Pragmatismo ed ermeneutica
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Pragmatismo ed ermeneutica

Soggettività, storicità, rappresentazione

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Pragmatismo ed ermeneutica

Soggettività, storicità, rappresentazione

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Questo libro esplora sia sul fronte teoretico sia su quello pratico la possibile dialettica di Pragmatismo ed Ermeneutica in quelli che possono essere considerati i tre maggiori pilastri di questa relazione. I diversi contributi, elaborati da alcuni tra i massimi studiosi delle due aree filosofiche, chiamano in causa esplicitamente o implicitamente la teoria sociale, l'antropologia filosofica, l'etica, l'epistemologia, la semiotica, la filosofia del linguaggio, l'ermeneutica narrativa, l'ontologia, la filosofia della mente, le scienze umane e la storia. Dall'attraversamento, anche incrociato, di questi campi del sapere discendono nuovi, specifici contributi su soggettività, storicità, rappresentazione.

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Informazioni

Anno
2020
ISBN
9788857566276

II
Percorsi tra pragmatismo
ed ermeneutica

Rosa M. Calcaterra

L’apporto di Richard Rorty

all’epistemologia del sé1

1.

A partire da Philosophy and the Mirror of Nature and Consequences of Pragmatism2, le due opere che lo portarono subito sulla scena filosofica internazionale, Rorty si è impegnato a rivitalizzare il pensiero dei classici del pragmatismo valorizzando le consonanze che individuava tra il pensiero di James o Dewey e le posizioni di un gruppo alquanto eterogeneo di filosofi – Nietzsche, Heidegger, Wittgenstein, Gadamer, Derrida, Foucault, Quine, Sellars, Davidson – i quali, a suo dire, condividevano l’impegno ad accantonare le pretese fondazionaliste della ricerca filosofica. Questo impegno della filosofia ermeneutica e decostruzionista, cui – secondo Rorty – facevano eco le linee post-neopositiviste della filosofia analitica, avrebbe potuto rafforzare la tradizione classica del pragmatismo, immettendovi la specifica attenzione al linguaggio e alle interazioni comunicative che tali versanti teorici privilegiavano come terreno di ricerca per l’intero arco delle questioni filosofiche. Così, per spiegare il progetto intrapreso con le due opere sopramenzionate, Rorty asseriva: «I am trying to adapt pragmatism to a changed intellectual environment»3, il che significava principalmente costruire una linea di pensiero neo-pragmatista focalizzata appunto sulla centralità filosofica del linguaggio e pertanto etichettata come «pragmatismo linguistico».
Nonostante sia stata sempre riconosciuta a Rorty la rara abilità di parlare linguaggi filosofici anche molto diversi – quelli del pragmatismo, della filosofia analitica, dell’ermeneutica –, la sua opera ha ricevuto solo negli ultimi anni interpretazioni e commenti meno ostili che in passato4. Sarebbe certo azzardato, se non addirittura impossibile, dare un resoconto adeguato della ricezione del suo pensiero attualmente in corso, tuttavia si può certo dire che vi è ormai una prevalente tendenza ad accostarsi all’opera di Rorty guardando alla sua ricchezza tematica piuttosto che soffermarsi sulle tante clamorose espressioni con cui il filosofo statunitense ha cercato di contrastare una serie di paradigmi teorici ben consolidati nella nostra tradizione di pensiero. Le pagine che seguono intendono contribuire a tale tendenza, mettendo a fuoco l’apporto del neo-pragmatismo rortiano all’epistemologia del sé, vale a dire alla riflessione sui fattori, le possibilità e i limiti dell’esperienza conoscitiva della propria soggettività ossia della propria identità personale.
A titolo schematico, conviene indicare gli aspetti sui quali farà leva la mia lettura della posizione rortiana: 1) la concezione «narrativa» del sé e la sua dipendenza dall’anti-essenzialismo di marca sia spiritualista sia fisicalista; 2) la concezione «creativa» dell’identità personale, vale a dire la correlazione tra capacità narrativa e attività di auto-creazione; 3) l’idea della destinazione intersoggettiva del sé. Rispetto alle complesse alternanze di dissolvimenti e di recuperi dell’io, che hanno ritmato la filosofia moderna e contemporanea, i motivi sovra indicati tendono a recuperare la consistenza ontologica della soggettività sotto l’egida di una distinta istanza etico-morale modulata sulla dinamicità del rapporto con se stessi e con gli altri. Nel complesso, si fa valere una cornice teoretica composta principalmente da tre motivi interconnessi: il fallibilismo ovvero, stando al vocabolario rortiano, il “liberalismo ironico”; il contingentismo storicista; infine il naturalismo non-riduzionista, vale a dire un punto di vista secondo il quale la biologia darwiniana non va assunta come «filosofia prima» cioè fondazionale, bensì come ipotesi euristica da coniugare con la forma culturale che contraddistingue la «natura» umana. Quest’ultimo aspetto permette di evidenziare – in linea con la tradizione pragmatista – il superamento di contrapposizioni concettuali, quali quella tra individuale e sociale, tra sfera affettiva e sfera razionale, superamento che viene suggerito dall’approccio di Rorty al tema dell’identità personale, al quale cercherò appunto di prestare particolare attenzione nel tentativo di portarne avanti le implicazioni inespresse e tuttavia, a mio avviso, alquanto promettenti ai fini di una teoria pragmatista della conoscenza di sé.

2.

Nel corso della nostra tradizione filosofica, il rapporto tra fattori sensoriali-affettivi e fattori logico-razionali ha da sempre rappresentato un importante punto di snodo delle teorie della soggettività. La diversità del modo di intendere questo rapporto è, infatti, corrispettiva alle divergenze ontologiche ed epistemologiche che man mano si sono presentate al riguardo. Basterà notare, sommariamente, che i modelli razionalistici dell’io implicano un programmatico scarto della componente estetica dell’essere umano, mentre la maggior parte delle alternative a tali modelli tendono a valorizzare il sentire – nella varietà delle sue forme e funzioni – come fattore dirompente di una immagine unitaria e autosufficiente della soggettività. Le versioni paradigmatiche di questo doppio binario teoretico sono ben note: da un lato, la nozione cartesiana dell’io penso, che pone la res cogitans a salvaguardia della continuità nonché della «verità» delle relazioni degli individui umani con il mondo esterno, con gli altri e con se stessi; dall’altro, l’idea humiana dell’io come «fascio di percezioni», espressione emblematica dello scetticismo avanzato dall’empirismo britannico nei confronti del vocabolario ontologico razionalista. Fermo restando che in entrambi i casi entrano in gioco reti concettuali complesse cui le semplici schematizzazioni non possono che far torto, sta di fatto che il modello cartesiano e...

Indice dei contenuti

  1. MIMESIS / consonanze e dissonanze
  2. Presentation
  3. Presentazione
  4. I Temi e questioni
  5. II Percorsi tra pragmatismo ed ermeneutica
  6. Bibliografia