Rete, oppio dei popoli
eBook - ePub

Rete, oppio dei popoli

Internet, social media, tecno-cultura: la morsa digitale della civiltà

  1. Italian
  2. ePUB (disponibile sull'app)
  3. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Rete, oppio dei popoli

Internet, social media, tecno-cultura: la morsa digitale della civiltà

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Tutti oggi celebrano la vita online. Fruitori disinteressati, entusiasti sostenitori, ma anche critici e alternativi, non hanno dubbi: la tecno-cultura, di cui Internet e i Social Media costituiscono il suggello più moderno, è una manna. Eppure, a trent'anni dall'invenzione del Web, è sempre più chiaro che la promessa di un mondo trasformato in un villaggio globale di persone libere e sapienti è stata solo l'ennesima esca. Quel che la Rete ha portato nella nostra vita non ha nulla a che fare con ciò che gli illusionisti della Silicon Valley (e i loro missionari disseminati ovunque) hanno promesso e continuano a spacciare: mentre si regge sulla sistematica distruzione del Pianeta e sullo sfruttamento schiavistico di popolazioni intere, la società digitale sta compromettendo gli ultimi residui di socialità e di autonomia individuale, rendendo ogni soggetto un utente indifferenziato sempre più isolato, omologato, dipendente dal tecno-mondo. Allo stesso tempo, rinchiude tutti in un claustrofobico universo di sintesi totalmente programmato, mercificato, iper-sorvegliato. Enrico Manicardi prosegue qui la sua analisi critica della modernità. La società dell'interconnessione non è una "rivoluzione": è solo l'ultima fase di quella millenaria guerra alla Natura che abbiamo chiamato civiltà.In un mondo che corre a una velocità sempre più forsennata, tutto sta diventando obbligato, prestabilito, già pronto solo per essere accettato con la spunta o la crocetta. Come lo Charlot di Tempi moderni era costretto a tenere il passo della catena di montaggio e a vivere senza interrompere il flusso della produzione, anche noi, odierni navigatori confinati nei reclusori dell'elettrosfera, siamo soggetti agli stessi obblighi, e ci adattiamo ai ritmi di un tecno-universo surrogato che non concede più nemmeno i tempi per mangiare, conversare, riposare. Stimolati all'iperattività dai nostri dispositivi digitali, ci doniamo più o meno consapevolmente agli interessi dell'industria e dei governi, lavorando gratuitamente per loro affinché il Sistema possa continuare a sovrastarci, a venderci tutto, a controllarci in ogni nostro minimo movimento, determinando direttamente i nostri bisogni, le nostre amicizie, le nostre modalità di relazione. In perfetta continuità con quell'ordine che da diecimila anni ci tiene alla catena del Sistema, Internet è uno strumento utile a esaurire ogni nostra residua capacità vitale, ogni nostra libertà. I sentimenti di gioia, di unione, di generosità che hanno sempre animato le persone non nascono dalla tecnologia, e vi si sono anzi perduti man mano nel tempo. Riconoscerlo è fondamentale, e agire per riabilitare la nostra naturale selvatichezza contro ogni aggressione tecnoculturale vuol dire operare per riattivare quei processi vitali che rimuovono ogni paura, ogni incertezza, ogni ostacolo alla prospettiva di trasformare radicalmente l'esistente. Possiamo renderci conto del fatto che la civiltà è un disastro, e che spinge tutti verso il disastro. Oppure possiamo lasciarci trascinare dai fluttui ammalianti della sua morsa digitale e continuare a far finta di niente credendo di vivere nel "migliore dei mondi possibili". In fondo, è proprio questo lo scopo di ogni religione: offrirsi seducente alle ansie di tutti noi, così da palliare i sintomi immediati della nostra sofferenza esistenziale preservandone le cause e garantendo la perpetuazione di quel mondo che ci sta annientando. Come la religione, la Rete illude e consola; come la religione, la Rete avvinghia nei suoi rituali dalle pretese magiche; come la religione, la Rete offre paradisi artificiali nei quali evadere. Insomma: come la religione, la Rete è l'oppio dei popoli!

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Rete, oppio dei popoli di Enrico Manicardi in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Scienze sociali e Sociologia. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Anno
2020
ISBN
9788857564890
Categoria
Sociologia

Parte quinta

Social… control:
mondo virtuale, dominio reale

Capiremo che il ciberspazio non garantisce la […] libertà ma invece comporta uno straordinario potenziale di controllo.

Lawrence Lessing1

Grazie alla tecnologia informatica sta crollando una delle ultime barriere che ci separano dal controllo totale.

Gary T. Marx2

La società cibernetica è il preludio al campo di concentramento universale.

Amici di Ned Ludd3

Alle origini del controllo sociale: censimenti, registri, schedari
Se il mondo naturale non esige alcuna forma di controllo di nessuno su nessuno, quello culturale, organizzato sulla guerra di tutti contro tutti (la chiamano concorrenza, competizione, rivalità, carriera, successo, mercato), lo impone. Esso non può reggersi autonomamente: reclama forme di condizionamento ideologico che restituiscano in maniera artificiosa quella compattezza infrantasi con la perdita di semplicità, così da uniformare le azioni, i sentimenti, i pensieri di individui umani trasformati in corpo sociale. La simbologia, si è detto, funzionale ad allontanare gli umani da una profonda intimità con la Terra e da una vita piena e sperimentata direttamente, funge da collante artificiale: presiede al processo di adattamento del naturale all’innaturale garantendo quella pacificazione sociale che rende ordinato il dominio e (sub)ordinato il consenso verso il dominio.
Immanente al concetto stesso di domesticazione, dunque, il controllo sociale pervade da sempre la civiltà. Non solo la religione, ma ogni manifestazione simbolica della cultura (dal linguaggio alla scrittura e al numero; dal mito al tempo; dal cerimoniale all’arte) ha sempre assolto alla funzione di assicurare un certo amalgama sociale, conformando appunto sentimenti, opinioni, valori e visioni del mondo dei membri del gruppo. E quando la complessità delle prime organizzazioni stanziali raggiunse la dimensione della città, e poi della città-Stato, del Regno e dell’Impero, anche le forme del controllo sociale si strutturarono in modelli burocratici visibili che, affiancando gli strumenti originari della simbologia (e ampliandone il potere), preservavano l’ordine pubblico garantendo lo svolgimento delle funzioni di governo: i censimenti furono forse i primi modelli burocratici riconoscibili.
«I sovrani delle civiltà antiche, come l’Egitto, tenevano dei resoconti aggiornati della popolazione per fini quali tasse, servizio militare e immigrazione – ha riportato il sociologo scozzese David Lyon –. E il Libro dei Numeri ci ricorda che persino il popolo nomade di Israele ha organizzato fin dal Quindicesimo secolo avanti Cristo più di un censimento per registrare i dati della popolazione»4. Lo stesso facevano anche i sovrani dell’antica Cina fin dal XX secolo a.C., dell’India e delle civiltà fluviali della Mesopotamia. Anzi, diverse fonti attendibili attribuiscono proprio ai Sumeri la predisposizione delle prime forme di censimento su vasta scala della popolazione, più o meno attorno al 3800 a.C.
D’altra parte, lo ha ricordato lo stesso Lyon, «La divisione del popolo in tribù e clan, e la registrazione di nomi ed età, favorivano l’ordine e il controllo. Una volta completato il conteggio, i capi potevano calcolare quanti erano gli uomini adatti al combattimento e quanta terra sarebbe stata necessaria in un certo posto»5.
Dai censimenti ai registri delle proprietà terriere, il passo fu breve. Egitto e Grecia furono i primi imperi a dotarsi di un catasto fiscale. «Gli Egiziani – ha ricordato lo storico della tecnologia Robert J. Forbes – avevano […] un ufficio di registrazione che nelle stagioni di magra inviava i suoi incaricati a misurare i campi e a definire i confini discussi. Ogni due anni un accurato controllo di tutti i campi – che gli Egiziani chiamavano “computo” – stabiliva le quote delle tasse da imporre»6. Secondo gli studi di Emilia Bellini, in Egitto, durante «il regno di Amasis (VI secolo a.C.) fu [poi] stabilito per legge che le verifiche fiscali e le misure del terreno partissero dalla dichiarazione del contribuente; nell’Egitto Tolemaico (323-30 a.C.) e Romano (a partire dal 30 a.C.) sono stati rinvenuti vari esempi di dichiarazioni dei contribuenti e di rapporti di funzionari, con anche informazioni sulla metodologia di rilievo»7.
Anche le società gilaniche studiate da Marija Gimbutas erano organizzate attraverso rigidissimi sistemi di potere istituzionale e di controllo sociale sulle proprietà fondiarie: «Il primo esempio in Grecia di un catasto fiscale viene identificato con le tavolette catastali del Palazzo di Nestore a Pylos e risalenti al 1200 a.C. (Civiltà Micenea): esse identificavano il proprietario e determinavano, misurando la superficie o il valore della proprietà in quantità di grano, le imposte che questi era chiamato a pagare»8.
Analoghi registri, elenchi, schedari sviluppatisi durante l’Impero Romano (si pensi ad esempio alla cosiddetta centuriazione e assegnazione catastale delle terre) e poi divenuti di uso diffuso in tutto il Medioevo, riportavano informazioni dettagliate anche sulla vita delle persone che vi erano iscritte. Per esempio, «il Domesday Book, un registro delle proprietà terriere inglesi avviato nel 1086, conteneva una raccolta imponente di fatti su persone e proprietà. Questa cosiddetta descriptio permise all’amministrazione normanna, insediatasi con la forza delle armi, di consolidare il proprio potere. Guglielmo I varò un programma massiccio di trasferimenti fondiari, ridistribuendo la proprietà e imponendo nuovi sistemi di tassazione»9.
Attorno al XVI secolo, nei territori di Casa Savoia, anche i contadini e i massari furono ammessi all’iscrizione nel catasto (i Registri dei Consegnamenti): in cambio dell’indicazione del loro nome per l’emersione delle proprietà verso il fisco, i piccoli proprietari potevano disporre della terra registrata, con annesso il diritto al suo trasferimento tramite eredità, donazione, vendita e permuta10.
Per quanto fossero giustificati da esigenze di funzionamento amministrativo, i registri fiscali, catastali e gli schedari delle imposte sono sempre stati invisi alle popolazioni, e spesso andavano in fumo durante le sommosse popolari. È noto, ad esempio, che durante la rivolta della cosiddetta “banda del Matese”, nel 1877, quando gli insorti (tra cui Errico Malatesta e Carlo Cafiero) giunsero nei comuni italiani di Letino e poi di Gallo (nel beneventano), dopo aver issato sul municipio la bandiera rosso-nera degli anarchici e dichiarato pubblicamente decaduto Re Vittorio Emanuele II, «provvidero a bruciare, in un grande falò acceso in piazza, tutta la “carta bollata” del Comune: registri catastali, schedari delle imposte, atti ipotecari. […] Tutto avvenne in un clima di simpatia ed entusiasmo da parte della gente del paese»11.
Nascita della burocrazia
Faccia amministrativa del processo di razionalizzazione della società, la burocrazia vide la sua definitiva consacrazione, in Occidente, nella forma che oggi conosciamo, con la Rivoluzione francese e con l’avvento della società industriale. Il controllo burocratico si faceva organizzato e generalizzato. Coi suoi criteri di razionalità, imparzialità e impersonalità, la burocrazia, e cioè quel “potere degli uffici” che lo storico Carlo Capra considera un’emanazione degli apparati cancellereschi delle città-Stato italiane del Rinascimento12, nasce – secondo la formula riportata dal Dizionario storico Treccani – «dalla logica dell’organizzazione sociale su larga scala e dal dominio di uno o di alcuni sopra i molti, che richiedono agenti, interpreti fedeli della volontà del sovrano, che eseguano gli ordini, che traducano in realtà le [sue] aspirazioni»13. Le “carte” sono il simbolo della burocrazia: rappresen...

Indice dei contenuti

  1. MIMESIS / Eterotopie
  2. Per cominciare: alcune indispensabili considerazioni iniziali
  3. Parte prima
  4. Il popolo della rete, il popolo nella rete
  5. Parte seconda
  6. Cybersocialità: fine del soggetto, morte della socialità
  7. Parte terza
  8. Ammal(i)ati dalla rete
  9. Parte quarta
  10. (De)generazione digitale
  11. Parte quinta
  12. Social… control: mondo virtuale, dominio reale
  13. In conclusione: note finali a mo’ di epilogo
  14. Bibliografia essenziale
  15. ETEROTOPIE