Viaggio in Terra Santa
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Vedere e credere: leggere il Vangelo nei luoghi di Gesù

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Viaggio in Terra Santa

Vedere e credere: leggere il Vangelo nei luoghi di Gesù

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«Prima di venire in Terra Santa, avrei giurato di possedere una fede concreta, secondo l'insegnamento che i miei maestri mi hanno trasmesso. Eppure, senza accorgermene, avevo relegato le vicende di Gesù al di fuori della storia, nella sfera dell'inconoscibile. La visita ai luoghi del Vangelo mi ha riempito di gioia e di stupore. Ho potuto dire: "È andata proprio così, è successo esattamente ciò che dicono i Vangeli!". Oggi, dopo tanti anni, sto ancora scoprendo le conseguenze di quella bellissima sorpresa».Don Vincent Nagle«Al cuore di questo libro sta il dramma della vera scoperta di sé. Vincent Nagle vuole portarci a dire con verità: "Salvami, Signore, non ho speranza se non perché ci sei tu! Tu non sei, o Cristo, l'abbellimento religioso di un'esistenza che trova in se stessa le energie della riuscita, non sei la causa più nobile a cui dedicarsi. La tua presenza è, per me, questione di vita o di morte"».Dalla Postfazione di don Paolo Sottopietra

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Informazioni

Editore
Ares
Anno
2022
ISBN
9788892980266

1

La chiesa di Sant’Anna

 
 
 
 
 
La vecchia città di Gerusalemme è circondata da mura. Nella parte nord-est, appena dentro l’ingresso che gli occidentali chiamano «Santo Stefano» e gli orientali «Porta dei leoni», sorge un convento cattolico il cui accesso si trova proprio di fronte all’entrata nord della spianata del Tempio.
In questo luogo piacevole, tranquillo e alberato, possiamo cominciare il nostro viaggio in Terra Santa. Perché qui? Quale episodio evangelico si è svolto in questo luogo? Nessuno. Qui, però, si ricorda la nascita di Maria. E se la storia di Gesù, il Verbo di Dio incarnato, comincia con l’Annunciazione dell’angelo Gabriele alla vergine Maria, allora ha senso iniziare da lei.
Maria si è posta davanti al Mistero in una posizione di ascolto e attesa che ha fatto sì che la parola annunciata prendesse in lei forma carnale. Noi desideriamo vivere il nostro viaggio con il suo stesso atteggiamento di ascolto e di attesa, affinché il Verbo di Dio possa prendere forma carnale anche dentro di noi. Per questo iniziamo fissando gli occhi su Maria, che anche oggi, come allora, è modello e maestra per chi desidera accogliere il Figlio di Dio.
 
Il calendario cattolico ricorda i genitori della Madonna con i nomi di Gioacchino e Anna. La chiesa che visitiamo, santuario della nascita di Maria, porta infatti il nome di sant’Anna. Lo spazio che ospita la chiesa è proprietà del governo francese e viene custodito da un ordine di missionari cattolici chiamati Missionari d’Africa. Al suo interno troviamo anche un grande monastero e un piccolo parco alberato.
La chiesa è una bellissima costruzione di epoca crociata, nota in tutto il mondo per le sue qualità acustiche. È senz’altro la chiesa crociata più bella di Gerusalemme e forse della Terra Santa (anche se un po’ di concorrenza esiste!). L’edificio ha un’acustica speciale, infatti è raro visitarlo senza incontrarvi un coro, un gruppo o dei solisti che vengono per sentire le loro voci magnificate. A volte si realizzano anche registrazioni discografiche, soprattutto di musica sacra.
Nei dintorni della chiesa sono stati effettuati alcuni scavi, tutt’ora visibili, che hanno portato alla luce reperti archeologici importanti, tali da cambiare la lettura storica del Vangelo di Giovanni.
Sotto la chiesa si trova una grotta: secondo la tradizione, è stata la casa dei genitori di Maria.
 
Come ho detto, nessun evento narrato dai Vangeli è legato a questo luogo. Del resto i Vangeli raccontano molto poco della storia di Maria. Esiste però il Protovangelo di Giacomo, un testo molto interessante, che la Chiesa non considera canonico, ma neppure eretico. Questo libro descrive diversi momenti della vita di Gesù precedenti l’inizio della sua missione pubblica e parla anche del concepimento, della nascita e dell’infanzia della Madonna.
Dal Protovangelo di Giacomo apprendiamo che Gioacchino, il padre di Maria, che era un uomo importante e un levita, abitava una casa che sorgeva a ridosso del Tempio, situazione assai desiderabile per tutti, ma possibile solo per i fortunati o per i potenti. La chiesa di sant’Anna si trova a pochi passi dal luogo in cui sorge il Tempio di Gerusalemme. Probabilmente è questo l’elemento per cui una tradizione secolare afferma che la grotta posta sotto la chiesa sia stata la casa dei genitori di Maria.
 
Come altri personaggi della storia della salvezza, Gioacchino e Anna erano sterili. Dopo un lungo digiuno nel deserto, però, Gioacchino ricevette un messaggio da un angelo che gli annunciò che avrebbero concepito un figlio. Così in effetti accadde. La bambina crebbe in modo precoce e i suoi genitori, secondo quanto promesso al Signore nelle loro suppliche, la consegnarono ai sacerdoti del Tempio come consacrata a lui. Maria cresceva perciò davanti a Dio. Si dice che Ella sentisse una corrispondenza particolare, nel suo cuore, con quanto annunciato dalle Sacre Scritture a proposito del Messia. Era dominata dall’attesa per il compimento delle promesse di Dio.
Quando per Maria giunse il momento di sposarsi, come racconta ancora il Protovangelo di Giacomo, essendo riconosciuta come persona non comune, furono gli stessi sacerdoti del Tempio a incaricarsi di trovarle marito. I sacerdoti chiamarono perciò i vedovi, che erano uomini liberi di sposarsi, ma anche maturi e, presumibilmente, saggi. Davanti a questi uomini, convocati autorevolmente, i sacerdoti chiesero a Dio un segno. Il bastone di Giuseppe fiorì e da esso uscì anche una colomba che volò nel cielo e poi si posò sulla sua testa.
 
Non è il caso di insistere sul valore strettamente storico del Protovangelo di Giacomo né sull’ubicazione esatta del luogo della nascita della Vergine. Ci basta sapere che i cristiani, per ricordare questo evento benedetto, vengono qui praticamente da sempre.
Per raggiungere la grotta bisogna scendere lungo una scala che si trova all’incirca a metà della chiesa, sulla destra. Si tratta di una grotta semplice, non molto ornata. È sempre bello rimanervi qualche istante in silenzio, per chiedere alla Madonna di poter vivere nel suo stesso modo l’attesa del Salvatore.
A questo proposito mi sembra importante una riflessione. Noi cristiani abbiamo facilmente la pretesa di recarci subito davanti al Signore Gesù per chiedere la salvezza, il che è senz’altro giusto. Buttarsi nella polvere davanti al Signore e abbracciare le sue ginocchia è un gesto molto espressivo del nostro abissale bisogno di essere salvati. Forse, però, abbiamo difficoltà ad assumere una posizione veramente umile, cioè una posizione che sia determinata non dalla pretesa, ma dalla coscienza della nostra povertà e, allo stesso tempo, dalla consapevolezza di quanto il nostro bisogno sia incolmabile con le nostre forze. Spesso cerchiamo di convincere Gesù a realizzare i nostri progetti e pian piano giungiamo a pensare che sia Lui al nostro servizio, piuttosto che noi al servizio suo. Consideriamo Gesù come una sorta di assistente privilegiato che ci permette di realizzare la vita che vorremmo. Ma il nome Gesù, in ebraico, non vuole dire «colui che aiuta», bensì «Dio salva». Dobbiamo allora chiederci quante volte la nostra domanda a Dio consiste nell’elenco delle cose che Lui dovrebbe fare secondo ciò che abbiamo in mente e non in una poverissima richiesta di salvezza che lasci il campo completamente aperto, affinché Egli possa operare come crede per condurci alla casa del Padre.
Personalmente ho scoperto la possibilità di mettermi di fronte a Gesù come mendicante quando ho cominciato ad avvicinarmi a lui attraverso sua madre. È Maria, la figlia di Gioacchino e Anna, che facendomi guardare suo figlio insieme a lei, mi insegna a chinare la testa e a pormi in una posizione di apertura, adorazione e attesa, consapevole di tutti i miei bisogni ma, come lei, semplicemente mendicante di salvezza.

2

La chiesa dell’Annunciazione

 
 
 
 
 
La zona più verde e più fertile dell’attuale stato di Israele è la famosa valle di Jezreel, in Galilea, nel nord del Paese. Si tratta di una pianura ondeggiante, che corre dalle colline della costa occidentale a quelle della valle del Giordano. Sul lato orientale di questa valle, verso nord, sorgono le alte colline sulle quali si trova la città di Nazareth. Lasciandoci la costa alle spalle, saliamo dunque in direzione di questa città araba, che ospita la comunità cristiana numericamente più grande di Israele.
Il panorama è dominato da un’alta struttura, la cui forma ricorda quella di un faro, che di notte è illuminata fino ad apparire brillante: è la chiesa dell’Annunciazione, costruita e custodita dai Francescani che appartengono alla Custodia della Terra Santa, quei Francescani, cioè, che si prendono cura dei santuari cristiani di queste terre.
 
L’Annunciazione è l’avvenimento che ha portato la salvezza di Dio nel mondo. Durante la sua visita pastorale del 2009 in Terra Santa, papa Benedetto XVI fu accolto in città con striscioni collocati un po’ dovunque che annunciavano in inglese: «Nazareth, where it all began». Ovvero: «Nazareth, dove tutto è cominciato». Mi sembra una buona sintesi del motivo per cui questo luogo ci è tanto caro!
 
L’annuncio dell’angelo Gabriele alla vergine Maria è descritto in dettaglio nel Vangelo di Luca (cfr. Lc 1,26-38), dove si dice esplicitamente che l’avvenimento accadde su questa alta collina, in questo paese, a Nazareth (il Vangelo di Matteo racconta i medesimi episodi, sia pur seguendo la vicenda di Giuseppe più che quella di Maria, ma esso non esplicita il luogo nel quale tali eventi si sono verificati).
Il grande spazio tenuto oggi dai Francescani occupa quasi per intero quello che fu il piccolo villaggio dell’epoca. Sappiamo che il villaggio era piccolo, non solo per l’evidenza archeologica, ma anche per la testimonianza del Vangelo. Nel primo capitolo del Vangelo di Giovanni, infatti, si racconta di come l’apostolo Andrea, avendo detto all’amico Natanaele di aver trovato il Messia e avendo precisato di riferirsi a Gesù di Nazareth, si sia sentito chiedere: «Da Nazareth può venire qualcosa di buono?» (Gv 1,46).
La domanda dispregiativa di Natanaele mi suona molto familiare. Sono infatti cresciuto in un paese piccolissimo, con meno di cento abitanti. Quando con i miei fratelli o i miei amici mi recavo nel paese vicino «molto» più grande, con ben cinquecento persone, tre ristoranti turistici e perfino due negozi, i ragazzi di lì ci dicevano: «Ma come fate a resistere nel vostro paese? Che cosa ci fate in quel buco?». Natanaele era di Cana, che sorgeva a pochi chilometri da Nazareth e non era certo una metropoli. Ai suoi occhi, però, Nazareth era un niente!
 
La zona francescana non si limita alla chiesa, ma comprende un’area di alcuni ettari che contiene, oltre alla grande basilica, il convento dei frati, la scuola cattolica e la chiesa di San Giuseppe, dove si trova una grotta. Si ritiene sia il luogo nel quale ha vissuto la Santa Famiglia dopo il ritorno dall’Egitto (cfr. Mt 2,23).
Anche la chiesa dell’Annunciazione è sopra una grotta, la quale certamente fece da casa a una famiglia. Al suo interno, gli studiosi hanno trovato reperti archeologici che testimoniano come in questo luogo si prestasse culto a Maria, madre di Gesù, già fra il secondo e il terzo secolo. Si ritiene dunque che questa grotta fosse l’abitazione di Maria, il luogo in cui la Vergine ha ricevuto la visita dell’angelo.
 
Vorrei offrire una riflessione sul fatto che ci troviamo davanti a una grotta, come accadrà a Betlemme e altrove. Forse non ci è facile immaginare la povertà materiale delle epoche precedenti la nostra. Dobbiamo però tenere presente che tagliare rocce, trasportarle e utilizzarle per innalzare pareti era impresa da ricchi. Le grotte, invece, offrivano ripari già pronti, che potevano essere utilizzati da tutti, inoltre potevano essere allargati, poiché la pietra di questi luoghi non è dura. Davanti all’ingresso, poi, era possibile creare altri spazi, per esempio utilizzando delle canne.
All’esterno, la basilica è coperta di immagini e di scritte in latino che esprimono la fede cristiana nel Figlio di Dio nato da donna. Sopra a un portale laterale è posta una statua della vergine Maria, scolpita dall’artista italiano contemporaneo Franco Verroca. Questa statua vuole esprimere l’umiltà della Madonna, è raffigurata come una persona aperta alla realtà, con la testa alta, gli occhi puntati in avanti, le braccia distese e le mani aperte per accogliere. Anche Maria, come accade a noi, era circondata e minacciata da tanto male. Ella però sapeva che Dio, il creatore di tutto, va incontro all’uomo nella realtà. Per questo la statua la mostra pronta e disponibile, desiderosa di vedere quella Presenza, attesa da sempre dal suo cuore.
Guardando Maria, scopriamo che vivere l’umiltà significa preferire sempre la realtà, anche quando essa sembra derubarci, ferirci e perfino ucciderci, perché solo nella realtà può avvenire l’incontro con Dio. Infatti Maria dice: «Avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38).
Ci troviamo in questo luogo perché la fiducia di Maria nel Creatore e la sua attesa nell’adempimento delle promesse di Dio hanno costituito in lei un’apertura così radicale che quando l’angelo Gabriele le ha offerto di ospitare il Verbo di Dio, quel Verbo si è fatto realmente carne in lei.
La Madonna ci invita ad accogliere la parola di Dio in modo che essa si faccia carne. Se recuperiamo questa posizione, cambia tutto il nostro dinamismo umano. Di solito, infatti, tendiamo a porre tra noi e la realtà spazi sempre più grandi, di diverso tipo. Sembra quasi che alziamo un recinto tra noi e tutto il resto, per fare entrare soltanto ciò che decidiamo noi. Non così possiamo trovare la risposta alla nostra vera domanda, che non è: «Come posso non soffrire?», ma: «Dove posso incontrare un amore che non mi tradisca mai?».
 
Torniamo a considerare la grande basilica, consacrata dal papa san Paolo VI nel 1964. Era la prima volta nella storia che un pontefice si recava in Terra Santa come pellegrino. Si decise allora di cogliere l’occasione per consacrare la chiesa, anche se la sua apertura ufficiale avvenne solamente cinque anni più tardi.
Varcando la porta principale, ci troviamo in un grande spazio sobrio, quasi del tutto privo di statue e quadri. Vi regna il silenzio. Se avanziamo per circa quindici metri, ci accorgiamo che, sulla sinistra, non c’è il pavimento. Avvicinandoci alla piccola balaustra possiamo dunque vedere, guardando verso il basso, i resti di una chiesa bizantina costruita davanti a una semplice grotta. È la grotta dell’Annunciazione. Nella piccola chiesa è posto un altare, custodito dietro un cancello. Sull’altare si legge una scritta: «Verbum caro hic factum est». La parola «hic», che significa «qui», ci colpisce. Perché di fronte a un fatto, affermare semplicemente che esso sia accaduto non è uguale a poter dire, a un certo punto: «È accaduto qui!».
Mi viene in mente un ricordo personale. Mio padre e mia madre erano della città di New York, ma noi figli siamo nati a San Francisco. Io ho visitato New York per la prima volta quando avevo trent’anni. Ero con i miei genitori. Una domenica mattina, mentre giravamo in macchina per Manhattan, mio padre mi ha detto: «È qui che ho conosciuto tua madre». Poco più avanti ha aggiunto: «È questo il posto dove l’ho portata la prima volta che siamo usciti insieme». L’ascolto di quelle spiegazioni mi ha cambiato radicalmente la comprensione delle mie origini. Ho scoperto appunto che la parola «qui» trasforma una verità astratta in un fatto potente.
Per questo fa sempre impressione celebrare la Messa nei santuari della Terra Santa, perché quando si recitano le preghiere della liturgia legate agli avvenimenti evangelici di volta in volta ricordati nei diversi luoghi, nel testo viene sempre inserita questa parola che cambia tutto: «Qui».
 
Restiamo allora in silenzio per qualche momento, poi recitiamo la preghiera dell’Angelus, come sempre si fa in questa basilica a mezzogiorno. Quando arriviamo al momento in cui ci fa recitare: «E il Verbo si è fatto carne», diciamo invece: «E qui il Verbo si è fatto carne». Possiamo ricordarci di questa precisazione anche una volta tornati a casa, perché sempre la Chiesa ci invita ad accogliere la parola di Dio con la stessa apertura, disponibilità e umiltà della Vergine Maria. E, soprattutto, perché quell’«hic», se viviamo l’avvenimento dell’Incarnazione, ha sempre valore.
Chiediamo al Signore che la nostra storia di fede e comunione ci possa far dire durante tutta la vita, con stupore: «E qui il Verbo si è fatto carne»!

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La casa di Giuseppe

Tutto il grande compound dei Francescani si trova nello spazio compreso fra due chiese: la chiesa principale è quella dell’Annunciazione, ma solo cento metri più a nord si trova un’altra chiesa, che porta il nome di San Giuseppe. Come ho detto poco fa, vi si ricorda il luogo in cui ha vissuto la Santa Famiglia dopo il periodo trascorso in Egitto. Si tratta di una costruzione moderna, del ventesimo secolo. Quasi tutte le chiese francescane, del resto, sono di data molto recente. Ciò è dovuto al fatto che per moltissimo tempo, dall’arrivo dei Francescani – avvenuto nel quattordicesimo secolo – fino appunto al secolo ventesimo, questi territori sono stati parte di regni musulmani i quali hanno severamente limitato la costruzione di luoghi di culto cristiani. Soltanto nel ventesimo secolo sono arrivati gli inglesi e non si sono più opposti a tali opere.
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Indice dei contenuti

  1. Terra Santa è ovunque incontri il Signore.
  2. Introduzione dell'Autore
  3. 1. La chiesa di Sant’Anna
  4. 2. La chiesa dell’Annunciazione
  5. 3. La casa di Giuseppe
  6. 4. La visita di Maria a Elisabetta & la casa di Zaccaria
  7. 5. Betlemme
  8. 6. Omelia della nascita del Signore
  9. 7. Beit Sahour: l’apparizione degli angeli ai pastori
  10. 8. La Grotta del latte
  11. 9. Qasr al-Yahud, luogo del Battesimo di Gesù
  12. 10. Cana
  13. 11. Cafarnao
  14. 12. La moltiplicazione dei pani & dei pesci
  15. 13. La sinagoga di Cafarnao
  16. 14. Il Monte delle Beatitudini
  17. 15. Nablus: l’incontro con la samaritana
  18. 16. Banias & la confessione di Pietro
  19. 17. Il Monte Tabor
  20. 18. Zaccheo
  21. 19. Il buon samaritano
  22. 20. Betania
  23. 21. «Dominus flevit»
  24. 22. Il Tempio di Gerusalemme
  25. 23. Il Padre nostro
  26. 24. La Piscina di Betzatà
  27. 25. Il Cenacolo
  28. 26. Il Getsemani
  29. 27. San Pietro in Gallicantu
  30. 28. Il Litostroto
  31. 29. La Via Dolorosa
  32. 30. Il Santo Sepolcro
  33. 31. L’incontro degli apostoli con il Risorto
  34. 32. Il primato di Pietro
  35. 33. L’Ascensione
  36. 34. La Pentecoste
  37. Vedere & credere
  38. Ringraziamenti
  39. Indice