Teoria sociale
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Chi siamo? Dove siamo? Quando siamo? Questioni solo apparentemente intuitive, intorno alle quali è possibile intraprendere un percorso nella teoria sociale. Questo volume propone un'introduzione ai problemi sollevati dallo studio della vita sociale e ai concetti che sono stati avanzati per comprenderla. Analizzando le figure attraverso le quali il soggetto sociale è stato pensato, emergono anche le coordinate storico-culturali ed epistemologiche che fanno da sfondo alle diverse teorie della società. A partire dallo studio della folla sino ai new media, è possibile riscontrare la persistenza di un insieme di interrogativi fondamentali che riguardano le possibilità e i limiti della coesistenza.

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Informazioni

Editore
Meltemi
Anno
2020
ISBN
9788855192101
Categoria
Sociology
Capitolo primo
Chi siamo? / Cosa siamo?
Figure del soggetto sociale – Parte 1
1.0 Figure del soggetto sociale
Per rispondere all’interrogazione sulla prima persona plurale, sul noi, prenderemo in considerazione una serie di figure del soggetto sociale. Dobbiamo parlare propriamente di “figure” per porci consapevolmente dietro un velo di ignoranza, vale a dire in una posizione di scepsi, di sospensione del giudizio: non si tratta, infatti, di stabilire che cosa sia nella sua più reale essenza il soggetto sociale, quanto piuttosto di comprendere come esso possa venire – e in effetti storicamente sia stato – teorizzato in molti modi differenti; si tratta cioè di comprendere i discorsi sul soggetto sociale. Ed è attraverso una serie di immagini e di discorsi che si vengono a delineare dei veri e propri registri epistemici del soggetto sociale. In prima approssimazione, questo soggetto si presenta come un soggetto aggregato, composto, o collettivo, la cui caratterizzazione ontologica e morale risulta ambigua: il soggetto sociale è una molteplicità ambigua, una composizione sociale instabile dal punto di vista della conoscenza che possiamo averne. Come abbiamo già evidenziato nell’introduzione, la sua ambiguità deriva dall’occupare simultaneamente la posizione di soggetto e di oggetto. Come è allora possibile per noi pensare e conoscere un soggetto naturalizzato, un soggetto oggettivato senza snaturarlo? Questo è l’interrogativo moderno.
Nella modernità, varie discipline hanno sviluppato un proprio sapere sul soggetto sociale: possiamo pensare all’attore economico, psicologico o sociologico. Nel seguito di questo capitolo, si tenterà di restituire un’immagine di questo soggetto sociale nella sua complessità e nella sua ampiezza integrale e radicale. A tal fine, sarà necessario intendere il soggetto sociale nella sua caratterizzazione più ampia che, significativamente, non è riducibile ad alcuna concezione disciplinare specifica. Le molteplicità ambigue possono essere intese, da questo punto di vista, sia come dei catalizzatori sia come dei banchi di prova delle comprensioni disciplinari. In questo capitolo proveremo ad esplorare alcune molteplicità sociali problematiche e “problematizzanti”. Le figure del soggetto o della soggettività sociale sono, in altri termini, nomi che diamo alle molteplicità sociali in quanto fenomeni di composizione o associazione. In questo capitolo considereremo le figure della folla, del gruppo, del pubblico e della massa, ripercorrendo il modo in cui esse sono state osservate e descritte da autori diversi collocati in contesti storico-culturali specifici. Così facendo, la nostra preoccupazione sarà di articolare gli elementi per un lessico essenziale di una semantica di tali molteplicità.
Il senso comune ci dice che tutte le entità collettive implicano l’esistenza di individui che le compongono. Quante volte gli studenti, interrogati a riguardo, mi rispondono che una società è una somma di individui! Dopotutto, è una considerazione di senso comune. E, a rigore, il senso comune non sbaglia; tuttavia, ai nostri scopi non basta. Per cominciare, non è innocente il fatto che il nostro senso comune sia fermamente individualista. L’individuo, in effetti, ci appare come una creatura auto-evidente, che non ha bisogno di spiegazioni, un solido mattone su cui fondare la società, uno zoccolo su cui si può reggere ogni tipo di aggregazione. Il concetto di attore individuale è il caposaldo di una corrente di pensiero, quella liberale, che va storicamente contestualizzata. Consideriamone due varianti: l’utilitarismo e l’economia politica classica. Il giurista inglese Jeremy Bentham, padre della filosofia utilitarista, in opere quali Introduction to the Principles of Morals and Legislation (1789), delinea una visione dell’essere umano come soggetto individuale guidato essenzialmente da due principi, il piacere e il dolore (pleasure and pain). Poiché l’individuo cerca di aumentare il proprio piacere e diminuire il proprio dolore, ogni governo degli umani dovrà conseguentemente agire attraverso punizioni e ricompense (punishments and rewards). In linea con una visione hobbesiana, in un mondo di individui l’ordine sociale non può che essere imposto dall’alto (top-down), lavorando però sulle tendenze e i desideri di cui ciascun individuo è inevitabilmente portatore. Ma in Bentham a ben vedere l’individuo è presupposto anche in un altro senso: la figura di chi governa la molteplicità degli uomini è presentata come una figura individuale, con proprie finalità specifiche (per quanto essere si applichino non a se stesso ma agli altri, e siano cioè non “preferenze interne” ma “preferenze esterne”). Questo governatore, di cui si trova eco anche nella fantomatica figura che i giuristi ancora oggi chiamano “il legislatore”, è una sorta di Individuo con la “i” maiuscola, e va assolutamente sottolineata come straordinaria (e straordinariamente moderna) questa idea che un’intera società possa essere messa in forma da una singola volontà.
La disciplina economica, più specificatamente l’episteme dell’economia classica, ha ritenuto invece che l’ordine sociale potesse formarsi anche spontaneamente, ma sempre a partire dall’azione di una pluralità di soggetti individuali. In An Inquiry into the Nature and Causes of the Wealth of Nations (1776), il filosofo morale scozzese Adam Smith descrive l’economia come un’istituzione formata da attori individuali interagenti, ciascuno dei quali si presenta come un centro decisionale autonomo che bada ai propri interessi e si adopera per la loro massimizzazione. Allo stesso tempo, l’interazione di tutte queste unità indipendenti determina effetti di composizione che generano un ordine sociale dal basso (bottom-up). Quest’ordine sociale spontaneo, non pianificato, “emergente”, viene descritto attraverso la celebre immagine della “mano invisibile”1. È interessante notare qui che l’ordine sociale complessivo sia pensato da Smith a partire da un organo individuale quale la mano, un organo operativo che è anche l’immagine più spontanea (in effetti antichissima) di un corso d’azione determinato. Si tratta evidentemente di un simbolo, dato che in realtà il più delle volte le nostre mani fanno cose di cui noi non siamo consapevoli. Infatti, come notava già Spinoza, la mente non sa davvero di che cosa sia capace un corpo. A parte ciò, come in Jeremy Bentham, anche in Adam Smith sembra dunque delinearsi una sorta di individualità di secondo livello, quella del mercato, situata in un difficile rapporto di sovraordinazione e insieme però di presenza fantasmatica (tale mano è infatti invisibile).
In sintesi, due sono le caratteristiche essenziali dell’homo oeconomicus: primo, esso è un attore individuale (è sempre in grado di stabilire i confini tra sé e gli altri) – è un homo clausus, come lo ha caratterizzato Elias (1969) nella sua critica di questo concetto di essere umano “nato adulto” e “cartesiano”; secondo, l’homo oeconomicus è un massimizzatore delle proprie utilità (calcola e persegue in ogni occasione il proprio tornaconto). Circoscrivere il proprio portafoglio e farsi i conti in tasca: di questo si tratta – per quanto anche l’homo oeconomicus abbia le proprie bizzarrie, con cui le teorie economiche post-classiche si sono poi trovate a fare i conti. Questa visione del soggetto sociale è tanto elementare quanto persuasiva: siamo tutti convinti, infatti, di essere attori individuali razionali, intenti ad accrescere il più possibile le nostre private utilità. Per fare un esempio scolastico, nel loro tentativo di studiare il minor numero di pagine possibili e ottenere il voto più alto possibile, gli studenti forniscono un esempio pressoché perfetto di tale atteggiamento.
Ma l’individuo come fondamento del sociale ci è familiare anche per un altro motivo. La psicologia ce ne parla e lo ha posto a base di un’altra conoscenza dell’umano. In questo caso, l’individuo viene considerato non come il punto di partenza ma come il punto di arrivo di un insieme di dinamiche che determinano un grado di consistenza. Dal punto di vista della psicologia classica, infatti, i processi mentali individuali – essenzialmente memorie, sensazioni, percezioni, cognizioni, emozioni e desideri – arrivano a determinare un comportamento, una condotta, un corso d’azione o una prestazione osservabile (performance). Da parte d...

Indice dei contenuti

  1. Ringraziamenti
  2. Introduzione
  3. Capitolo primo Chi siamo? / Cosa siamo? Figure del soggetto sociale – Parte 1
  4. Capitolo secondo Come ci connettiamo? I Mass Media
  5. Capitolo terzo Dove siamo? Società e spazio
  6. Capitolo quarto Come siamo? Potere e organizzazione
  7. Capitolo quinto Chi siamo / Cosa siamo? Figure del soggetto sociale – Parte 2
  8. Capitolo sesto Quando siamo? Modernità e sincronizzazione
  9. Conclusione
  10. Bibliografia