La scimmia che ha capito l'universo
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La scimmia che ha capito l'universo

Come la mente e la cultura si evolvono

  1. 495 pagine
  2. Italian
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La scimmia che ha capito l'universo

Come la mente e la cultura si evolvono

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Come vedrebbe la nostra specie uno scienziato alieno? La scimmia che ha capito l'universo è l'affascinante storia del più strano animale del mondo: l'uomo. E comincia con una domanda: come vedrebbe la nostra specie uno scienziato alieno? Come giudicherebbe le nostre differenze di genere, il nostro comportamento sessuale, i nostri modelli educativi, i nostri codici morali, le religioni, i linguaggi, la scienza? La scimmia che ha capito l'universo affronta questi temi seguendo due tra le più importanti scuole del pensiero scientifico attuale: la psicologia evoluzionistica e la teoria dell'evoluzione culturale (di cui è protagonista il meme definito da Richard Dawkins in Il gene egoista). L'assunto è che noi uomini siamo animali e, come tutti gli animali, ci siamo evoluti per trasmettere i nostri geni.A un certo punto, però, abbiamo anche sviluppato capacità culturali; da quel momento, la cultura ha cominciato a evolversi secondo leggi proprie. Questo ci ha trasformato da una pura e semplice scimmia in una scimmia in grado di rimodellare il pianeta, di viaggiare verso altri mondi e di capire la vastità di un universo di cui siamo solo minuscoli, fugaci frammenti.
Un'edizione arricchita da una prefazione di Maurizio Mori.

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Informazioni

Anno
2020
ISBN
9791280134073

Capitolo 1

La sfida dell’Alieno

Questo libro tratta dell’animale più strano al mondo – l’animale che sta leggendo queste parole e quello che le ha scritte: l’animale umano. Siamo così abituati a essere umani e a vivere con altri esseri umani, che a volte non ci accorgiamo di quanto siamo particolari. Per correggere questo atteggiamento, voglio cominciare a guardare alla nostra specie da una nuova prospettiva. Di primo acchito potrebbe sembrarvi aliena… e dovrebbe, perché è proprio questa che useremo. Guarderemo cioè alla nostra specie attraverso gli occhi di un ipotetico alieno superintelligente, un antropologo dal pianeta Betelgeuse III, mentre è in visita sulla Terra da un ipotetico Beagle intergalattico e ci studia «come qualcuno con un microscopio studia le minuscole creature che brulicano e si moltiplicano in una goccia d’acqua»1. Non si tratta però di un qualsiasi alieno superintelligente. È anche un alieno dal genere sessuale neutro, asessuale, asociale, amorale, areligioso e amusicale. In altre parole, si tratta di un alieno estraneo a molti degli elementi della vita umana che ci sono così familiari da darli per scontati. Questo è il motivo che rende la sua prospettiva tanto utile. Ai suoi occhi tutto ciò che ci è familiare è strano, il che risveglia la nostra attenzione su aspetti dell’umanità che di solito trascuriamo e che sono così profondamente radicati che ai nostri occhi non richiedono di solito una spiegazione.
Prima di procedere oltre, dovrei probabilmente chiarire che non credo affatto che gli alieni abbiano visitato il nostro pianeta. Certo, è possibile che una vita intelligente si sia evoluta da qualche altra parte nell’universo. Ma non ci sono prove che essa abbia attraversato il buio interstellare per spiarci, sondarci, o interagire in qualche modo con la nostra civiltà (come disse in un’occasione Stephen Hawkings: «Non credo agli avvistamenti degli UFO. Perché infatti dovrebbero apparire solo agli strambi e agli eccentrici?»2). Ciononostante, è ancora valido chiedersi: se un alieno scendesse davvero sulla Terra, come vedrebbe la nostra specie? Che cosa capirebbe delle differenze tra i sessi, dei nostri comportamenti sessuali o dei nostri modelli di educazione dei figli, dei nostri atteggiamenti sociali, delle nostre religioni, dei nostri linguaggi, della nostra musica o della nostra scienza? Per rispondere a queste domande, ecco come mi immagino una relazione scientifica redatta da quell’alieno sulla nostra insolita specie…
Il Rapporto dell’Alieno
Tratto dalla prestigiosa rivista
Atti dell’Accademia delle Scienze Betelgeusiane
La Terra è un piccolo e infausto pianeta che orbita intorno a una stella di media grandezza ai confini della nostra galassia. Esso giunse all’attenzione del Grande Consiglio Galattico 25 cicli fa, quando uno dei nostri scienziati ultramondisti, il Veggente Ram Tin, rilevò alcuni strani eventi sul pianeta e nei suoi dintorni3. Per la maggior parte dei suoi quattro miliardi e mezzo di anni di vita, infatti, la Terra è cambiata lentamente, a parte gli occasionali stravolgimenti causati dall’impatto di asteroidi o da attività vulcaniche. Alcune migliaia di anni fa però, la velocità del cambiamento cominciò a mutare drasticamente. Le foreste cominciarono a svanire, per essere a poco a poco rimpiazzate da campi di «mais», «riso» o «grano». Dalla terra cominciarono a spuntare strane strutture, ora note come «città», che si sparsero sulla superficie del pianeta come muffe batteriche. I terreni che circondavano le città vennero divisi in rettangoli o in altre forme geometriche. Poi, nel secolo scorso, il processo accelerò all’inverosimile. La Terra divenne d’un tratto una delle maggiori sorgenti di onde radio. Strani oggetti metallici entrarono in orbita intorno a essa, o la lasciarono definitivamente per viaggiare verso altri mondi. Questi vagabondi solitari inviavano un flusso costante di informazioni al pianeta madre, fenomeno che fece ritenere ad alcuni Betelgeusiani che la Terra stessa fosse diventata un vasto sistema sensoriale, autocosciente e capace di percepire l’ambiente immediatamente circostante. Fu questa eventualità ad attirare per la prima volta l’attenzione del Grande Consiglio Galattico.
Dopo ben tre nanosecondi di discussione, il Consiglio decise che un ultramondista esperto sarebbe stato inviato sulla Terra per indagare più da vicino. Poiché ero il più brillante e illustre ultramondista disponibile con così poco preavviso, questo grande onore toccò a me, per cui feci subito rotta per la Terra. Una volta arrivato, constatai rapidamente che alcune di quelle macchine metalliche orbitanti contenevano in effetti creature di carne. Questo confermò ciò che molti di noi già sospettavano: che sulla Terra avesse preso piede l’evoluzione per mezzo della selezione naturale. All’inizio non era chiaro quale fosse il ruolo di queste creature di carne (o «umani») negli strani eventi che avevamo rilevato. Un’ipotesi era che fossero gli organi sessuali delle città o magari delle macchine di metallo per mezzo dei quali città e macchine, appunto, si riproducevano4. Un’altra possibilità era che gli esseri di carne fossero gli schiavi dei campi di grano, riso, o frumento. Forse, queste piante li avevano in qualche modo indotti a fargli intraprendere un genocidio selettivo contro i loro naturali competitori – gli alberi – e riuscendo in seguito anche a convincerli a seminarle e a diffonderle5.
Nonostante non avessimo del tutto escluso nessuna di queste ipotesi, la maggioranza degli ultramondisti ora crede che siano stati gli umani stessi la forza guida degli strani eventi accaduti sulla Terra. Le simulazioni elettroniche più plausibili suggeriscono infatti che questo fragile pianeta abbia recentemente sofferto di un’infestazione di questi esseri possessori di tecnologia. Per caso, o intenzionalmente, questi bizzarri robot di carne hanno scoperto come trasformare porzioni sempre più consistenti di materiale della biosfera in altri umani. Agendo in tal modo, essi hanno in breve invaso il loro pianeta. Hanno schiavizzato le piante, costruito città, e mandato in orbita i loro organi di senso metallici. Sulla base di questa valutazione gli umani sono diventati il fulcro della mia indagine. Ciò che segue è una sintesi delle mie osservazioni fino a oggi.
Attenzione: contenuti traumatizzanti! Gli esseri umani sono così bizzarri ed estremi che alcuni Betelgeusiani hanno avuto, al principio, non pochi problemi ad accettare che essi esistessero realmente. Non era magari possibile che si trattasse di una bufala ideata dai Torvi del Settore Quattro? In alternativa, è stata avanzata l’ipotesi che gli umani fossero stati allevati in modo selettivo, come burla, dagli abitanti della regione Star-D, creature ben note per il loro eccessivo entusiasmo nei confronti dell’allevamento selettivo di forme di vita inferiore. In considerazione di queste false accuse, devo ribadire che tutto ciò che ho qui riportato è stato verificato dal Grande Consiglio Galattico. Gli esseri umani esistono davvero e non c’è alcuna prova che essi siano stati manipolati da alcuna intelligenza extraterrestre.
L’animale più strano
Cominciamo dall’inizio. Gli esseri umani sono insiemi di atomi organizzati in sistemi autoreplicanti, o «forme di vita». La maggior parte delle forme di vita sulla Terra consiste di organismi monocellulari: cellule libere che vivono da sole. Tutti gli esseri umani cominciano nello stesso modo – come una cellula così piccola che resterebbe invisibile ai nostri occhi. Presto però la cellula originale comincia a dividersi e a moltiplicarsi e, in poco tempo, questa società di cellule in espansione si organizza per formare un essere umano. Un singolo organismo umano non è altro che una vasta colonia di organismi monocellulari. Le colonie cellulari umane appartengono a una famiglia di colonie cellulari nota come «animali». Periodicamente queste colonie ne stabiliscono di nuove – in altre parole, si riproducono. Come la gran parte degli animali, gli esseri umani si riproducono in modi bizzarri e inefficienti. Invece di clonarsi e basta, coppie di esseri umani condividono il loro materiale genetico per creare una prole che è in realtà un «mezzo clone» di ciascun genitore. Non solo, le coppie devono anche essere giuste. Per qualche strana ragione infatti, gli esseri umani esistono in due forme base: maschio e femmina. Per creare una nuova colonia di cellule umane c’è bisogno di entrambe. La maggior parte della vita sulla Terra si trova nel mare. Gli esseri umani, invece, vivono in fondo al cielo su enormi zattere semoventi chiamate «masse terrestri». Ciononostante, come tutti gli animali, gli esseri umani sono i discendenti delle prime creature acquatiche. Per essere precisi gli umani sono dei pesci modificati – pesci terricoli potremmo dire. Le loro braccia sono pinne modificate; le loro mascelle, branchie6. Come la maggior parte dei pesci terricoli, e in effetti come molti altri animali, gli esseri umani si ibernano una o due volte al giorno, trascorrendo alla fine quasi un terzo della loro vita in uno stato vegetativo. Nessuna sorpresa che ci abbiano messo tanto per sviluppare la loro civiltà così com’è.
Più da vicino osservavo questi piccoli mostri, più ero confuso. Ormai avevo scoperto che gli esseri umani erano il prodotto della selezione naturale, non di qualche strano esperimento di laboratorio. Come qualsiasi forma di vita ben istruita già sa, la selezione naturale produce entità progettate per sopravvivere e creare altri individui della stessa specie. Per molti aspetti gli esseri umani rientrano in questa descrizione: essi assorbono porzioni del loro ambiente come carburante; fuggono dai pericoli; creano e si prendono cura di altre nuove colonie cellulari umane. In molti altri casi tuttavia, gli esseri umani sfidano l’ancestrale imperativo biologico che li spinge a sopravvivere e riprodursi. Per dirne una, spesso vanno pazzi per sostanze che sono loro nocive. Molti di loro hanno infatti un fortissimo, irresistibile appetito per cibi insalubri, che accorciano drasticamente le loro vite. Il che ha tanto senso quanto avere un intenso desiderio di un veleno. Come è possibile che tale appetito sia il risultato dell’evoluzione? Un altro mistero è che gli umani hanno paure che non sono in sintonia con il loro ambiente. Molti di loro hanno il terrore di animali come serpenti e ragni, nonostante la maggiore parte degli umani viva in città, dove queste creature non li minacciano affatto. In modo simile, molti esseri umani in miniatura (o «bambini») sono terrorizzati dal buio, anche se la maggior parte di essi viva in grandi scatole che li tengono al sicuro dalle tenebre e dalle creature che le abitano. Mentre hanno paura di cose che non li minacciano, né da un punto di visto riproduttivo né di pura sopravvivenza, gli esseri umani non temono invece cose che costituiscono un concreto rischio. La lista include voci quali il «cibo spazzatura» o le «sigarette» oppure «guidare troppo velocemente senza cintura». In questo elenco ci sono anche articoli, come «la pillola» o «i preservativi»: non solo gli esseri umani non temono questi aggeggi antifertilità, li usano deliberatamente per bloccare la loro fertilità. Ma – per mille Betelgeuse – perché diamine la selezione naturale dovrebbe averli progettati per fare una cosa simile?
Come ho già accennato, questi umanoidi esistono in due principali varietà: maschio e femmina. Alcuni individui non rientrano facilmente in esse, ma la maggior parte sì. Questi due tipi non solo hanno un aspetto diverso, ma si comportano di conseguenza in modo un po’ differente. Quelli più grossi (i maschi) sono di solito più aggressivi, sessualmente più avventati, e più inclini a correre dei rischi mortali. I più piccoli (le femmine) sono orientati a essere più selettivi nella scelta dei partner sessuali, sono in genere più coinvolti nell’accudimento della loro prole, e vivono solitamente di più. Appena mi sono imbattuto in queste differenze ho cercato di capire da che cosa fossero generate. Che fossero il risultato di una riprogrammazione di quegli strani computer da collo (chiamati «cervelli»), da parte delle loro famiglie o delle persone che li circondavano? Oppure tali differenze sono più profonde ancora? E se fossero il fondamento naturale di questa scimmia glabra?
Con queste domande ben chiare in mente, feci una veloce ricerca nel mondo animale con il mio Animascope 5000, e feci due profonde scoperte. La prima era che lo stesso tipo di differenze sessuali che avevo riscontrato negli esseri umani era presente in molti altri animali, inclusi i pesci-mammiferi. Ciò mi portò a sospettare che le differenze sessuali umane non fossero solo il prodotto di una riprogrammazione culturale. La seconda scoperta, invece, fu che le differenze sessuali umane non erano neanche vagamente polarizzate o pronunciate come nelle altre specie animali. In molti dei pesci-mammiferi, per esempio, i maschi competono con gli altri maschi, mentre le femmine scelgono semplicemente i maschi a disposizione. Tra gli umani, invece, entrambi i sessi competono per trovarsi un partner ed entrambi sono piuttosto selettivi, almeno per ciò che riguarda i partner a lungo termine. Allo stesso modo, in quasi tutti i pesci-mammiferi, solo le femmine si occupano dei loro cuccioli e i maschi sono dei meri donatori di sperma. Per contrasto, tra gli umani entrambi i sessi si curano della loro orrenda prole – un tipo di comportamento più comune tra i pesci-uccelli che non tra i pesci-mammiferi. Certamente i maschi umani tendono a competere in modo più violento tra loro, e le femmine umane tendono a essere più selettive e più genitoriali. Ma queste differenze sono assai più modeste di quelle che si vedono in molte altre specie. In nome di Gozer il Distruttore, che sta succedendo?
(Per inciso, se doveste mai avere la sfortuna di incontrare un essere umano, cercate di non nominare mai queste loro differenze sessuali. Molti umani le trovano stranamente disturbanti. A rischio di essere vaporizzato, devo ammettere che non ho mai capito perché).
Il processo riproduttivo degli esseri umani è davvero bizzarro, anche per gli standard terrestri. Gli umani valutano i potenziali compagni ispezionando visivamente gli strati più esterni dei loro corpi, in particolare le parti frontali delle loro teste. Per i Betelgeusiani, tutti gli umani sembrano uguali. Per questi ultimi, invece, le più sottili differenze, la più vaga ombra di una ruga o di un errore di simmetria può fare la differenza tra l’essere «belli» e l’essere... «diversamente belli». Perché gli umani preferiscono aspetti che a noi sembrerebbero del tutto arbitrari?
Una volta trovato un partner appropriato, gli umani si impegnano in bizzarri rituali di accoppiamento. Il maschio, per esempio, può regalare alla femmina un mazzo di genitali vegetali («fiori»), oppure ognuno dei due, a turno, produce dei suoni rivolti all’altro mentre entrambi bevono un succo fermentato di piante. Di tanto in tanto, questi rituali evocano un’intensa follia emotiva di coppia chiamata «amore». Gli umani presi da questa follia-a-more si ossessionano reciprocamente e si idolatrano in un modo che difficilmente supererebbe un’analisi razionale. Cosa ancora più strana, se una storia d’amore finisce, ciò può provocare mesi o anche anni di infelicità e abbattimento. È difficile immaginare che un tale atteggiamento sia un modo biologicamente proficuo per utilizzare il proprio tempo. Non solo, l’amore può anche fare danni diretti. Gli esseri umani talvolta uccidono per amore – sé stessi, un ex amante, un rivale in amore. All’inizio mi chiedevo se questa pazzia d’amore fosse un malfunzionamento adattivo o magari una forma virale di controllo del pensiero. Ma dopo che, senza farmi notare, ho passato al setaccio un campione di esemplari umani con il mio Animascope 5000, è diventato lampante che l’amore è uno dei fondamenti della struttura dell’animale umano. Allora perché la selezione naturale dovrebbe favorire una sindrome così irrazionale e potenzialmente debilitante?
Di tanto in tanto, le strane buffonate di accoppiamento degli esseri umani portano alla produzione di mezzi cloni o «bebè», come li chiamano loro. Agli occhi di noi Betelgeusiani, i bebè umani sono tutti disgustosi e terrificanti. Per gli umani, tuttavia, i bebè sono le più coccolose e importanti forme di aggregazioni cellulari di materia nell’intero universo visibile. In effetti, non credo di esagerare affermando che il legame tra genitori e prole è più forte e tenace di un Lottatore di Marte. I genitori sono pronti a rischiare la vita e le loro pinne modificabili («braccia») per proteggerli; e se uno di loro dovesse morire, i genitori perderanno acqua salata dai loro bulbi oculari per il resto della loro vita. Tanto per esser chiari, non sto suggerendo che gli esseri umani si comportino così con tutti i cuccioli umani che incontrano. Essi sono molto più interessati a nutrire, vestire, e ad amare la propria prole che a occuparsi di quella degli altri. Per un Betelgeusiano imparziale come me, ciò non ha molto senso. Non sarebbe meglio se, per il bene della loro specie, essi si interessassero a tutti i bebè?
Lo so a cosa state pensando: «Aspetta un attimo, stupida faccia tentacolata! Gli esseri umani sono nella fase presingolarità della loro evoluzione. Durante questa fase, che grazie a Gozer abbiamo attraversato eoni fa, i soli individui che sopravvivono e che lasciano discendenti sono quelli che perseguono spietatamente i loro interessi. Quindi è chiaro che gli esseri umani si occupino di più della propria prole che di quella degli altri!» Il vostro è un punto di vista accettabile (sebbene «stupida faccia tentacolata» sia stato un po’ offensivo). Tuttavia, se guardiamo alle cose da questa prospettiva, non facciamo altro che rovesciare il problema. Agli esseri umani chiaramente importa sia di sé stessi sia della propria prole. Ma non è la sola cosa di cui gli importa. Per cominciare, si interessano anche degli altri parenti, inclusi fratelli e sorelle, cugini, nipoti, nessuno dei quali continuerà poi la loro discendenza. Perché lo fanno?...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Colophon
  4. Indice
  5. Prefazione, di Maurizio Mori
  6. Prefazione all’edizione italiana, di Steve Stewart-Williams
  7. 1. La sfida dell’Alieno
  8. 2. Viene in mente Darwin
  9. 3. L’animale seXX/XYY
  10. 4. L’animale che si accoppia, ama e si riproduce
  11. 5. L’animale altruistico
  12. 6. L’animale culturale
  13. Appendice A. Come vincere una discussione con un «tabula rasa»
  14. Appendice B. Come vincere una discussione con un anti-memetico
  15. Concessioni
  16. Bibliografia
  17. Ringraziamenti