Parte quarta
Lavori in corso: un atlante delle riflessioni, delle ricerche e delle pratiche
I. Verso un approccio quantitativo a supporto dei processi di pianificazione costiera climate proof
di Filippo Magni e Giacomo Magnabosco
1. Cambiamenti climatici e aree costiere: una priorità per il contesto italiano.
Il panorama scientifico internazionale appare concorde nel sottolineare che le aree costiere saranno particolarmente colpite dall’aumento, in termini di frequenza, distribuzione e intensità, degli eventi estremi legati al cambiamento climatico. In questi contesti i cambiamenti climatici avranno però un carattere regionale distinto a seconda delle condizioni ambientali, sociali, culturali ed economiche che si sono sviluppate nel tempo (Hoozemans e altri 1993; Nicholls - Hoozemans 1996, Klein - Nicholls 1999; Lionello e altri 2006).
Se le coste del bacino del Mediterraneo sono ampiamente riconosciute come particolarmente vulnerabili ai cambiamenti climatici (Intergovernmental Panel on Climate Change 2014), in Italia più del 50% sono state trasformate in modo irreversibile.
I rischi associati al cambiamento climatico sono però spesso evidenziati da parte dei media senza riconoscere che tale processo non è l’unico fattore che porta un rischio con cui cittadini, economie e infrastrutture presenti nelle aree costiere dovranno confrontarsi nel prossimo futuro. In generale c’è una mancanza di consapevolezza, o più precisamente, manca una traduzione di questa all’interno delle politiche di sviluppo urbano e di pianificazione territoriale costiera.
2. Il gap informativo come fattore limitante dei processi di adattamento.
La difficoltà ad attuare efficacemente processi di adattamento viene di solito riferita a una serie di fattori limitanti: ecologici (vincoli naturali), economici (mancanza di risorse finanziarie), tecnologici (insufficiente conoscenza, indisponibilità della tecnologia adeguata) e di debolezza delle istituzioni pubbliche. Tale visione è stata però definita eccessivamente semplicistica ed è stata messa in discussione da alcuni studiosi (Culver e altri; Vose e altri 2012) che dimostrano come, anche in paesi altamente sviluppati, lo Stato e le pubbliche amministrazioni non affrontano in maniera sistematico-sistemica le vulnerabilità dovute al cambiamento climatico. Questo ha contribuito a rafforzare l’idea che la combinazione di complessità dei dati climatici, molteplicità delle fonti di informazioni sull’adattamento, e la difficoltà di prendere decisioni alla luce di quest’incertezza, diviene una delle principali barriere per i processi di adattamento (Hauser - Jadin 2012, p. 58). Soprattutto a livello di pianificazione costiera, la mancanza di conoscenza tra le parti interessate su dove trovare informazioni scientificamente valide – che possono essere tradotte in formati comprensibili e utili per supportare la comunicazione e i processi decisionali – diviene un fattore altamente limitante (Brunner - Nordgren 2012; Lebow e altri 2012, p. 73).
3. Verso un metodo quantitativo a supporto dei processi decisionali.
La sperimentazione qui riportata si configura come un approccio di supporto ai processi di pianificazione per l’adattamento, esportabile a tutti gli ambiti costieri italiani.
Individuare e divulgare le peculiarità geo-morfologiche e insediative risulta fondamentale per promuovere progettualità e politiche site-specific per far fronte alla complessità degli impatti climatici. Questo ha reso necessario restringere il campo d’analisi a una casistica specifica entro cui costruire un ragionamento condiviso a livello nazionale capace di favorire i processi di pianificazione sia a scala nazionale che locale.
La strutturazione di un open dataset a scala italiana ha permesso di costruire uno strumento di lettura territoriale semplice e accessibile a un vasto pubblico. Tale strumento è caratterizzato dalla grande capacità comunicativa di mappe e supporti grafici, corredato da quadri quantitativi del problema.
Il lavoro di ricerca, parallelamente a un’analisi scientifica dei fenomeni, ha dedicato particolare attenzione alla comunicabilità dei dati raccolti.
4. La costa italiana in uno scenario di cambiamento climatico.
Una prima perimetrazione del campo d’analisi ha definito «area costiera» in ambito italiano, così da realizzare delle misurazioni utili a un’analisi comparativa. La definizione di area costiera di Small e Nicholls, la individua nei territori compresi tra i 100 km dalla linea di costa e a un’altezza di 100 m sul livello del mare; questa però mal si adatta al contesto italiano, in quanto quasi tutto il territorio nazionale ricadrebbe all’interno di questa definizione. Si è pertanto deciso di osservare il territorio costiero in un’area buffer di 20 km dalla linea di costa, che permette di riscontrare efficacemente gran parte delle conformazioni geomorfologiche e insediative che in Italia riconosciamo come costiere.
Analizzando il territorio all’interno di questa fascia è emerso – utilizzando strumenti cartografici e statistici quali Corine Land Cover e il rapporto Istat 2011 – come in queste aree si concentrino gli insediamenti principali e le densità più elevate di popolazione, a ulteriore conferma delle potenziali vulnerabilità (soprattutto socioeconomiche) ai futuri impatti climatici, validando lo scenario previsto per il territorio europeo per l’anno 2100 (Nicholls 2004).
Per dare maggior definizione a questa realtà si è osservata la distribuzione insediativa di queste aree – utilizzando il livello 1.1 della Corine Land Cover per gli insediamenti urbani e il database Openstreetmap per le infrastrutture – portando alla luce le relazioni insediative che intercorrono con le specificità geomorfologiche del territorio.
Successivamente, questi livelli informativi sono stati relazionati ai driver di impatto riconducibili ai cambiamenti climatici. Quindi sono state mappate le principali ricadute spaziali degli impatti che colpiranno le aree costiere da qui al 2100: innalzamento medio marino (Imm) di +1 m s.l.m. ed erosione costiera, alluvioni con tempo di ritorno (Tr) 300 anni, fenomeni franosi (dall’Inventario dei fenomeni franosi in Italia, Iffi), desertificazione (Apat 2007) e intrusione del cuneo salino (Ics), inteso per questa ricerca come la predisposizione di certe porzioni di territorio costiero a subire maggiormente la progressiva salinizzazione di suoli e corpi idrici, alterando conseguentemente gli ecosistemi e la produttività di tali territori adibiti ad agricoltura tradizionale.
Questo ha permesso di individuare un’ampia casistica di aree urbanizzate potenzialmente impattate dal cambiamento climatico. Per affinare il campo di analisi è stato effettuato un processo di riduzione e semplificazione tipologica dal livello nazionale, riducendo l’analisi a sei target areas rappresentative per i contesti specifici e virtualmente assimilabili alle varie tipologie di costa italiana (fig. 1). Questa semplificazione è avvenuta utilizzando tre famiglie di criteri di selezione: forma e caratteristiche degli insediamenti (concentrati-diffusi); caratteristiche orografiche e geologiche della costa definite dalla carta litologica italiana scaricabile dal Geoportale nazionale (costa alta-rocciosa e costa bassa-sabbiosa; facilmente e difficilmente erodibili); distribuzione e compresenza degli impatti climatici, misurando l’intensità data dalla sovrapposizione di questi valori.
Successivamente si è seguita un’analisi specifica per le sei target areas, dividendo gli impatti in due macrosistemi di osservazione. Il primo osserva le ricadute degli impatti climatici sugli usi del suolo urbanizzati, il secondo invece si concentra sugli impatti che coinvolgono aree agricole e ambiti naturali. In entrambi i sistemi la suddivisione è stata effettuata interpolando le informazioni sugli usi del suolo dedotti dal Corine Land Cover 2012, database Openstreetmap e database del Geoportale nazionale. Questa divisione è stata adottata per evidenziare in maniera rapida quali impatti e quanto insistessero su determinati sistemi escludendone altri e per fornire due ordini di lettura del territorio in grado di individuare facilmente attori, strumenti e misure da mettere in campo nel processo di adattamento.
Il primo misura le ricadute spaziali di alluvioni, Imm, frane ed erosione costiera, mostrando come gli impatti colpiranno – all’interno del buffer di 20 km dalla linea di costa – il 21% delle aree urbane, il 7% della rete stradale e l’8% della rete ferroviaria.
Il secondo evidenzia come alluvioni, Imm, Ics, desertificazione e frane colpiranno mediamente il 41% dei territori agricoli, il 35% dei territori naturali (con valori compresi tra il 25,9 e il 66,1%) e il 9% delle reti idriche (con valori compresi tra il 0,6 e il 43%).
5. Il caso toscano.
Il metodo d’analisi descritto è stato applicato a sei target areas, di cui qui proponiamo gli esiti del solo caso toscano a titolo esemplificativo (fig. 2). In questa porzione di costa, situata nel litorale confinante con la Liguria, l’area costiera registra insediamenti concentrati caratterizzati da densità abitative medio-alte, collocate all’interno dei vallivi di natura alluvionale. Questa condizione si mostra predominante lungo la quasi totalità della linea di costa caratterizzata da una geomorfologica di tipo basso-sabbiosa.
Per quanto riguarda il rischio alluvione locale, si registra un alto rischio – a fronte di un consumo di suolo complessivo di 288 km2 – per le aree urbanizzate e le infrastrutture, che riportano valori prossimi al 95% (urbanizzato continuo 88%, urbanizzato discontinuo 94%, aree industriali e commerciali 100%, rete stradale 31%, rete ferroviaria 48%). Per quanto riguarda i contesti rurali e naturali (Zps, Sic e aree natura 2000) il rischio risulta altrettanto alto, rispettivamente dell’88% e del 34%.
Osservando i futuri fenomeni di Imm, si registrano valori altrettanto allarmanti, che vedono il 39% degli insediamenti e il 5-6% delle reti della mobilità soggetti a questo fenomeno, dove rimarranno virtualmente intatte solo le località site in aree di costa alta. Queste ultime saranno comunque soggette a fenomeni di erosione costiera, da tenere monitorati nel tempo, soprattutto se relazionati a un probabile aumento dei fenomeni franosi.
Significative saranno anche le conseguenze su colture e ambiti naturali colpiti rispettivamente per il 22% e il 10%, mentre, forte della conformazione orografica, solo il 2% della rete idrica subirà perdite totali. Percentuale tuttavia in crescita se si osserva il fenomeno dal punto di vista del conseguente aumento dell’Ics, che «contaminerà» il 4,5% delle reti idriche, colpendo il 32 e 13% dei territori rurali e naturali. Sempre in questi ambiti si evidenzia come i fenomeni siccitosi aumenteranno di intensità ed estensione, seppur con una classe di desertificazione medio bassa (Atlante nazionale delle aree a rischio di desertificazione, Apac) ma con una copertura superiore al 90% dei territori.
Questo processo di mappatura costituisce un database di riferimento (tabella 1) per costruire quadri conoscitivi aggiornati con i principali impatti climatici futuri e supportare così un processo adattivo di pianificazione costiera.
I risultati, infatti, mostrano come le peculiarità geomorfologiche di questa area target, avranno una priorità di intervento alta rispetto alle restanti parti di territorio.
6. Conclusioni.
L’adattamento ai cambiamenti climatici, nel suo approccio più teorico, prevede l’adozione di misure volte a contrastare gli effetti e le vulnerabilità presenti e future, così come la variabilità che si verifica in assenza di cambiamenti climatici nel contesto di una società in continuo cambiamento (World Bank 2011). Diviene però sempre più chiaro come questo concetto non possa solo significare protezione contro gli impatti negativi ma, in un’ottica virtuosa, rappresenti anche la predisposizione verso una maggiore flessibilità al cambiamento stesso, traendo vantaggio dai suoi possibili benefici (Galderisi 2014).
In questo scenario,...