IV.
Solone: la (ri)definizione
dell’assetto politico-sociale
di Atene
1. La crisi economico-politica
L’inizio del VI secolo ad Atene è contrassegnato dall’opera di quella che a buon diritto può essere definita come “the most prominent personality of archaic Greece”: Solone, eletto all’arcontato nell’anno 594/593, fu poeta, autore di leggi che riguardavano i più svariati ambiti della polis, protagonista di riforme in campo giudiziario e politico; non a caso si è parlato, in riferimento al suo operato, di “invenzione” della polis ateniese. Comprendere pienamente l’operato soloniano significa comprendere la situazione di crisi in cui si trovava Atene nei decenni precedenti, una situazione affrontata energicamente da Solone, con misure che non mancarono di essere in certo qual modo traumatiche, nella misura in cui segnarono una vera e propria rottura rispetto al passato.
Al momento della nomina di Solone all’arcontato, la Athenaion Politeia presenta una situazione caratterizzata da una stasis che vede opporsi i notabili (gnorimoi) alla massa (plethos); tale dicotomia è dato riscontrare anche in campo politico, dato che la politeia è oligarchike, ed economico, poiché tutta la terra è nelle mani di pochi ricchi: i poveri, detti pelatai ed hektemoroi, ne lavorano i possedimenti secondo un determinato canone di locazione e, se non sono in grado di pagare tale canone, possono diventare schiavi insieme alla loro famiglia. Poco siamo in grado di dire su cosa fosse effettivamente il pelates che Plutarco (Rom. 13.7) paragona al cliens romano, sebbene nella Vita di Solone (13.4) il biografo non parli di pelatai ma di thetes, figure note già al mondo omerico (Il. XXI 444; Od. IV 644), che lavorano dietro compenso e che successivamente costituiranno l’ultima classe della costituzione timocratica di Solone. Meno evanescenti per noi sono gli hektemoroi “quelli della sesta parte”, costretti a versare 1/6 del raccolto trattenendo il resto o viceversa. I prestiti, inoltre, avvengono con ipoteca sulla persona, conducendo quindi alla schiavizzazione di coloro i quali non hanno estinto il debito.
Ma i problemi di Atene all’inizio del VI secolo sono noti già dall’opera poetica dello stesso Solone, il quale non manca di esprimere nei suoi stessi versi tutta la propria amarezza: “So bene, e nel mio cuore c’è il dolore, vedendo la più antica terra della Ionia assassinata (kainomenen)”.
Solone è anche in grado di comprendere le cause e le conseguenze dei problemi che affliggono la sua città:
Ma sono i cittadini (astoi) stessi che per la loro stoltezza
proni alle ricchezze, vogliono distruggere una grande città,
e la mente ingiusta dei capi del popolo (δήμου ἡγεμόνων), a cui è preparato
che soffrano molti dolori per la loro grave arroganza:
infatti non sanno contenere la loro insolenza, e nemmeno
gestire con ordine le gioie del banchetto, che sono lì pronte.
*
arricchiscono sedotti da azioni ingiuste
*
senza rispettare minimamente né i beni sacri né i pubblici
rubano razziando chi da una parte chi dall’altra
A essere messi sotto accusa in questo passo sono gli astoi, che indicano verosimilmente l’intero corpo civico colpevole di avidità, perché chi è povero segue l’esempio di chi è ricco, nonché i “capi del popolo” che compiono razzie ai danni dei beni pubblici e sacri. Si vede già dunque una critica della ricchezza eccessiva generalizzata, che si sofferma poi sui ricchi. Solone è sicuro delle conseguenze negative di tutto ciò, ossia schiavitù e guerra civile:
Questo sta arrivando, ormai, come piaga inevitabile per tutta la città,
e in un attimo essa è caduta nella malvagia schiavitù (δουλοσύνην),
che desta la sedizione civile e la guerra sopita,
quella che distrugge la giovinezza amabile di molti
Solone, malgrado la sua fiducia nell’intervento divino (3.1-4), avverte con grande preoccupazione un altro effetto negativo che alla polis deriverà da ciò, ossia la tirannide:
la città perisce per opera dei potenti e il popolo è caduto
nella schiavitù di un monarca, per ignoranza.
Se si è innalzato qualcuno troppo, non è facile contenerlo,
dopo: ormai bisogna considerare attentamente ogni cosa.
L’invito di Solone è dunque rivolto alla moderazione (5.2-5):
ma voi, pacificato nell’animo il cuore fiero,
voi che siete arrivati alla sazietà di molti beni
date una misura al vostro alto pensare; né infatti noi
vi obbediremo, né questa situazione sarà conveniente per voi.
L’autore della Athenaion Politeia, discutendo questi versi, chiarisce che Solone esorta i ricchi a non esagerare e attribuisce a loro la colpa della discordia. Anche altrove nei versi soloniani ricorre il motivo della ricchezza come problema all’interno della società (6):
Molti uomini dappoco (kakoi) arricchiscono mentre dei valent’uomini (agathoi) sono poveri
ma noi non scambieremo mai con loro
la ricchezza per il valore, perché questo è per sempre stabile
mentre il denaro ora lo ha l’uno ora lo ha un altro.
Tale è dunque il contesto in cui si innesta l’azione riformatrice soloniana. I versi del legislatore appena riportati, benché meno espliciti e meno ricchi di informazioni circa i problemi politici su cui si soffermano diffusamente le fonti tarde, confermano in buona parte il quadro sociale offerto da queste ultime: si riscontra anche qui una dicotomia economica che vede opporsi ricchi e poveri, non a caso il poeta insiste spesso sulla contrapposizione noi-voi, vedendo in questi ultimi gli aristoi avidi di ricchezze e di guadagno.
Le fonti non danno informazioni circa le cause di questo squilibrio economico e politico al tempo stesso, che sono state rintracciate dagli studiosi ora nell’incremento demografico e nel contestuale aumento di sfruttamento del suolo che avrebbe generato una crisi agraria sul finire del VII secolo, ora nella crescita di competizione interna alla élite che avrebbe avuto ripercussioni sui ceti inferiori. Lo sfondo migliore per comprendere le radici della crisi presoloniana è rappresentato dal mondo di Esiodo, dove sono già una realtà i problemi legati ai debiti e all’est...