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“IL PERVERSO POLIMORFO”: TRATTO DELLA SESSUALITÀ E POSIZIONE SESSUATA
Siamo soliti parlare della sessualità infantile, e anche dell’infantilismo della sessualità, ponendo sempre l’accento su un tratto da cui la sessualità umana non può prescindere: il suo carattere perverso polimorfo.
Nella Lezione 13: Tratti arcaici e infantilismo del sogno, Freud parte dal presupposto che il bambino possieda una ricca vita sessuale e che ciò che può essere detto “perverso” nell’adulto, dipenda da alcune condizioni specifiche:
Primo, per l’incuranza della barriera tra le specie (dall’abisso tra uomo e animale); secondo, per lo scavalcamento della barriera del disgusto; terzo di quella dell’incesto (del divieto di ricercare soddisfacimento sessuale con stretti consanguinei); quarto, di quella dell’uguaglianza di sesso e, quinto, per il trasferimento del ruolo dei genitali ad altri organi e parti del corpo.1
Nel prosieguo, Freud aggiunge che tutte queste barriere non sono presenti nella vita psichica infantile, ma bensì vengono erette a posteriori:
Il bambino piccolo ne è libero. Egli non conosce ancora il grande abisso tra uomo e animale; l’orgoglio con cui l’uomo si separa dall’animale cresce in lui solo più tardi. Inizialmente non mostra alcun disgusto di fronte agli escrementi, ma lo apprende lentamente, indottovi dall’educazione; non dà alcun particolare valore alla differenza tra i sessi, e attribuisce anzi ai due sessi la stessa conformazione dei genitali; rivolge le sue prime brame sessuali e la sua curiosità sulle persone a lui più vicine e, per altri motivi, più care: sui genitori, sui fratelli, su chi ha cura di lui; e infine si evidenzia in lui – ciò che più tardi proromperà di nuovo al culmine del rapporto amoroso – il fatto che egli non si aspetta piacere solo dalle parti sessuali, ma che molte altre parti del corpo reclamano per sé la medesima sensibilità, permettono analoghe sensazioni di piacere e possono quindi svolgere il ruolo di genitali. Il bambino può quindi venir definito “perversopolimorfo” e, se esercita tutti questi impulsi solo in forma rudimentale, ciò dipende, da una parte, dalla loro minor intensità rispetto a periodi successivi della vita, e dall’ altra, dal fatto che l’educazione reprime subito energicamente tutte le manifestazioni sessuali del bambino.2
Ci imbattiamo qui nella caratterizzazione, fin troppo nota, del bambino come perverso polimorfo, che tanto è stata diffusa. In questo punto si sta parlando di un aspetto universale, di un tratto proprio della sessualità infantile, insito alla condizione umana. Tuttavia, si potrebbe mettere in tensione quest’affermazione con una sottile disquisizione che Freud ha sollevato nel 1905 – quando scrisse Tre saggi sulla teoria sessuale – che non invalida in alcun modo quanto detto nel precedente paragrafo, ma che vi introduce chiaramente una sfumatura interessante.
È opportuno tornare ai Tre saggi, a questo testo letto tante volte, alla ricerca di quanto già conosciuto, per scoprire con sorpresa un piccolo scivolamento, un dettaglio che invita a formulare la seguente domanda: è la stessa cosa parlare del tratto proprio della sessualità infantile come perversa polimorfa, che fare riferimento al bambino come perverso polimorfo? Partendo dal testo freudiano è possibile differenziare la disposizione perversa polimorfa da quella che è la posizione perversa polimorfa.
Freud presenta questo testo diviso in tre piccoli saggi, che partono dalle aberrazioni sessuali e culminano interrogando la scelta dell’oggetto nella pubertà, dopo la seconda ondata pulsionale. Il punto di ancoraggio in cui si annodano i due poli è, senza alcun dubbio, il paragrafo dedicato alla sessualità infantile. La sua teoria delle pulsioni parziali permette a Freud di parlare di una sessualità che sfugge alla logica della riproduzione, ponendo l’accento sulla soddisfazione come unica meta. È a partire da questo concetto che la suzione, l’evacuazione delle feci e l’interesse per i genitali si costituiscono come esponenti chiave della masturbazione, mettendo in luce l’esistenza della sessualità infantile propriamente detta.
Di fatto, Freud giunge a dire che qualsiasi trasgressione propria dei perversi non risulta estranea alle persone definite “sane”, facendo del tratto perverso della sessualità un aspetto universale: “la disposizione alle perversioni non è affatto una rara particolarità, bensì un elemento di quella che è ritenuta la costituzione normale”3. Successivamente, Freud fa esplicito riferimento alla sessualità infantile, al fine di stabilire un nesso con il secondo saggio.
Per Freud, in questa fase della sua opera, la perversione diventa un sintomo patologico quando il tratto si fissa e diviene esclusivo, al punto di fare a meno persino dell’oggetto d’amore. Il tratto cessa di essere attributo dell’oggetto per sostituirlo.
Nel secondo capitolo dei Tre saggi, Freud si occupa di legittimare la pulsione sessuale nell’esperienza infantile. Se fino a quel momento sessualità ed infanzia costituivano concetti disgiunti, Freud li coniuga a partire dalla precisa localizzazione della pulsione sessuale nel terreno dell’infanzia. Dunque, abbiamo precedentemente accennato a questa “disposizione” che sarebbe presente in tutti gli esseri umani e che Freud chiama “perversa polimorfa”. A tal proposito, uno dei paragrafi ha come titolo: “La disposizione perversa polimorfa”.
È esattamente questo il punto da cui si può estrarre la seguente ipotesi: è opportuno distinguere il polimorfismo proprio della sessualità infantile, centrato sulla parzialità della pulsione, così come anche il tratto perverso che tale sessualità porta – nella misura in cui si allontana dalla norma che orienterebbe l’atto sessuale a fini riproduttivi – da qualcosa d’altro, che Freud argomenta con molta raffinatezza:
È istruttivo che il bambino possa, sotto l’influsso della seduzione, diventare un perverso polimorfo e possa essere avviato a tutte le possibili prevaricazioni. Ciò dimostra che egli è costituzionalmente a ciò qualificato; la realizzazione incontra poi scarse resistenze perché gli argini psichici verso le stravaganze sessuali – pudore, disgusto, e morale – sono, secondo l’età del bambino, o ancora sconosciuti o appena in formazione.4
Qualche paragrafo prima, Freud aveva affermato che la sessualità del bambino si sveglia in modo spontaneo per cause interne e che, pertanto, non renderebbe di per sé necessaria la seduzione. È opportuno, dunque, interrogarsi sugli effetti non delle fantasie primordiali che vengono in aiuto al nevrotico per coprire il suo godimento, ma di ciò che accade quando a queste cause interne si aggiungono forme di legame con l’Altro che iniettano un “eccesso” di godimento che il bambino non è in grado di gestire. Non si tratta di un godimento attribuito all’Altro, ma di un godimento esercitato sul corpo del bambino, ancora soggetto alle forme del “dare a vedere” proprie dello sguardo. In effetti, nella conferenza citata prima, Freud aggiunge quanto segue:
Nel caso in cui siano lasciati a sé stessi, o sotto l’influenza di una seduzione, i bambini si esibiscono spesso in prestazioni notevolissime di attività sessuale perversa.5
Il bambino “può trasformarsi” in un perverso polimorfo solo se non lo è. Quindi, quando affermiamo che il bambino è un perverso polimorfo, in realtà dovremmo dire che la sessualità infantile èperversa polimorfa, e differenziarla da quella che sarebbe la prima manifestazione di una certa posizione rispetto alla sessuazione. In questo senso, dinanzi al carattere perverso polimorfo della sessualità, non tutti i bambini assumono la stessa posizione. Qualcosa si inscrive e qualcosa viene respinto, dando luogo a ciò che intendiamo situare come posizione perversa polimorfa nell’infanzia.
LA LATENZA (LA SOSPENSIONE TRA I DUE TEMPI)
Nel secondo saggio, Freud considera altri elementi fondamentali del percorso che va dall’infanzia alla pubertà. Alla prima ondata pulsionale dovrà seguire – come operazione logica che segue il superamento del complesso di Edipo – quella che egli chiama “latenza”. La latenza è accompagnata dall’amnesia che ricopre il tempo logico precedente. Risulta interessante notare come l’autore presenti tale concetto congiuntamente ad un altro termine, parlando di “latenza o differimento”.6 Ciò che è latente dà conto di qualcosa che si scrive nei termini della diade presenzaassenza, e il differimento introduce il carattere temporale: ciò che è differito è qualcosa che appare in un tempo diverso, a posteriori, a tempo debito, introducendo una discontinuità tra il primo tempo dell’infanzia, istituente e costituente l’infantile e la seconda ondata pulsionale, propria dell’ingresso nella pubertà.
Il tempo della latenza e del differimento è il tempo stesso della costruzione dei limiti morali, costruzione che avviene tramite un minuzioso lavoro psichico circa l’intento di dominare la pulsione. Latenza e limite, in questo senso, sono contemporanei. Questo è anche il tempo della sublimazione e delle formazioni reattive, da qui, ciò che era normale nel primo tempo (assenza di pudore, repulsione e giudizio morale) subisce una trasformazione, che avrà un’incidenza sul corpo proprio e sulla relazione con il corpo dell’altro. La spietatezza, accettata dal bambino piccolo come qualcosa di assolutamente naturale del carattere infantile, deve subire “l’inibizione che arresta la pulsione di appropriazione davanti al dolore altrui”7.
Questo limite, che agisce come freno a fronte della constatazione di star esercitando un’azione che produce dolore nell’altro è, insieme alla compassione, uno degli effetti del passaggio attraverso la fase di latenza. Nel prosieguo, Freud aggiunge:
L’assenza della barriera della compassione comporta il pericolo che questo collegamento tra pulsioni crudeli e pulsioni erogene, avvenuto nell’infanzia, si dimostri più tardi nella vita indissolubile.8
Ecco qui un punto cruciale, sul quale torneremo più tardi. Prima di compiere questo passo, faremo un breve excursus riguardo alla questione della perversione infantile nella fase iniziale dell’insegnamento di Lacan.
L’INTERROGATIVO SULLO STATUTO DELLA PERVERSIONE INFANTILE IN LACAN
Fin dal Seminario I, Lacan fa riferimento al bambino come perverso polimorfo. Rintraccia una “perversione primaria” e cerca di collocare la perversione in ciò che chiama – in quel periodo del suo insegnamento – la “dialettica intersoggettiva”, dialettica che implica sempre un elemento terzo. Lacan afferma che se Freud ha pensato il bambino come un perverso polimorfo, ciò si debba al fatto che la perversione suppone la dimensione dell’intersoggettività immaginaria. Questa dimensione si incontra associata allo sguardo:
Ho tentato poco fa di farvi cogliere la dimensione dell’intersoggettività immaginaria in quel duplice sguardo che fa sì che io veda che l’altro mi vede, e che un terzo che interviene mi veda visto. Non vi è mai una semplice duplicità di termini. Non è soltanto il fatto che io veda l’altro: io lo vedo che mi vede, e questo implica il terzo termine, e cioè che egli sappia che io lo vedo. Il cerchio è chiuso. Ci sono sempre tre termini nella struttura, anche se questi tre termi...