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Letture per i soldati e i marinai d’italia
1.1 L’attività dell’Istituto Nazionale per le Biblioteche dei Soldati
A distanza di cinquant’anni dall’unità politica, l’Italia era ancora pesantemente gravata da un dilagante analfabetismo, faticando a liberarsi da un’eredità di arretratezza culturale, sociale, economica. Anche nel nuovo secolo, pertanto, l’educazione nazionale continuava a restare un problema di grande attualità, suscitando varie iniziative tese a promuovere lo sviluppo del paese, tra cui la creazione di specifiche tipologie di biblioteche per precise categorie di lettori. In quest’ultimo ambito, e specialmente nel nord della penisola, nascevano così le “biblioteche popolari” – fenomeno inizialmente di stampo filantropico, poi legato al socialismo riformista milanese di Filippo Turati ed Ettore Fabietti – ma anche biblioteche scolastiche, circolanti, rurali, militari, in cui la letteratura del self-help inaugurata da Samuel Smiles rivestiva notevole importanza.
In un contesto così scarsamente evoluto si rendeva quindi necessario uno sforzo finalizzato a un’acculturazione uniforme del popolo italiano, a cominciare dai bambini in età scolare, per proseguire con le fasce degli adolescenti giungendo fino al coinvolgimento degli adulti. In quest’ottica, l’ambiente militare rappresentava un campione estremamente significativo delle condizioni in gran parte culturalmente disagiate della classe giovanile, divenendo terreno fertile e privilegiato per un processo di alfabetizzazione mirante a gettare le premesse dell’indispensabile progresso nazionale. All’interno delle gerarchie dell’esercito, che da parte loro cercavano di promuovere almeno un’educazione di tipo fisico e morale, alcuni personaggi si facevano interpreti anche del bisogno di un’istruzione primaria destinata in special modo ai soldati di leva. Questi giovani rappresentavano i futuri cittadini e le potenziali energie del paese, ovvero la forza motrice più vivace che avrebbe potuto incentivare la crescita socio-economica dell’Italia agli inizi del Novecento. È in questo periodo, infatti, che le prime voci a favore della costituzione di specifiche biblioteche militari si facevano sentire. I progetti elaborati ruotavano intorno a strutture di varia tipologia, con un patrimonio documentario più o meno specializzato e una diversa fisionomia delle raccolte a seconda che fossero indirizzate agli ufficiali oppure alle reclute, distinguendo altresì tra truppe di terra e di mare.
Sul finire del 1909 veniva costituito a Torino l’apposito ente denominato Istituto Nazionale per le Biblioteche dei Soldati (INBS), presieduto da Ildegarde Occella Trinchero, il cui scopo – definito al primo punto dello statuto – consisteva nella “elevazione intellettuale e morale del soldato colla lettura di libri accuratamente scelti”. L’Istituto aveva assunto in quell’anno forma autonoma, ma un’attività specifica a favore anche di piccole biblioteche per caporali e soldati era stata già precedentemente svolta da una sezione del Consorzio torinese per le biblioteche gratuite. La stessa presidente relazionava in merito al lavoro compiuto nel primo congresso delle biblioteche popolari e, partendo dal presupposto che l’esercito rappresentava una “grande scuola popolare”, il gruppo era riuscito a distribuire fra le truppe una sessantina di raccolte librarie, per un totale di circa 4.500 pubblicazioni. Inoltre, manifestando una larghezza di vedute condivisa da tutti i membri, al fine di evitare che i volumi restassero inutilizzati sugli scaffali, oppure che il timore di sciuparli compromettesse il piacere di leggerli, il consorzio precisava che “nessuno dovrà rispondere della conservazione ed incolumità della biblioteca”.
A distanza di qualche anno l’INBS diffondeva, con il riconoscimento del ministero della Guerra, un catalogo di propria compilazione, dalle cui pagine introduttive si apprendeva che negli anni precedenti la mole delle distribuzioni già effettuate aveva toccato i 40.000 volumi, divisi in 750 biblioteche di varie dimensioni consegnate ai diversi corpi d’armata. Il catalogo, stampato nel 1911, volendo rendere omaggio al cinquantenario del Risorgimento italiano, si arricchiva rispetto ai precedenti di vari opuscoli usciti per l’occasione, inoltre venivano espressamente inseriti facili manuali per la formazione in campo agricolo e industriale, così da soddisfare “il bisogno di letture professionali senza formole e senza astruserie, tali da essere capite da tutti i soldati che sanno appena leggere”. Confidando nella riscossa generale avviata nel paese per una progressiva acculturazione dei giovani italiani, si auspicava anche che il catalogo potesse in tempi brevi privarsi “delle letture troppo elementari, che sono per ora una necessità imprescindibile”.
Il materiale bibliografico descritto al suo interno era organizzato in tre ampie aree disciplinari, cominciando da quella formata da Storia e geografia, con 116 titoli (25%); seguivano le Scienze varie con 126 titoli (27%); per finire con le Letture amene e opere letterarie che raggiungevano i 228 titoli (48%). Inoltre, per facilitare sia percorsi di lettura personalizzati, sia ulteriori acquisizioni, nell’ammontare delle 470 opere complessive alcune erano evidenziate con un asterisco: simbolo che intendeva segnalare come esse fossero particolarmente “adatte a lettori di media coltura”.
Tenendo conto dei destinatari del catalogo, la citazione bibliografica dei volumi era redatta in modo sintetico ed essenziale – senza note tipografiche ma con il nome degli autori italiani per esteso – comprensiva del prezzo di copertina (legatura esclusa) e accompagnata da note informative, spiegazioni sull’argomento trattato o commenti sul testo. In pratica, si trattava di osservazioni e didascalie tese a precisare forma della narrazione, livello di difficoltà, rilevanza dei contenuti, nonché bacino di pubblico privilegiato.
Gli autori indicati erano in gran parte figure popolari e di successo, già entrate a far parte della tradizione letteraria italiana, oppure scrittori di riferimento nella saggistica e nella manualistica scolastica. Una netta prevalenza spettava a quelli nazionali, soprattutto nella prima e nella terza sezione del catalogo ove comparivano nomi noti e apprezzati sul piano civile, quali ad esempio – rispettivamente – Augusto Alfani, Massimo d’Azeglio, Cesare Balbo, Edmondo De Amicis, Salvatore Muzzi, Silvio Pellico; e poi Dante Alighieri, Ludovico Ariosto, Carlo Collodi, Carlo Goldoni, Alessandro Manzoni, Antonio Fogazzaro, Francesco Petrarca, ecc. Per quanto riguardava gli autori stranieri, nella classe storico-geografica il loro numero non arrivava alla decina, con vari titoli dello storico e docente alla Sorbona di Parigi Ernest Lavisse, mentre la Vita di Benjamin Franklin – opera edita da Gaspero Barbèra e da lui amatissima – veniva proposta a modello, poiché “ricca di insegnamenti preziosi per persone di qualsiasi età e condizione”.
La narra...