Introduzione
Canone Occidentale1
a) Essere ed epistème
L’essere è contraddizione.
Questo il presupposto e il demonstrandum.
Una sfida al secolare “Horror” per la contraddizione tipico, già secondo Hegel, della filosofia dell’Occidente, ma anche della sua cultura, storia, finanche religione (di tutte e tre le grandi monoteistiche)2.
Il presente è un saggio contro l’Ontologia e(/i.e.) contro la Metafisica. L’obiettivo è negare che la contraddizione sia “nulla” o che sia necessaria la “risoluzione /Auflösung/ della contraddizione nel nulla”.
C’è un “lato positivo” della contraddizione. Anzi il più positivo di tutti, quello per cui essa vale come “assoluto fondamento /absoluter Grund/ o ragion d’essere”3.
La contraddizione dunque come positività. Positività perché fondamento e dunque “ragion d’essere” di ogni positivo, di ogni ente.
La contraddizione della Meinung, cioè le infinite contraddizioni che possiamo quotidianamente riscontrare nell’esperienza, queste sì si risolvono, ma non nella pace dei sensi di una identità astratta, piuttosto nella vera contraddizione.
Le contraddizioni si risolvono nella contraddizione ovvero la contraddizione metafisica cade nel suo fondamento: la contraddizione trascendentale. Che “la contraddizione risoluta /aufgelöste/ è il fondamento”4 significa appunto che la contraddizione si risolve nella contraddizione. Quella falsa dell’esperienza in quella vera dell’essere (che della prima è tanto condizione di possibilità, quanto di risoluzione).
L’essere come contraddizione è Auflösung della contraddizione.
Un tale ordine di questioni di filosofia prima è il tema di questo saggio.
In concordia discors con il pensiero di Emanuele Severino.
Severino sostiene che l’Essere ovvero “il destino appare ovunque una cosa appaia”; che ad apparire sia una persona, “ma anche il cielo, la terra, il mare, il vento” ecc.
L’essere “è il loro sottosuolo” dice Severino, il sottosuolo di tutto ciò che appare. E che anzi “appare anche in tutte le obiezioni, esplicite o implicite, che gli vengono rivolte” (TM 30), l’essere appare (anche) in tutte le possibili negazioni dell’essere.
Che si tratti della “cose” o del loro contrario il “sottosuolo” ovvero il fondamento è identico.
Il problema è allora il senso dell’essere ovvero il sottosuolo del sottosuolo, l’essere del sottosuolo (che l’essere è).
Il confronto con Severino verte proprio sul senso dell’essere.
Il “criterio” della nostra “obiezione” sarà precisamente quello della “contrapposizione” della contraddizione all’Essere. Anzi senz’altro della “esclusione”, cioè del rifiuto in punto di teoria, dell’“esser sé e non l’altro da sé” dell’Essere dell’ontologia5. L’“obiezione” nega (cioè esclude) l’assolutezza dell’Essere.
Il libro dà conto del senso e della legittimità dell’“obiezione”.
Anche per Severino la “contraddizione” giace al fondo della “struttura originaria”. Ma altrettanto necessariamente per lui questa contraddizione fondamentale (e fondamentalmente nichilista) va tolta. Se la contraddizione è il “sottosuolo” dell’Occidente, l’Essere, secondo Severino, è “il sottosuolo del sottosuolo”, quello che si tratta di svelare per riaprire “il luogo della Necessità (ossia la struttura originaria della Necessità)” (SO 14). Secondo questo schema, se “il de-stino – l’estrema intensità (de) dello stare (de-stino) è l’assolutamente innegabile” (MT 30), allora la “contraddizione” come “sottosuolo” della terra nichilista è infirmata proprio dalla ostensione della “Necessità” di ultima istanza. Dalla inamovibilità della Verità come incontraddittorio.
Dunque la “contraddizione” come problema. Del nichilismo, ma anche del pensiero che ambisce a criticare in radice il nichilismo (il pensiero appunto di S).
In questo saggio si contesta che “il sottosuolo del sottosuolo” sia l’Essere, cioè l’Incontraddittorio.
Si considera Essere proprio la Contraddizione e il suo (della Contraddizione) Principio come principio di verità. Verità (i.e. “sottosuolo”) del non-vero, cioè del finito, dell’ente, del dire, del conoscere. Sua (del finito) ragion d’essere.
Se per Severino l’essere “appare ovunque qualcosa appaia”, nel senso che “sta alle loro /delle cose/ spalle, le sorregge, è il loro sottosuolo” (MT 30), secondo questa lettura il “sottosuolo”, ciò che è “alle spalle e sorregge”, è piuttosto la contraddizione.
Di questo si tratta.
È stato notato, entro un interessante raffronto fra le filosofie di Severino e Massimo Cacciari, che nel filosofo veneziano è centrale “l’immediatezza dell’essere”, nel senso del darsi molteplice e immediato degli enti che presuppone proprio la contraddizione come “elemento strutturale e costitutivo della realtà”6. In questo senso in Cacciari non c’è trascendenza fra “dóxa” e “alétheia”7. “La possibilità della contraddizione” è tutta presso la cosa: “in questo Singolo, allora, fa segno di sé l’Inizio illimite”8. L’ente esaurisce la dimensione ontologica. Il “fondo”, il ...