Il fu Mattia Pascal
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Il fu Mattia Pascal

  1. 336 pagine
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Il fu Mattia Pascal

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Informazioni sul libro

Il fu Mattia Pascal è un celebre romanzo di Luigi Pirandello che apparve dapprima a puntate sulla rivista "Nuova Antologia" nel 1904 e che fu pubblicato in volume nello stesso anno. Fu il primo grande successo di Pirandello, scritto in un momento difficile della sua vita.

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Informazioni

Anno
2018
ISBN
9783963618192
Argomento
Literature
Categoria
Classics

XVI: Il ritratto di Minerva

Già prima che mi fosse aperta la porta, indovinai che qualcosa di grave doveva essere accaduto in casa: sentivo gridare Papiano e il Paleari. Mi venne incontro, tutta sconvolta, la Caporale:
— È dunque vero? Dodici mila lire?
M'arrestai, ansante, smarrito. Scipione Papiano, l'epilettico, attraversò in quel momento la saletta d'ingresso, scalzo, con le scarpe in mano, pallidissimo, senza giacca; mentre il fratello strillava di là:
— E ora denunzii! denunzii!
Subito una fiera stizza m'assalì contro Adriana che, non ostante il divieto, non ostante il giuramento, aveva parlato.
— Chi l'ha detto? — gridai alla Caporale. — Non è vero niente: ho ritrovato il denaro!
La Caporale mi guardò stupita:
— Il denaro? Ritrovato? Davvero? Ah, Dio sia lodato! — esclamò, levando le braccia; e corse, seguìta da me, ad annunziare esultante nel salotto da pranzo, dove Papiano e il Paleari gridavano e Adriana piangeva: — Ritrovato! ritrovato! Ecco il signor Meis! Ha ritrovato il denaro!
— Come!
— Ritrovato?
— Possibile?
Restarono trasecolati tutti e tre; ma Adriana e il padre, col volto in fiamme; Papiano, all'incontro, terreo, scontraffatto.
Lo fissai per un istante. Dovevo essere più pallido di lui, e vibravo tutto. Egli abbassò gli occhi, come atterrito, e si lasciò cader dalle mani la giacca del fratello. Gli andai innanzi, quasi a petto, e gli tesi la mano.
— Mi scusi tanto; lei, e tutti... mi scusino, — dissi.
— No! — gridò Adriana, indignata; ma subito si premé il fazzoletto su la bocca.
Papiano la guardò, e non ardì di porgermi la mano. Allora io ripetei:
— Mi scusi... — e protesi ancor più la mano, per sentire la sua, come tremava. Pareva la mano d'un morto, e anche gli occhi, torbidi e quasi spenti, parevano d'un morto.
— Sono proprio dolente, — soggiunsi, — dello scompiglio, del grave dispiacere che, senza volerlo, ho cagionato.
— Ma no... cioè, sì... veramente, — balbettò il Paleari, — ecco, era una cosa che... sì, non poteva essere, perbacco! Felicissimo, signor Meis, sono proprio felicissimo che lei abbia ritrovato codesto denaro, perché...
Papiano sbuffò, si passò ambo le mani su la fronte sudata e sul capo e, voltandoci le spalle, si pose a guardare verso il terrazzino.
— Ho fatto come quel tale... — ripresi, forzandomi a sorridere. — Cercavo l'asino e c'ero sopra. Avevo le dodici mila lire qua, nel portafogli, con me.
Ma Adriana, a questo punto, non poté più reggere:
— Ma se lei, — disse, — ha guardato, me presente, da per tutto, anche nel portafogli; se lì, nello stipetto...
— Sì, signorina, — la interruppi, con fredda e severa fermezza. — Ma ho cercato male, evidentemente, dal punto che le ho ritrovate... Chiedo anzi scusa a lei in special modo, che per la mia storditaggine, ha dovuto soffrire più degli altri. Ma spero che...
— No! no! no! — gridò Adriana, rompendo in singhiozzi e uscendo precipitosamente dalla stanza, seguita dalla Caporale.
— Non capisco... — fece il Paleari, stordito.
Papiano si voltò, irosamente:
— Io me ne vado lo stesso, oggi... Pare che, ormai, non ci sia più bisogno di... di...
S'interruppe, come se si sentisse mancare il fiato; volle volgersi a me, ma non gli bastò l'animo di guardarmi in faccia:
— Io... io non ho potuto, creda, neanche dire di no... quando mi hanno... qua, preso in mezzo... Mi son precipitato su mio fratello che... nella sua incoscienza... malato com'è... irresponsabile, cioè, credo... chi sa! si poteva immaginare, che... L'ho trascinato qua... Una scena selvaggia! Mi son veduto costretto a spogliarlo... a frugargli addosso... da per tutto... negli abiti, fin nelle scarpe... E lui... ah!
Il pianto, a questo punto, gli fece impeto alla gola; gli occhi gli si gonfiarono di lagrime; e, come strozzato dall'angoscia, aggiunse:
— Così hanno veduto che... Ma già, se lei... Dopo questo, io me ne vado!
— Ma no! Nient'affatto! — diss'io allora, — Per causa mia? Lei deve rimanere qua! Me n'andrò io piuttosto!
— Che dice mai, signor Meis? — esclamò dolente, il Paleari.
Anche Papiano, impedito dal pianto che pur voleva soffocare, negò con la mano; poi disse:
— Dovevo... dovevo andarmene; anzi, tutto questo è accaduto perché io... così, innocentemente... annunziai che volevo andarmene, per via di mio fratello che non si può più tenere in casa... Il marchese, anzi, mi ha dato... – l'ho qua – una lettera per il direttore di una casa di salute a Napoli, dove devo recarmi anche per altri documenti che gli bisognano... E mia cognata allora, che ha per lei... meritatamente, tanto... tanto riguardo... è saltata sù a dire che nessuno doveva muoversi di casa... che tutti dovevamo rimanere qua... perché lei... non so... aveva scoperto... A me, questo! al proprio cognato!... l'ha detto proprio a me... forse perché io, miserabile ma onorato, debbo ancora restituire qua, a mio suocero...
— Ma che vai pensando, adesso! — esclamò, interrompendolo, il Paleari.
— No! — raffermò fieramente Papiano. — Io ci penso! ci penso bene, non dubitate! E se me ne vado... Povero, povero, povero Scipione!
Non riuscendo più a frenarsi, scoppiò in dirotto pianto.
— Ebbene, — fece il Paleari, intontito e commosso. — E che c'entra più adesso?
— Povero fratello mio! — seguitò Papiano, con tale schianto di sincerità, che anch'io mi sentii quasi agitare le viscere della misericordia.
Intesi in quello schianto il rimorso, ch'egli doveva provare in quel momento per il fratello, di cui si era servito, a cui avrebbe addossato la colpa del furto, se io lo avessi denunziato, e a cui poc'anzi aveva fatto patir l'affronto di quella perquisizione.
Nessuno meglio di lui sapeva ch'io non potevo, aver ritrovato il danaro ch'egli mi aveva rubato. Quella mia inattesa dichiarazione, che lo salvava proprio nel punto in cui, vedendosi perduto, egli accusava il fratello o almeno lasciava intendere – secondo il disegno che doveva aver prima stabilito – che soltanto questi poteva essere l'autore del furto, lo aveva addirittura schiacciato. Ora piangeva per un bisogno irrefrenabile di dare uno sfogo all'animo così tremendamente percosso, e fors'anche perché sentiva che non poteva stare, se non così, piangente, di fronte a me. Con quel pianto egli mi si prostrava, mi s'inginocchiava quasi ai piedi, ma a patto ch'io mantenessi la mia affermazione, d'aver cioè ritrovato il denaro: che se io mi fossi approfittato di vederlo ora avvilito per tirarmi indietro, mi si sarebbe levato contro, furibondo. Egli – era già inteso – non sapeva e non doveva saper nulla di quel furto, e io, con quella mia affermazione, non salvavo che suo fratello, il quale, in fin de' conti, ov'io l'avessi denunziato, non avrebbe avuto forse a patir nulla, data la sua infermità; dal canto suo, ecco, egli s'impegnava, come già aveva lasciato intravedere, a restituir la dote al Paleari.
Tutto questo mi parve di comprendere da quel suo pianto. Esortato dal signor Anselmo e anche da me, alla fine egli si quietò; disse che sarebbe ritornato presto da Napoli, appena chiuso il fratello nella casa di salute, liquidate le sue competenze in un certo negozio che ultimamente aveva avviato colà in società con un suo amico, e fatte le ricerche dei documenti che bisognavano al marchese.
— Anzi, a proposito, — conchiuse, rivolgendosi a me. — Chi ci pensava più? Il signor marchese mi aveva detto che, se non le dispiace, oggi... insieme con mio suocero e con Adriana...
— Ah, bravo, sì! — esclamò il signor Anselmo, senza lasciarlo finire. — Andremo tutti... benissimo! Mi pare che ci sia ragione di stare allegri, ora, perbacco! Che ne dice, signor Adriano?
— Per me... — feci io, aprendo le braccia.
— E allora, verso le quattro... Va bene? — propose Papiano, asciugandosi definitivamente gli occhi.
Mi ritirai in camera. Il mio pensiero corse subito ad Adriana, che se n'era scappata singhiozzando, dopo quella mia smentita. E se ora fosse venuta a domandarmi una spiegazione? Certo non poteva credere neanche lei, ch'io avessi davvero ritrovato il denaro. Che doveva ella dunque supporre? Ch'io, negando a quel modo il furto, avevo voluto punirla del mancato giuramento. Ma perché? Evidentemente perché dall'avvocato, a cui le avevo detto di voler ricorrere per consiglio prima di denunziare il furto, avevo saputo che anche lei e tutti di casa sarebbero stati chiamati responsabili di esso. Ebbene, e non mi aveva ella detto che volentieri avrebbe affrontato lo scandalo? Sì: ma io – era chiaro – io non avevo voluto: avevo preferito di sacrificar così dodici mila lire... E dunque, doveva ella credere che fosse generosità da parte mia, sacrifizio per amor di lei? Ecco a quale altra menzogna mi costringeva la mia condizione: stomachevole menzogna, che mi faceva bello di una squisita, delicatissima prova d'amore, attribuendomi una generosità tanto più grande, quanto meno da lei richiesta e desiderata.
Ma no! Ma no! Ma no! Che andavo fantasticando? A ben altre conclusioni dovevo arrivare, seguendo la logica di quella mia menzogna necessaria e inevitabile. Che generosità! che sacrifizio! che prova d'amore! Avrei potuto forse lusingare più oltre quella povera fanciulla? Dovevo soffocarla, soffocarla, la mia passione; non rivolgere più ad Adriana né uno sguardo né una parola d'amore. E allora? Come avrebbe potuto ella mettere d'accordo quella mia apparente generosità col contegno che d'ora innanzi dovevo impormi di fronte a lei. Io ero dunque tratto per forza a profittar di quel furto ch'ella aveva svelato contro la mia volontà e che io avevo ...

Indice dei contenuti

  1. I: Premessa
  2. II: Premessa seconda (filosofica) a mo' di scusa
  3. III: La casa e la talpa
  4. IV: Fu così
  5. V: Maturazione
  6. VI: Tac tac tac...
  7. VII: Cambio treno
  8. VIII: Adriano Meis
  9. IX: Un po' di nebbia
  10. X: Acquasantiera e portacenere
  11. XI: Di sera, guardando il fiume
  12. XII: L'occhio e Papiano
  13. XIII: Il lanternino
  14. XIV: Le prodezze di Max
  15. XV: Io e l'ombra mia
  16. XVI: Il ritratto di Minerva
  17. XVII: Rincarnazione
  18. XVIII: Il fu Mattia Pascal
  19. Avvertenza sugli scrupoli della fantasia
  20. Note a piè di pagina