Aldo Brancacci
Introduzione
Il Socrate di Guido Calogero
Nell’ambito della produzione scientifica di Guido Calogero, Socrate occupa un duplice spazio, sul piano teoretico e su quello storiografico: ha fortemente segnato il Calogero filosofo, e ha intensamente occupato il Calogero storico della filosofia antica, svolgendo, in ciò, un ruolo diverso, e unico, rispetto a quello svolto da Parmenide, il quale rimase sempre il punto di riferimento primario della visione della storia della filosofia, non solo antica, del pensatore italiano. È noto a tutti che Calogero è stato il primo a dimostrare in modo sistematico e con analisi puntuali come in Parmenide si realizzi in modo esemplare una coalescenza di piani teoretici, che ha prodotto la costruzione grandiosa del Poema, e da cui la filosofia ha ricevuto fecondissimi impulsi, nel suo farsi, ma da cui avrebbe dovuto infine liberarsi, emancipandosi da quella coappartenenza di logica, ontologia e linguaggio che nell’Eleate conduceva, peraltro, a un rigoroso monismo ontologico, che tanto Platone quanto, ancor più, Aristotele, avrebbero dissolto. Parmenide costituì per Calogero il metro sul quale tutta la storia del pensiero logico antico si misura, e quindi per questo, in certo modo, anche il metro dell’intera vicenda della filosofia fino all’esito raggiunto con l’attualismo nel pensiero contemporaneo, assumendo per lui il significato di un punto di confronto ineludibile e costante, ma, alla resa dei conti, negativo. Socrate fronteggia, in Calogero, Parmenide, delineando rispetto a lui uno snodo teoretico complesso, che fu anche, per Calogero, un approdo filosofico personale; egli è stato sì fondamentale oggetto di studio, come Parmenide, della sua attività di storico della filosofia, ma anche positivo ispiratore e fonte teorica apertamente assunta del suo autonomo impegno filosofico: Calogero ha sempre dichiarato che la filosofia di Socrate era perfettamente sovrapponibile alla sua propria filosofia del dialogo, e sono numerosissimi i contesti teorici, nell’ambito della sua attività propriamente filosofica, nei quali è dato rilevare il fecondo influsso e operare del pensiero di Socrate. Calogero ha però sempre tenuti distinti, in linea di principio, questi due interessi, salvaguardando la specificità e le ragioni di ciascuno, e trattandone, molto opportunamente, in ambiti separati della sua opera. Inoltre, egli ha sempre ricostruito la filosofia di Socrate sui testi: platonici, soprattutto, talora anche aristotelici, e, almeno una volta, senofontei, testi che ha analizzati sulla base di quella ermeneutica limpida e rigorosa che caratterizzava la sua attività di storico della filosofia. Per queste ragioni la sua interpretazione del pensiero di Socrate ci appare un documento esemplare di una ricerca storica sostenuta e fecondata da ragioni filosofiche, quale fu la storiografia filosofica di Calogero, come del resto quella della grande tradizione italiana novecentesca, ma nello stesso tempo anche una storiografia filosofica tale da realizzare una felice lezione di metodo.
Margherita Isnardi Parente ha scritto che il primo significativo documento di un apprezzamento della filosofia di Socrate da parte di Guido Calogero è da ravvisare nel Compendio di storia di filosofia del 1933, ove lo studioso già annuncia l’originalità della propria interpretazione, sia pure contenuta nei limiti di una trattazione scolastica. L’osservazione è sostanzialmente da condividersi, anche se, in realtà, l’interesse manifestato da Calogero nei confronti di Socrate è ancora anteriore alla data ipotizzata dalla studiosa. Prima che nel Compendio, Calogero si era già interessato a Socrate nel 1926 nell’ambito di una densa nota stimolata dall’edizione oxoniense dei tre dialoghi platonici della prima tetralogia, escluso il Fedone, procurata dal Burnet. Questo scritto è importante perché mostra come l’interesse per Socrate sia presente in Calogero fin dall’inizio della sua ricerca storiografica e risulti, anzi, addirittura coevo ai suoi studi su Aristotele. Inoltre, che si tratti di un interesse approfondito non solo sul piano teorico, ma anche su quello storiografico, è mostrato dal fatto che esso attesta come precocemente presente in Calogero sia anche la ricerca di ciò che possa appartenere a Socrate, in Platone, che è, notoriamente, problema costitutivo degli studi socratici. Calogero rivendica in effetti al Socrate storico, sia pure nei limiti di un’ipotesi, d’altronde eccellentemente argomentata, una anticipazione della celebre tesi di Epicuro volta a dimostrare la vanità del concetto, e del timore, della morte in base all’impossibilità dell’esperienza soggettiva di essa. Lo studioso si riferisce alla tesi, esposta in un noto passo dell’Apologia platonica, che fa leva sull’argomento che la morte non è nulla per noi, ma simile a un sonno senza sogni, la cui appartenenza socratica è confermata da vari altri dati, in particolare dalla sua attestazione in Senofonte, che con quell’argomento fa concludere a Ciro il suo ultimo discorso; tesi presente poi in tutta una serie di fonti, appartenenti alla letteratura consolatoria, probabilmente risalenti in ultima analisi al Περὶ πένθους di Crantore. In questo contesto, Calogero, con estrema finezza ermeneutica, ipotizza anche che l’argomento platonico fondato sul presupposto di una essenziale vitalità dell’anima, onde l’anima non potrebbe mai patir morte, essendo ad essa intrinseco il concetto di vita (Fedone, 105 d sgg.), possa forse essersi formato sulla base di uno sviluppo dell’argomento socratico, cioè come “trasformazione concettuale, oggettivamente ipostatizzata, dell’esperienza soggettivistica di Socrate”.
C’è ancora da notare che il breve saggio su Socrate fu pubblicato sul “Giornale” proprio l’anno successivo a quello in cui sulla medesima Rivista egli aveva pubblicato importanti recensione e discussioni di opere aristoteliche (l’edizione del De anima di Lasson, Jena 1924, e quella di Fazio Allmayer, Bari 19242; due opere curate dal Carlini, l’Introduzione alla filosofia, Bari 19252, e I principi primi, Bari 1924), ma anche la recensione del volume, fondamentale per gli studi sulla logica arcaica di Calogero, di E. Hoffmann, Die Sprache und die archaische Logik, Tübingen 1925. Questa contemporanea, sìncrona costellazione di studi e interessi vari, e insieme concordanti, smentisce nel modo più evidente la bizzarra affermazione della Isnardi Parente, secondo cui fra “l’interpretazione di Aristotele del 1927 e gli studi sui presocratici dei primi anni ’30 ed oltre non esiste una vera e propria unità”, affermazione del resto insostenibile anche presa per sé stessa.
Un carattere più generale dell’articolo del 1926 presenta il capitolo dedicato a Socrate nel Compendio. Rileggendo, oggi, queste pagine, è facile rendersi conto come Calogero si riferisca qui, sia pure in forma implicita, al celebre giudizio aristotelico, per il quale “due cose si possono attribuire legittimamente a Socrate, i discorsi induttivi e il definire universalmente”, un giudizio che anche in seguito lo studioso avrebbe commentato. Tale giudizio aveva già attratto l’attenzione di Gentile, il quale su di esso, oltre naturalmente che su taluni dialoghi platonici, si era fondato nella sua interpretazione della logica di Socrate come atto di nascita formale della scienza della logica. In Socrate essa è fondata sul concetto, realizzato dalla definizione, intesa non più come essere astratto, al modo della precedente filosofia della natura, ma come rapporto e mediazione, cioè come sintesi del giudizio, in cui ciascuno dei termini componenti, soggetto e predicato, “non trova in se medesimo il proprio essere: ma deve ricorrere all’altro per avere ciò onde consta l’esser suo; e quest’altro deve perciò essere per lui non solo diverso, ma anche identico”. In particolare sulla testimonianza di Aristotele, e sul carattere complessivo della logica di Socrate, Gentile aveva scritto:
Si potrebbe dire che per opera di Socrate alla natura sottentri il pens...