Società del rischio e gestione del territorio
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Elaborare un lessico e categorie interpretative comuni e soprattutto favorire la socializzazione degli studi e delle ricerche: partendo da questi presupposti e con l’obiettivo di incentivare lo studio del rischio e della responsabilità, delle politiche di prevenzione e di tutela del territorio, così come della valorizzazione del paesaggio e del diritto al bello nella società contemporanea il Centro Studi sulla Società del Rischio e Gestione del Territorio (Sorget), costituito nell’ambito della Fondazione di Studi Storici “Filippo Turati” di Firenze, inaugura con questo volume le sue pubblicazioni all’interno della collana della Fondazione stessa.
Per quanto rappresenti una costante per le società di ogni tempo, quello di rischio è in realtà un concetto relativamente moderno che implica l’assunzione di decisioni che possano in qualche modo prevederne le conseguenze, sempre più su scala globale, più o meno quantificabili.
Raccogliendo i contributi di accademici, ricercatori e studiosi di diverse discipline e con differenti prospettive, il libro si propone una prima messa a fuoco di alcuni temi che ruotano attorno alla cosiddetta società del rischio, tratto sempre più caratterizzante della condizione postmoderna.

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Informazioni

Anno
2020
ISBN
9788869957413
Categoria
Sociology

IL TERREMOTO DELL’IRPINIA

Stefano Ventura

Introduzione

Il terremoto del 23 novembre 1980 è più noto nell’opinione pubblica come terremoto dell’Irpinia, anche se coinvolse numerose zone della Basilicata e delle altre province campane e fu avvertito praticamente ovunque, da Roma in giù. L’Irpinia fu la zona più prossima all’epicentro, che si trovava sulla Sella di Conza, un passo appenninico che coincideva quasi precisamente col confine tra Avellino, Potenza e Salerno. La scossa durò circa 90 secondi e raggiunse una magnitudo di 6.9 della scala Richter, i morti furono 2914 e i feriti circa 8.800. La popolazione potenzialmente coinvolta era di circa sei milioni di abitanti: il grande numero di abitanti che si trovava nell’hinterland della città di Napoli contribuiva fortemente a far salire il numero di potenziali terremotati, tenendo conto anche delle condizioni abitative presenti a Napoli, al limite della fatiscenza e dell’incuria.
Se si parla di rischio e di governo del territorio, il terremoto del 1980 e la ricostruzione successiva contengono importanti indicazioni utili e vari motivi di riflessione.
Il rischio, ad esempio, fu oggetto di numerose novità legislative, culturali e di ricerca per il fatto che dopo il 1980 cambiò radicalmente il modo di fare protezione civile in Italia, grazie in particolar modo all’azione del commissario straordinario di governo per l’emergenza. L’onorevole Giuseppe Zamberletti, che aveva già lavorato dopo il terremoto in Friuli del 1976, fu infatti nominato nel giugno del 1981 ministro senza portafoglio per il coordinamento della attività di protezione civile dall’allora presidente del consiglio Giovanni Spadolini.
Sul tema della gestione del territorio la ricostruzione può essere interessante per rappresentare tanti temi e problemi legati all’intervento straordinario dello Stato, in particolare in una zona arretrata del Sud, e agli interventi in un’area appenninica che chiamerà in causa poi altri eventi simili avvenuti successivamente ma in condizioni politico-sociali molto diverse.

La storiografia e il terremoto del 1980: alcune annotazioni

Dal punto di vista degli studi prodotti in relazione a questo evento, a una prima ricognizione sono più numerose le pagine scritte da giornalisti e polemisti, soprattutto alla fine degli anni Ottanta, rispetto agli studi storiografici sistematici. Gli studi che hanno preso in esame l’evento del 23 novembre 1980 e la successiva ricostruzione non sono ancora molto numerosi; si va dagli studi di carattere urbanistico a quelli geosismici, passando per l’analisi socio-economica dei flussi finanziari e degli interventi straordinari che chiama in causa i meccanismi clientelari e corruttivi, compresi quelli legati alla criminalità organizzata.
Esistono, però, anche dei percorsi di ricerca recenti, sul tema della memoria delle catastrofi, che hanno indagato con gli strumenti della storia orale il modo in cui le persone e le comunità commemorano il momento della scossa, il prima e il dopo; un tentativo di narrazione dal basso che “riconduce all’esperienza della gente e contrasta le narrazioni che tendono a oscurarla”1. Il terremoto come evento traumatico, infatti, chiama in causa meccanismi di memoria e di rielaborazione che possono essere accomunati ad altri shock, come i bombardamenti durante la seconda guerra mondiale o i campi di concentramento durante il periodo dell’olocausto nazista. I sopravvissuti isolano il momento della scossa sismica e lo rivivono infinite volte, raccontandolo, rendendolo simile a una scena di un film e quindi trasformando la propria soggettività in relazione alle altre persone che hanno vissuto direttamente l’evento: nel caso del terremoto del 1980 le persone che hanno avuto a che fare a vario titolo dalla scossa sismica, come detto, furono circa sei milioni.
Nonostante gli oltre trent’anni trascorsi da quel giorno, notiamo come immagini e sensazioni particolarmente vivide riprendano forma nelle parole di chi ricorda, un marchio indelebile che non riesce a trovare particolari interpretazioni o metafore esplicative ma che si concentra sulla puntuale descrizione di quanto visto e sentito2.
Ricordare, quindi, un evento traumatico è sicuramente un atto di coraggio necessario, di violenza a sé stessi, di forzatura della propria volontà; il ricordo di un terremoto disastroso e che ha portato via persone care e luoghi rientra in questa categoria di traumi spiacevoli da ripercorrere. A rendere difficile la memoria contribuiscono poi tanti aspetti, che si sedimentano nel corso di anni, seppellendo sotto strati di polemiche, di parole non sempre opportune e di discorsi superficiali i sentimenti evocati dal ricordo. Come ha scritto Annette Wieviorka sulla Shoah, chi intervista un reduce, un sopravvissuto, deve camminare su un sottile filo d’equilibrio tra soggettività e freddezza del dato scientifico3. Di fronte al testimone di eventi dolorosi, il disagio dello storico, dell’antropologo, del sociologo è forte. Questo a maggior ragione quando si assiste alla spettacolarizzazione della memoria, dell’intimità biografica e dell’esperienza del dolore.
Dopo i tre terremoti (Belice nel 1968, Friuli nel 1976 e Irpinia nel 1980), che interessarono aree distribuite su tutto il territorio nazionale iniziarono a nascere riguardo ai terremoti alcune operazioni culturali e di ricerca scientifica più approfondite. In questi anni sono da segnalare, con riferimento all’aspetto più legato alla geofisica, alcune importanti novità, come la nascita del Progetto Finalizzato Geodinamica (1976) nell’ambito delle attività del Consiglio Nazionale delle Ricerche, e uno dei primi tentativi di approccio interdisciplinare al tema, coniugando sismologia e storia, che portò nel 1983 alla nascita di un centro di ricerca privato a Bologna, denominato SGA (Storia – Geofisica – Ambiente) e coordinato da Emanuela Guidoboni.
Fu in questi anni che si modificò anche il metodo di mappatura sismica del territorio nazionale, che prima di allora, dal 1909 (dopo il terremoto del 1908 nello stretto di Messina) in poi, era stato aggiornato semplicemente inserendo nel catalogo i luoghi nei quali avvenivano fenomeni sismici significativi; tuttavia, luoghi ad alta attività sismica come Catania, secondo questo criterio, non erano considerati a rischio4.
Il ruolo attivo e cruciale della comunità scientifica fu particolarmente evidente dopo il terremoto del 1980 in Campania e Basilicata, che fu uno degli eventi più studiati dal punto di vista scientifico grazie al livello di progresso raggiunto dagli strumenti di osservazione e alle conoscenze maturate nel corso degli anni. In particolare il CNR, attraverso il Progetto Finalizzato Geodinamica, fornì un contributo immediatamente utile ai comuni disastrati avviando studi di microzonazione sismica che potessero essere preliminari alle progettazioni e alla costruzione delle nuove abitazioni o alla ristrutturazione di quelle danneggiate. Ma il terremoto del 1980 lasciò un segno nella ricerca sismologica perché per la prima volta fu individuata e descritta la faglia responsabile del terremoto, che era emersa in superficie e tagliava una zona trasversale all’Appennino per circa 40 km5.
Oltre all’ambito di ricerca già esistente sulla sismicità storica, nacque in questi anni un vivace dibattito sulla storiografia delle catastrofi; lo studio dei movimenti tellurici del passato, quindi, divenne il pretesto non solo per scrivere la storia dei fenomeni naturali ma per indagare i mutamenti sociali, gli effetti sull’economia, sulla mentalità e sulla cultura, sulla politica e sulle istituzioni del tempo.
In questo periodo anche altri si dedicarono alle catastrofi e ai terremoti in diversi settori disciplinari, come, ad esempio, alcune riviste di sociologia e il volume della «Storia d’Italia» dell’Einaudi dedicato a insediamenti e territori, un numero della rivista «Proposte e ricerche», uno della rivista «Laboratorio Politico». Inoltre, tra il 1984 e il 1985 due numeri della rivista «Quaderni storici» furono dedicati alle catastrof...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Colophon
  4. Indice
  5. Introduzione
  6. La società del rischio
  7. La cognizione del rischio
  8. Cascading Disasters: Lessons from the Past, Recent Developments and Future Prospects
  9. Mediatizzazione e gestione delle alluvioni nella Francia dell’Ottocento
  10. La politica urbana di gestione del rischio d’incendio nell’antica Roma e in ambito ispanico medievale e moderno. Alcune considerazioni preliminari di natura urbanistica, giuridica e istituzionale
  11. Quando il Regno d’Italia tremava: la politica liberale alla prova del sismografo
  12. Inquietudini vesuviane. Etnografia del fatalismo su un vulcano a rischio
  13. La storicità del paesaggio nell’era della sostenibilità ambientale
  14. La gestione del rischio alla luce del principio di precauzione e nella responsabilità per danno ambientale
  15. Governare la città. Politica, amministrazione e gestione del territorio a Messina negli anni della “duplice ricostruzione” novecentesca (1909-1960)
  16. La ricostruzione post-disastro e i risvolti identitari dopo il Vajont e il terremoto del Friuli: i casi di Longarone e di Venzone
  17. Il terremoto dell’Irpinia