoluto (il principio divino) e il massimo contratto (l’universo legato alla molteplicità indefinita degli enti, infinito per deficienza e privazione) si sana nell’ipotesi che esista un contatto nel quale sia possibile il massimo nell’ordine della contrazione stessa”. La natura umana, in quanto contratta e dotata d’intelletto, è la più indicata, seppur insufficiente: non basta che si tratti di un uomo qualsiasi; è necessario che si presenti una situazione eccezionale che renda possibile la presenza di un massimo parimenti assoluto e contratto. Questo evento non è altro che l’incarnazione di Cristo, il quale, come spiega G. Santinello, per poter essere da noi pensato “poiché presenta la coincidenza dei contraddittori, assoluto e contratto, massimo e minimo, ha bisogno dell’uso dell’intelletto e della dotta ignoranza. Nella sua natura e nella sua persona egli ci rimane sconosciuto; quanto con la ragione possiamo dire di lui è un insieme di motivi di convenienza al realizzarsi di condizioni, le cui modalità di attuazione sappiamo di non poter conoscere” (principio fondante della cristologia di Cusano). Chiarito ciò, l’Autore ripercorre in sintesi tutti i momenti della realtà del Cristo uomo-Dio (concepimento, nascita, morte, risurrezione, seconda venuta e giudizio universale) presentati nel rispetto della versione ufficiale stabilita nei concili e dal magistero della Chiesa.
Il tema cristologico non espone soltanto le tesi fondamentali del Cristianesimo ma assume anche una funzione speculativa: Cusano esplica il contenuto della fede servendosi degli enigmi, mediante i quali traduce i misteri della fede in una forma intellettualmente attingibile. Secondo tale prospettiva, sono stati concepiti i capitoli conclusivi del terzo libro del De docta ignorantia, che ribadiscono gli aspetti non razionali e misteriosi della realtà di Cristo; ne costituiscono un esempio il penultimo e l’ultimo capitolo, destinati rispettivamente alle virtù teologiche (tra cui primeggia la fede) e all’ecclesiologia (dedicata all’illustrazione dei caratteri misteriosi e nascosti della Chiesa).
Prima di accostarsi al testo, è doveroso segnalare brevemente un ultimo aspetto: la notevole risonanza che la cristologia umanistica di Cusano ha avuto nel Rinascimento. Il motivo del Dio-uomo, sempre più dominante sia in ambito filosofico-speculativo sia in senso religioso nella pietas dell’imitatio Christi, esalta il valore umanistico di Gesù Cristo, a cui Cusano accosta sempre quello cosmico, tant’è che la redenzione – come si vedrà – coinvolge l’uomo con tutta la natura.
3.b. Gesù Cristo: il massimo parimenti assoluto e contratto. Un commento al terzo libro del De docta ignorantia
I libri precedenti, come Cusano stesso afferma nel Prologo del terzo libro del De docta ignorantia, hanno come scopo quello di aumentare la fede e la perfezione dei fedeli in Gesù Cristo, ossia in colui che è verità e via, per la quale – grazie alla fede in questo mondo e per diretta partecipazione, ossia per filiazione adottiva, nel regno dei cieli – gli uomini di fede potranno avere vita i...