Storia dei Papi del Novecento
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Storia dei Papi del Novecento

Da Leone XIII a Papa Francesco

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Storia dei Papi del Novecento

Da Leone XIII a Papa Francesco

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I papi del XX secolo formano una serie continua di personaggi di rara grandezza, anche semplicemente sotto il profilo umano. Nel corso del secolo appena trascorso, la Chiesa ha rinnovato profondamente la propria cultura, ha portato a termine una riforma della liturgia di rara profondità, ha riscoperto la sua più autentica funzione missionaria e si è data le strutture in grado di affrontare le sfide del XXI secolo. Ma soprattutto ha riscoperto che la Chiesa la edificano i santi e non i convegni di pastorale: i papi del XX secolo sono o saranno tutti proclamati santi.

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Informazioni

Editore
Ares
Anno
2019
ISBN
9788881558582
Argomento
History
Categoria
World History
IX

GIOVANNI PAOLO II,
UN DONO DELLA PROVVIDENZA









Osservato in prospettiva, il Papa Giovanni Paolo II ha ereditato i compiti assegnati dai tre Papi precedenti. Da Giovanni XXIII ha ereditato la fede nella perenne giovinezza della Chiesa, la sollecitudine a operare anche quando tutti dicono che la Chiesa è finita. Da Paolo VI ha ereditato il compito di attuare i decreti del Concilio vaticano II, senza inutili rimpianti per il passato e senza fughe in avanti che avrebbero disorientato i fedeli. Da Giovanni Paolo I il rapporto immediato coi fedeli che hanno bisogno di esempi trascinanti. Di suo, Giovanni Paolo II portava un’esperienza di infinito valore accumulata in Polonia, una nazione dove la capacità di resistenza a forze avverse è fortissima come conseguenza della sua storia. I polacchi affermano di godere la speciale protezione della Madonna Nera di Jasna Gora che nelle ore più buie non abbandona la nazione polacca. Nel 1978, quando Giovanni Paolo II fu eletto, pochi immaginavano che il regime comunista, al potere in tutti i Paesi dell’Europa orientale, fosse sul punto di crollare. L’elezione di Giovanni Paolo II esaltò tutti gli slavi, anche i non cattolici. Per quell’etnia, entrata per ultima nel concerto delle potenze europee, l’elezione a Papa di uno slavo suscitava un giustificato orgoglio. Per i polacchi segnò l’inizio di una rinascita e da quel momento non ebbero più timore di spalancare le porte a Cristo. Il nuovo Papa era giovane, praticava il nuoto e lo sci, amava le camminate in montagna e perciò poteva ridare slancio ai giovani.


La giovinezza


Karol Wojtyła è nato il 18 maggio 1920 a Wadowice, una piccola città del sud della Polonia. Il padre Karol, sottufficiale dell’esercito absburgico, divenne ufficiale del nuovo esercito polacco quando la Polonia tornò indipendente alla fine della Prima guerra mondiale. Egli possedeva in grado eminente le qualità richieste a un vero militare di altri tempi: onestà, vita esemplare, ordine, sollecitudine per gli inferiori, obbedienza ai superiori. Insegnò al figlio la lingua tedesca col particolare accento austriaco che il Papa ha sempre conservato. La madre, Emilia Koczorowska, ebbe sempre scarsa salute. Apparteneva a una famiglia di sarti e fu ottima ricamatrice. I sarti di altri tempi erano spesso anche maestri elementari con notevole sensibilità e rispetto per la cultura da trasmettere ai bambini. Il giovane Karol ebbe un fratello maggiore, Edmund, un medico morto all’età di ventisei anni per una scarlattina contratta in ospedale. Una sorella morì poco dopo la nascita. Anche la madre morì presto, quando Karol aveva nove anni. L’intenso amore per la Madonna, sempre dimostrato dal Papa, può aver origine dall’averla scelta come madre vicaria. Si può supporre che anche la profonda comprensione della psicologia femminile dimostrata dal Papa abbia questa origine.


Il miracolo della Vistola


Nel 1919, il governo polacco, insoddisfatto della frontiera orientale (la Linea Curzon) assegnata dai trattati di pace di Versailles, dichiarò guerra alla Russia travagliata dalla guerra civile. I polacchi si attestarono nell’Ucraina occidentale che fino a metà del XVII secolo era appartenuta al regno di Polonia. Una successiva offensiva dell’Armata rossa sovietica, nell’agosto del 1920, quando Karol aveva poco meno di due mesi, arrivò fino nei pressi di Varsavia. Il comandante supremo Joseph Piłsudski, quando tutto sembrava perduto e l’Armata rossa poteva dilagare in Germania arrivando fino all’Atlantico, seppe individuare il punto debole dello schieramento avversario (la zona di sutura tra due armate russe) e gettò nel varco tutte le riserve che sfondarono, obbligando i sovietici all’armistizio. In quell’occasione non solo la Polonia fu salva. Da allora si cominciò a parlare di un «miracolo della Vistola».


Gli studi


Dotato di intelligenza vivacissima, di memoria tenace, di grande concentrazione, il giovane Wojtyła compì senza fatica e con ottimo profitto gli studi elementari e medi, appassionandosi alla letteratura polacca e alla filologia slava. La letteratura polacca ha sempre svolto una particolare funzione nei confronti della patria. Infatti, per tutto il periodo di occupazione della Polonia da parte di Prussia, Austria e Russia, la letteratura fu l’unica patria per i polacchi, in particolare il teatro. Il giovane Wojtyła fu attore dilettante molto apprezzato. La decisione di proseguire gli studi presso l’Università Jagellonica di Cracovia, nella facoltà di filologia slava, avvenne nell’autunno del 1938 e comportò il trasferimento di padre e figlio nella città del Wawel. Lo studio, tuttavia, fu regolare solo per la durata del primo anno di corso, perché il 1° settembre 1939 iniziò il calvario della Polonia e la Seconda guerra mondiale.


Il teatro rapsodico


L’Università Jagellonica fu chiusa, i professori internati in campi di concentramento, i giovani obbligati al lavoro manuale perché il Terzo Reich aveva bisogno di schiavi, non di intellettuali. Karol Wojtyła fu assunto dallo stabilimento Solvay che produceva soda caustica, con la mansione di cavatore di pietre. Solo più tardi poté avere una mansione meno onerosa per merito dei rudi cavatori di pietra che compresero il valore del giovane intellettuale e presero a proteggerlo. Il padre morì all’improvviso nel febbraio 1941 lasciando il figlio solo. La resistenza all’occupazione tedesca fu sviluppata anche dalla creazione del «teatro rapsodico» di Mieczyslaw Kotlarczyk, un regista appassionato convinto della funzione catartica del teatro che permette una più approfondita comprensione della parola. Furono organizzate rappresentazioni clandestine di drammi patriottici, senza costumi e senza scene, nelle abitazioni private, spostandosi spesso per evitare irruzioni della polizia. Credo che si debba sottolineare questa forma di resistenza, ben più efficace, a lungo termine, degli attentati alle persone fisiche o alle installazioni militari.


Il sacerdozio


La resistenza polacca si sviluppò in molte direzioni. Poiché quasi metà dei preti e dei religiosi polacchi erano stati internati in campi di concentramento, l’arcivescovo di Cracovia Adam Sapieha organizzò in casa sua una specie di seminario clandestino. Anche Wojtyła vi entrò, convinto che in futuro ci sarebbe stato bisogno di sacerdoti. Si trattò di una decisione generosa perché venivano messi da parte il teatro, la filologia slava, la letteratura. Di necessità gli studi ecclesiastici realizzati in quelle condizioni risultarono sommari. Nel giorno di Ognissanti del 1946, Wojtyla fu ordinato sacerdote e subito dopo inviato a Roma per completare gli studi nell’Università pontificia del Laterano. Qui, per due anni, Wojtyła poté studiare a fondo la teologia e la filosofia scolastica guidato da un grande maestro, il padre domenicano Réginald Garrigou-Lagrange. Preparò una tesi sulla teologia della fede in san Giovanni della Croce, il riformatore dell’Ordine del Carmelo, sperimentando il desiderio intenso di diventare a sua volta carmelitano. Provvide il card. Sapieha a farlo recedere. Nel 1948, dopo un ampio giro di studio a Parigi e Bruxelles, Wojtyła tornò in Polonia dove nel frattempo il Partito Comunista operaio polacco aveva assunto tutti i poteri. Sapieha lo inviò per otto mesi in una piccola parrocchia rurale, forse perché almeno lì c’erano patate per far rimpolpare quel giovane prete che, anche in Italia, aveva avuto ben poco da mangiare. Fin da questa prima esperienza pastorale Wojtyła dimostrò di saper affrontare le cose in grande: ai contadini che volevano riverniciare la chiesa di legno del villaggio consigliò di costruirne una nuova.


Gli studenti di Cracovia


L’incarico pastorale più adatto a Wojtyła era la cappellania di San Floriano per gli studenti dell’Università Jagellonica. Fin dall’età antica anche i pagani ammiravano le modalità seguite per le nomine alle cariche ecclesiastiche, avendo compreso che esse dipendevano non tanto dalle aderenze famigliari o dall’ambizione soggettiva, quanto dalle reali qualità possedute dal candidato. Il giovane prete strinse una nobile amicizia con migliaia di studenti. Per la teoria dei grandi numeri, alcuni di quegli studenti erano geniali nel loro campo di ricerca e divennero gli interlocutori, i consulenti scientifici per Wojtyła nei campi in cui non aveva specifiche competenze. Tra quei giovani nacque una grande solidarietà e si formarono famiglie compatte, sorrette da grandi ideali. In questo modo, senza fare politica furono strette relazioni durature in grado di neutralizzare la cupa oppressione di un regime che aveva di mira l’isolamento degli individui per meglio dominarli.


Srodowisko


La parola polacca per indicare questa situazione è Srodowisko di difficile traduzione (forse milieu o cerchia). Specialmente a Natale, il cappellano amava riunire gruppi di giovani per vivere una tradizione molto suggestiva: i canti natalizi e la suddivisione di una schiacciatina di pane tra tutti i presenti, per ribadire un’amicizia nobile sul piano umano e feconda sul piano soprannaturale.


Il dottorato in filosofia


Le autorità ecclesiastiche vollero per Wojtyła il coronamento degli studi filosofici con un dottorato valido anche per lo Stato polacco e perciò concessero due anni sabbatici al cappellano perché scrivesse una tesi sul pensiero morale di Max Scheler, un geniale filosofo tedesco che aveva frequentato Husserl ed Edith Stein. Wojtyła, per meglio comprenderlo, tradusse in polacco una parte dell’opera di Scheler, superando brillantemente l’esame di dottorato. In seguito fu nominato professore di filosofia morale presso l’Università cattolica di Lublino, l’unica del genere esistente al di là della Cortina di ferro. Il giovane professore si sottoponeva a duri viaggi notturni da Cracovia a Lublino e ritorno, tra il mercoledì e il venerdì, per essere presente a Cracovia nelle giornate di più intenso lavoro sacerdotale. I corsi svolti a Lublino risultarono memorabili per la retta comprensione del corpo quando si tratta di valutare gli atti umani, al riparo da ogni dualismo di origine platonica o manichea tra corpo e anima.


Vescovo ausiliare


Una delle ultime nomine episcopali firmate dal Papa Pio XII fu quella di Karol Wojtyła. La convocazione a Varsavia da parte del Nunzio lo raggiunse mentre era in vacanza con la canoa nella regione dei Laghi Masuri. Lasciò gli amici e in treno raggiunse Varsavia, parlò col Nunzio e attese la sera pregando nella cappella di un convento di suore. Poi prese il treno per tornare al nord, dagli amici, nel timore che il giorno dopo, festivo, non avessero la possibilità di assistere alla Messa. Qualche anno dopo, nel 1964, fu nominato arcivescovo titolare di Cracovia. Le autorità comuniste non capirono la ricchezza intellettuale del giovane vescovo, non seppero cogliere attraverso la sua prosa, indubbiamente difficile, il peric...

Indice dei contenuti

  1. INTRODUZIONE
  2. I. LA CHIESA ALL’INIZIO DEL XX SECOLO
  3. II. IL PAPATO DI PIO X
  4. III. LA CHIESA AL TEMPO DI BENEDETTO XV
  5. IV. PIO XI E LE DITTATURE DI MASSA
  6. V. PIO XII NEL VORTICE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE
  7. VI. GIOVANNI XXIII E IL CONCILIO VATICANO II
  8. VII. PAOLO VI, MARTIRE DEL CONCILIO
  9. VIII. GIOVANNI PAOLO I, IL PAPA DEL SORRISO
  10. IX. GIOVANNI PAOLO II, UN DONO DELLA PROVVIDENZA
  11. X. BENEDETTO XVI
  12. XI. FRANCESCO, IL PAPA VENUTO DALLA FINE DEL MONDO
  13. INDICE