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La Romania nello schema del bipolarismo. Status formale e informale
1. I RAPPORTI TRA LE POTENZE VINCITRICI NELLA GUERRA E LA DETERMINAZIONE DEL POSTO DELLA ROMANIA NELLA SOCIETÀ INTERNAZIONALE
La Romania entrò nella Seconda guerra mondiale dopo che le sue alleanze del periodo interbellico crollarono, mentre il suo territorio fu mutilato nel 1940, da una parte a opera dell’Unione Sovietica, come dall’altra parte dall’Ungheria sotto l’egida della Germania nazista e dell’Italia fascista1. Tutta la costruzione istituzionale tessuta nel periodo interbellico, allorquando la Romania dispose di un corpo diplomatico di qualità, mostrò la sua inconsistenza, mentre il disfacimento del sistema di alleanze evidenziò la mancanza di visione di una classe politica che, dopo il successo della creazione della Grande Romania (România Mare), non fu in grado di produrre gli argomenti necessari per una politica estera che tenesse il passo con gli sviluppi internazionali2.
Di fatto tale mancanza di visione si manifestò tanto nel periodo 1939-1941, quando la Romania non era implicata nel conflitto mondiale, quanto pure dopo l’ingresso in guerra a fianco della Germania3. Basta ricordare in questo senso che, se il maresciallo Antonescu trattò i problemi dello Stato che guidava secondo una concezione specifica del mondo cavalleresco medievale4, neppure i leader dell’opposizione tradizionale – particolarmente Dinu Brătianu e Iuliu Maniu – riuscirono a produrre una diagnosi corretta della situazione reale della Romania, poiché si illudevano che il nostro Paese avrebbe potuto giocare una “politica di bascula” tra le grandi Potenze e che i poli tra i quali si doveva navigare fossero la Germania e la Gran Bretagna5. Tardi, molto tardi, Iuliu Maniu avrebbe ammesso questo errore di interpretazione: «Il mio errore è aver creduto che dovevamo scegliere tra gli Alleati e la Germania, quando, in realtà, dovevamo scegliere tra Germania e Russia»6.
Però nel contesto specifico dell’anno 1940 la Romania scelse la Germania. Nella storiografia romena si ritiene che, né allora, né più tardi, al momento dell’entrata in guerra effettiva, l’opzione della Romania per la carta germanica si fondò su una alleanza, benché Antonescu abbia firmato il 23 novembre 1940 l’adesione al Patto Tripartito7. La Germania avrebbe guardato alla Romania come a un semplice «partecipante alla lotta», situazione che era il risultato «tanto del fatto che lo stesso Patto non era un trattato di alleanza, quanto del ridotto potenziale militare romeno»8. Di fatto, «nessuno status di neutralità, neppure perpetua, avrebbe conferito alla Romania l’intangibilità di fronte all’espansionismo tedesco o moscovita. Si scelse il campo tedesco poiché assicurava l’indipendenza dello Stato (chiaramente limitata), manteneva il regime politico-sociale, prometteva la ricostituzione nella sua interezza del Paese. Le offerte dell’altra parte erano la snazionalizzazione, un sistema politico, economico e sociale estraneo allo spirito nazionale. L’opzione della guerra a fianco della Germania non ebbe alternativa»9.
L’evoluzione delle ostilità militari, in modo particolare la prospettiva sempre più chiara della sconfitta da parte della Germania, mise la Romania – tanto il governo antonesciano, quanto i partiti politici di opposizione – in condizione di cercare l’uscita dalla collaborazione militare con la Germania e la sospensione della guerra contro le Nazioni Unite10. Con formule diverse, il governo e l’opposizione auspicavano un coinvolgimento degli anglo-americani, ma dovettero confrontarsi con un problema essenziale, cioè la posizione dell’Unione Sovietica verso la Romania. La dichiarazione di Vjačeslav M. Molotov del 2 aprile 194411 con la quale si indicava che l’Unione Sovietica non progettava l’annessione di nessuna parte del territorio romeno o la modificazione del suo regime sociale era destinata a tacitare i timori di parte romena. Sempre in tal senso, il contenuto della proposta sovietica di convenzione armistiziale del 12 aprile dello stesso anno12 era relativamente moderato, sebbene causasse reazioni divergenti nell’ambiente politico di Bucarest: essa fu respinta dal governo Antonescu, ma fu considerata dall’opposizione nettamente incoraggiante per preparare lo sganciamento dalla Germania.
La Romania però doveva essere una delle prime vittime della politica anglo-americana di accondiscendenza di fronte alle pretese dell’Unione Sovietica13. Questo è il motivo per il quale tutte le proposte avanzate dall’emissario romeno Barbu Stirbey ai rappresentanti alleati al Cairo rimasero senza risposta. Di conseguenza, l’atto politico-militare del 23 agosto 1944, cioè il rovesciamento del regime antonesciano e l’affiancamento alla coalizione delle Nazioni Unite, fu compiuto in assenza di un’intesa con carattere politico-giuridico, poiché la convenzione armistiziale fu siglata a distanza di tre settimane dal momento di svolta nella conduzione della guerra. Evidentemente, i termini di questo armistizio erano radicalmente più esigenti rispetto alla proposta del 12 aprile 194414.
1.1 La situazione della Romania dopo l’affiancamento alla coalizione delle Nazioni Unite
La sigla a Mosca, il 12/13 settembre 1944, della «Convenzione di armistizio tra il governo romeno da una parte e i governi dell’Unione Sovietica, del Regno Unito e degli Stati Uniti d’America dall’altra parte» segnò non solo il riconoscimento dell’uscita formale della Romania dalla guerra contro le Nazioni Unite e l’affiancamento a tale coalizione15, ma anche il primo documento internazionale concernente la Romania che contenesse elementi di natura da definirne lo status politico postbellico16. Secondo i termini dell’articolo 18 della Convenzione, si costituiva la Commissione alleata di controllo, che «prendeva su di sé, fino alla conclusione della pace, il regolamento e l’esecuzione delle presenti condizioni, sotto la direzione e gli ordini dell’Alto Comando alleato (sovietico), che lavorerà in nome delle Potenze alleate». Praticamente, la semplice espressione «Alto Comando alleato (sovietico)», onnipresente nel testo della Convenzione, mostra con chiarezza chi aveva il controllo in Romania e a quale zona di influenza doveva appartenere il Paese.
Di fatto, i termini della Convenzione e la sua applicazione successiva rappresentavano la messa in pratica del risultato delle trattative sovietico-britanniche del 1943-1944, poiché ora è noto il fatto che l’abbandono, alla Conferenza di Teheran (1943) dei tre Grandi (W. Churchill, F.D. Roosevelt, I.V. Stalin) del piano britannico concernente uno sbarco anglo-americano nei Balcani condusse al riconoscimento da parte di Londra del primato di Mosca in ciò che riguardava le questioni romene. Di conseguenza, il 5 maggio 1944, il capo della diplomazia britannica, Anthony Eden, propose all’ambasciatore sovietico a Londra, Fëdor Gusev, che la Gran Bretagna assumesse la responsabilità principale nelle questioni greche, e l’Unione Sovietica in quelle romene17, accordo accettato con difficoltà dagli USA – prima dal presidente Roosevelt, poi, il 15 luglio 1944, anche dal Dipartimento di Stato – ma con la precisazione che «non saranno stabilite sfere di influenza di nessun genere» e con l’intesa che era un periodo di prova di durata di tre mesi18. “L’accordo delle percentuali” siglato nell’ottobre 1944 in occasione della visita a Mosca del premier britannico Winston Churchill – recatosi in Unione Sovietica senza l’alleato americano, trattenuto negli USA per lo svolgimento dell’ultima fase della campagna elettorale19 – non fece che confermare i termini dell’accordo concordato precedentemente20, per cui le due Potenze agirono in seguito in virtù delle sue disposizioni, rispettando a grandi linee le sfere di influenza definite21.
L’uscita della Romania dal sistema dei satelliti dell’Asse indusse comunque la Gran Bretagna a sollecitare i sovietici, nel contesto della Convenzione armistiziale con la Romania, di chiarire specialmente due punti: la somma precisa delle riparazioni richieste dall’Unione Sovietica e la rappresentanza anglo-americana nella Commissione alleata di controllo. Se nella questione delle riparazioni le richieste dell’Unione Sovietica (300 milioni di dollari americani) furono considerate ragionevoli da parte britannica, ma accettate a fatica da parte americana e solo con l’intesa che non costituissero un precedente22, per ciò che riguarda l’ultimo punto, è giusto segnalare il desiderio dei sovietici di non condividere il potere in Romania con gli occidentali. Il capo della diplomazia sovietica Molotov, muovendo dal fatto che la Gran Bretagna e gli USA si erano garantiti il controllo occidentale sull’Italia con la limitazione della partecipazione sovietica nella Commissione alleata di controllo, «ha deciso di fare della Romania l’Italia di Mosca»23. Di conseguenza, la Commissione alleata di controllo in Romania avrebbe operato esattamente come la Commissione alleata di controllo in Italia… ma al contrario.
Il periodo che seguì la firma della Convenzione armistiziale fu caratterizzato da tendenze contrastanti nella politica delle grandi Potenze rispetto alla Romania, come espressione del fatto che, sebbene nell’autunno dell’anno 1944 sembrava che le regole del gioco fossero già definite, in realtà nei rapporti tra i grandi attori della vita internazionale nulla ha forma definitiva.
Sicché, in un momento in cui i comunisti romeni erano ancora debolmente organizzati e poco rappresentati nel primo governo di Constantin Sănătescu, le forze militari sovietiche di occupazione tennero le autorità romene costantemente sotto pressione, in generale per quanto riguarda l’adempimento delle condizioni previste nella Convenzione. Una importanza a parte fu data alla questione della Transilvania – restituita (integralmente «oppure la maggior parte di essa») alla Romania secondo le disposizioni dell’articolo 19 della Convenzione, ma a condizione di una conferma nel trattato di pace – poiché le forze sovietiche di occupazione ne assunsero, nel mese di ottobre 1944, l’amministrazione diretta e la usarono come forma di ricatto nei confronti del secondo governo Sănătescu e del governo di Nicolae Rădescu, per affidarla, il 9 marzo 1945, al governo di Petru Groza, come una forma di premio24. La stessa formazione del primo governo dominato dai comunisti rappresentò, però, la principale preoccupazione dei sovietici nel processo di instaurazione del loro dominio in Romania, ma per raggiungere tale scopo non avevano che da scegliere i mezzi. La crisi di governo aperta a Bucarest il 24 febbraio 1945 fu portata a soluzione rapidamente da Mosca, poiché il suo emissario Andrei I. Višinskij, commissario del popolo aggiunto per gli Affari Esteri, impose al re Michele la formazione, il 6 marzo 1945, del governo guidato da Petru Groza25, cioè di un esecutivo guidato dall’uomo scelto dai sovietici e costituito da comunisti o da rappresentanti di altri orientamenti politici, ma riguardo ai quali vi erano chiari indizi che sarebbero stati docili strumenti nelle mani dei primi. Il passo seguente fu, il 7 marzo 1945, la presentazione, da parte di un rappresentante del “disciolto Comintern”, a un’équipe di comunisti “moscoviti”, del piano di inizio della comunistizzazione della Romania, le cui componenti dovevano essere messe in pratica nel periodo 1945-194926.
In tutte le azioni di questo periodo i sovietici capirono come muoversi per conto proprio e come andare oltre le prerogative speciali che avevano conformemente alla Convenzione armistiziale e agli accordi realizzati con i britannici nell’autunno del 1944. Il mancato approccio da parte degli anglo-americani alle questioni romene in occasione della Conferenza interalleata di Jalta, del 4-11 febbraio 1945, servì pienamente al gioco fatto dai sovietici. Tuttavia, suscitò la preoccupazione degli anglo-americani il fatto che Mosca non si degnasse di informarli riguardo ad alcune decisioni concernenti la Romania e più precisamente che avesse rivolto delle direttive al governo romeno in nome della Commissione alleata di controllo senza informare gli alleati anglo-americani27.
Per ciò che riguarda i britannici, il loro margine di manovra era limitato dagli impegni assunti con i sovietici, in linea con i loro interessi geos...