Capitolo quarto
Gli startupper
si raccontano
Le interviste in profondità condotte nel 2016 hanno permesso di raccogliere ulteriori spunti sulle motivazioni, i valori e le concezioni della realtà degli startupper. Gli universi simbolici, le idee, i driver motivazionali emersi completano il quadro sin qui delineato e permettono di conoscere in maniera ancora più precisa la mentalità di questa nuova generazione imprenditoriale.
Come nasce un’idea?
Nella letteratura manageriale è assegnata una grande importanza al rapporto fra l’idea iniziale dei founder e l’avvio della startup. L’attività imprenditoriale, in quest’ottica, sarebbe la conseguenza di una scoperta, di una suggestione o di una riflessione che porta il futuro startupper a immaginarne il possibile impatto fra i clienti e a lavorare per tradurla in un business coerente. La decisione di fondare una startup può avvenire in contesti e ambiti diversi, avere un ventaglio vasto di motivazioni, ma alla base sembra esserci sempre un’intuizione da sviluppare, magari partorita in modo casuale. Attraverso le interviste è stato possibile ricostruire la genesi delle idee imprenditoriali alla base delle startup prese in esame. Il bagaglio di esperienze e di competenze maturate nel corso del tempo assumono il ruolo di punto di partenza del business, a cui fa seguito la ricerca di capitali che servono per l’avvio della startup. In alcuni casi, l’idea nasce casualmente e viene sviluppata in ambiente lavorativo, come ad esempio nel caso di INT1:
L’idea è venuta casualmente a me e a un mio collega mentre ero a Milano. Lavoravamo già dopo esserci laureati. Agli informatici capita spesso di ricevere offerte di lavoro prima di finire il percorso di studi. Noi avevamo fatto alcuni lavoretti e avevamo un po’ di competenze messe da parte. L’intuizione ci è venuta perché il lavoro che facevamo non ci piaceva. C’era poco spazio per le idee nuove. L’idea è stata presentata dal mio collega al nostro capo ma non è stata sviluppata. Avremmo voluto svilupparla lì ma non eravamo Google! Non eravamo soddisfatti di quello che facevamo, non eravamo contenti! Da qui la scelta di lasciare il lavoro e cominciare l’avventura. [INT1]
L’insoddisfazione per il proprio lavoro da dipendente e l’impossibilità di sviluppare i propri progetti può essere il motore per la decisione di avviare la startup, sfruttando in questo caso il bando regionale “Principi Attivi”. L’avventura imprenditoriale, rischiosa ma carica di stimoli, appare l’opposto della condizione di lavoratore dipendente, che tuttavia ha fornito conoscenze utili per l’attività imprenditoriale. In altri casi il background delle precedenti esperienze (lavorative e personali) trova sintesi in un nuovo progetto di impresa, come nel caso di INT4:
Questa startup è il risultato dei contesti vari in cui ho vissuto. Facevo la Pr nelle feste all’università, poi ho lavorato in Booking Show e ho scoperto il marketing degli eventi. Infine, ho fatto la consulente aziendale acquisendo competenze in marketing management, program management, project management per Progetti.it. Ho unito le cose e mentre ero in Booking ho pensato alla possibilità di allargare il nostro focus al mondo delle feste puntando sul ticketing, ma quando ho parlato con i ragazzi delle feste mi hanno espresso l’esigenza di avere più servizi di marketing che di ticketing e quindi ho deciso di andare oltre la visione iniziale. [INT4]
Nel racconto appare evidente il focus sulle esigenze e sui luoghi fisici frequentati dalla clientela, in coerenza con l’approccio del business model canvas. Altre volte la visione alla base del business può essere fatta risalire all’ambiente di studio, come nel caso di INT2:
Quando la startup è nata eravamo due studenti del campus ISUFI. Condividevo la stanza con un ragazzo della mia età con un background in fisica e nanotecnologie. Io invece avevo un background in ingegneria e management. Fin dalle superiori lavoravo e scrivevo progetti. Abbiamo quindi deciso di partecipare con un progetto a un concorso nazionale e poi regionale. [INT2]
Anche nel caso di INT8, l’intuizione è nata nell’ambiente di studio all’interno di un gruppo informale che si è poi trasformato nel team della startup:
Tutto nasce dal confronto con i miei compagni di studio, all’università, dopo un periodo di gestazione più lungo. Quattro anni fa, quando abbiamo fondato l’azienda, eravamo in tre. L’anno scorso siamo diventati una srl e si sono aggiunti due mentori. Mi ha ispirato molto la storia della Nokia, nata in un paesino che dà il nome all’azienda. [INT8]
L’idea che l’ambiente di studio funga da brodo di coltura per la nascita della startup è in linea con numerose testimonianze d’oltre oceano, che assegnano ai college e a percorsi di studi in comune fra i founder un ruolo molto importante nell’avvio dell’attività imprenditoriale. Del resto, vi è spesso uno stretto legame fra il percorso di studio intrapreso e il settore di business scelto per la propria attività. In diversi casi nella narrazione dell’intervistato si fa riferimento a un problema da risolvere, percepito come legato a esigenze della comunità o, in maniera più frequente, al vissuto personale. Nel caso di INT6, il punto di partenza è un’esigenza del territorio di riferimento:
La startup è nata quasi in maniera naturale nel nostro comune, nel foggiano, con la volontà di creare un’attività che riempisse un vuoto di servizi in quel territorio legato alla connettività, una necessità dovuta anche al fatto che vivevamo in un paese turistico. Avevamo la percezione di poter far crescere il business nonostante il paese piccolo, sfruttando la fase estiva in cui la popolazione aumenta. [INT6]
INT9 sottolinea invece come l’intuizione abbia preso forma da una problematica personale:
L’idea è nata da un mio bisogno. Mi ero stancato dei costi fissi dell’auto privata e pensavo a un modo per condividerla con altre persone, solo che due anni fa, quando ho cominciato la ricerca in questo settore, non era possibile. Da lì ho sviluppato un servizio alternativo, il car sharing con auto elettriche e la possibilità di dare passaggi a chi ne ha bisogno. [INT9]
Sempre da una necessità personale è partito con il proprio progetto INT10 (“la startup è nata da un’intuizione legata alla raccolta di informazioni sulle esigenze delle persone che devono seguire una terapia e in particolare da un’esperienza personale”), mentre nel caso di INT11 il punto di partenza si lega a un evento traumatico verificatosi all’uscita di una discoteca:
Tutto nasce da un’esigenza reale, legata a un episodio che mi è capitato personalmente. All’uscita da una discoteca una persona mi ha aggredito. Non sono riuscita a trovare le chiavi della macchina nella borsa e sono fuggita via. La notte ho pensato che se avessi avuto un po’ di luce avrei potuto avere qualche secondo in più per trovare le chiavi. Poi, una settimana dopo, una mia docente della facoltà di economia mi ha parlato di un bando per idee innovative messo in campo dalla Giovane Impresa che prometteva un piccolo premio pecuniario. Ho deciso di partecipare, cercando di capire quale luce potesse andare bene per le borse. [INT11]
La messa a frutto del proprio portato di esperienze si collega a un atteggiamento mentale che interpreta la realtà come un campo pieno di questioni e problemi concreti che possono essere risolti e superati attraverso un prodotto innovativo sfruttabile commercialmente. Si parte da una difficoltà personale per poi sondare la possibilità che il problema sia condiviso da una parte consistente della popolazione e l’idea sia realmente innovativa. Questo approccio, che affida al mercato il compito di validare lo schema iniziale, spiega anche perché fisiologicamente le startup possono andare incontro a un fallimento dovuto alla mancanza di una adeguata clientela, e perché alcuni progetti imprenditoriali partoriti attraverso bandi e contest si rivelino successivamente non sostenibili economicamente. Talvolta, come nella storia narrata da INT5, l’ispirazione portante della startup era in realtà il frutto della rielaborazione di una forma di business partorita da un altro imprenditore, che ne raccontava la genesi durante una cena fra amici. L’intervistato ha così sviluppato l’intuizione alla base della sua startup modificandone alcuni aspetti e introducendo un modello di business fino a quel momento inesistente. La possibilità che un’idea venga “rubata” (come nel film di David Fincher “The Social Network”, che racconta l’ascesa del CEO di Facebook Mark Zuckerberg) non è affatto remota nel mondo delle startup, come testimonia il fatto che la protezione intellettuale sia una delle principali preoccupazioni degli startupper. Assai meno assimilabile alle storie raccolte nella letteratura statunitense la tendenza di alcune startup innovative a nascere dietro l’impulso di un bando pubblico, come nel caso di INT7. La volontà di tre ragazzi animati da interessi comuni, in quel caso, ha portato allo sviluppo di un progetto che è stato finanziato dalla Regione. Il bando ha quindi avuto la funzione di stimolo per il team, che ha colto l’occasione per riflettere su una possibile proposta da sottoporre al vagl...