Oltre la disoccupazione
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Oltre la disoccupazione

Per una nuova pedagogia del lavoro

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Oltre la disoccupazione

Per una nuova pedagogia del lavoro

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Disoccupazione e inoccupazione giovanile sono un problema drammatico di molti paesi e, tra i più colpiti, il nostro. Le conseguenze sul piano socio-economico si toccano con mano, perché quella che stiamo vivendo è una crisi di sistema: famiglie in diffcoltà, crollo demografco, assenza di progettualità, disintegrazione sociale. Oltre a quella strettamente economica, altrettanto grave, anche se non ha la risonanza che merita, è la ricaduta della crisi lavorativa sulle persone, sulla loro identità ed esistenza presente e futura. Che cosa avviene nella vita di quanti si trovano improvvisamente emarginati, esclusi, "disaffgliati", stanchi di bussare a porte sbarrate per lungo tempo? Sono questioni che attendono certamente risposte di ambito economico (analizzate nella prima parte del volume), ma che oggi richiedono una prospettiva di più ampio respiro, oggetto della seconda parte del volume. La tesi proposta è questa: accanto all'economia serve il coinvolgimento delle scienze umane e sociali, in primis la pedagogia: di qui la scelta di un approccio interdisciplinare. A fronte di una corrente di pensiero incline al pessimismo, in queste pagine si offre una chiave di lettura moderatamente ottimistica, ad una condizione però: che la pedagogia si faccia seriamente carico di un ripensamento radicale dell'idea di lavoro e della formazione e privilegi l'importanza dell'educazione iniziale, all'interno della famiglia e della scuola.

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Informazioni

Anno
2020
ISBN
9788838249877
Argomento
Study Aids
Categoria
Study Guides

1. Tecnologia e progresso

Negli ultimi anni, significativi sono stati i progressi nelle tecnologie informatiche e della comunicazione e profondi gli impatti sulla società. Sono cambiati il modo in cui lavoriamo, la gestione del tempo libero, soprattutto l’interazione tra i soggetti. La connessione costante, Internet, la nascita dei dispositivi mobili, la posta elettronica, l’esplosione dei social media ecc: traguardi eccezionali ed inimmaginabili. Il computer ci corregge i refusi, ci aiuta anche nella grammatica, ci fa ricordare numeri di telefono, gli appuntamenti ecc.
Da queste potenzialità tecnologiche stanno emergendo nuovi settori industriali e nuovi modelli di business. I dispositivi per la salute personale, i computer che rispondono alle nostre voci, i servizi di condivisione di viaggio (come Uber) o i magazzini gestiti da robot stanno diventando sempre più comuni. L’ e-commerce online ci permette di trovare ciò che vogliamo e acquistarlo all’istante. Con il semplice tocco di un dito possiamo usufruire di servizi tarati sui nostri gusti, come ad esempio ordinare cibo da asporto, chiamare un taxi o aprire un articolo di giornale. In molti comuni si può parcheggiare scaricando un’app, senza girovagare per trovare la colonnina del ticket. Queste nuove funzionalità offrono comodità, ci semplificano la vita ed il modo in cui ci interfacciamo con il mondo.
Siamo ad un punto in cui le mutevoli capacità tecnologiche odierne ci pongono però una domanda cruciale: che cosa significa esistere in questo nuovo mondo digitale? Oggi, secondo i più, si vive meglio, ma questi cambiamenti esteriori, e tutto sommato gratificanti visto il successo planetario, hanno delle conseguenze sul piano personale, esistenziale? Che ruolo dovrebbe giocare la tecnologia? Come vogliamo il futuro e in che modo arrivarci? Chi deve decidere ciò ed in che modo cambierà la nostra società? Tante domande: profondamente intrecciate con i nostri valori, speranze e paure per il nostro domani, per noi, per le generazioni future.
Nel corso della storia, l’umanità ha sempre «progredito», sviluppando tecnologie che hanno trasformato la società, il nostro modo di vivere, soprattutto il lavoro. Grazie al motore a vapore, all’elettricità, al personal computer ecc. è nato un mondo più efficiente, è cresciuta la produttività, sono migliorati gli standard di vita. Epperò, a fronte di ciò, vi è stato un prezzo elevato da pagare, lavoratori espulsi dal ciclo produttivo, famiglie buttate sul lastrico dalla sera alla mattina, persone parzialmente recuperate all’attività produttiva solo nel medio, lungo periodo e al costo dell’acquisizione di nuove competenze.
L’impatto della tecnologia sul lavoro è di assoluta importanza. Al lavoro dobbiamo quasi tutto: reddito, stabilità economica, mantenimento ed educazione dei figli. Col lavoro coltiviamo e rafforziamo conoscenze, abilità e competenze – il capitale umano – e contribuiamo attivamente ad assicurare continuità alla comunità di appartenenza. Anche quello che può apparire ingiustamente secondario: nel lavoro modelliamo le nostre identità e diamo significato e scopo alle nostre esistenze.
Ma quello descritto è forse destinato nel giro di pochi anni a riguardare il nostro passato prossimo. Secondo il rapporto Future of Jobs 2016 del World Economic Forum, molti imprenditori ritengono, infatti, che ci troviamo alla soglia di una quarta rivoluzione industriale, guidata ovviamente soprattutto dai progressi nell’informatica e nelle tecnologie dell’informazione [1] . Le tecnologie percepite come tendenze principali (e i corrispondenti effetti temporali) dai leader dell’industria mondiale sono riassunte nella Tabella 1


Tecnologie di cambiamento Valutatori su un fattore cruciale di cambiamento Ricaduta
temporale
Internet mobile e cloud 34 2016-17
Progressi nella potenza di calcolo e nei Big data 26 2015-17
Nuove forniture energetiche e nuove tecnologie 22 2015-17
Internet delle cose 14 2015-17
Crowdsourcing, sharing economy, e piattaforme peer-to-peer 12 2015-17
Robotica avanzata e trasporto autonomo 9 2018-20
Intelligenza artificiale e machine
learning
7 2018-20
Manifattura avanzata e stampa 3D 6 2015-17
Materiali innovativi, biotecnologia e genomica 6 2018-20

Tabella 1 - I principali fattori tecnologici di cambiamento percepiti dai leader industriali mondiali (Fonte: World Economic Forum 2016).

Quelle informatiche, della comunicazione e dell’informazione sono ampiamente considerate come le tecnologie trainanti dell’epoca attuale ed ancora più del domani. Gli aumenti esponenziali della potenza di calcolo dei processori, della velocità della rete e della generazione di dati digitali negli ultimi decenni hanno delle ricadute in molte prestazioni lavorative, senza che il cittadino medio ne abbia sempre piena contezza. Per continuare nel cahier de agréments (o doleance, a seconda dei punti di vista), i radiologi ad esempio, ora usano un software informatico per segnalare posizioni anomale nei raggi X e altre immagini mediche. La citopatologia automatizzata ha aiutato i patologi consentendo uno screening rapido per cellule cancerose, ma anche addirittura precancerose. La tecnologia ha impresso una potente accelerazione all’automazione, si pensi alla raccolta di pedaggi autostradali o allo sviluppo di siti web. Ha persino dato vita a modalità di lavoro completamente nuove, anche attraverso l’economia on-demand: lavoratori abbinati al computer per lavorare non appena disponibili!
Un rapido excursus storico ci ricorda come la tecnologia abbia sempre spostato la frontiera del lavoro. L’industrializzazione nel diciannovesimo e ventesimo secolo produsse grandi cambiamenti, dall’agricoltura e dalla vita rurale ai lavori non agricoli nelle città. Il passaggio dalla prima alla seconda rivoluzione industriale è stato determinato da due rotture significative rispetto al modo di produrre tradizionale: da una parte, l’introduzione del motore a vapore; dall’altra, una più ampia automazione industriale consentita dall’utilizzo dell’energia elettrica come fonte energetica.
La novità, del nuovo ciclo economico con cui dobbiamo fare i conti, tuttavia, sta suscitando un fervente dibattito sul fatto che il ritmo attuale dei progressi e della tecnologia che incombe su di noi possano causare cambiamenti più rapidi, ampi o profondi rispetto al passato.
La questione sul tappeto è già stata adombrata nelle pagine precedenti: gli irresistibili progressi tecnologici possono accelerare drammaticamente la fuoriuscita su vasta scala della forza lavoro umana? L’inarrestabile automazione equivarrà ad una crescente ed incontrollabile disoccupazione? Si tratta di una questione sempre più dibattuta negli ultimi anni. L’intelligenza artificiale e la robotica stanno delegando – non esiste termine più assurdamente efficace – ai macchinari il compito di completare mansioni fisiche e cognitive non di routine, attualmente eseguiti dall’uomo. A tal proposito, un’indagine americana del 2015, condotta dal Pew Research Center, ha rilevato che il 65% degli intervistati si aspettava che robot e computer «sicuramente» o «probabilmente» facessero parte del lavoro attualmente svolto dagli esseri umani entro l’anno 2065. Di questo stesso gruppo, l’80% ha espresso l’aspettativa che i propri lavori «sicuramente» o «probabilmente» non esisteranno più a quella data [2] .
Sebbene siano state formulate numerose opinioni e previsioni, i limiti di ciò che può essere automatizzato e la velocità con cui le nuove tecnologie rimpiazzeranno i lavori esistenti non sono ancora noti. Insieme all’opinione pubblica, i ricercatori sono sempre più interessati ad esaminare il lavoro e la frontiera tecnologica umana, il ritmo e la misura in cui la natura del lavoro può cambiare. Tuttavia, molto è ancora ignoto.
Il primo impatto, il rovello della politica e delle organizzazioni sindacali è, dunque, la tenuta dell’occupazione o, meglio, il dramma della disoccupazione. Ma vi è anche chi, ottimisticamente, ci invita a vedere il rovescio della medaglia. È un vecchio refraiu. Il cambiamento tecnologico, infatti, oltre ad incidere sulla produttività, sull’occupazione e sulla disuguaglianza reddituale, onestamente creerebbe anche le condizioni per cambiamenti nella natura del lavoro stesso. Numerosi studi etnografici concordano su due punti: per un verso, la varietà di nuove tecnologie altera il modo in cui il lavoro viene svolto, incide sui ruoli nell’azienda, modifica profondamente nella struttura delle grandi organizzazioni [3] ; per altro verso, il cambiamento dei livelli occupazionali, sui grandi numeri, sarebbe a tasso invariato.
Con queste considerazioni vengono anticipati i contenuti di questo capitolo. Sulla base della letterature internazionale, saranno esaminate le conseguenze che la quarta rivoluzione industriale sta avendo e/o potrebbe avere su:
  • l’occupazione;
  • la natura del lavoro.
Per ciascun verrà preso in considerazione il ruolo della tecnologia e i recenti cambiamenti verranno considerati alcuni potenziali sviluppi futuri, ben consapevoli che fare previsioni sui fenomeni sociali è aleatorio, soprattutto in un ambito come quello tecnologico, in costante e rapido rinnovamento.






[1] World Economic Forum, The Future of Jobs. Employment, Skills and Workforce Strategy for the Fourth Industrial Revolution. Global Challenge Insight Report: in http://www3.weforum.org/docs/WEF_Future_of_Jobs.pdf, 2016.
[2] A. Smith, Public Predictions for the Future of Workforce Automation, Pew Research Center, Washinton, District of Colombia 2016.
[3] Cfr. A. Aneesh, Virtual Migration: The Programming of Globalization, Duke University Press, Raleigh, N.C., 2006; N. Natalia-E. Vaast, Innovating or Doing as Told? Status Differences and Overlapping Boundaries in Offshore Collaboration, in «MIS Quarterly», 32(2), 2008, pp. 307-332; M. Leonardi-S.R. Barley, The lure of the virtual, in «Organization Science», 23(5), 2012, pp. 1485-1504; S.R. Barley, Why the Internet Makes Buying a Car Less Loathsome: How Technologies Change Role Relations, in «Academy of Management Discoveries», 1(1), 2015, pp. 5-35.

2. L’impatto tecnologico sull’occupazione

Ribadiamo un concetto cardine: i progressi tecnologici stanno permettendo di automatizzare un numero crescente di compiti tradizionalmente eseguiti dall’uomo. Inizialmente, tale automazione si concentrava principalmente su attività di routine (ad esempio, lavoro di segreteria, contabilità, reporting). Tuttavia, con l’avvento dei Big Data, dell’intelligenza artificiale (AI) e di una potenza di calcolo sempre maggiore, anche le attività non di routine non potranno sfuggire ad un processo di inarrestabile automatizzazione.
Un dato sorprendente ma che suffraga la nostra tesi si ricava comparando quanto avviene nei paesi ricchi (ad economie avanzate) con lo scenario che ci offrono i paesi emergenti, sebbene l’impatto in questo secondo caso sia forse più contestato. Alcuni sostengono che le economie emergent...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. OLTRE LA DISOCCUPAZIONE
  3. Indice dei contenuti
  4. INTRODUZIONE
  5. I. LAVORO E MERCATO DEL LAVORO
  6. II. LA TRASFORMAZIONE TECNOLOGICO-INFORMATICA DEL LAVORO
  7. 1. Tecnologia e progresso
  8. 2. L’impatto tecnologico sull’occupazione
  9. 3. Lavoro e limiti dell’automazione
  10. 4. Come cambia il lavoro
  11. 5. Il lavoro in piattaforma e la gig economy
  12. 6. Le forme di lavoro non standard
  13. III. LE CAUSE REMOTE DELLA DISOCCUPAZIONE / INOCCUPAZIONE
  14. 1. La nobilitazione dell’avidità e dell’avarizia avidità
  15. 2. La favola delle api del dottor Mandeville e la querelle sul lusso
  16. 3. L’interesse: una passione dolce e ragionevole
  17. IV. LO SPIRITO DEL CAPITALISMO E LE SUE TRASFORMAZIONI
  18. 1. La critica come elemento rigeneratore
  19. 2. L’allergia da lavoro
  20. 3. Lo spirito del capitalismo tecno-nichilista
  21. 4. L’economia come mezzo e non come fine
  22. V. INCLUSIONE E NUOVE POVERTÀ
  23. 1. Le nuove povertà
  24. 2. La povertà in Italia
  25. 3. Esclusione/inclusione
  26. 4. Esclusi dal lavoro
  27. VI. PROSPETTIVE PEDAGOGICHE
  28. 1. Esclusione come disaffezione
  29. 2. L’educazione e la formazione per il recupero e il reinserimento lavorativo
  30. 3. L’approccio istituzionale all’emergenza
  31. VII. LA PEDAGOGIA DEL LAVORO COME PREVENZIONE DELLA DISOCCUPAZIONE
  32. 1. Dalla logica dell’emergenza a quella della prevenzione/promozione
  33. 2. La sfida pedagogica delle soft skills
  34. VIII. RIPENSARE IL LAVORO
  35. 1. Una nuova idea di produttività
  36. 2. Il lavoro domestico come lavoro di cura produttivo
  37. 3. Il lavoro artigiano generatore di innovazione
  38. 4. Una concezione pluralistica del lavoro
  39. 5. Cambiamento discontinuo e flessibilità
  40. 6. Il lavoro come portafoglio
  41. IX. EDUCAZIONE DI BASE E LAVORO
  42. 1. La nuova idea del lavoro si genera in famiglia
  43. 2. La scuola consolida e sviluppa la nuova idea del lavoro
  44. X. IMPARARE UN MESTIERE
  45. 1. Il sistema educativo di istruzione e formazione: responsabilità collettiva
  46. 2. Inventarsi il lavoro
  47. CONCLUSIONE
  48. BIBLIOGRAFIA
  49. INDICE DEI NOMI
  50. CULTURA STUDIUM