Sessantotto pedagogico
eBook - ePub

Sessantotto pedagogico

Passioni, ragioni, illusioni

  1. Italian
  2. ePUB (disponibile sull'app)
  3. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Sessantotto pedagogico

Passioni, ragioni, illusioni

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Sul piano pedagogico, nei più di 50 anni di storia che ci separano dal ’68 – caratterizzati in gran parte da miopia progettuale, aggiustamenti-tampone dell’esistente, tatticismi dalla vista corta – l’unica eredità condivisa in contro tendenza, che rinasce continuamente dalle ceneri della dimenticanza e dalle spinte conservatrici della rimozione, è l’esperienza pedagogica ed umana di don Milani. Il famoso pamphlet Lettera ad una professoressa è del 1967 e quel testo intercetta temi, problemi, prospettive storico-politico-socio-pedagogiche che, affrontati subito e nella giusta maniera, forse avrebbero spuntato le armi della successiva protesta sessantottina, con tutti gli eccessi che si conoscono.
Di fatto, le denunce del Sessantotto furono elaborate in proposte di cambiamento in parte, e solo più tardi, tra circospezioni e reticenze. Il volume esplora questa dialettica di continuità/discontinuità dal punto di vista della pedagogia generale e della storia della pedagogia, mostrando, nelle quattro sezioni in cui è articolato, quanto, in fondo, essa resti tuttora irrisolta. Emblematico in questo senso il “caso” della scuola pedagogica patavina, con il suo protagonista Marcello Peretti, a cui è dedicata, appunto, l’intera quarta parte del libro.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Sessantotto pedagogico di Carla Xodo, Mirca Benetton in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Storia e Storia mondiale. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Anno
2020
ISBN
9788838250248
Argomento
Storia

1. I MOVIMENTI DELLA PEDAGOGIA ITALIANA

I. Il Sessantotto pedagogico italiano, Massimo Baldacci


Massimo Baldacci
Università degli Studi di Urbino Carlo Bo



Premessa

Del complesso fenomeno sociale e culturale che è stato il Sessantotto (in realtà, più che un evento un processo che da noi si prolungherà fino al 1977) vogliamo qui accennare al suo versante pedagogico, alla sua capacità di generare un nuovo pensiero sull’educazione e/o comunque di influenzare la riflessione sulla problematica formativa. Pertanto, ci limiteremo a ricordare rapidamente alcuni presupposti culturali e materiali della genesi di questo movimento e alcuni suoi caratteri fondamentali, per poi esaminare i suoi risvolti pedagogici, anche essi di natura transnazionale, ma che hanno trovato nel nostro Paese alcuni sviluppi altamente significativi.


1. Presupposti e caratteri del movimento

I presupposti del movimento del Sessantotto sono di ordine sia materiale, sia politico, sia culturale.
Tra i presupposti materiali si devono indicare le contraddizioni che accompagnarono lo sviluppo socio-economico del secondo dopoguerra. Uno sviluppo impetuoso che, muovendo dall’America, interessò tutto l’Occidente, e che nella seconda metà degli anni Cinquanta investì anche l’Italia, dove – sebbene tardivo – assunse un carattere particolarmente rapido e disordinato (il cosiddetto Miracolo economico). Questo sviluppo trascinava un’espansione dei consumi, che interessava anche quelli culturali (con l’affermazione dell’industria culturale e della cultura di massa), e innescò così celeri cambiamenti nei costumi e nelle aspirazioni. Tuttavia, tale sviluppo rimaneva compresso nelle forme dei rapporti sociali tradizionali, di natura gerarchica e permeati di ideologie autoritarie e conformiste, che erano in conflitto con le nascenti aspirazioni dei giovani. A ciò si aggiungeva l’incapacità da parte delle forze politiche, sia di governo che di opposizione, di cogliere queste nuove esigenze di cambiamento.
Agli occhi dei giovani, le forze al potere apparivano inoltre compromesse con una politica imperialista che la resistenza dei Paesi del terzo mondo svelava in tutta la sua arbitrarietà e violenza: dalla guerra di liberazione algerina alla rivoluzione cubana, alla guerra del Vietnam. L’America e l’Occidente apparivano come l’oppressore, il moloch capitalista che calpestava la libertà dei popoli.
Queste inquietudini esistenziali e politiche assumevano una forma culturale consapevole nel rapporto con gli orientamenti filosofico-ideologici che caratterizzavano la ricca e complessa elaborazione degli anni Sessanta, soprattutto nell’area del pensiero marxista. Dal giovane Marx dei Manoscritti economico-filosofici del 1844, col tema dell’ alienazione; agli scritti di Marcuse ( L’uomo a una dimensione); al pensiero di Mao e alla rivoluzione culturale cinese; al culto della figura del Che e al guevarismo; ai quali, da noi, si deve aggiungere l’operaismo di Panzieri (i Quaderni rossi) e Tronti ( Operai e capitale) e la cruciale Lettera a una professoressa, di Don Milani, su cui torneremo. E ancora, sebbene con una incidenza forse minore: il marxismo esistenzialista di Sartre ( Critica della ragione dialettica); il situazionismo di Debord ( La società dello spettacolo); lo strutturalismo di Althusser ( Per Marx) e di Foucault ( La storia della follia); l’antipsichiatria di Laing ( L’io diviso), e da noi di Basaglia ( L’istituzione negata).
Ma l’inquietudine politico-esistenziale dei giovani trovava espressione anche attraverso la cultura di massa, soprattutto nella musica, che si affermava come il linguaggio giovanile per eccellenza – con i numerosi gruppi rock e beat, nonché col folk-rock (basti pensare a Bob Dylan), e da noi con i cantautori politici (De André, Guccini), ma anche con i Cantacronache e col Nuovo Canzoniere Italiano (Ivan Della Mea) – e come esperienza di aggregazione di massa (che culminò nel festival di Woodstock, del 1969), ponendosi come veicolo globale di socializzazione giovanile. Ma la problematica giovanile emerge anche nel cinema e nella letteratura: per limitarci all’Italia, basti pensare al film I pugni in tasca (Bellocchio, 1965), spietatamente anti-borghese, o al romanzo I porci con le ali (Lombardo Radice, Ravera, 1976), ritratto del rapporto tra due adolescenti di sinistra negli anni della contestazione (in un clima vicino al ’77).
Queste complesse matrici culturali vanno lette anche come le coordinate pedagogiche entro cui assunse concretezza la formazione dei giovani della contestazione. Gli orientamenti pedagogici di cui parleremo nella seconda parte del contributo rappresentano solo la punta dell’iceberg di un più ampio organismo formativo informale, ramificato ed eterogeneo.
Entro tali matrici presero forma i caratteri del movimento del Sessantotto, che andò configurandosi come una rivoluzione culturale ed esistenziale dal profilo politico, nella cui dinamica l’esperienza esistenziale e sociale assumeva un significato politico, e la contestazione politica diventava atteggiamento esistenziale ed esperienza culturale. Il processo assunse la forma di un conflitto inter-generazionale, entro cui i giovani si autorappresentavano come classe sociale, ma prese presto anche una curvatura intra-generazionale (con l’ostilità tra giovani di destra e di sinistra). La contestazione aveva un carattere anti-autoritario, squisitamente libertario; anti-dogmatico e anti-conformista, valorizzando il dissenso e la differenza; anti-borghese, nemico del perbenismo e del consumismo, volto alla liberazione del corpo e della sessualità. Dal punto di vista strettamente politico, si presentava come anti-capitalista e anti-imperialista. Questi suoi caratteri di contro-cultura nascevano da una profonda inquietudine esistenziale e trovavano espressione positiva nell’aspirazione alla differenza, alla creatività (“l’immaginazione al potere”), all’ edonismo dell’essere contro quello dell’avere.
Tuttavia, tali caratteri non erano privi di contraddizioni che il movimento non riuscì a risolvere, quali il risorgente contrasto tra la spontaneità della contestazione e la sua organizzazione consapevole (un problema di potere e di direzione di tipo gramsciano); l’edonismo (sia pure riferito all’essere, contro l’etica giudaico-cristiana del sacrificio, come dichiarò Cohn Bendit, uno dei leader del Maggio parigino) che minava l’anti-consumismo (“vogliamo tutto”); il fantasma del Grande Rifiuto della società borghese che predisponeva alla fuga negli immaginari psichedelici degli allucinogeni. Queste e altre contraddizioni irrisolte pesarono sul movimento e ne limitarono gli sviluppi, concorrendo al suo indebolimento e alla sua estinzione. Nondimeno il Sessantotto fu una grande esplosione di energie e di vitalità, e modificò costumi e abiti mentali in modo significativo e duraturo. E non si deve dimenticare che fu un fenomeno transnazionale: nacque nei campus universitari americani (come Berkeley, fin dal 1964), e da lì si estese in Europa, soprattutto in Francia, Germania e Italia (ma non si deve dimenticare la Cecoslovacchia). Da noi il mondo giovanile era già in subbuglio e la contestazione ebbe una maggiore durata (arrivando a estinguersi solo nel 1977), conoscendo inoltre significativi rapporti col movimento operaio, che culminarono nell’ autunno caldo del 1969. Infine, non si deve trascurare che la contestazione non ebbe come bersaglio soltanto le forze politiche moderate, di governo, ma gli stessi partiti della sinistra tradizionale (come da noi il Pci), ritenuti responsabili di essersi attardati su concezioni produttivistiche, che sotto l’ombrello della necessità dello sviluppo delle forze produttive avevano finito per favorire il consolidamento della società capitalista. Infatti, il Pci – nonostante i tentativi di avvicinamento del segretario Longo – non ebbe mai presa sul movimento giovanile, e ne criticò piuttosto (in particolare con Amendola) il carattere libertario e spontaneista, manifestando una complessiva incapacità di comprensione per le sue ragioni.


2. La scuola e la pedagogia della contestazione

Uno degli aspetti caratterizzanti del Sessantotto fu la critica alla scuola (e all’università) “borghese”. I rimproveri mossi a questa istituzione erano almeno due. In primo luogo, quella di essere borghese e classista, e quindi di colpire con la selezione scolastica le classi subalterne, assicurando una riproduzione della stratificazione sociale esistente. In secondo luogo, la scuola era accusata di essere un’istituzione autoritaria e dogmatica, volta a conformare i giovani all’ideologia borghese-capitalista.
In Italia, gli inizi degli anni Sessanta si erano aperti con l’unificazione della scuola media (1962), che costituiva un passo importante verso una realizzazione di una scuola della Costituzione. Tuttavia, l’attuazione della scuola media unificata subiva l’opposizione di larga parte dei docenti, di estrazione piccolo-borghese, che temevano che da essa potesse derivare uno scadimento del proprio ruolo sociale (si veda Le vestali della classe media, 1969, di Barbagli e Dei, esito di una ricerca sul campo iniziata nel 1965).
L’elaborazione pedagogica che accompagna il Sessantotto e la critica alla scuola e all’università ha un raggio transnazionale. Ci limitiamo però a un cenno ad alcuni momenti significativi a livello internazionale, per poi esaminare i contributi italiani. Si tratta di momenti che presero l’avvio in contesti particolari per poi conoscere una vasta diffusione internazionale.
Nell’ area anglo-americana la pedagogia della contestazione fu caratterizzata dall’attenzione all’esperienza di Summerhill, promossa da Neill già da alcuni decenni, sulla base di presupposti psicanalitici anti-repressivi, che trovava particolare risonanza nella nuova situazione. Nell’ area francese questo periodo è caratterizzato dalla pedagogia istituzionale (Lapassade, Fernand Oury) che muoveva dall’analisi istituzionale e dall’ipotesi dell’autogestione pedagogica (Lapassade), legata a un più vasto movimento – nutrito di presupposti marxisti e psicanalitici (Althusser, Lacan) – che coinvolgeva anche l’area della psichiatria (Jean Oury). Nell’ area dell’America latina l’esperienza fondamentale è quella della pedagogia degli oppressi di Freire. Si trattava di un’esperienza fortemente radicata nella situazione sud-americana, dove grandi masse rurali analfabete erano oppresse e sfruttate da minoranze privilegiate, sotto l’egida di governi conservatori o apertamente reazionari. La prospettiva di Freire assumerà, però, un valore paradigmatico di raggio globale. Di taglio cosmopolita era invece il movimento della descolarizzazione (Illich, Reimer), che trovava in Ivan Illich l’interprete della più radicale critica all’istituzione scolastica.
Entro questo quadro internazionale, inquieto ed eterogeneo, si sviluppò in modi peculiari l’esperienza pedagogica italiana.
Prima del 1968, nel nostro Paese, erano già presenti elementi di critica della scuola tradizionale e di proposta innovativa, come quella sviluppata dal Movimento di Cooperazione Educativa (Mce), entro il quale erano particolarmente significative le posizioni di Bruno Ciari (la scuola come “grande disadattata”, il tempo pieno, la scuola dell’infanzia) e le esperienze di Mario Lodi ( C’è speranza se questo accade a Vho, 1963). Tuttavia, l’opera che è stata una fonte d’ispirazione per la contestazione del Sessantotto è stata Lettera a una professoressa (1967) di don Lorenzo Milani, ma firmata dall’intera Scuola di Barbiana. Come si è accennato, la resistenza alla scuola media unificata (evidenziata nel citato Le vestali della classe media) si traduceva nella massiccia selezione scolastica che colpiva gli alunni di estrazione proletaria, con la giustificazione della difesa della qualità e della serietà della scuola. Verso questo tipo di scuola, la critica di don Milani (ispirata ai valori del Vangelo e ai principi della Costituzione) non si basa sulla differenza di classe concepita in termini marxiani, ma sulla distinzione evangelica tra ricchi e poveri: la scuola discrimina i poveri, ma Dio non ha creato i poveri meno intelligenti dei ricchi. La scuola ha perciò il compito di realizzare l’uguaglianza tra tutti i cittadini, secondo lo spirito della Costituzione. Pertanto, non deve fare parti eguali tra diseguali, ma deve dare di più a chi ha di meno. E in tale opera egli assume l’educazione linguistica come chiave per il raggiungimento dell’eguaglianza: è la lingua che fa eguali. La sua modalità di lavoro, inoltre, non concede nulla a un facile puero-centrismo e non inclina verso l’anti-autoritarismo . Al contrario, essa sembra basata su rigore analogo a quello gramsciano: lo studio richiede sforzo, serietà e disciplina. Questo rigore è però indirizzato al riscatto degli ultimi, diretto alla loro emancipazione culturale e politica.
Le posizioni di don Milani, per la verità, sembrano avere un collegamento piuttosto debole con quelle del Sessantotto (centrate sull’anti-autoritarismo, l’anti-dogmatismo, lo spontaneismo e l’immaginazione), ma la loro radicalità e la loro coerenza fanno diventare comunque Lettera a una professoressa uno dei punti di riferimento della contestazione studentesca, se non altro per la tensione anti-selettiva che le pervade.
Tra le pedagogie che hanno accompagnato il Sessantotto e ne hanno raccolto l’ispirazione per un’educazione antidogmatica e antiautoritaria si possono citare l’ antipedagogia di De Bartolomeis, soprattutto sul versante anti-dogmatico, e le esperienze de «L’Erba voglio», animate da Facchinelli, particolarmente sul versante anti-autoritario (ma un discorso a parte, declinato sul versante del corpo e della fantasia, meriterebbe anche l’ animazione di Passatore, Rostagno, Scabia, che qui non tratteremo).
L’attacco anti-dogmatico alla scuola viene portato da De Bartolomeis con La ricerca come antipedagogia (1969), che dichiara apertamente il carattere non neutrale bensì politicamente schierato del proprio discorso. L’intento è quello di colpire quello che viene indicato come il dispositivo fondamentale del dogmatismo scolastico: la lezione frontale. Quest’ultima è vista come una forma di violenza e di sopraffazione culturale del discente, nonché come un momento di regressione narcisista del ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Sessantotto pedagogico
  3. Indice dei contenuti
  4. Introduzione, Carla Xodo e Mirca Benetton
  5. 1. I MOVIMENTI DELLA PEDAGOGIA ITALIANA
  6. I. Il Sessantotto pedagogico italiano, Massimo Baldacci
  7. II. Pedagogia e Sessantotto in Italia, Enver Bardulla
  8. III. I saperi dell’educazione: note per una storia, Egle Becchi
  9. IV. Il “Sessantotto pedagogico”: linee di consolidamento e spinte di innovazione nella pedagogia italiana, Chiara Biasin
  10. V. Anti autoritarismo, utopia e rottura della tradizione, Giorgio Chiosso
  11. VI. Il mondo come ‘totalità educabile’ o l’implicito pedagogico in Pier Paolo Pasolini (1968-1975), Antonia Criscenti
  12. VII. Il Sessantotto fra apollineo e dionisiaco: nascita di una narrazione e sue ambivalenze, Maurizio Fabbri
  13. VIII. Il Sessantotto oltre il Sessantotto. Linee di continuità/disconti- nuità educativa, Riccardo Pagano
  14. IX. Dal Vaticano II al Sessantotto e ritorno: traiettorie di un rinnova- mento religioso in prospettiva pedagogica, Andrea Porcarelli
  15. X. Il Sessantotto tra “principio di piacere”, “principio di ragione” e “principio di realta’”: una lettura pedagogica, Maura Striano
  16. 2. SCUOLA, GIOVANI, FAMIGLIA E PROCESSI FORMATIVI
  17. XI. La legge del cuore e il delirio della presunzione. Rilettura di una gravidanza isterica, Giuseppe Bertagna
  18. XII. La sessualità “liberata”: tra fermenti pedagogici e inganni educativi, Melania Bortolotto
  19. XIII. Per una pedagogia consapevole un sistema formativo di qualità: spunti dal Sessantotto per i modelli educativi del nostro tempo, Mario Caligiuri
  20. XIV. Giovani e ambiente: verso una educazione al benessere e alla salute attiva, Francesco Casolo
  21. XV. Le nuove parole della didattica, Mario Castoldi
  22. XVI. Alla ricerca della famiglia perduta, Hervé A. Cavallera
  23. XVII. Società e famiglie, particolarmente in Italia, a cinquant’anni dal 1968, Michele Corsi
  24. XVIII. La famiglia tra crisi e trasformazione, Ivo Lizzola
  25. XIX. Formare in un eterno presente, Patrizia Magnoler
  26. 3. IL LAVORO E LE PROFESSIONI EDUCATIVE
  27. XX. Il Sessantotto e la pedagogia come professione, Franco Blezza
  28. XXI. Sessantotto ed umanesimo del lavoro la conquista delle 150 ore per il diritto allo studio dei lavoratori, Andrea Cegolon
  29. XXII. Contestazione e neo-illuminismo nel Sessantotto, Piero Crispiani
  30. XXIII. Il Sessantotto 50 anni dopo. Nuovi scenari per preparare al lavoro, Claudio Gentili
  31. XXIV. Agricoltura sociale: le prospettive occupazionali della nuova ruralità, Alfonso Pascale
  32. XXV. La creatività al potere. Potere alla creatività, Bruno Rossi
  33. 4. MARCELLO PERETTI E IL SESSANTOTTO PEDAGOGICO PADOVANO
  34. XXVI. Dopo il Sessantotto. L’umanizzazione della persona secondo Marcello Peretti, Mirca Benetton
  35. XXVII. Il Sessantotto e la contestazione giovanile nella prospettiva pedagogica di Marcello Peretti, Maria Teresa Moscato
  36. XXVIII. Il significato pedagogico della giovinezza in Marcello Peretti, Carla Xodo
  37. XXIX. Il Sessantotto nell’università e nella scuola pedagogica di Padova, Giuseppe Zago
  38. APPENDICE. DUE TESTIMONIANZE INTERNAZIONALI
  39. XXX. Mayo del 68 y la crisis de la educación occidental: ¿Revo- lución o culminación de un proceso histórico?, Javier Laspalas
  40. XXXI. Mai 1968 et les pratiques pedagogiques dans l’ecole d’au- jourd’hui, Bernard Rey
  41. Indice di alcuni luoghi ed istituzioni
  42. Indice dei nomi