Firmati col mio nome
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Analisi linguistico-retorica del linguaggio passionale nelle lettere d'amore del Novecento italiano

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Analisi linguistico-retorica del linguaggio passionale nelle lettere d'amore del Novecento italiano

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Questo studio, partendo da alcune migliaia di lettere d'amore, prevalentemente inviate da grandi personalità della cultura italiana del XX secolo (senza però dimenticare gli scriventi contemporanei, persino quelli alle prese con il mondo digitale), tenta di rintracciare le chiavi linguistiche del cuore. Focalizzando l'attenzione sul serbatoio di immagini topiche al quale attingono gli innamorati alle prese con le parole ardenti, Mattia Pini riconduce la fenomenologia d'amore epistolare ad alcune invariabili linguistiche: lessemi, morfemi, sintagmi e figure retoriche.

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Informazioni

Anno
2018
ISBN
9788857548371

Cuore di camaleonte.
I topoi




Qual sarà adunque, o Amor santissimo,
lingua mortal che degnamente laudar ti possa?166

Il ricorso all’immagine metaforica

L’esperienza dell’amore agita i sensi, prima di condensarsi in parola; poi, paradossalmente, quando il sentimento si abbandona a dire se stesso libera un profluvio di parole che tentano (forse invano) di colmare l’irrazionalità di ciò che si sta vivendo e che si vorrebbe comunicare al partner:167 un tracollo della ragione dirotta il discorso amoroso al di fuori della possibilità stessa del dire, tanto da motivare il ricorso a immagini e metafore che tentino una mediazione sublimante capace di suggerire, se non di rappresentare l’intensità dell’emozione. In altre parole, l’emozione si serve di strumenti verbali espressivamente caricati, che portano verso una rappresentazione del flusso passionale per via di simulacri simbolici, atti a interpretare il turbine emotivo che attraversa, scuotendolo, lo scrivente o il suo amante. Proprio poco dopo aver presentato l’amore perfetto, ossia quello tra due esseri umani che diventano uno e che non potranno più fare a meno l’uno dell’altro, Aristofane, nel Simposio, afferma:
E quelli [gli amanti] che trascorrono insieme tutta la vita sono appunto costoro, i quali non saprebbero neppure dire ciò che vogliono ottenere l’uno dall’altro. [...] Ma è evidente che l’anima di ciascuno di essi desidera qualche altra cosa che non sa dire, eppure presagisce ciò che vuole e lo dice in forma di enigmi.168
Si tratta di un fondo oscuro di enigmi che, in quanto tocca il nervo scoperto dei limiti umani, in un «guazzabuglio del linguaggio», se non proprio in una violazione delle norma discorsiva, entra in una zona nebulosa in cui tutto ciò che si tenta di esprimere è insieme eccessivo (alimentato dall’impeto emotivo del sentimento) e insufficiente (frustrato dai limiti dell’esprimibile).169 Tutte le metafore impiegate nel linguaggio amoroso presentano formulazioni che tendono verso l’iperbole, e, in generale, modulano una gradazione che si muove verso una climax espressivamente intensiva o estensiva: l’eccesso pare insomma costituire la norma, in quanto è l’unica e la vera misura del linguaggio d’amore. Ecco spiegato perché l’innamorato che scrive si elevi e si spinga verso artificî e simulacri verbali, sostitutivi e compensativi del proprio vissuto, in “solitudine unitiva”; ed essi, nello scritto e nel parlato, sgorgano dal generoso serbatoio delle metafore, delle metonimie e delle sineddochi, spesso – ma forse non sempre – reiterate come luoghi comuni che affondano probabilmente le loro instancabili radici nel profondo dell’animo umano, e trovano conforto nel grande bacino della poesia che ha contribuito a codificarli e a fissarli in formule memorabili.
Nelle produzioni artistiche, la forza dell’amore pare addirittura coincidere con l’energia motrice della scrittura stessa. Infatti, sin dalle origini della letteratura, si nota come all’azione (e all’agire) dell’amore – e delle parole stesse che lo esprimono – corrispondano immagini di passione (e di pentimento) dell’amato. Inoltre, la passività dell’amato, che non di rado attribuisce il proprio innamoramento a fattori per lo più esterni (come il classico “colpo di fulmine” o la freccia di Cupido che l’avrebbe trafitto), viene sfruttata retoricamente, per giustificare uno stato di affettività, la cui origine oltrepassa la violazione dello scrivente che non vi si potrebbe opporre. Ciò è sintetizzato benissimo da Dante nella terzina:

E io a lui: «I’ mi son un che, quando
Amor mi spira, noto, e a quel modo
ch’è ditta dentro vo significando»170

Passione ed espressione verbale sono dunque doppiamente legate: la prima, infatti, di per sé muta, diventa verbo che per necessità deve investirsi intensivamente nell’arte del dire e della parola carezzevole, affettivamente redditizia: deve investire la retorica come espediente indispensabile al conseguimento di un’esaltazione espressiva. Non per nulla, già Aristotele aveva dedicato un libro specifico al trattato delle passioni.171
Il discorso d’amore, dunque, che da una parte deve pescare nel paradigma linguistico tra le immagini sostitutive del sentimento e, dall’altra, dettarle, farà sempre e in ogni modo ricorso alla metafora, già definita come «il più facondo e fecondo parto dell’humano intelletto».172 Se parecchie figurazioni (metaforiche) amorose si presentano come il frutto della creatività individuale, non poche mostrano invece una significativa convergenza tematica che riporta a un serbatoio comune di immagini ricorrenti: come se coloro che parlano e scrivono (così come quelli che in ogni epoca hanno parlato e scritto) sotto l’influsso d’amore attingessero a un patrimonio collettivo di icone elaborate, combinate e usufruite da tutti. In questo caso, si parla di stereotipi, di luoghi comuni: di topoi; e di topoi letterarî o artistici, per quelli tramandati dal grande codice delle arti verbale o figurativa o musicale che ne hanno fissato i contorni in forme e colori cristallizzati.
Il termine topos si caratterizza attraverso un ampio spazio di equivocità, tale da giustificare ora una piccola precisazione: ammessa comunemente la loro prerogativa di ereditarietà e di reiterazione riproduttiva,173 i topoi vanno distinti tendenzialmente secondo una tipologia tripartita:174 la prima è quella che rimanda direttamente ad Aristotele, ed è intesa come un metodo pratico della dialettica, un sistema logico deduttivo che ha lo scòpo di trarre conclusioni a partire da premesse verosimili, donde un sistema di metafore continuate; la seconda viene invece considerata come un percorso di griglie spoglie, in attesa di contenuto (di “luoghi” vuoti, appunto, che rispon...

Indice dei contenuti

  1. Di cuore
  2. Parole dal cuore. Introduzione
  3. Cuore di carta. La lettera
  4. I distillati del cuore. L’esordio e il congedo
  5. Battiti del cuore. La ripetizione
  6. Cuore di camaleonte. I topoi
  7. Cuore spezzato. La separazione
  8. <3 SMS d’amore
  9. Cuore di oggi. Lettere contemporanee
  10. Dal cuore all’inchiostro. Conclusione
  11. Un po’ di cuore. Antologia
  12. Bibliografia