Paolo Treves
eBook - ePub

Paolo Treves

Tra esilio e impegno repubblicano (1908-1958)

  1. Italian
  2. ePUB (disponibile sull'app)
  3. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Paolo Treves

Tra esilio e impegno repubblicano (1908-1958)

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Intellettuale con una vocazione per la politica, Paolo Treves è stato attore e testimone di momenti chiave del Novecento. Figlio del socialista Claudio Treves e cresciuto in un ambiente di saldi valori antifascisti, subisce i colpi inferti dal regime a molti dei suoi cari. L'esilio segna drammaticamente la sua famiglia e la sua vita, e tuttavia, anche se interra inglese, non cessa di denunciare i crimini del fascismo, impegnandosi in diverse attività di propaganda: la sua voce si fa sentire sulla stampa e alla radio. Lavora infatti, come speaker e come autore, alla Bbc, per le trasmissioni di Radio Londra. L'ambiente dell'emigrazione antifascista – esplorato in dettaglio nel volume – si rivela per lui un contesto non solo pieno di difficoltà ma anche ricco di opportunità di crescita: qui infatti matura una propria idea politica, destinata ad accompagnarlo al rientro in Italia, negli anni di costruzione della Repubblica, che lo vedono protagonista prima alla Costituente e poi alla Camera. Molte delle tematiche elaborate durante l'esilio, come l'attenzione alla dimensione europea e la lotta contro i totalitarismi, diventano cardini del suo percorso di deputato e di studioso. Al di là del periodo trascorso oltremanica, a proposito di Treves si potrebbe parlare di esilio come di una dimensione più profonda, a lui connaturata, che va oltre le vicende storiche: prima «ostaggio» nell'Italia di Mussolini, poi esule nell'Inghilterra che ama ma che non gli appartiene del tutto, e infine distante da molte delle dinamiche dell'Italia repubblicana. Eppure è proprio questo suo sentirsi sempre esule, sempre straniero, che gli consente di mantenere uno sguardo lucido sulla realtà. Ripercorrere la biografia di Treves significa fare nostro il suo sguardo appassionato e insieme disincantato, e dunque guardare da un'ampia prospettiva agli snodi fondamentali del XX secolo.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Paolo Treves di Francesca Fiorani in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Storia e Storia mondiale. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Anno
2020
ISBN
9788855221405
Argomento
Storia

III. Speranze e disillusioni: il ritorno in Italia
(1945-1958)

1. Ritorno in chiaroscuro nell’Italia liberata.

Ritorno a Roma

Non è facile iniziare il primo articolo da Roma dopo oltre sei anni di esilio. Questa frase vuole essere una scusa presso il lettore per il tono necessariamente personale che avrà il mio pezzo di oggi, poiché nessuno potrebbe osare di scrivere più che una personal story dopo aver trascorso solo tre giorni a Napoli e tre a Roma, aver veduto decine di persone che non avvicinava da anni, aver seguito le prime sequenze del nuovo film. In verità l’impressione prima è proprio quella di assistere a un film, e anche chi nell’esilio si è sempre tenuto a quotidiano contatto con le esperienze italiane, non può rimanere incerto di fronte alla immediata realtà. Perché l’Italia d’oggi è forse sopra tutto una terra di contrasti1.
Così scriveva Paolo Treves, nel gennaio del 1945, sulle pagine del «Cittadino canadese», che continuò ad affidarsi al suo collaboratore italiano anche dopo il rientro in patria.
Se si guarda tuttavia a un articolo per «L’Epoca», di poco successivo, Treves offriva una visione più critica dei suoi primi momenti in Italia, sottolineando la situazione spesso eccessivamente caotica che caratterizzava l’atmosfera della capitale liberata: «a Roma c’è troppa gente, e troppa gente che fa chiasso, ed è inevitabile che nelle attuali condizioni sia così. Quindi, la prima impressione è che la polemica, intesa non sempre nel suo significato primo e migliore, si sostituisca un po’ troppo alla politica»2. All’inevitabile gioia di riabbracciare vecchi amici e conoscenti dopo i tanti anni di lontananza, si univa la consapevolezza della lunga e tortuosa strada che il paese avrebbe dovuto percorrere per risollevarsi, sia a livello economico che politico: pur non sottovalutando le enormi difficoltà causate dal conflitto, l’atmosfera italiana apparve a Treves pervasa da un ritrovato senso di libertà e al contempo paragonabile, per l’estrema fragilità della sua condizione, a un «convalescente, tratto da un morbo mortale alla soglia del sepolcro, e poi miracolosamente elevato alla resistenza dalla linfa vitale»3.
Osservava inoltre il giornalista: «il fascismo è scomparso senza lasciare traccia nel campo delle idee (poiché il fascismo non aveva idee oltre alla furia negatrice di tutto ciò che fosse democratico), ma una democrazia non si crea in un giorno, e neppure in un anno dopo due decadi di dittatura»4. La convinzione dell’assenza di una base ideologica solida che sostenesse le teorie fasciste restava un punto fermo nella visione del socialista, che si era già espresso su questo tema negli anni precedenti, evidenziando la debolezza insita nell’apparato dottrinario del movimento, a suo avviso unicamente portatore di istanze distruttive o di tronfia retorica priva di contenuti. Anche in queste prime settimane in Italia, Treves sembrava condividere quella «visione edulcorata del rapporto fra gli italiani e il fascismo», dettata dal desiderio di reinserirsi rapidamente nella società da cui, fino a poco prima, erano stati ostracizzati ed esclusi5.
L’atteggiamento prevalente di Treves nella serie di contributi per il giornale italo-canadese era comunque quello di dare spazio agli sviluppi e agli spunti positivi che la sua permanenza nella capitale gli offriva. Ad esempio, la notizia della riammissione a Montecitorio degli esponenti dell’opposizione che ne erano stati allontanati dalle leggi del 1926 venne subito diffusa con soddisfazione da Treves, che rivedeva alcuni dei più autorevoli compagni antifascisti. Il loro ritorno allo status parlamentare gli ispirava un commosso ricordo dei tempi passati, che partiva da Filippo Turati e da altri grandi purtroppo scomparsi in quegli anni, come Gramsci e Amendola, finendo con quanti erano sopravvissuti alla guerra e alla dittatura, come Giuseppe Emanuele Modigliani, Stefano Jacini6 e Tito Zaniboni7, finalmente liberi di tornare nelle stanze della politica ove erano stati protagonisti prima del Ventennio8.
Il rientro in patria non attenuò i consueti echi del passato, peculiari della produzione giornalistica di Treves anche in Gran Bretagna, confermando il senso di devozione e gratitudine che legava l’autore a diversi rappresentanti dei partiti democratici prefascisti, appartenenti a un mondo di valori soffocati dal regime mussoliniano, di nuovo riconosciuti essenziali per la ricostituzione della vita civile italiana. È tuttavia opportuno ricordare come lo sguardo costantemente rivolto all’indietro non fosse uno sterile omaggio a un’epoca ormai sepolta, ma piuttosto la vitale riproposizione di quegli ideali che l’avevano animata come elementi imprescindibili e irrinunciabili nel processo di ricostruzione nazionale9.
Lo stesso ricordo delle molte vittime del nazifascismo, che avrebbe potuto esaurirsi in una commemorazione agiografica, si riallacciava all’Italia del tempo, come dimostrano le righe dedicate a Leone Ginzburg, deceduto nell’infermeria del carcere romano di Regina Coeli soltanto un anno prima. Alla memoria dell’intellettuale torinese, che Treves aveva conosciuto durante la sua attività antifascista nel capoluogo piemontese, veniva proprio in quei giorni dedicata una lapide. La celebrazione, sebbene ristretta e svoltasi senza particolare clamore, era ritenuta da Treves meritevole di attenzione proprio perché strumento di esaltazione dei valori che avevano animato Ginzburg in vita e che, a suo parere, costituivano un eccellente modello a cui rivolgersi: lo studioso infatti, come ricordava il giornalista, non era «un politico di professione. Era docente di Letteratura russa all’Università di Torino, italiano di adozione perché venuto fra noi bambino dalla nativa Odessa, e filosofo. Questo per dire che non era un agitatore. Ma appunto qui è il senso e la nobiltà del suo sacrificio, della sua opera e il suo destino può essere un simbolo di quello che infiniti altri ebbero a Roma in quel tempo. Leone Ginzburg è sempre stato antifascista fin dagli albori della giovinezza […] ma la politica, nel senso attivo e militante che di solito si dà alla parola, non era certo la sua vita»10. Attraverso il ricordo di Ginzburg, Treves sviluppava dunque una sentita celebrazione della lotta degli intellettuali al regime, un’opposizione scaturita innanzitutto da profonde ragioni morali ed etiche, in cui egli stesso si era riconosciuto fin dalla gioventù. Sempre a proposito del ruolo degli intellettuali nella fase di ripresa del paese, Treves segnalava la rinascita di alcuni periodici pubblicati nella capitale, che spiccavano per serietà e qualità delle riflessioni proposte in un panorama, al contrario, dominato da una sorta di «frenesia, quasi febbre»11 della carta stampata che aveva invaso la città come diretta conseguenza della cessata censura fascista. Il successo di tali progetti editoriali era dunque un incoraggiante segno del desiderio di informazione trasparente ed equilibrata da parte di un crescente numero di lettori, testimoniato anche dai buoni dati d’acquisto.
Treves affermava a questo proposito: «non sarebbe onesto nascondere che in alcuni ambienti ci può essere una certa apatia e un senso di delusione per il presente e timore dell’avvenire ma nell’insieme l’atmosfera del mondo intellettuale si è rinnovata e purificata e anche in questa febbre di carta stampata si può ritrovare un segno della fondamentale sanità dello spirito italiano. Perché questa nuova e vecchia Italia ha ancor la possibilità, dopo la tempesta fascista, di dire qualcosa di civile e universale al mondo che la guarda»12.
Se Treves non celava la propria affinità con l’antifascismo dei gruppi intellettuali, non mancò di esprimere più volte incondizionata ammirazione e riconoscenza per i partigiani. L’arrivo a Roma gli fornì finalmente l’occasione di incontrare quanti di loro si trovavano ancora nella capitale, intervistandoli e raccogliendone le impressioni.
L’entusiasmo suscitato dalle conversazioni con i protagonisti della Resistenza non gli faceva tuttavia sottovalutare la precarietà della situazione nazionale: non bisognava, a suo giudizio, dimenticare che «il problema italiano è anche un problema psicologico, cioè come infondere fiducia a un popolo troppo pronto a precipitare nella disperazione e a lasciarsi andare a impeti immotivati di ottimismo. Anche questo è un lato che colpisce l’osservatore, specialmente il reduce dopo vari anni di esilio. Basta girare per le strade di Roma per avvertire questo contrasto, questa incertezza […]. Vicino a chi mostra un viso ilare e quasi soddisfatto c’è chi passa frettoloso e preoccupato, vicino alla signora elegante che sembra del tutto dimentica della tragedia del paese c’è il ragazzo spavaldo che si immagina male senza la vecchia camicia nera, ma anche l’operaio che nella sua composta serietà documenta il senso nuovo di conscia e responsabile accettazione dei nuovi compiti»13.
Una realtà frammentata che si mostrava, dunque, in tutta la sua complessità e che derivava, secondo Treves, dal costante avvelenamento imposto dal regime di Mussolini alla società italiana, che si ritrovava in quel momento, con i nervi completamente a pezzi. A contribuire a tale incertezza emergeva il problema della ricostruzione, in primo luogo materiale, delle aree devastate dai bombardamenti: se al suo arrivo nella capitale Treves aveva constatato con stupore come la città fosse rimasta in larga parte indenne, a differenza di quanto era avvenuto in Inghilterra, dove «alle macerie della capitale britannica, ai buchi nelle strade della cara vecchia Londra ci si è affezionati come, e più, che agli edifici celebri che sorgevano sulle aree vuote»14, una visita a Cassino nel marzo 1945 gli aveva mostrato impietosamente come la situazione fosse ben più critica in altre aree del paese.

La collaborazione con l’«Avanti!»: uno sguardo all’I...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Indice
  5. L’impegno civile di Paolo Marzotto. di Veronica Marzotto Notarbartolo di Villarosa
  6. Presentazione. di Renato Camurri
  7. Introduzione
  8. I. Un giovane intellettuale antifascista (1908-1938)
  9. II. Gli anni in Gran Bretagna (1938-1945)
  10. III. Speranze e disillusioni: il ritorno in Italia (1945-1958)