Ascoltiamo il Padre nostro
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«Dopo la fase della "storia della formazione (e delle forme letterarie)" dei Vangeli, si è anche proceduto, a livello letterario, cercando di individuare in filigrana ai racconti evangelici greci l'eventuale palinsesto semitico, il linguaggio ebraico o aramaico con cui Gesù si esprimeva, oppure la descrizione del suo comportamento esistenziale secondo i canoni socio-religiosi del tempo. A questo progetto si era consacrato Jean Carmignac, e il suo commento al Padre Nostro ne è l'espressione emblematica» (Dall'Introduzione del card. Gianfranco Ravasi).Traduzione a cura di Antonio Garibaldi

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Informazioni

Editore
Ares
Anno
2020
ISBN
9788881559848

Capitolo VIII

Rimetti a noi i nostri debiti,

come noi li rimettiamo ai nostri debitori!

I
Gesù parla qui delle «nostre offese» o dei «nostri debiti»?
Il testo di san Matteo porta «nostri debiti», e quello di san Luca «nostri peccati». Qual è la formula originaria? Dovrebbe certamente trattarsi di quella di san Matteo per il fatto che manifesta un eccellente parallelismo: «i nostri debiti»... «i nostri debitori». In questo modo Gesù, scegliendo una parola che significa «debito», ha voluto realmente presentare il peccato come un debito verso Dio.
Nell’Antico Testamento il peccato è sempre un atto o una parola o un pensiero che in qualche modo si oppone a Dio e alla sua legge. Qui, al contrario, «il peccato non è più concepito come una ribellione verso Dio, né come un errore, né come uno smarrimento, né come una disobbedienza ai comandamenti di Dio, ma diventa una realtà negativa, un ritardo nel pagamento, che può essere compensato dal pagamento corrispondente (F. Hauck, in Theologisches Wörterbuch zum Neuen Testament, vol. V, p. 561). Assimilare il peccato a un debito verso Dio, è allargarne considerevolmente la nozione. È infatti includervi tutti i casi di omissione. È anche ricordare che tutto il nostro essere appartiene a Dio, che noi siamo obbligati in tutto a procurare la sua gloria, che noi siamo in debito con lui dal momento stesso che non agiamo più per lui. E infine è anche ricordare o annunciare quel che è esplicitato in altri brani del Vangelo: a proposito di «ogni parola inutile» (Matteo 12, 36116), a proposito dei «servitori inutili» (Luca 17, 10117), senza parlare dell’esempio del fico sterile (Marco 11, 12-14118 e 20-21119; Matteo 21, 19-20120). È far eco alle parabole in cui Gesù presenta l’uomo peccatore come un debitore insolvente e Dio come un creditore misericordioso (Luca 7, 41-43121 e Matteo 18, 21-35122).
Questa parola «debito» contiene una teologia implicita dei rapporti tra l’uomo e Dio: «Noi siamo i debitori di Dio. Noi gli dobbiamo non qualcosa, poco o tanto, ma semplicemente la nostra persona nella sua totalità; noi stessi, creature sostenute e nutrite dalla sua bontà. Noi, i suoi figli, chiamati dalla sua parola, ammessi al servizio della sua glorificazione; noi, fratelli dell’uomo Gesù Cristo, manchiamo a quel che dobbiamo a Dio. Quel che siamo e facciamo non corrisponde per nulla a quello che ci è dato» (Karl Barth, La Preghiera secondo i catechismi della Riforma, pp. 48-49).
Il fatto che i nostri peccati sono definiti come debiti non è un aspetto trascurabile che i traduttori possano tranquillamente eludere. Perciò bisogna deplorare che taluni si siano permessi di non recepire se non il solo senso fondamentale e di cancellare la sfumatura particolare insita nella nozione di «debito».
Dal 1120 il Salterio di Eadwin, seguito da Guyard des Moulins, Geoffroy de Picquigny, i dottori di Lovanio, Calvino (a partire dal 1555), ha diffuso questa traduzione; sovente è stata ripresa dai cattolici o dai protestanti; ed era molto più frequente una cinquantina d’anni fa. Com’è possibile che la «versione ecumenica francese» la abbandoni e ritorni alle «nostre offese»?
II
Qual è la relazione tra il perdono che Dio ci elargisce e quello che noi dobbiamo accordare ai nostri debitori?
Questa quinta richiesta è composta da due parti, nelle quali il perdono divino e il perdono umano sono legati dalla congiunzione «come», esprimente una somiglianza piuttosto imprecisa. Questa reciprocità tra il perdono di Dio all’uomo e il perdono dell’uomo verso i suoi fratelli è spesso proclamata nel Nuovo Testamento. La nostra quinta richiesta, ed essa sola, è seguita da un commento, in Matteo 6, 14-15123, per insistere sulla sua importanza.
San Marco, nel suo riassunto del Padre Nostro, in 11, 25, non ha conservato che questa richiesta: «Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi le vostre colpe».
La beatitudine dei misericordiosi (Matteo 5, 7124) promette loro che riceveranno la misericordia (di Dio). L’amore per i nemici (Matteo 5, 44-45125) deve ispirarsi alla benevolenza di Dio verso i peccatori stessi. Luca 6, 35-38, riassunto in Matteo 7, 1126, ritorna lungamente sulla stessa idea: «Amate i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo; perché egli è benevolo verso gl’ingrati e i malvagi. Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio». È ancora la stessa lezione che si sprigiona dalle parabole di Luca 7, 41-43 (i due debitori)127, da Matteo 18, 21-35 (il debitore senza pietà)128 e dalla scena del Giudizio universale in Matteo 25, 31-46129. Al di fuori dei Vangeli è san Paolo che riprende questo tema, per esempio in Efesini da 4, 32 a 5, 2130 e in Colossesi 3, 13131.
Tuttavia gli esegeti hanno gran cura nel sottolineare che la congiunzione «come» non indica qui la causalità, ma una semplice similitudine, e che non varrebbe a esprimere un diritto al perdono divino acquisito con il merito del nostro perdono umano. È l’evidenza stessa. Il testo indica una certa somiglianza tra il perdono che noi accordiamo ai nostri fratelli e quello che riceveremo dal nostro Padre celeste, ma non consente in alcun modo di affermare un rapporto di eguaglianza o di reciprocità.
La causalità non si colloca tra il perdono umano e il perdono divino, ma tra il perdono ai nostri fratelli e la richiesta di perdono al nostro Padre. In altre parole, è perché abbiamo già perdonato che noi possiamo implorare il nostro perdono personale, ma il perdono di Dio resta nondimeno perfettamente gratuito e immeritato. Agiremmo da ipocriti se domandassimo a Dio di perdonarci, quando invece rifiutassimo di perdonare i nostri fratelli. Per essere in condizione di presentare una tale domanda al nostro Padre celeste, noi dobbiamo aver già perdonato agli altri suoi figli della terra.
III
Gesù ci chiede di aver già perdonato prima di implorare il perdono per noi?
Sì. I critici sono d’accordo nel riconoscere che, malgrado le varianti di taluni manoscritti, il testo originale portava un verbo al passato: «come noi abbiamo perdonato», proprio come si esprimono a buon diritto parecchie traduzioni moderne.
In tal modo il perdono che noi dobbiamo accordare ai nostri debitori è presentato come anteriore a quello che Dio ci accorda e questa anteriorità dell’uomo in rapporto a Dio costituisce una singolare arditezza teologica. Ma bisogna riconoscere che questa presentazione è in accordo profondo con il pensiero evangelico: nel commento che segue il Padre Nostro, Matteo 6, 14-15 riproduce sotto un’altra forma la medesima anteriorità: «Se voi perdonate agli uomini le loro offese, il vostro Padre celeste perdonerà (futuro) anche a voi; ma se voi non perdonate agli uomini, il vostro Padre non perdonerà (futuro) neppure le vostre offese»; alla fine della parabola del creditore senza pietà, Gesù ne fa scaturire lui stesso la lezione: «Così farà [futuro] verso di voi anche il mio Padre celeste, se voi non perdonate con tutto il cuore ai vostri fratelli» (Matteo 18, 35); e infine Matteo 5, 23-24 insiste più chiaramente ancora: «Se tu presenti la tua offerta all’altare e là ti ricordi che il tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono». Questa anteriorità è un dato fermo e costante del Vangelo di san Matteo. D’altra parte si avrebbe torto a meravigliarci che il perdono dell’uomo debba precedere quello di Dio. Il Vangelo non dice esattamente questo, dice piuttosto, come già faceva l’Ecclesiastico 28, 2-4132, che il perdono ai nostri fratelli deve precedere la nostra richiesta di perdono a Dio. Non è che il perdono di Dio sia condizionato dal nostro, ma è il valore della nostra supplica che è condizionato dal nostro perdono preliminare. Dio non dipende dall’uomo, ma è la nostra preghiera che dipende dalla nostra sincerità effettiva: la preghiera sarebbe ipocrita (come è il caso in Matteo 18, 23-35133) se non fosse preceduta dalla concessione di un perdono assolutamente reale.
Poiché dunque il perdono accordato ai nostri fratelli condiziona la nostra preghiera rivolta a Dio, e non il perdono ricevuto da Dio, i traduttori non dovrebbero forse sforzarsi, nella misura del possibile, di orientare i lettori verso un’esatta comprensione? Non sarebbe certo un tradire il testo, giacché quest’idea vi si trova sottintesa. Ed eviterebbe a molti un’interpretazione inesatta.
IV
È necessario mantenere la parola «anche»? E dove bisogna collocarla?
È un fatto che la parola «anche» esiste nel testo greco. Secondo gli usi di questa lingua, potrebbe essere più o meno superflua, ed è per questo che i cattolici si permettevano sovente di sopprimerla. Ma lo stile del Padre Nostro è così denso e così strettamente modellato sull’ebraico, che si deve soprattutto consultare la grammatica ebraica. E allora nessuna esitazione è più permessa: bisogna intendere con chiarezza: «come anche noi». Questa traduzione è abituale presso i protestanti, e i cattolici sarebbero veramente ispirati ad adottarla a loro volta.
Purtroppo la «versione ecumenica francese» ha voluto tentare un’altra soluzione spostando «anche» tra il verbo e il suo complemento: «come noi perdoniamo anche a quelli che ci hanno offeso», ma così si deforma la frase greca e più ancora il suo equivalente semitico, per la ragione che si aggancia «anche» a un termine cui certamente non è riferito. Persino con la miglior buona volontà del mondo, non si vede come si potrebbe approvare una tale deformazione134.
116 «Ma io vi dico: di ogni parola vana che gli uomini diranno, dovranno rendere conto nel giorno del giudizio».
117 «Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto solo quanto dovevamo fare”».
118 «La mattina seguente, uscendo da Betania, ebbe fame. Avendo visto da lontano un albero di fichi che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se per caso vi trovasse qualcosa, ma quando vi giunse vicino non trovò altro che foglie. Non era infatti la stagione dei fichi. Rivolto all’albero disse: “Nessuno mai più in eterno mangi i tuoi frutti!”. E i suoi discepoli lo udirono».
119 «La mattina seguente, passando, videro l’albero di fichi seccato fin dalle radici. Pietro si ricordò e gli disse: “Maestro, guarda, l’albero di fichi che hai maledetto, è seccato”».
120 «Vedendo un albero di fichi lungo la strada, gli si avvicinò, ma non vi trovò altro che foglie, e gli disse: “Mai più in eterno nasca un frutto da te!”. E subito il fico seccò. Vedendo ciò i discepoli rimasero stupiti e dissero: “Come mai l’albero di fichi è seccato in un istante?”».
121 «“Un creditore aveva due debitori: l’uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. Non avendo essi da restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi dunque di loro lo amerà di più?”. Simone rispose: “Suppongo quello a cui ha condonato di più”. Gli disse Gesù: “Hai giudicato bene”».
122 «Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: “Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?”. E Gesù gli rispose: “Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette. A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: ‘Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa’. Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: ‘Paga quel che devi!’. Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: ‘Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito’. Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: ‘Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?’. E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello”».
123 «Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe».
124 «Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia!».
125 «Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni...

Indice dei contenuti

  1. Introduzione
  2. L’Oratio perfectissima di Gesù, del Card. Gianfranco Ravasi
  3. Problemi generali
  4. Padre nostro che sei nei cieli!
  5. Sia santificato il tuo Nome!
  6. Venga il tuo Regno!
  7. Sia fatta la tua Volontà!
  8. Così in terra come in cielo!
  9. Dacci oggi il nostro pane quotidiano!
  10. Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori!
  11. Non ci indurre in tentazione!
  12. Ma liberaci dal demonio!
  13. Il Padre Nostro e il Nuovo Testamento
  14. Ricchezza spirituale del Padre Nostro
  15. Traduzione del Padre Nostro proposta da Jean Carmignac
  16. Proposta del traduttore
  17. Indice