La vocazione terapeutica della filosofia
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La vocazione terapeutica della filosofia

Cura del senso e critica radicale

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La vocazione terapeutica della filosofia

Cura del senso e critica radicale

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La filosofia, per promuovere oggi una vita buona, deve recuperare la sua antica vocazione alla cura. Diversamente da altri approcci alla salute, sviluppati in ambito medico e sanitario, la "terapia dell'esistenza", che una filosofia rinnovata offre all'uomo contemporaneo, consiste in una cura costante e consapevole della propria presenza al mondo. Nel registrare con inquietudine i mutamenti epocali che la globalizzazione economica sta innescando sul piano psichico e relazionale, la vocazione terapeutica della filosofia si pone al crocevia tra critica radicale dell'esistente e trascendenza delle pretese egoiche alimentate dalla società dello spettacolo. I due saggi proposti dall'autore esplorano il potenziale trasformativo di una ricerca di senso che, in dialogo con le psicologie del profondo, l'antropologia e l'etnopsichiatria, getti le basi per una conversione dello sguardo e dell'azione capace di incidere sul malessere dei nostri tempi.

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Informazioni

Anno
2019
ISBN
9788857556505
Quando Sophia sogna:
potenza, vita onirica
e analisi filosofica
In questo scritto considereremo il “lavoro sul sogno” una forma specifica di conoscenza e cura di sé.15 Per presentare le numerose opportunità di individuazione che esso dischiude al soggetto, abbiamo deciso di soffermarci su alcune recenti letture dell’esperienza onirica che risultano particolarmente interessanti nell’ottica dell’analisi filosofica.16 Gettare un ponte tra filosofia e sogno vuol dire, per noi, muoverci in direzione di una simbologica17 capace di armonizzare tra loro le due forme del pensare identificate da Carl Gustav Jung (il pensiero indirizzato e il pensiero non indirizzato o fantasticante).
Qualcuno potrebbe obiettare che la rifondazione di un rapporto generativo tra filosofia e comprensione dei sogni sia quantomeno superflua, poiché da un secolo a questa parte le analisi psicologiche hanno già dedicato molte attenzioni alla dimensione onirica e alle sue possibili interpretazioni. Un’osservazione del genere, legittima ma sbrigativa, confermerebbe solo l’avvenuta separazione, nel senso comune e persino fra gli addetti ai lavori, tra pensiero logico-discorsivo e immaginazione creativa.
Questa scissione, tutt’altro che innocua, imprigiona il pensiero filosofico nella gabbia del discorso razionale e accademico, scollegando l’amore per la sapienza dalla storia concreta di vita delle persone.
Ecco perché la filosofia, chiamata oggi a riconoscersi “biografica” per non essere condannata all’insignificanza, trova proprio nelle psicologie del profondo delle preziose alleate per esplorare le peripezie esistenziali dell’individuo e del suo gruppo di appartenenza, avendo però cura di non cadere in un soggettivismo sterile, privo di trascendenza e di apertura al mondo.
L’avventura umana, d’altronde, è costellata fin dalle sue origini di sogni capaci di indicare nuove possibilità di esistenza laddove la sofferenza, la morte e l’insensatezza vorrebbero imporre l’ultima parola. Proprio per questo il sogno possiede un ineguagliabile valore antropologico: quello di misurare le capacità di futuro della nostra specie.
Stupiscono, allora, la diffidenza e l’insofferenza con le quali la filosofia occidentale ha guardato al sogno e alle sue cangianti potenzialità. Nella sua storia millenaria i pensatori più influenti non hanno mai accordato all’immaginazione notturna – e alle sue necessarie riprese durante la veglia – il diritto di farsi conoscenza legittima della realtà, individuando piuttosto nella sua stranezza formale una pericolosa messa in discussione dell’ordine costituito.
È risaputo, infatti, che il Logos vacilla con sorprendente facilità quando i sogni si impossessano dell’anima, scompaginando in pochi istanti le abituali connessioni di senso.
Ciò spiegherebbe perché, pur tendendo per sua natura alla definizione di un sapere e di un corrispettivo modo di vivere capaci di istituire un rapporto autentico con la totalità del reale (quindi con l’Intero), la filosofia abbia spesso considerato il sogno inutile, se non fuorviante, nel cammino di avvicinamento progressivo e mai concluso alla verità.
Quasi che lo sfaldamento dell’ordito prodotto dalla ragione durante lo stato di veglia non potesse in nessun caso far spazio, sotto la guida di princìpi di ricomposizione “altri”, a nuove trame altrettanto significative. Inoltre va detto che il linguaggio simbolico, di cui si avvale a piene mani l’attività onirica, ha messo puntualmente in difficoltà i filosofi di professione. Paul Ricoeur ne ha indagato i motivi:
Ora perché esiste qui un problema per il filosofo? Per il fatto che il ricorso al simbolo ha qualcosa di sorprendente e di scandaloso.
1) Il simbolo rimane opaco, non trasparente, poiché è dato per mezzo di un’analogia […].
2) Il simbolo è prigioniero delle diversità delle lingue e delle culture e, a questo titolo, resta contingente: perché questi simboli e non altri?
3) I simboli danno a pensare solo attraverso una interpretazione che rimane problematica […].
Opacità, contingenza culturale, dipendenza dalla decifrazione problematica, tali sono le tre deficienze del simbolo di fronte all’ideale di chiarezza, di necessità e di scientificità della riflessione.18
In questo saggio non vogliamo addentrarci in una trattazione dettagliata delle posizioni filosofiche sul sogno diffuse nel mondo antico, nel medioevo cristiano e nella prima modernità;19 ci accontenteremo, più modestamente, di concordare con chi ha sostenuto che il sogno in Occidente è apparso «da un lato provvisto, sul piano ontico, di una sorta di diminutiva realtà, quasi ombra o fantasma mimetico della realtà in carne ed ossa, dall’altro, sul piano gnoselogico, perennemente sospetto di falsità, ovvero rappresentazione inadeguata o ingannevole del reale».20 La rivincita rispetto a questa squalificazione, che si estende nei fatti a tutte le “capacità estatiche della mente”,21 ha dovuto attendere la nascita della psicoanalisi e i contributi pionieristici di Sigmund Freud e di Carl Gustav Jung.
Da entrambi prenderemo avvio nelle prossime pagine, per dedicarci poi ad alcuni autori contemporanei che hanno dimostrato – partendo da angolazioni teoriche e da intenzioni differenti – di saper discutere dei sogni (e della loro interpretazione) con un piglio decisamente filosofico e non riduzionista.
La scelta è ricaduta su di loro, non perché i nuovi sentieri nella comprensione del sogno si esauriscano in questi soli tragitti, ma in quanto la visione che essi propongono esonda puntualmente dagli argini della cultura individualista del nostro tempo e ne mette in crisi l’impianto ideologico. Le loro parole, a nostro avviso, forniscono alla filosofia biografica – e all’analisi filosofica come professione di orientamento esistenziale – le basi necessarie (non le uniche, si intende) per trasformare il lavoro sui sogni in un esercizio di consapevolezza volto a trascendere la centratura egoica del soggetto in direzione di una presa di coscienza ampliata. Presa di coscienza che, nei casi più fortunati, approderà a una riconsiderazione mitobiografica della propria vita. Nell’ultima parte dello scritto proveremo a confrontarci direttamente con le implicazioni pratiche e “politiche” di questo discorso.
Freud e Jung: continuità o rottura?
L’abilità di Freud è stata sicuramente quella di fornire ai suoi contemporanei un accesso alla dimensione onirica che poggiasse sul mito implicito della modernità (la scienza e il suo metodo sperimentale) senza sacrificare gli interessi e le passioni del soggetto-sognatore. Per questo Tobie Nathan ha potuto dire di Freud:
[Egli] conserva due elementi fondamentali delle “chiavi dei sogni” che circolavano fra il popolo dall’antichità: l’interesse per il contenuto del sogno e la possibilità della sua interpretazione. È per questa duplice promessa, continuare ad ascoltare il resoconto dei sogni e trovare in esso un significato che riguardi il sognatore, che [Freud] è riuscito ad attirare il generale interesse.22
Il padre della psicoanalisi, sempre secondo Nathan, «[…] promette un’interpretazione del sogno compatibile con la nuova società che va affermandosi [siamo agli inizi del ventesimo secolo], una società che finalmente si è sbarazzata dei suoi diavoli, delle sue divinità, dei suoi spiriti».23 Le forze presenti nel sogno, con Freud, diventano tutte rigorosamente interne al soggetto. La comprensione del fenomeno ruota intorno a due aspetti ben precisi: quello dinamico/pulsionale e quello funzionale. Secondo questa lettura il sogno, mettendo in opera ingegnosi processi di mascheramento e defor...

Indice dei contenuti

  1. Stefania Consigliere - Introduzione La conoscenza delle relazioni
  2. Quando Sophia sogna: potenza, vita onirica e analisi filosofica
  3. La cura del sé in un racconto di senso: vocazione della filosofia e crisi del presente
  4. Postfazione
  5. Moreno Montanari - Trascendenze che curano Lo specifico terapeutico dell’analisi biografica a orientamento filosofico