Il coraggio di dire NO al taglio della nostra democrazia
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Il coraggio di dire NO al taglio della nostra democrazia

Cronaca di una battaglia parlamentare

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Il coraggio di dire NO al taglio della nostra democrazia

Cronaca di una battaglia parlamentare

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Prefazione di Elio VitoAlla domanda "Vuoi ridurre il numero dei parlamentari?" molto probabilmente rispondereste "Sì"; ma se vi chiedessero: "Vorresti ridurre il tuo diritto ad una adeguata rappresentanza democratica, peggiorando la funzionalità del parlamento, in cambio del risparmio di un caffè?" probabilmente la vostra risposta sarebbe "No". Qui c'è già il senso di questo libro e della campagna social #iovotono al referendum costituzionale del 20 e 21 settembre 2020 sulla riduzione dei parlamentari. Simone Baldelli, a colpi di resoconti parlamentari, porta il lettore tra i banchi di Montecitorio e gli racconta una battaglia d'Aula controcorrente, fatta a viso aperto, con interventi, argomenti, provocazioni, appelli e moniti, contro la propaganda antiparlamentarista e i luoghi comuni dell'antipolitica. Ma anche una battaglia per una Politica con la schiena dritta, capace di difendere, a costo di apparire impopolare, il potere del voto dei cittadini e, con esso, la forza e la rappresentatività di un parlamento sovrano. «La corsa ad essere il più popolare tra i rivoluzionari – dice lo stesso Baldelli – è uno sport molto pericoloso. Robespierre, detto l'incorruttibile, era il più popolare tra i rivoluzionari, fino a un minuto prima che gli tagliassero la testa».

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Informazioni

Anno
2020
ISBN
9788849864779
Categoria
Sociologia

Alcune dichiarazioni di voto finale
in prima lettura (9 maggio 2019)

SIMONE BALDELLI (FI). Io comincio ringraziando il mio gruppo parlamentare perché mi ha permesso liberamente di poter esprimere la mia voce in questo Parlamento per ben venticinque volte su questo provvedimento e trovo singolare che su 350 deputati di maggioranza non ce ne sia stato uno, Presidente, dico uno, che abbia espresso la stessa opinione mia, magari pensando privatamente questa cosa, ma che si sia vergognato in quest’Aula o gli sia stato in qualche misura impedito di poterla dire. Questo lo trovo molto singolare ed è un dibattito che lasceremo, anche lì, all’archivio di Radio radicale, sulla cui sorte pende una spada di Damocle che la dice lunga sul clima democratico che stiamo vivendo in questo Paese.
Moltissimi voteranno a favore di questo provvedimento, che per un verso è scriteriato, cioè privo di criteri, e lo abbiamo dimostrato in un dibattito in cui non ci avete risposto un criterio degno di questo nome, e scellerato, scellerato perché baratta una bieca propaganda elettorale in cambio del senso delle istituzioni e della rappresentanza democratica, tagliando fuori grossa parte di forze politiche che, sotto una certa percentuale, rischiano di non essere rappresentate semmai questo provvedimento dovesse essere approvato.
E lo dico, in particolare, anche agli amici della Lega: la ruota gira. In questo momento la Lega viene data al 30-35 per cento, ma c’era un momento in cui la Lega era in una percentuale in cui rischiava la rappresentanza e, per fortuna, c’è stato qualcuno che si è caricato, facendo le leggi elettorali, di quel problema. Quindi, la ruota gira; si può essere piccoli in alcuni momenti storici e grandi in altri momenti, ma la dignità e l’orgoglio della difesa delle istituzioni quelle sono cose che permangono trasversalmente.
Abbiamo ascoltato motivazioni assolutamente mediocri a difesa di questo provvedimento, non ultime quelle testé espresse dal Movimento 5 Stelle. Mi permetto di ricordare, sia a chi questo provvedimento l’ha promosso sia a quelli che per opportunità o per opportunismo, molto spesso autolesionista e autoliquidatorio, lo voteranno, che la corsa a essere il più amato tra i rivoluzionari è uno sport molto pericoloso. Robespierre, detto “l’incorruttibile”, era il più amato dei rivoluzionari poco prima che gli tagliassero la testa.
RICCARDO MAGI (MISTO-+E-CD). Grazie, Presidente. Riteniamo che la discussione e l’esame di questa riforma costituzionale abbia rappresentato la manifestazione più evidente, più grave e anche più triste della crisi del nostro Parlamento. È stato citato, in uno dei pochissimi interventi della maggioranza che sostiene questo provvedimento, Calamandrei, nella sua indicazione che, in occasione di riforme costituzionali, i banchi del governo dovrebbero essere vuoti. Questa indicazione di Calamandrei presupporrebbe un Parlamento libero, un Parlamento di deputati e di senatori liberi da condizionamenti di mandato, da condizionamenti di partito e da condizionamenti del governo e un Parlamento di membri che siano liberi, perché la loro libertà è garantita e tutelata da un Regolamento. In questa discussione, noi non abbiamo visto nessuna di queste due condizioni: abbiamo contato forse tre o quattro interventi da parte di chi sostiene questa riforma; di fatto, non c’è stata la disponibilità ad alcun confronto di merito; e abbiamo visto violate alcune questioni centrali a tutela delle prerogative parlamentari, in particolare con il giudizio di inammissibilità che lei ha ritenuto di esprimere al di là di ogni criterio, non solo giuridico e di rispetto del Regolamento, ma anche di ragionevolezza. Questa è la riforma costituzionale ai tempi del governo contrattuale, che è una nuova forma di governo, che non è più una forma di governo parlamentare; questa, nei fatti, è un’asportazione di una parte consistente e significativa del numero dei parlamentari; è tutt’altro che una rivitalizzazione del Parlamento; è, piuttosto, la manifestazione più grave della crisi del Parlamento. Con questa riforma voi sancite in maniera quasi definitiva – speriamo di no, speriamo che non arrivi mai a compimento – la fine del senso stesso del Parlamento. Per questo, esprimo un giudizio negativo e il nostro voto sarà contrario.
FEDERICO FORNARO (LEU) Grazie, signor Presidente. Vorrei partire da alcuni dati di realtà: è vero che c’erano proposte di riduzione del numero dei parlamentari presentate e discusse durante le precedenti legislature, anche in Commissioni bicamerali per le riforme. Quindi, questo è un tema che ha attraversato le legislature e di cui si parla da molti anni. Il secondo dato di realtà è che nell’opinione pubblica c’è un’idea prevalente, largamente prevalente, sul fatto che 945 parlamentari siano troppi. Riconosco, quindi, riconosciamo questi dati di realtà, per cui vorrei ribadire in sede di dichiarazione di voto che noi non siamo mai stati e non saremo mai contrari a ragionare sul tema della riduzione del numero dei parlamentari. La questione, però, come abbiamo provato a sviluppare in questi giorni di Aula, è che la proporzione del numero della riduzione è una questione di democrazia. Per cui credo, con la stessa onestà intellettuale con cui ho affermato che esistono dati di realtà, allo stesso modo mi pare sia incontestabile che il dibattito che abbiamo avuto in questi giorni è stato caratterizzato dalla totale assenza di uno spirito costituente. Abbiamo toccato una materia viva e fondamentale come la Costituzione in un modo che ritengo sbagliato da parte della maggioranza, cioè in assenza totale di una disponibilità al confronto, al dialogo, al ragionamento e anche ad ascoltare le ragioni dell’altro. Lo dico dopo avere dato atto, invece, sull’altra riforma costituzionale, quella del cosiddetto referendum propositivo, che in quell’occasione la relatrice svolse un ruolo differente. Su quella riforma noi avemmo, ovviamente, alla fine opinioni differenti, ma si cercò in Commissione e in Aula di avere lo spirito costituente. Lo spirito costituente, ovviamente, è quello per cui, trattandosi di Costituzione, l’obiettivo deve essere sempre quello di ricercare il massimo livello di condivisione. Questa volta, invece, la maggioranza è entrata in Commissione e in Aula con un unico obiettivo: approvare il testo esattamente con gli stessi contenuti, alla virgola, di quello approvato dal Senato. Secondo tema: mi sembra un altro dato di realtà, la maggioranza non ha saputo motivare il numero di 400 e, al tempo stesso, con ancora più forza, non ha saputo a quel punto motivare il numero di 200 per quel che riguarda il Senato. E, come ho provato a spiegare durante la discussione degli emendamenti, quando si scende sotto un certo numero, quando la Costituzione pone basi differenti di dimensione del collegio… Presidente, però devo dire che così…
PRESIDENTE. Ha ragione. Colleghi!
FEDERICO FORNARO (LEU). Stiamo parlando della Costituzione e c’è gente che dà le spalle. Dico, avete i numeri, approvatevela. Almeno avere, credo, un minimo di rispetto delle ragioni di chi la pensa diversamente da voi.
Perché guardate, è una ruota che gira. Io dico che, con questi numeri e con la legge elettorale che andremo a votare, un movimento come la Lega Nord probabilmente oggi non ci sarebbe più, perché avrebbe saltato un turno di rappresentanza al Senato, per esempio. Cioè il tema dei numeri, di rappresentanza delle minoranze, è un tema democratico, che non può essere letto con la visione di breve periodo, ma con una visione di lungo periodo; ed è un dato di realtà che questa scelta, di 400 e 200, comprime la rappresentanza territoriale, comprime la rappresentanza politica, fino al punto di arrivare a determinare soglie implicite in molte regioni che ci farebbero battere il record negativo mondiale di soglie di sbarramento.
Di questo avremmo voluto discutere, di questo non abbiamo potuto discutere perché in realtà c’è stato da parte della maggioranza un silenzio assordante. E anche, lo devo dire, da parte di quasi tutti gli organi di informazione: abbiamo discusso, stiamo discutendo di riforma costituzionale in assenza di qualsivoglia dibattito pubblico. Ad eccezione, lo devo dire qui, di un giornale, «Il Manifesto», che oggi ha dedicato mezza pagina al nostro dibattito; e allora vengono anche i pensieri cattivi, quando, sul tema del taglio dei contributi ai giornali, guarda caso, «Il Manifesto» sarebbe destinato a chiudere, perché è più facile controllare meno giornali e decidere anche i temi di cui si discute. Il tema della riduzione dei parlamentari, come ho detto all’inizio, sta dentro un dibattito lungo sulle riforme costituzionali e istituzionali, e deve essere inserito sull’altra questione che noi abbiamo di fronte: la crisi della rappresentanza e della democrazia rappresentativa, che è purtroppo un dato comune non soltanto all’Italia ma a molte altre grandi democrazie. Bene, la mia domanda oggi è questa: ma, attraverso la compressione della rappresentanza territoriale e della rappresentanza politica, stiamo dando una medicina per curare la malattia della crisi delle democrazie rappresentative, o la stiamo in prospettiva aggravando? Per esempio, una delle questioni, l’aumento della distanza tra elettori ed eletti, che è un dato oggettivo, è uno dei problemi che noi abbiamo di fronte; viene aumentata o viene diminuita? In realtà riducendo i numeri e con l’applicazione della legge che voteremo più tardi, è evidente che stiamo aumentando quella distanza, e non diminuendola. Perché vedete, io accetto che l’opinione pubblica oggi sia favorevole alla diminuzione del numero, ma se chiedete a quelle stesse persone qual è il sistema elettorale che preferivano e che preferiscono, vi risponderanno: i collegi del Mattarellum, che erano da 120 mila persone, che consentivano di sapere chi era il parlamentare di quel collegio. Noi stiamo costruendo dei collegi da 800 mila abitanti, stiamo costruendo, da un punto di vista della democrazia rappresentativa, dei fantasmi mediatici, cioè delle persone che, a livello individuale, non si conoscono e che invece, soltanto attraverso i social o la televisione, si materializzano. Credo quindi che oggi chi voterà questo provvedimento – noi no di certo – commetterà un errore, un errore grave: intervenire sul testo costituzionale nel modo in cui avete fatto, non ascoltando, e comprimendo rappresentanza territoriale e rappresentanza politica.
Io se guardo un po’ più in là, inizio a vedere i contorni di un disegno che non ci piace e ci preoccupa, che passa da un referendum consultivo che tende alla fine a svuotare in realtà il ruolo e la funzione del Parlamento, la diminuzione del numero dei parlamentari, un’autonomia differenziata che sposta sulle Regioni una serie di poteri, andando a mettere in discussione l’unità nazionale, decreti che pensano di portare su Palazzo Chigi una serie di competenze, e poi ricorrente quest’idea sul vincolo di mandato. Bene: noi continuiamo a tenere la barra dritta, a difesa della democrazia rappresentativa e a difesa della forma di governo pa...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Sinossi
  3. Profilo biografico dell'autore
  4. Colophon
  5. Prefazione
  6. Il coraggio di dire NOal taglio della nostra democrazia
  7. Introduzione
  8. Come si cambia la Costituzione
  9. La proposta di legge costituzionale
  10. La discussione generale
  11. La questione pregiudiziale di costituzionalità
  12. Il seguito dell’esame in Assemblea
  13. Interventi sugli emendamenti
  14. Alcune dichiarazioni di voto finale in prima lettura (9 maggio 2019)
  15. Alcune dichiarazioni di voto finale in seconda lettura (8 ottobre 2019)
  16. La “porcata” dell’accorpamento tra referendum ed election day
  17. Il Parlamento del futuro
  18. Ringraziamenti