Capitolo 1
Se non si conosce il prima,
non si comprende il dopo
e il perché del sabotaggio
Per dare un punto di partenza preciso alla lettrice e al lettore partiamo dalla situazione venutasi a creare già nel 2007 e per fare ciò ci facciamo aiutare dal contenuto di una lettera inviata nel gennaio di quell’anno da un gruppo di lavoratori iscritti alla CGIL della Lombarda Petroli (in seguito LP). Lavoratori che scrivono all’allora assessore all’ambiente della provincia di Milano (Monza e Brianza non era ancora provincia) Bruna Brembilla.
Lettera per altro sollecitata dall’assessore stesso che voleva avere un quadro più chiaro sulla situazione dell’area, viste le competenze che l’ente aveva a quel tempo in materia di gestione del territorio e di bonifiche.
L’area Lombarda Petroli si estende complessivamente per oltre 309.000 mq nella parte Sud del territorio del comune di Villasanta confinando in parte con il comune di Monza. È costeggiata per tutto il suo lato Ovest dalla ferrovia Milano-Lecco e dal tronco Monza-Molteno da cui parte il raccordo ferroviario entrante in azienda.
L’attività preponderante svolta sul sito è stata quella di raffinazione e stoccaggio di prodotti petroliferi, condotta dal dopoguerra fino al 1984. Dalla fine degli anni ’80 e fino ad oggi, la Lombarda Petroli è solamente un deposito di stoccaggio e movimentazione di combustibili ad uso riscaldamento e autotrazione.
In quest’ultimo lustro lo stoccaggio predominante è quello del Biodiesel Vegetale (non idrocarburo fossile) per conto terzi, deputato alla fornitura quasi esclusiva dei mercati di paesi europei (più lungimiranti del nostro, evidentemente).
L’attività aziendale ha sempre vissuto sotto il segno di convenzioni stipulate tra l’azienda stessa e il Comune di Villasanta, e in particolare l’ultima di queste, quella sottoscritta nel 2002, prevede la cessazione definitiva dell’attività entro il 2008, a favore di un Piano Particolareggiato che prevedeva abbondanza di superfici destinate ad uso industriale e terziario, solamente 3000 mq di residenziale (su un’area complessiva di 309.000 mq…) e il restante a verde pubblico.
I proprietari, la famiglia Tagliabue di Monza, non riuscendo a trovare migliori intese con l’ente comunale per una diversa progettualità, si sono così visti in qualche modo costretti a passare la mano vendendo l’intera area a un immobiliarista.
Sull’area, già da anni, in previsione delle dismissioni, si è in fase di caratterizzazione per lotti. Una cospicua parte che comprendeva tra l’altro il parco serbatoi e alcune pensiline di carico, è in fase di svincolo, parte per edificazione industriale e parte a verde, senza la necessità di alcuna azione di bonifica.” (…) Oggi i nuovi proprietari, Addamiano Costruzioni, che hanno già edificato l’area dismessa della ex Autobianchi di Desio, difendono i propri interessi chiedendo di passare ad un progetto che preveda una ben più congrua presenza di residenziale (ne vorrebbero 90.000 mq in luogo dei citati 3.000). Non è certo loro principale interesse mantenere strutture efficienti che però nulla hanno a che vedere con la loro attività questa casomai dovrebbe essere cura dei progettisti Comunali che ancora una volta, l’ennesima, rielaboreranno il Piano Particolareggiato, aggiungendo sperpero allo sperpero.
(…)
Le strutture di cui parliamo sono principalmente rappresentate dal raccordo ferroviario, come già detto, il quale entra nella nostra area distaccandosi dalla limitrofa linea Monza-Molteno. Proprio dalla attività di movimento merci della Lombarda Petroli deve la sua sopravvivenza e dalla tubazione interrata (oleodotto) che ci unisce a Lacchiarella (Pavia), Cremona e Genova.
Quindi i lavoratori della LP avevano delle idee e delle proposte sul futuro dell’ex deposito; progetti per altro condivisi con la proprietà. Dal canto suo l’immobiliare degli Addamiano aveva esclusivamente intenti edificatori con pretese di ulteriori cubature.
Nel mezzo il Comune di Villasanta che, a seconda del colore dell’amministrazione, accentuava o meno le disponibilità a concedere metri quadrati di cemento per incamerare il più possibile gli oneri di urbanizzazione, una vera manna per le casse degli enti locali ormai vessati dal centralismo di Governo e Regione.
Inoltre, il comune di Villasanta e i suoi abitanti hanno spesso mal tollerato la presenza della LP che occupa almeno un terzo dell’intero territorio comunale, ritenendola una bomba ecologica a tempo.
Allora la dismissione poteva essere il pretesto per ripensare e ridisegnare tutto il comparto facendolo diventare una occasione per i villasantesi, per la Brianza e per la Lombardia. Il Comune da tempo operava per imporre bonifiche e per rendere meno impattante le attività di stoccaggio e trasporto dei combustibili.
Ma non c’è traccia di intese e protocolli fra LP e amministrazione comunale per progetti di rilancio produttivo. Solo una ipotesi di una centrale a gas metano per il teleriscaldamento; ma nulla di progettualmente rilevante per il futuro.
Appare per altro paradossale il fatto che nel 2009 viene premiato il progetto “Green Eco Park” nel quadro delle iniziative sulla ecosostenibilità verso “Expo2015”. Un progetto in collaborazione con gli studenti dell’IPSIA di Monza, oggi “Enzo Ferrari”, LP e un privato.
Nonostante il progetto fosse a disposizione degli uffici comunali di Villasanta nulla si mosse. Così, senza troppi giri di parole, sull’area della ex LP si giocavano due correnti di pensiero: una con progetti che avessero al centro l’ambiente e le persone che vivevano limitrofe all’area; l’altra incurante sia del territorio che della legalità.
Le mani che hanno aperto le valvole dei serbatoi della LP, provocando il disastro ambientale che conosciamo, sono state mosse da chi nell’ombra operava per la seconda ipotesi.
Anche perché, dopo il fallimento della LP e l’arrivo della curatrice fallimentare, l’area è totalmente deprezzata e attende solo di essere acquistata per centinaia di migliaia di euro e non milioni come fu oggetto della trattativa fra gli Addamiano e i Tagliabue.
Inutile nascondersi dietro un dito; tutti i politici e gli osservatori economici sanno benissimo che i privati, i quali hanno le risorse economiche e i mezzi per acquistare, smantellare, smaltire e fingere di bonificare l’area, sono terminali economici spesso legati a organizzazioni criminali, in particolare la ’ndrangheta, che in questo settore ha un vero e proprio monopolio.
Capitolo 2
I fatti e gli eventi
seguenti il sabotaggio
Le tecniche di carico delle autobotti
Molti si chiederanno come avvenivano le operazioni di carico dei vari combustibili nelle autobotti. In base agli ordini e alle informazioni dei camion che sarebbero arrivati nella giornata, e di quali combustibili si trattava, venivano attivate le pompe di spinta e di riscaldamento del prodotto nel grande serbatoio dove il combustibile era stoccato. Solo col prodotto riscaldato, se necessario, il combustibile usciva dal serbatoio e poteva arrivare, attraverso una rete di tubazioni, al ponte di carico delle autobotti.
Qui ci sono degli enormi manicotti o bocchettoni di metallo con una curva finale verso il basso. L’autobotte si posizionava sotto il ponte di carico, veniva infilato il bocchettone nell’apertura superiore dell’autobotte. Poi venivano aperti i chiusini di carico sui bocchettoni e la valvola che scaricava il prodotto nel serbatoio dell’autocisterna attivando le pompe di carico.
Per tenere aperti i chiusini dei bocchettoni era stato escogitato un marchingegno di metallo che, opportunamente posizionato, evitava di utilizzare la mano. Questo espediente è stato utilizzato la notte dello sversamento. Tanto quanto sono state avviate le pompe dalle pulsantiere sul ponte di carico.
Cioè sono state espletate di notte al buio, tutte le operazioni che normalmente venivano fatte di giorno, da persone che conoscevano il posto e sapevano dove e come operare. Per altro appare sin troppo evidente che queste manovre non avrebbe potuto farle una sola persona.
Sinteticamente le operazioni in sequenza, per consentire l’uscita del combustibile dal serbatoio erano le seguenti:
– apertura manuale della valvola di caricamento posta alla base del serbatoio sempre chiusa;
– accensione tramite un pulsante della pompa elettrica in tensione ma normalmente spenta;
– apertura manuale di una valvola posta sul ponte di carico.
Le manovre per il sabotaggio sono state effettuate da persone adeguatamente istruite da soggetti che conoscevano le attività operative della LP e che sapevano l’espediente del “fil...