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Lavorare su turni nella società dei servizi 24/7

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Lavorare su turni nella società dei servizi 24/7

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La ricerca qui proposta ha come oggetto tempi e ritmi di lavoro nella vendita al cliente in due note vie dello shopping europee, Corso Buenos Aires a Milano e Oxford Street a Londra. Lo studio è stato effettuato tra il 2014 e il 2017 e in 12 mesi di ricerca sul campo sono state condotte 50 interviste e 2 focus group. Sono emerse rilevanti criticità nella progettazione del futuro, nella gestione della vita quotidiana, nelle relazioni sociali e familiari connesse ai tempi destrutturati del lavoro su turni. È emerso come contesto particolarmente problematico il caso italiano, caratterizzato oltre che da una totale deregolamentazione degli orari e dei giornidi apertura dei negozi, anche dauna forte presenza femminile e dauna condizione di intrappolamentonel settore in età più adulta. Illavoro domenicale e festivo, senzapause strutturate, condiziona profondamentela vita dei lavoratorie soprattutto delle lavoratrici, chefaticano a trovare un equilibrio e apianificare il futuro.

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Informazioni

Anno
2019
ISBN
9788857557793
1
Una premessa:
i concetti chiave della ricerca
1.1 Liberalizzazioni e deregolamentazione
In Italia, con il D.L. 201/2011, decreto legge Salva-Italia attuato dall’inizio del 2012, sono stati completamente liberalizzati gli orari di apertura degli esercizi di vendita, con possibilità di apertura 7 giorni su 7 e 24 ore su 24. L’Italia è l’unico paese europeo in cui vi è una totale deregulation. Nel Regno Unito vi è una realtà maggiormente regolamentata a livello giuridico, che si traduce però in una deregolamentazione de facto almeno nell’area londinese, dove i punti vendita sono aperti ogni giorno, in orari anche serali, ed alcuni supermercati sono aperti anche di notte. Nelle interviste a funzionari e delegati sindacali sia inglesi che italiani è emersa come problematica maggiore la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, soprattutto per quanto riguarda il lavoro domenicale. Come momento negativo più importante è stata indicata dai sindacalisti italiani la deregolamentazione totale del 2011. In Italia vi sono gruppi di lavoratori che promuovono campagne contro il lavoro festivo e domenicale, anche sostenute dai sindacati. Vi sono diversi gruppi di lavoratori attivi sui social network, e sono state organizzate anche iniziative di sensibilizzazione e raccolta firme da partiti politici molto differenti tra loro. Secondo alcuni comunicati stampa di organizzazioni italiane di imprenditori come Confesercenti il principio cardine del liberismo della libera concorrenza viene minato dall’impossibilità di far fronte alla deregolamentazione. Alcuni negozianti rischiano il fallimento per tentare di competere con le grandi compagnie, perché è troppo costoso tenere i negozi sempre aperti. Lavoratori e lavoratrici rivendicano oggi il diritto ad una maggiore regolamentazione, soprattutto per quanto riguarda i giorni di riposo, per poter condividere con famiglie e collettività momenti e rituali sociali – domeniche, festività laiche come 25 aprile e 1 maggio, feste religiose – mentre negozianti e piccoli imprenditori lamentano la difficoltà di dover tenere il passo delle aziende multinazionali, che hanno maggiori risorse per mantenere sempre aperti i punti vendita. Nel Regno Unito, il secondo contesto scelto per la ricerca che viene qui raccontata, la legge in vigore prevede una settimana lavorativa di cinque giorni per tutti i settori, e non sei, e seppur le attività commerciali possano restare aperte anche le domeniche, tale possibilità è maggiormente regolata rispetto all’Italia e lavoratori e lavoratrici hanno il diritto di rifiutarsi al lavoro domenicale, inviando una lettera al datore di lavoro con tre mesi di preavviso. Sempre nel Regno Unito è in corso una campagna di sensibilizzazione contro le aperture domenicali, chiamata Keeping Sunday Special, che significa “mantenere la domenica speciale”. Si tratta di una campagna promossa dalla Chiesa Anglicana, dai sindacati del settore e dalle associazioni di esercenti, e sostiene che mantenere la domenica speciale sia “essenziale per il tessuto della nostra società” (The Telegraph, 8 Agosto 2015).
Con l’espansione del settore dei servizi in atto ormai da decenni e la terziarizzazione del mercato del lavoro sono aumentati i cosiddetti “operai dei servizi” (Reyneri 2005). Sono lavoratori spesso non specializzati, considerati intercambiabili e sostituibili, impiegati nelle catene multinazionali. Tale aumento del numero di lavoratori del settore è visibile nelle grandi città, così come l’aumento delle attività commerciali sia nel centro che fuori dalle aree urbane, e rende il processo di deregolamentazione degli orari di apertura delle attività commerciali un aspetto ancora più importante da osservare nella società contemporanea. Paragonabili all’operaio non specializzato di inizio secolo scorso, talvolta assunti con contratti a termine, o in somministrazione, o a chiamata, flessibili e dunque precari, gli addetti alla vendita a cliente, e in generale dei servizi, sono per lo più giovani e molto spesso donne. Analizzare le questioni generazionali e di genere è dunque fondamentale per comprendere come i tempi e ritmi della vendita al cliente incidono sulla vita quotidiana di lavoratori e lavoratrici. Inoltre, la liberalizzazione dei consumi e la conseguente deregolamentazione degli orari influenzano la qualità delle relazioni e la percezione che addetti e addette hanno della clientela. La modificazione dei tempi di consumo e del lavoro di vendita ha conseguenze sociali che finora non sono state mai analizzate nel dettaglio. Il “sempre aperto” pare configurarsi oggi come un fatto, un dato per scontato, una trasformazione da cui non si può tornare indietro, pur trattandosi di un fenomeno molto recente. Nota per la lettura: i nomi sono stati modificati, sono indicate età e città dell’intervistato, gli stralci in inglese sono stati tradotti dall’autrice.
1.2 Tempo e vita quotidiana
Le politiche di deregolamentazione delle aperture dei negozi, dunque degli orari di lavoro e consumo, incidono su una dimensione importante dell’esistenza, cioè il tempo. Il tempo è una categoria storica e situata, nel senso che l’idea che abbiamo di tempo, e il tempo stesso in sé e per sé, si modifica nella storia umana ed è diverso in differenti epoche (Cavalli 1985). Il tempo è un elemento strutturante della società, ed è anche socialmente costruito (Melucci 1982, Tabboni 1984, 1985, Adam 1994, 1995, 2004, Rosa 2003, Crespi 2005, Leccardi 2005, 2009, 2014b). La realtà è una costruzione sociale (Berger e Luckmann 1966), e lo è in verità anche il tempo. Le esperienze del tempo sono diverse e molteplici, storicamente date e situate, e nelle esperienze di vita degli attori sociali si possono rilevare diverse percezioni del tempo e diversi modi di percepirlo e rappresentarlo (Leccardi 1990, 1994, 2004, 2015, Leccardi, Rampazi e Gambardella 2011). Tempo biologico, tempo storico, tempo individuale e tempi sociali sono strettamente connessi e non sono concetti immodificabili (Zerubavel 1981, Cavalli 1985), agiscono l’uno sull’altro e mutano. Tutti noi abbiamo interiorizzato, attraverso il processo di socializzazione, categorie e costruzioni sociali inerenti al tempo (Giddens 1979, 1984). Queste ci permettono di vivere ogni giorno nella realtà sociale senza doverla problematizzare, di avere una rappresentazione sociale del tempo condivisa. Ad esempio, nella nostra società vi sono dei concetti che diamo per scontati, come la differenza tra feriali e festivi, tra domeniche e lunedì, tra giorni considerati comuni e feste nazionali (Ridolfi 2003), e questi tempi scandiscono la nostra quotidianità come collettività, non solo come individui (Gasparino 2001, Jedlowski e Leccardi 2003).
La nostra contemporaneità è caratterizzata da una pervasiva percezione di scarsità di tempo (Leccardi 2005, 2014) e da una mercificazione pressoché totale del tempo di vita, espressa perfettamente nel motto “il tempo è denaro” (Leccardi 2014a). Il tempo viene quantificato e monetizzato, è percepito come scarso come fosse un bene di consumo. A fronte di una sicurezza ontologica in crisi, di fronte all’incertezza e insicurezza della modernità contemporanea (Giddens 1990, 1999), si risponde spesso con un desiderio di gratificazione immediata da sfogare nei consumi, con una domanda di prodotti sempre nuovi, all’ultimo modello, influenzando, in una spirale di accelerazione, la produzione e la distribuzione della merce, sempre più veloce (Bauman 1998, 2000, 2007, 2009, 2013).
Una delle dimensioni necessarie per la consapevolezza e la riflessività, necessarie alla crescita dell’essere umano, è invece la lentezza, il rallentamento, poiché altrimenti diviene difficile trovare tempo da dedicare a se stessi, tempo per sé, tempo privato (Nowotny 1987). Mentre il tempo di consumo diviene sempre più oggi una sorta di eterno presente (Melucci 1982), il tempo per gli altri, sociale, condiviso, così come il tempo per sé, necessita di ricorsività e di calma, tranquillità, lentezza, non certo di velocità e immediatezza. I tempi hanno subìto una accelerazione ma la società necessita di tempi ciclici e lenti, di routine, di ricorsività, per strutturarsi ogni giorno attraverso le azioni sociali ripetute che definiscono il processo stesso di riproduzione della vita sociale (Giddens 1979, 1984). In uno dei suoi testi, il sociologo Anthony Giddens (1979) utilizzava il termine “danza” per indicare il flusso delle persone in un dato spazio e tempo, che ogni giorno si crea e si ricrea, si struttura e ristruttura, creando la società stessa. Immaginiamo l’affollamento che si crea, ogni mattina e ogni sera nella stessa fascia oraria nei giorni feriali, nelle vicinanze di una fermata della metropolitana a causa delle persone che si recano al lavoro: questo è un esempio che può essere utile per comprendere il processo di strutturazione sociale. Ciascuno singolarmente svolge delle attività, ma il fatto che queste abbiano tempi simili crea una connessione, una relazione tra ciascuno, e questa connessione continua nel tempo, ricorsiva e routinaria, unisce e definisce, insieme ad altri fattori, una società. Anche oggi, in un’epoca in cui viviamo una accelerazione e contrazione dei tempi, anche quotidianamente esperibile da ognuno di noi (Rosa 2003, Tomlinson 2007, Wajcman 2015, Di Chio 2013), la società necessita di routine condivise per strutturarsi, e l’essere umano ne ha bisogno per creare relazioni significative e riprodurre se stesso e dunque la società: per trovare degli amici, formare una famiglia, avere dei figli. La trasformazione dei tempi di lavoro e consumo ha a che fare con tutto questo. Il futuro dell’economia nei paesi capitalistici occidentali pare oggi essere la società dei servizi 24/7, cioè una società in cui i servizi siano attivi 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, 365 giorni all’anno. Questo interessa non solo servizi pubblici essenziali ma anche settori privati, dalla vendita alle spedizioni di merci prodotti, alla ristorazione. Pare ci sia bisogno di poter ricevere merce e consumarla 24/7. Ciò significa che anche il lavoro, in tali settori, diviene 24/7. Certamente, lavoratori e lavoratrici hanno una turnazione e non sono presenti al lavoro 24 ore su 24, ma questi turni creano una situazione di destrutturazione per cui non hanno più dei tempi di vita quotidianamente, settimanalmente, e durante l’anno, routinari e strutturati. Non hanno più una “domenica” come viene intesa dal resto della società, né una “Vigilia di Natale”, né un “Primo maggio” come viene inteso socialmente. Non rientrano più nella “danza” a cui accennavamo prima, poiché restano a casa quando gli altri sono al lavoro, e lavorano quando gli altri sono di riposo o nelle festività nazionali. In questo modo non solo la loro vita sociale si destruttura, ma anche il tempo da dedicare alla socialità e a se stessi diviene destrutturato e contratto. Oggi, in Europa, e in particolare in Italia con dopo la deregolamentazione totale attuata nel 2012, assistiamo al profilarsi di un processo di trasformazione sociale, di flessibilizzazione dei tempi di lavoro e destrutturazione dei tempi di vita. Sono in corso processi sia di contrazione spaziale che temporale. Uno di questi processi, che chiamiamo globalizzazione, implica una destrutturazione di aspetti spaziali e relazionali, che sono alla base dell’identità e dell’integrazione sociale, che incidono anche sui tempi (Gallino 2000). Vi è anche un processo di trasformazione dei tempi, connesso alle nuove modalità di lavoro e consumo, che genera problemi e dinamiche temporali: la mancanza di controllo e di potere sul proprio tempo, la difficoltà nella capacità di progettare il futuro, di avere tempo per sé per poter sviluppare riflessività, consapevolezza di sé e della propria posizione. È un processo che influisce sul tempo che dedichiamo a noi stessi e sui processi di costruzione dell’identità, soprattutto per i giovani e le giovani. Lavoratori e lavoratrici della vendita hanno ogni giorno scansioni orarie differenti, i tempi di lavoro vengono spesso comunicati da manager e aziende all’ultimo momento, e lavorano a ritmi frenetici. A partire dai luoghi di consumo, nelle grandi città europee, si profila oggi un processo di trasformazione sociale, economica e culturale, di destrutturazione dei tempi e dei ritmi, un processo di immediatizzazione, in cui l’immediatezza modifica le relazioni, la vita quotidiana, e anche la consapevolezza di sé e il modo di rappresentare e pianificare il proprio futuro.
1.3 Definizione di concetti chiave
Per lavoro emozionale (emotional labour) si intende l’insieme delle attività lavorative in cui è prevista una relazione emozionale ed empatica con clienti o utenti. Diversi lavoratori e lavoratrici svolgono attività che rientrano nell’ambito del lavoro emozionale, da infermieri e infermiere in ambito ospedaliero, ad operatori e operatrici degli sportelli delle amministrazioni locali. Tutte queste categorie mettono la propria emotività ed empatia al servizio dell’azienda in cambio di un salario. In questo il lavoro emozionale si differenzia dall’attività di gestione quotidiana delle emozioni non monetizzata, non messa a valore, che ogni attore sociale compie senza ricevere un corrispettivo in denaro (emotion work). A. R. Hochschild definì il lavoro emozionale in The Managed Heart: Commercialization of Human Feeling (1983), un’analisi sociologica sul lavoro delle hostess di volo, ponendo in primo piano la costruzione della presentazione di sé (Goffman 1959) e l’attività relazionale ed emotiva delle lavoratrici, il cui lavoro consiste nel rapportarsi con la clientela mostrando sempre il sorriso e seguendo linee guida aziendali di comportamento. Anche la vendita al cliente rientra in questo ambito, e in questo settore addetti e addette si relazionano con azienda e clienti direttamente, dovendo gestire quindi sia le richieste dell’uno che dell’altro (Bolton e Houlihan 2010).
Accelerazione sociale è un termine definito da H. Rosa per indicare il processo di accelerazione dei tempi e dei ritmi sociali che ha conseguenze sulle modalità di relazione nella vita quotidiana (Rosa 2003, 2007, 2010), e che è legato agli aspetti tecnologici dell’attuale capitalismo veloce (fast capitalism) finanziario e digitale, (Wajcman 2015).
La condizione contemporanea di immediatezza (Tomlison 2007, Vostal 2014) è influenzata da trasformazioni tecnologiche e informatiche e allo stesso tempo da dinamiche economiche e stili di consumo. Il desiderio di gratificazione immediata (Bauman 1998, 2000, 2009) nella società dei consumi (Baudrillard 1970) si esprime nella domanda di nuovi prodotti, “all’ultimo modello”, “all’ultima moda”, e si riflette sulla produzione “veloce” (nel settore abbigliamento si analizza il tema del fast fashion). L’immediatezza si esprime anche nell’atto dell’acquisto, e si ripercuote sul tempo del lavoro di vendita.
Sia il lavoro emozionale che l’accelerazione sociale condizionano le relazioni sociali e la vita quotidiana degli attori e possono contribuire a creare forme di alienazione. Alienazione è un concetto chiave delle analisi della società capitalistica da Marx in poi (Marx 1844, 1849, 1867, Salamone 2009, Bobbio 2014), e dunque la sua definizione è stata delineata e rivista nel tempo. Nel tempo sono stati analizzati e sottolineati diversi aspetti: la condizione di mancanza di potere sulle proprie azioni e sulla propria vita; la percezione di mancanza di significato e di senso nelle proprie azioni quotidiane; la sensazione di mancanza di legittimità e ordine, di norme sociali da seguire; la condizione di isolamento e il distacco dalla società; la percezione di auto-estraniazione, cioè di estraniamento da se stessi (Seeman 1959). La condizione di alienazione è legata a emozioni e sensazioni, stress, ansia, spaesamento. Implica una mancanza di “presenza” del pensiero nella vita quotidiana, come scrive Gallino nel suo Dizionario di Sociologia (2014) che influisce sulle scelte degli attori sociali. Vi è una specifica forma di alienazione per le attività che rientrano nell’ambito del lavoro emozionale: l’alienazione delle proprie emozioni, in cambio del salario (Hochschild 1983). Chi lavora con la clientela utilizza l’empatia per vendere un prodotto o un servizio. Il concetto di alienazione viene utilizzato anche nelle analisi sull’accelerazione sociale, in cui si indagano la condizione di alienazione del tempo di vita (Rosa 2010). Un libro di H. Rosa su questo tema del 2010 è stato tradotto in italiano nel 2015 con il titolo Accelerazione e alienazione. Per una teoria critica del tempo nella tarda modernità. Alcuni studiosi analizzano inoltre le relazioni sociali alienate nei luoghi di consumo e il modo di porsi dei consumatori (Langman 1991, 2006).
Chi lavora ogni giorno nei luoghi di consumo è esposto al rischio di una doppia condizione alienazione: allo stress generato dalla difficoltà di organizzazione dei tempi e dal ritmo di lavoro (alienazione del proprio tempo) si sommano l’ansia e la sensazione di estraniamento da se stessi causate dal carattere emozionale delle relazioni con i/le clienti (alienazione delle proprie emozioni). L’effetto combinato delle richieste aziendali e delle relazioni con la clientela, se sommati a tempi e ritmi di lavoro veloci e completamente destrutturati, crea una situazione difficile sul posto di lavoro, e si riflette sulla vita quotidiana di addetti e addette, sulla loro consapevolezza e sulle loro scelte.
Riconoscimento è un altro concetto chiave. Riconoscendoci nell’altro si colgono differenze e somiglianze e si sviluppa il processo di individuazione (Sciolla 2010), ma il riconoscimento dell’altro non è reciprocamente garantito: il riconoscimento sociale, anche sul posto di lavoro, dove “spendiamo” molto del nostro tempo, è importante e incide sulla fiducia in se stessi e sui processi di costruzione dell’identità, soprattutto per i giovani. A. Honneth si è occupato del tema del riconoscimento, nel 2010 è stata tradotta una raccolta di alcuni dei suoi saggi, pubblicata per la prima volta nel 1996, con...

Indice dei contenuti

  1. Introduzione
  2. 1 Una premessa: i concetti chiave della ricerca
  3. 2 (Non) avere potere sul proprio tempo
  4. 3 “Per sempre giovani”
  5. 4 “Un lavoro da donne”
  6. 5 L’immediatezza della relazione con il cliente
  7. 6 Società dei servizi 24/7 e immediatizzazione
  8. 7 La società dei servizi 24/7
  9. Conclusioni
  10. Adele Sacco - Postfazione
  11. Riferimenti bibliografici