Dario Altobelli
Introduzione
Per il patafisico l’idea di verità è la più immaginaria fra tutte le soluzioni.
Enrico Baj
1. Il contesto
A poco più di dieci anni dalla scomparsa di Jean Baudrillard, si ripresenta al pubblico italiano uno dei suoi lavori più belli: All’ombra delle maggioranze silenziose ovvero la fine del sociale. Il testo apparve nel 1978 come Cahier Quatre per i tipi delle Éditions Utopie, una breve esperienza editoriale cui diedero vita alcuni dei più animati e acuti partecipanti alla storica rivista “Utopie. Revue de sociologie de l’urbain”.
Pubblicata dal 1967 al 1978, fondata e diretta da Henri Lefebvre, vivace figura di studioso, sociologo e teorico dell’urbanismo su cui in anni recenti è tornata una forte attenzione, la rivista “Utopie” proponeva una lettura critica delle tendenze sociali e politiche del tempo, richiamandosi fortemente all’esperienza delle avanguardie storiche, a quella surrealista e dei situazionisti. Fra gli elementi che la caratterizzarono, assieme a una prospettiva militante e impegnata politicamente, vi era la volontà di condurre un dibattito aperto alle contraddizioni e all’approccio polemico anche fra i suoi partecipanti. Sulle pagine di “Utopie” Baudrillard mosse i primi, decisi passi del suo percorso intellettuale mettendo alla prova una serie di temi che avrebbero trovato sviluppo nelle monografie più note. La critica alla sociologia e alle scienze umane e sociali, al marxismo, al femminismo, alla “sinistra” ufficiale e a quella di “movimento”, così come all’ideologia dei consumi, al sistema dei mass-media, alle tendenze dell’arte contemporanea e dell’urbanistica, per non citare che alcuni temi, trovarono sulla rivista “Utopie” una prima importante occasione di formulazione, verifica, esplicitazione.
Le pubblicazioni delle Éditions Utopie, che della rivista prendevano il nome e lo spirito, giungevano quindi quasi a compimento di un’intensa attività intellettuale non solo per lui, ma anche per alcuni dei più ferventi compagni in questa avventura. È in tale preciso milieu che va inserito questo breve, ma non semplice testo: un pamphlet pubblicato alla fine dei turbolenti anni Settanta, mentre iniziava la risacca conservatrice che chiudeva definitivamente gli anni rivoluzionari e contestatori iniziati con il Maggio 1968, che di quel periodo e di quelle esperienze è anche preziosa testimonianza.
In Italia la precedente edizione per la casa editrice Cappelli di Bologna, con la traduzione di Maria Grazia Camici, nella collana Indiscipline del cui comitato di redazione faceva parte lo stesso Baudrillard, apparve nel 1978 in contemporanea con l’edizione francese, per poi scomparire dai cataloghi editoriali: si tratta pertanto di un libro caduto nell’oblio, nella pur continua e costante attenzione nei riguardi del sociologo e filosofo francese nel nostro Paese, che ritrova la luce della pubblicazione a quarant’anni dalla prima edizione.
2. “Buco nero dove il sociale s’inabissa”
Sin nel titolo, il libro si presenta come una riflessione a tesi: all’ombra delle maggioranze silenziose ovvero la fine del sociale. La relazione tra queste due ambigue, misteriose proposizioni è indagata nel testo facendo ricorso a uno stile colloquiale, a tratti veemente, che non esita a ricorrere al sarcasmo e ai toni della polemica e della provocazione. È, in tal senso, un Baudrillard in grande forma quello che ritroviamo in queste pagine: un pensatore che offre ai suoi lettori un testo magmatico, “attraversato da correnti e flussi” come lo strano oggetto di cui si occupa.
Innanzi tutto, cos’è la “maggioranza silenziosa”? Già presente nel linguaggio politico anglosassone almeno dall’Ottocento, l’espressione silent majority è stata resa popolare dall’impiego che ne fece Richard Nixon in un discorso del 1969. Il Presidente sostenne in quell’occasione che la “maggioranza silenziosa” degli americani, che non protestava, che non si esprimeva platealmente, era a favore della guerra nel Vietnam. Estendendone e generalizzandone il significato, nell’interpretazione di Baudrillard le maggioranze silenziose diventano le masse che popolano i moderni stati-nazione.
È “all’ombra” di questa maggioranza silenziosa che si siede Baudrillard tessendo la trama di una riflessione avvincente, serrata, intensa che conduce il lettore a una conclusione densa di conseguenze misurabili su molteplici piani: la fine del sociale.
Senza darne una definizione precisa, il termine “sociale” è impiegato da Baudrillard come l’attributo che connota, forte della sua tautologica realtà, la società stessa. Che cos’è il sociale, infatti, cui ci si riferisce in espressioni come “stato sociale”, “assistenza sociale”, “politiche sociali” e via dicendo se non il “senso” che la società offre di sé stessa in questioni particolari così come in una visione più generale? Il sociale appare come un termine-segno, fondato sul truismo “la società produce il sociale”, su cui e intorno al quale ruotano tutti i principali dispositivi politici, economici e culturali e su cui si articola l’ampio fronte di istituzioni, politiche, ideologie e pratiche delle società occidentali.
Dinanzi all’imperio del sociale, Baudrillard avverte che le masse, nella loro banale modalità di esistenza, poiché dotate di una straordinaria “potenza di assorbimento e di neutralizzazione” e di una grande “potenza d’inerzia specifica”, lo conducono a estinzione, a saturazione, lo svuotano di ogni senso attribuito o presunto, lo sterminano come insieme di dispositivi funzionali al sistema. La relazione tra “maggioranze silenziose” e “sociale” può così essere descritta facendo ricorso a metafore tratte dalla fisica dell’elettricità e del magnetismo. Le masse sono avvolte dal sociale
come un’elettricità statica, ma il più delle volte fanno precisamente “massa”, cioè assorbono tutta l’elettricità del sociale e del politico e la neutralizzano per sempre. Esse non sono buone conduttrici del politico, né buone conduttrici del sociale, né buone conduttrici del senso in generale. Tutto le attraversa, tutto le magnetizza, ma tutto vi si diffonde senza lasciare traccia. E l’appello alle masse è in fondo rimasto sempre senza risposta. Esse non irradiano più, al contrario assorbono tutte le radiazioni delle costellazioni periferiche dello Stato, della Storia, della Cultura, del Senso. Sono l’inerzia, la potenza dell’inerzia, la potenza del neutro.
Nell’attrito e nelle relazioni tra questi due poli, a un tempo concettuali e dotati di realtà fenomenica, Baudrillard individua alcune linee interpretative di perdurante attualità che superano d’un balzo i quarant’anni che ci separano dal testo per farlo apparire come scritto ieri.
3. “Un solo processo è quello della massa e quello dei media. Mass(age) is message”
L’elemento che completa il quadro e determina le forme delle relazioni tra massa e sociale, fino a condurlo alla sua fine, è rappresentato dai mass-media. Il sistema mediatico produce informazione che inietta in dosi massicce nelle masse. Il motivo di questo continuo e imponente “investimento” di senso, di linguaggio, di denaro, di tecnologia, etc. deriva dal fatto che il silenzio delle masse preoccupa, che la loro inerzia infastidisce: lungi dall’essere ciò che le caratterizza in modo neutrale, la non-partecipazione è un rumore che disturba la sinfonia del sistema. Le masse non posson...