Guglielmo Scaramellini
Umanesimo e scienza
alla scoperta delle Alpi.
Le radici cinquecentesche dell’Helvétisme e del mito delle Alpi
In memoria di Luigi Zanzi (1938-2015)
intellettuale eclettico ed esuberante
studioso delle realtà alpine profondo e innovatore
sottratto troppo presto alle sue ricerche e alle sue passioni
1. Alpi e popolamento alpino nella ricerca geografica e storica
Le montagne, e fra esse soprattutto le Alpi, sono regno della “diversità”: diversità di clima, geologia, morfologia, idrografia, esposizione al sole, ma anche lingua, cultura, etnia, vicende storiche, politiche, religiose. Diversità promosse, se non prodotte, dalla frammentazione del territorio in bacini idrografici, orizzonti altimetrici, versanti solatii od ombrosi, territori interni o aperti all’avampaese che li circonda…
Eppure, in ogni loro parte si ritrovano modelli di vita, di economia, di organizzazione sociale e territoriale che, al di là delle più ovvie differenze, mostrano caratteri sorprendentemente simili, come sostiene il geografo Aldo Sestini, che parla di una
[…] generale comunanza di aspetti fondamentali (pur attraverso una serie di sfumature e trapassi) dall’esterno all’interno, dal nord al sud, da ponente a oriente, dal basso all’alto. Comunanza che non riguarda soltanto il mondo della natura, ma anche quello degli uomini, i quali dappertutto penetrano la montagna alpina e la popolano con densità relativamente notevole. Il fatto che questa regione montagnosa ospiti popoli diversi passa in seconda linea rispetto a certi costanti rapporti tra l’uomo e l’ambiente, e specialmente quelli che si esprimono sensibilmente nel paesaggio attraverso il modo di abitare e le forme dell’economia agricola e pastorale, qui fortemente influenzati dai peculiari caratteri della natura alpina.
Parole cui fa eco Germaine Veyret-Verner che nota che “dans leurs paysages ruraux comme dans leurs villes, partout les Alpes ont un air de famille très prononcé” che accomuna, ovunque, popolamento e paesaggio alpino: tanto che si è parlato di homo alpinus quasi come di una forma di umanità particolare, in qualche modo peculiare fra le altre della stessa specie. Punto di vista evidentemente assai discutibile, ma che ha contribuito a promuovere specifici interessi di studio e particolari interpretazioni, da un canto, ma anche processi di auto- ed etero-identificazione delle popolazioni che le abitano, dall’altro: quanto fondate, non è possibile dire che caso per caso, e, sempre e comunque, con grande cautela.
Nelle Alpi, annotava infatti il giovane intellettuale e naturalista bernese Albrecht von Haller nel primo Settecento, rivolgendosi idealmente ai loro abitanti, l’asperità dell’ambiente e del cima, lungi dal fiaccarli, abbia “migliorato il valore dei vostri costumi, / l’invidia degli elementi ha accresciuto la vostra felicità”: “O tu popolo beato! ringrazia la sorte / che ti ha negato il superfluo, origine dei vizi”, poiché “a chi è soddisfatto del suo stato la povertà stessa serve alla felicità, / poiché sfarzo e sontuosità erodono le fondamenta degli Stati”.
L’ode, scritta nel 1729 dopo un viaggio nel Giura e nelle Alpi (da Basilea a Berna, passando per Neuchâtel, Losanna, il Vallese, Lucerna, Zurigo), compiuto con Johannes Gessner, è pubblicata nella raccolta poetica Versuch Schweizerischer Gedichten (Berna, 1732), ed ha immediata e grande diffusione, anche tramite numerose traduzioni, specialmente in francese (come quella del 1749, probabilmente dell’autore stesso, edita a Gottinga nel 1750).
Questa visione – che idealizza (e in fondo banalizza) oltremodo le condizioni di vita nelle Alpi, invece e troppo spesso, di estrema difficoltà – ha guidato per due secoli le immagini che del grande sistema montuoso (ma non di rado di ogni altra montagna) hanno avuto intellettuali e opinione pubblica colta europea; visione che coniugava in un unico sistema interpretativo asprezza dell’ambiente, naturalità degli abitanti, pretesa spontaneità della compagine sociale. Aspetti che si ritenevano quasi un frutto immediato della natura stessa: oggi, “discepoli della Natura, voi conoscete ancora l’età dell’oro”, la “felice età dell’oro”.
Le Alpi luogo della spontaneità e della libertà, dunque: prerogative pag...