Sul bordo del caos
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Sul bordo del caos

Complessità, terapia sistemica e dipendenze

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Complessità, terapia sistemica e dipendenze

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La clinica delle dipendenze è una pratica complessa, appassionante, faticosa. Ma è anche molto più di tutto questo: è il confronto – a volte brutale – con questioni comuni a ogni essere umano. Come ci ritroviamo imprigionati in comportamenti, posizioni relazionali e narrazioni da cui non riusciamo più a uscire? E, più profondamente, come attraversiamo le fasi di cambiamento della nostra vita e le parentesi di instabilità che ne conseguono? Questo libro, frutto di diversi anni di esperienza sul campo e di insegnamento, propone delle mappe innovative per orientarsi nel paesaggio delle dipendenze. La teoria del caos, la terapia narrativa, la teoria dei sistemi complessi e una visione ricorsiva del tempo sono il filo rosso che guiderà il passaggio dalla teoria alla pratica, dalla classificazione ai modelli di intervento, dall'epistemologia ai numerosi casi clinici.

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Informazioni

Anno
2020
ISBN
9788857571744
Capitolo 1
La prima collina:
la dimensione auto-organizzativa
In questo Capitolo proveremo a descrivere come il sistema si struttura (Maturana e Varela 1980) intorno al sintomo, come la sostanza dà forma alle relazioni significative della persona dipendente. Ma, prima, facciamo un passo indietro.
Secondo Heylighen (2008), l’auto-organizzazione è “responsabile della maggior parte dei patterns, delle strutture e delle predisposizioni all’ordine che troviamo nel mondo naturale e di una gran parte di quelli nel campo della mente, della società e della cultura” (p. 2).
Kauffman (1993) considerava che in biologia l’ordine era dovuto a due processi: la selezione naturale e l’auto-organizzazione.
Ma cosa intendiamo per auto-organizzazione, ovvero questo processo così centrale nel dare struttura ai fenomeni?
Nella teoria della complessità (Waldrop 1992; Haken 2000; Heylighen 2001), l’auto-organizzazione ha una definizione semplice: è l’emergenza spontanea di una struttura (o ordine) a partire da delle interazioni locali tra parti. Per “spontanea”, si intende non provocata o imposta da un agente esterno, né predeterminata. Con “emergenza”, invece, si fa riferimento al fatto che le proprietà di quell’ordine non sono riconducibili al funzionamento delle sue parti. Un esempio di proprietà emergente è la coscienza, che “emerge” dal cervello, ma non è riducibile alla composizione del cervello stesso; oppure la vita di una cellula, che “emerge” dall’insieme delle molecole che la formano, ma che nessuna delle molecole stesse possiede individualmente.
Esistono molti esempi di auto-organizzazione in natura. Pensiamo a uno stormo di centinaia di uccelli (Hildenbrandt et al. 2010), che si muovono all’unisono mantenendo una forma coerente. Oppure a un banco di (migliaia di) pesci: ogni singolo pesce è capace di percepire e di allinearsi solo ai movimenti dei pesci immediatamente adiacenti a sé, eppure dalla somma di queste “interazioni locali”, per propagazione, emerge una struttura non predeterminata né centralizzata, ma altamente coesa (Ward et al. 2008). Forme elaborate di auto-organizzazione sono state ritrovate ugualmente nelle formiche e nelle api (Jeanson et al. 2005; Dussutour et al. 2004).
Numerosi casi di auto-organizzazione sono presenti anche nel campo della fisica (Haken 2000; Heylighen 2008). Basta pensare alla magnetizzazione delle sostanze ferrose: a bassa temperatura, i singoli spins tendono ad allinearsi ai loro vicini, creando un orientazione magnetica collettiva invece di annullarsi reciprocamente. Altri esempi sono l’emergenza della coerenza delle luci nei laser o ancora i processi complessi di cristallizzazione dei polimeri.
Anche nel campo delle scienze sociali sono stati studiati diversi fenomeni di strutture che emergono e oltrepassano le interazioni tra le parti. Alcune forme di ordine emergente e decentralizzato sono state osservate nello sviluppo delle reti urbane (Dauphiné 2003) o nell’andamento dell’economia (Krugman 1996) o ancora nei movimenti delle folle (Moussaïd 2019).
Queste forme di auto-organizzazione emergono perché i sistemi spontaneamente hanno la tendenza a strutturarsi in risposta alle variazioni interne ed esterne. Hanno quindi una funzione adattiva: permettono di trovare una forma in adeguamento a un ambiente circostante in continua mutazione. Dato che l’auto-organizzazione è una forma di ordine decentralizzata e non predeterminata, è più resistente alle perturbazioni: anche perdendo una parte, il resto delle componenti può continuare a riorganizzarsi. Questo per esempio è il motivo per cui la NASA (Johnson 2007) pensa di utilizzare nella futura esplorazione dei pianeti un insieme di robot semplici che possano auto-organizzarsi tra loro piuttosto che un unico robot sofisticato: la perdita o il malfunzionamento di una componente in un robot sofisticato porterebbe (come è successo in passato) alla fine della costosa missione spaziale, mentre una rete di robot auto-organizzata può sopperire alla perdita di un singolo esemplare. Inoltre, un robot sofisticato ha meno capacità adattive, dato che il suo funzionamento è predeterminato e non emergente dall’interazione con l’ambiente.
Alcuni cambiamenti esterni possono temporaneamente “rompere” la forma emergente del sistema, che tenderà però a ricostituirsi: per esempio, la configurazione di uno stormo di uccelli perturbata dell’avvicinamento di un possibile predatore tende a tornare allo stato precedente. Quando però le perturbazioni oltrepassano una soglia critica (Bak 1996; Buchanan 2002), il sistema perde il suo ordine e attraversa una fase di instabilità, fino all’emersione di una nuova forma o configurazione. Per esempio, una manifestazione può disperdersi e perdere la sua struttura in seguito all’intervento delle forze dell’ordine per poi continuare a riunirsi altrove, in un altro modo. Varela (1979) direbbe che questo sistema ha cambiato stato (forma) mantenendo la sua identità (organizzazione). Esistono ovviamente anche molti casi di perturbazioni che mettono fine all’esistenza stessa del sistema, come per esempio nel caso di una malattia mortale per un organismo o di una rivoluzione per una dittatura.
In generale, l’ordine emerso (che nella teoria dei sistemi generali è chiamato omeostasi e nella teoria dei sistemi complessi auto-
organizzazione intorno a un attrattore
) è solo una delle possibili strutture che un sistema può adottare. Ogni sistema ha infatti in principio un repertorio di diverse forme di ordine possibili (“un sistema non-lineare possiede in generale una moltitudine di attrattori, e ognuno corrisponde a una particolare configurazione auto-organizzata”, Heylighen 2001, p. 9). Prendiamo l’esempio di due persone che iniziano ad avere delle interazioni ripetute. La loro relazione potrebbe assumere una particolare forma all’interno di un repertorio di diversi attrattori possibili: amici, amanti, vicini di casa o semplici co-abitanti del pianeta Terra. La struttura scelta – emersa spontaneamente in seguito ad alcune interazioni – tenderà a mantenersi stabile5, ma delle perturbazioni che oltrepassano la soglia critica farebbero oscillare la relazione verso un altro attrattore. Un insulto o un bacio potrebbero infatti far scivolare la forma “amicizia” verso qualcosa di molto differente. Abbiamo sottolineato come l’auto-organizzazione abbia una funzione eminentemente adattiva. Tuttavia, una struttura può rivelarsi adattiva all’ambiente localmente o temporaneamente, ma essere inadeguata in altri contesti o in altri momenti. È per questo che in biologia interviene il processo di selezione naturale: per mantenere le forme di auto-organizzazione più adattive a scapito delle altre.
In questo Capitolo, cercherò di mostrare come le dipendenze siano una forma di auto-organizzazione (in parte e temporaneamente adattiva) intorno a un attrattore – la sostanza – che struttura le relazioni della persona dipendente.
Ma, prima, torniamo a parlare di un altro tipo di sistemi: i sistemi umani. Come tutti i sistemi complessi, anche quelli umani hanno una molteplicità di livelli. Heylighen (1989) direbbe: una moltitudine di sub-organizzazioni e sottosistemi inestricabilmente intrecciati.
Siamo tutti immersi in una rete di relazioni, in una moltitudine di appartenenze, che contribuiscono a definire chi siamo e come facciamo esperienza del mondo. Solitamente, questa rete di legami in cui siamo inseriti ci è invisibile, non ne siamo consapevoli: scivoliamo continuamente tra diversi livelli di appartenenza.
Certo, esistono dei momenti passeggeri in cui facciamo l’esperienza di un leggero “stiramento” nelle maglie di questo tessuto relazionale, e solo in quei momenti questa complessità diventa visibile. Parlo per esempio di quando potreste sentirvi a metà tra il desiderio di prendere del tempo individuale per voi stessi e la voglia di coltivare il vostro rapporto di coppia, tra gli imperativi del lavoro e il tempo che vorreste passare in famiglia o tra l’adesione al modello delle vostre famiglie di origine e l’adozione di un nuovo modello di famiglia in costruzione. Nel resto del tempo, in generale, non siamo portati a riflettere sulla nostra posizione all’interno di questo insieme relazionale.
L’equilibrio tra i diversi livelli di appartenenza (ciò che chiamiamo omeostasi del sistema) è fluido, in costante adattamento, ed evolve nel tempo, con piccole modificazioni (chiamate cambiamenti di tipo 1). A volte, però, siamo chiamati ad affrontare dei cambiamenti più profondi (chiamati di tipo 2), che necessitano una riorganizzazione del nostro posizionarci rispetto agli altri nel tessuto dei legami in cui siamo immersi (Keeney 1983). Queste trasformazioni possono essere legate a dei cambiamenti normali del ciclo di vita (per esempio, il processo di autonomizzazione dalle proprie famiglie) o dettati da eventi singolari (un lutto, una separazione, ecc.).
Nel caso di una dipendenza, la rete di legami che ci definisce è profondamente trasformata dal prodotto, che diventa la proprietà emergente del sistema, il suo centro di gravità, il suo principio organizzativo (il suo attrattore).
Molte delle relazioni significative (non tutte) sono “attivate”, trasformate in risposta alla dipendenza, assumendo delle forme interattive specifiche (che descriveremo in seguito). La gamma o repertorio delle posizioni relazionali si restringe, le interazioni sono costantemente “triangolate” dalla sostanza: il sintomo costruisce un nuovo equilibrio di cui è il centro.
La dipendenza quindi dà forma e “disegna” un nuovo sistema. Se questo discorso è estendibile ad altri sintomi (Anderson et al. 1986), si tratta di un fenomeno particolarmente marcato dalle dipendenze.
Come fa il prodotto a invadere in modo così pervasivo l’omeostasi del sistema (fino a diventare l’attrattore intorno al quale emerge una nuova forma di auto-organizzazione del sistema)? Come fa la perdita di libertà rispetto alla sostanza a “colorare” molte altre relazioni significative?
Innanzitutto, per capirlo, bisogna considerare la dipendenza come un tentativo, seppur nel tempo disfunzionale, di soluzione.
I piccoli e continui (tipo 1) o grandi e discontinui (tipo 2) cambiamenti con cui siamo continuamente confrontati possono portare a una momentanea perdita di riferimenti, a un equilibrio che non riusciamo più a trovare. In queste situazioni di crisi – intesa nel suo senso etimologico di transizion...

Indice dei contenuti

  1. Paolo Rigliano Prefazione
  2. Introduzione
  3. Prima parte Un primo sguardo alle dipendenze: il modello delle tre colline
  4. Presentazione
  5. Capitolo 1 La prima collina: la dimensione auto-organizzativa
  6. Capitolo 2 La seconda collina: la dimensione narrativa
  7. Capitolo 3 La terza collina: la dimensione temporale
  8. Capitolo 4 L’integrazione delle tre colline: un caso clinico
  9. seconda Parte Verso una teoria del caose della complessità per la clinica delle dipendenze
  10. Capitolo 5 L’ordine e il caos in natura
  11. Capitolo 6 Sistemi caotici, sistemi periodici, sistemi complessi
  12. Capitolo 7 Una classificazione delle dipendenze sulla scala caos vs. periodicità.Il tipo A: esitando sul bordo del caos
  13. Capitolo 8 Il sistema dipendente di tipo B: l’omeostasi dai due volti
  14. Capitolo 9 Il sistema dipendente di tipo C: lo scivolamento verso la periodicità
  15. Terza parte Una visione sistemico-costruzionistadella trasgressione
  16. Capitolo 10 Verso una lettura sistemico-costruzionista della trasgressione
  17. Ringraziamenti
  18. Bibliografia
  19. Antonio Caruso Postfazione