1.
I principi del fundraising
1.1 Fundraising e raccolta fondi non sono la stessa cosa
Come già detto nell’introduzione, questo libro nasce come complemento del manuale L’inestimabile valore: marketing e fundraising per il patrimonio culturale (Rubbettino Editore, 2019) e quindi, per maggiori approfondimenti su tutte le tecniche di fundraising, rimandiamo a quello. Fare fundraising non vuol dire raccogliere fondi, ma molto di più.
In Italia è arrivato il momento di guardare al patrimonio culturale in maniera differente. Il nostro Paese è una grande fabbrica di cultura.
Gli ostacoli sono molti, ma tutti superabili:
1. il primo ostacolo è rappresentato dalla cultura dell’investimento. Lo Stato non potrà avere mai tutti i fondi necessari per tutelare e valorizzare tutto il nostro patrimonio. Si deve collaborare con i “privati”;
2. il secondo ostacolo è rappresentato dalla mancanza di formazione. Marketing, fundraising, progettualità, merchandising, ricerca, innovazione, investimento sono parole lontane dalle nostre opere d’arte e da molti vertici pubblici;
3. il terzo ostacolo è legato alla mancanza di piani di lavoro realmente operativi. Questo accade perché manca una visione ampia di insieme. Un museo non è solo opere d’arte. È molto, molto di più;
4. il quarto ostacolo è rappresentato da leggi non al passo con i tempi. Defiscalizzare le donazioni al 100% potrebbe essere una soluzione per aumentare le donazioni. A oggi, se la ricerca scientifica riceve l’80% delle donazioni, la tutela del patrimonio resta al 2-3%. L’Art bonus, oggi, agevola solo il settore pubblico… e i privati?
1.2 Prima delle tecniche di fundraising ci sono i princìpi
Una vision chiara e una mission ben definita sono fondamentali per il successo di ogni organizzazione. La vision è il traguardo ideale dell’organizzazione, la ragione della sua esistenza. La mission è ciò che l’organizzazione intende fare per realizzare quella vision. La vision è una visione del futuro desiderato, mentre la mission descrive il presente e ciò che viene fatto per colmare il divario tra le due.
La vision di un’organizzazione lega indissolubilmente i suoi membri, il personale e i dirigenti insieme nel loro lavoro.
Per costruire una campagna di fundraising è fondamentale far leva su una buona causa. Essa costituisce la ragione essenziale del perché un’organizzazione meriti donazioni. È la buona causa a spingere il sostenitore alla donazione in favore di un progetto specifico. Un progetto specifico non è un’organizzazione o un Ente pubblico. Questo passaggio è cruciale. La donazione è il gesto di elargizione di una somma di denaro, di beni, di “saperi” o di tempo fatta da una persona a favore di un’organizzazione non profit o di un Ente pubblico.
Un sostenitore quando fa una donazione sporadica o una tantum può essere considerato un donatore occasionale; compito di chi si occupa del fundraising è farlo diventare un donatore regolare. Questo vuol dire che una donazione occasionale è poco utile se non viene seguita, in un ragionevole lasso di tempo, da una seconda donazione.
Se si desidera creare un’organizzazione stabile e sana, indipendentemente dalle dimensioni o dalla posizione, è necessario assicurarsi le risorse da una vasta gamma di fonti. Un’ampia e variegata base di supporto riduce la vulnerabilità di un’organizzazione e comunica ad altri potenziali finanziatori che il lavoro dell’organizzazione è ampiamente valutato e merita il loro supporto.
1.3 Le persone donano alle persone
Che cosa spinge le persone a donare? Non esiste una risposta semplice; ciò che è chiaro, tuttavia, è che le persone traggono benefici sia emotivi che materiali sostenendo il lavoro delle organizzazioni non profit. Sicuramente l’altruismo è uno dei fattori alla base delle azioni caritatevoli degli individui, ma il buon senso suggerisce che c’è di più: riconoscimento, senso di appartenenza e di essere apprezzati, soddisfazione personale, maggiore autostima e qualsiasi beneficio materiale che un’organizzazione che riceve la donazione possa offrire, come regali, abbonamenti, newsletter e opportunità di partecipare a eventi speciali.
Gli individui sono motivati principalmente dal proprio sistema di valori, a loro volta forgiati dalle loro esperienze di vita. Se una persona ha subìto discriminazioni per esempio a causa della sua etnia, del genere o dell’orientamento sessuale, conosce sin troppo bene i costi personali del bigottismo e può essere motivata a rendere più facile la vita ad altre persone che vivono situazioni simili.
In passato, i residenti delle comunità più piccole avevano un forte senso di identità e appartenenza che traeva origine dalla loro interazione quotidiana con la famiglia e i vicini. Sperimentare oggi un senso di appartenenza in centri urbani affollati o periferie tentacolari è meno facile. In questi contesti, il desiderio naturale di appartenenza può essere soddisfatto dall’associazionismo su base volontaria, con una qualsiasi delle innumerevoli organizzazioni che vanno dai club, gruppi di inquilini, cooperative, gruppi sociali, programmi di educazione degli adulti e gruppi di auto-aiuto.
La migliore richiesta di donazione è quella fatta presentandosi ai donatori di persona. Bastano tre azioni apparentemente semplici: incontrare un possibile donatore, raccontargli il progetto e chiedere una donazione.
Per una maggiore comodità, possiamo classificare i donatori in tre categorie: piccoli, medi e grandi donatori. La classificazione si basa sul singolo contributo e non sull’intero ammontare di donazioni che si potrebbe ricevere dal donatore. Non è facile determinare a priori se una persona sarà un donatore piccolo, medio o grande. Raccogliere alcune informazioni sul donatore o conoscerlo personalmente può contribuire a capire come classificarlo in anticipo e quindi procedere alla giusta richiesta. Altrimenti, si dovrà attendere la prima donazione e poi la seconda.
1.4 Nel fundraising improvvisare non serve a niente
La raccolta fondi permette alle persone di spostare le loro risorse verso ciò in cui credono veramente. Nel fundraising ci sono alcune regole: la regola numero uno è chiedere una donazione alle persone che vogliono fare la differenza: trovare persone che vogliono lasciare questo pianeta meglio di come l’hanno trovato. Questo ci porta alla regola numero due, che è chiedere a tutti, perché tutti sono impegnati in qualche modo e vogliono fare la differenza con le loro vite. Per fare questo non serve improvvisare.
1.5 Senza un piano di lavoro è molto difficile poter avere risultati
Ma da dove cominciare? È semplice: da un piano. È necessario un insieme chiaro di obiettivi, e una mappa di come ci si arriva. Ogni organizzazione ha esigenze, obiettivi, punti di forza e priorità diversi e il piano di raccolta fondi andrà indirizzato e incorporato in un documento scritto.
Una strategia mirata genera risultati migliori, crea efficienza e garantisce che tutti i soggetti coinvolti siano responsabili. Prima di iniziare, però, bisogna ricordarsi di fare il punto su ciò che già si sta facendo per sé e per la propria causa, e di guardare a ciò che si sta già facendo con successo.
Il piano di raccolta fondi è un documento vivente in cui spiegare la TUA ricetta per il successo della buona causa. Andrea McManus, presidente della società di consulenza non profit “The Development Group”, ha delineato i sei punti chiave da seguire per elaborare un piano di raccolta fondi efficace.
1. Comprendere il quadro generale
Elaborare un piano di fundraising significa rispondere a due domande fondamentali: quanto denaro bisogna raccogliere? A chi si ha intenzione di chiedere? È fondamentale disporre di fonti di entrata multiple e diversificate, in modo che nel caso se ne perdesse una inaspettatamente, se ne avranno ancora altre su cui fare affidamento. Una volta identificate le fonti di entrata, si organizzeranno le strategie per ciascuna fonte.
2. Conosce...