Pandemia e salute: una sintesi di cose lette
in questi mesi
di Ambrogio Manenti
Bisognerà studiare nuove modalità di comportamento, studio, lavoro, vita sociale, per mantenere sempre una distanza di sicurezza l’uno dall’altro. E dovranno essere studiati di nuovo i teatri, gli stadi, i cinema, gli aerei, perché contengano meno gente e meno ammassata.1
A livello individuale, poi, scopriamo la paura della scarsità dei beni. Ciò può essere un aspetto positivo in questa crisi? Essa ci libera dal narcisismo consumistico, dal «voglio tutto e subito». Ci riporta all’essenziale, a ciò che conta davvero: la qualità delle relazioni umane, la solidarietà. Ci ricorda anche quanto sia importante la natura per la nostra salute mentale e fisica.2
In fondo il nostro unico dovere morale è quello di dissodare in noi stessi vaste aree di tranquillità, di sempre maggiore tranquillità, fintanto che si è in grado di irraggiarla anche sugli altri e più pace c’è sulle persone, più pace ci sarà in questo mondo agitato.3
Introduzione
Prevenire eventi come una pandemia non è un atto redditizio a breve termine. Va da sé che né mascherine né test sono stati disponibili in maniera adeguata. La capacità ospedaliera è stata ridotta sotto l’insegna ideologica dello smantellamento del servizio pubblico. La medicina di territorio non è stata mai considerata essenziale. Forti dell’esperienza dell’epidemia di Sars del 2002, paesi come la Corea del Sud e Taiwan hanno predisposto un sistema di prevenzione estremamente efficace: lo screening sistematico e il tracciamento, puntando alla quarantena e alla collaborazione della popolazione adeguatamente informata e istruita. Risultato: confinamento limitato con un danno economico trascurabile. Invece dello screening sistematico, in Italia e negli altri paesi occidentali è stata adottata una strategia piuttosto antica, quella del confinamento, a fronte di una frazione esigua di infetti e, tra questi, di una parte ancora più piccola con gravi complicazioni, parte che comunque è stata maggiore dell’attuale capacità di assistenza dei nostri ospedali. In mancanza di strategie alternative, è stata la sola via percorribile per non condannare a morte centinaia di migliaia di cittadini.4
La pandemia ha reso evidenti alcune debolezze e lacune del nostro sistema sanitario pubblico per come si è andato sviluppando negli ultimi decenni. Occorre una reazione che promuova un cambiamento.
Le debolezze del Sistema sanitario nazionale
Mentre la spesa sanitaria italiana è cresciuta dal secondo dopoguerra e, successivamente, in parallelo a tutto il mondo industrializzato (2,5% nel 1960; 4,1% nel 1970; 5,6% nel 1980; 6,1% nel 1990; e nel 2009 superava il 7%), la sua riduzione a partire dal 2009 ne evidenzia il rilevante definanziamento, in particolare considerando che in questo periodo il Pil è diminuito dello 0,3 annuo (figura 1).5 Diminuisce la spesa pubblica e aumenta l’out-of-pocket expense, cioè il contributo individuale dell’utente al costo del servizio attraverso i ticket.6 7Nel 2009 la spesa dei cittadini copriva il 21% del totale e nel 2017 arrivava a quasi un quarto, il 23,5%: il 46% in più rispetto alla media europea del 16%. Un dato che, se continua a crescere, potrebbe minare l’universalità del sistema sanitario.
Il problema tuttavia non è solo italiano. In Europa i sistemi di assistenza pubblica, per quanto meritevoli, hanno subito un po’ ovunque, con l’eccezione della Germania, tagli di cui ora stanno pagando le conseguenze.8
In realtà, il difetto nel nostro sistema economico ora rivelato dalla pandemia è piuttosto semplice: se una persona positiva è in grado di infettarne molte altre in pochi giorni, e se la malattia ha una mortalità significativa, nessun sistema economico può sopravvivere senza una sanità pubblica forte e adeguata.9 Ma la salute non è mai stata una priorità dei governi. La riduzione del budget pubblico e il contributo finanziario crescente degli utenti hanno creato problemi di equità rispetto all’accesso al servizio sanitario pubblico e ne hanno condizionato la qualità, sia sul territorio sia negli ospedali.10
Le attività di salute del territorio sono andate via via ridimensionandosi nel corso degli ultimi decenni.
Per «salute del territorio» si intendono le attività che si sviluppano sotto l’egida del distretto sanitario: sanità pubblica, medicina di base, servizi infermieristici e sociosanitari, consultorio familiare, assistenza domiciliare. Sono interventi previsti dalla riforma sanitaria, istituita dal Sistema sanitario nazionale con la Legge 833 del 1978,11 e considerati essenziali per la gestione della salute dall’Organizzazione mondiale della sanità con la Dichiarazione di Alma-Ata nel 1978.12
Parla da sé la figura 2, pubblicata nel 1982 da Alessandro Seppilli col titolo Conoscere la riforma sanitaria.
Ma le cose sono andate diversamente.
Il nostro servizio di fatto è sempre stato un servizio centrato sull’ospedale, mentre poche risorse sono distribuite al territorio e pochissime sono dedicate alla prevenzione e alla promozione della salute. Il sistema dei tagli lineari di fatto ha chiuso posti letto, tagliato il personale, e una delle argomentazioni, che in alcuni casi è condivisibile, era «dobbiamo muoverci dall’ospedale al territorio». Molto spesso però quello che è accaduto è stato tagliare i posti all’ospedale e basta.13,14
Le conseguenze di questo approccio hanno purtroppo marcato la gestione della pandemia da coronavirus. Nella lettera indirizzata ai vertici della sanità lombarda, datata 6 aprile 2020 e firmata dagli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, si legge:
Il mancato governo del territorio ha determinato la saturazione dei posti letto ospedalieri […] La situazione disastrosa in cui si è venuta a trovare la nostra Regione, anche rispetto a realtà regionali viciniori, può essere in larga parte attribuita all’interpretazione della situazione solo nel senso di un’emergenza intensivologica, quando in realtà si trattava di un’emergenza di sanità pubblica. La sanità pubblica e la medicina territoriale sono state da molti anni trascurate e depotenziate nella nostra Regione.
Così, nel documento sottoscritto dagli ordini dei medici e odontoiatri del Piemonte, «Ospedale e territorio, realtà indispensabili per gestire la crisi», l’8 aprile 2020, le criticità evidenziate non sono meno gravi:
La gravissima carenza delle attività di igiene pubblica (non si è potenziato numericamente il servizio fin da subito) a causa della quale non è stato possibile intercettare immediatamente sul territorio i sintomatici, i positivi e far seguire a questo il tracciamento rigoroso dei contatti, la quarantena dei conviventi o dei sospetti a rischio con eventualmente: isolamento dei contatti, tamponi sul territorio a malati e contatti, ecc. […] La situazione problematica in cui...