La costruzione della fiducia in famiglia e nella comunità
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La fiducia è ogni giorno analizzata, desiderata, prescritta sia nelle relazioni interpersonali che nei contesti macrosociali. È tanto più invocata quanto più sembra mancare. Non è facile però definire se la fiducia sia un tema inflazionato o se resti una dimensione sfuggente, di difficile definizione e collocazione. Il rischio è che normalmente si attribuisca l'etichetta "fiducia" a dinamiche, situazioni, atteggiamenti molto diversi tra loro. Il volume esplora la fiducia come dimensione emergente nelle relazioni interpersonali e si propone di comprendere attraverso quali processi dialogici si possano costruire identità/vite buone a livello personale, familiare e comunitario. In altre parole: quali fattori permettono la costruzione di legami di reciprocità, di impegno comune, di cooperazione, di significati condivisi, in famiglia e nella comunità?

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Informazioni

Anno
2020
ISBN
9788857574134
Categoria
Sociology
1.
La fiducia e il suo contesto
Affrontare la questione della fiducia mette immediatamente di fronte ad una apparente contraddizione: siamo di fronte ad un termine inflazionato o ad un tema quasi inesplorato? La fiducia è quotidianamente citata, invocata, prescritta, desiderata nelle relazioni interpersonali, nei contesti gruppali e comunitari, nelle dimensioni macrosociali a livello economico, istituzionale, politico. Nella letteratura e nel cinema è sovente il filo rosso di molte narrazioni. Il discorso sulla fiducia è talmente innervato in tutte le relazioni micro e macrosociali tanto da non poter immaginare una società senza fiducia, delle relazioni affettive senza fiducia, delle relazioni professionali e commerciali senza fiducia. Senza fiducia quindi è difficile immaginare una coppia, una famiglia, una comunità, un gruppo di lavoro, una società. La fiducia è quindi una dimensione fondamentale (Marzano 2010). Enzo Bianchi, nel suo prezioso e agile testo Fede e fiducia afferma: “Possiamo dire che non ci può essere autentica vita umana, umanizzazione, senza fede. Come sarebbe possibile vivere senza fidarsi di qualcuno?” (2013, p. 12).
D’altra parte, la fiducia resta una dimensione sfuggente, di difficile definizione e collocazione. Il rischio è che normalmente si attribuisca l’etichetta “fiducia” a dinamiche, situazioni, atteggiamenti molto diversi tra loro. C’è da chiedersi, ad esempio, se stiamo parlando della stessa cosa quando facciamo riferimento alla fiducia di fondo (Erikson 1963), intendendo con essa la fiducia in se stessi, nelle persone vicine e negli altri in genere, che si acquisisce nel primo anno di vita, in particolare nel rapporto con la madre; alle relazioni di fiducia che ogni giorno siamo chiamati a costruire nei molteplici incontri con gli altri (familiari, lavorativi, comunitari); alla fiducia nelle istituzioni come garanti del bene comune; alla fiducia nei mercati (attualmente la più invocata); alla fiducia nel futuro come promessa e non come minaccia (Benasayag & Schmit 2003).
Come afferma Marková
affidarsi a Dio, ai genitori, agli amici, alle istituzioni, ai professionisti o al futuro coinvolge diverse forme di fiducia e diversi tipi di interazione, relazioni e comunicazione. Nel linguaggio quotidiano la parola “fiducia” può riferirsi a tutte queste forme; il suo uso può nascondere la specificità di diverse interazioni e comunicazioni in cui, molto spesso, la “fiducia” può essere sostituita da altre parole come la confidenza, la dipendenza, l’aspettativa, la solidarietà e così via. (Marková et al. 2008, p. 8; traduzione mia)
Probabilmente è anche questa molteplicità di significati e di ambiti in cui la fiducia è coinvolta che fa di essa una dimensione difficile da padroneggiare, da analizzare. Il rischio che ogni analisi corre è di riduzionismo da una parte o di vaghezza dall’altra. La stessa suddivisione classica tra fiducia di base, fiducia interpersonale e fiducia sistemica, come vedremo, suggerisce che, pur in situazioni molto diverse tra loro (la relazione mamma-bambino da una parte e la relazione Stato-cittadini dall’altra), stiamo parlando della stessa qualità (personale o relazionale che sia) alla quale diamo il nome di fiducia.
Parlare di fiducia significa poi, inevitabilmente, approcciarsi al tema della sfiducia e del tradimento della fiducia (che, come vedremo, non sono esattamente la stessa cosa). La sfiducia è ancora meno studiata della fiducia; eppure spesso sono gli effetti relazionali e sociali della sfiducia che ci inducono ad invocare con forza la fiducia. Potremmo dire, in un certo senso, che è proprio la percezione della mancanza di fiducia nelle relazioni e nei contesti sociali che fa emergere con forza il bisogno e la domanda su di essa. L’espressione di liquidità introdotta da Bauman, e in particolare delle relazioni liquide, suggerisce l’idea di relazioni ridotte a connessioni piuttosto che volte a creare legami. La cooperazione, i legami, la comunità sono dimensioni che difficilmente si sviluppano se le relazioni sono centrate sulla sfiducia. Ma siamo davvero in una società della sfiducia?
Fiducia e sfiducia, oltre ad essere sfuggenti, sono parole rischiose. Portano con sé sempre la relazione con l’altro e, con essa, le dimensioni dell’incertezza, dell’insicurezza, del limite, della libertà, del tradimento, del perdono. Come diceva Georg Simmel (1922), forse il primo sociologo ad aver affrontato, seppur non organicamente, la questione della fiducia (Prandini 1998; Linell & Marková 2013), essa si colloca in una zona intermedia tra completa conoscenza e completa ignoranza:
la fiducia, in quanto costituisce l’ipotesi di un comportamento futuro la quale è abbastanza sicura per potervi fondare un agire pratico, rappresenta uno stadio intermedio tra conoscenza (wissen) e ignoranza (nichtwissen) relativa all’uomo. Chi sa completamente non ha bisogno di fidarsi, chi non sa affatto non può ragionevolmente fidarsi. (p. 296)
Parlare di fiducia significa quindi assumere il rischio e la fallibilità di ogni relazione; se potessimo essere sicuri dei comportamenti nostri e degli altri, la fiducia sarebbe inutile. La questione è quindi in primo luogo antropologica; essendo uomini e donne segnati dal limite (non siamo tutto, non possiamo sapere e fare tutto), ogni nostra relazione con l’altro e con il mondo sarà segnata dall’insicurezza (non possiamo prevedere con certezza il comportamento né nostro né dell’altro). È questa insicurezza, impastata di conoscenza e di non conoscenza, che chiede di scommettere, o di non scommettere, nelle relazioni; di approcciarci all’altro con fiducia o con sfiducia. Ma nel momento in cui si opta per la fiducia, le dimensioni di rischio e di incertezza portano con sé la possibilità che tale fiducia venga tradita. Ciò significa che la fiducia ha a che fare con la libertà e non può essere prescritta (come invece succede, ad esempio, in alcuni interventi educativi: “devi aver fiducia di me!”, o a livello sociale: “bisogna aver fiducia nella crescita economica e non aver paura di spendere”).
Tutte queste dimensioni (incertezza, insicurezza, rischio, tradimento, libertà, legame) assieme a molte altre che affronteremo (ascolto, riconoscimento, dono/scambio, responsabilità, aiuto reciproco, cooperazione, ecc.) entrano necessariamente in una riflessione che voglia comprendere come le persone diano significato alla fiducia.
Comprendere cosa sia la fiducia, cosa la promuova e gli effetti della stessa nelle relazioni interpersonali e sociali, chiede quindi di collocare questa comprensione nel contesto relazionale e sociale attuale. Sembra infatti di vivere in una società che invoca la fiducia proprio per il timore (o per la constatazione) che la sfiducia prenda il sopravvento. L’analisi di Bauman nel pamphlet Fiducia e paura nella città è centrata in particolare sulla relazione insicurezza-sicurezza: “L’acuta, inguaribile esperienza dell’insicurezza è un effetto secondario della convinzione che […] si possa ottenere una completa sicurezza” (2005, p. 5). Parafrasando Simmel, risulta chiaro che se fosse possibile una totale sicurezza (quale esito di una illusoria eliminazione della paura), non ci sarebbe bisogno di porre fiducia in qualcosa o in qualcuno. Come vedremo in seguito, le relazioni di fiducia hanno anche l’effetto di rendere tollerabile l’insicurezza; ma, d’altra parte, è a partire da un’accettazione (più o meno consapevole) di un’ontologica insicurezza/incertezza della vita che acquista significato la costruzione di relazioni di fiducia. Anche Petitat (2004, cit. in Grossen & Salazar Orvig 2013) sostiene che se una persona non è in grado di accettare l’incertezza insita nella fiducia, si trova in uno stato di sfiducia permanente che gli impedisce di esporsi al rischio e di limitare il controllo sugli altri. L’illusione di una totale sicurezza porta con sé il sospetto permanente nei confronti dell’altro, che è la strada che con facilità porta ad un atteggiamento consolidato di sfiducia. Bauman (sulla scorta di Castel) individua due sostanziali “svolte” come causa dello snervante senso di insicurezza: “La prima […] consiste nella “sopravvalutazione” (survalorisation) dell’individuo, liberato dalle costrizioni imposte dalla fitta rete di vincoli sociali. La seconda, che segue da vicino la prima, consiste in una fragilità e vulnerabilità senza precedenti di quest’individuo, ormai privo della protezione che quei vincoli gli offrivano in passato” (2005, p. 6). Il significato che ogni persona dà all’altro e alla comunità risulta quindi determinante per sviluppare relazioni di fiducia o di sfiducia. Il significato che culturalmente diamo ai vincoli, alla protezione, ai legami influisce sul desiderio o meno di costruire relazioni di fiducia. Se da una parte infatti vincoli e legami sono inevitabilmente un limite, una costrizione, dall’altra la costruzione di una relazione di fiducia fa sentire la persona necessariamente “legata” all’altro. Se quindi non desidero un legame con qualcuno, difficilmente desidererò stabilire con lui una relazione di fiducia. Bauman (2005) afferma in proposito:
Richard Sennet, un sociologo anglo-americano molto avveduto, ci...

Indice dei contenuti

  1. Prefazione La fiducia: alla ricerca delle origini e del rilancio dei legami interpersonali e sociali
  2. Introduzione La costruzione della fiducia in famiglia e nella comunità
  3. Prima parte I processi di costruzione della fiducia
  4. 1. La fiducia e il suo contesto
  5. 2. Uno sguardo su alcuni approcci alla fiducia
  6. 3. Pensare la fiducia come emergenza della relazione: i fattori di processo connessi alla fiducia
  7. 4. Identità, narrazione e fiducia
  8. 5. Una prima sintesi
  9. Seconda parte Le interviste narrative alle coppie
  10. 6. La ricerca empirica
  11. 7. conclusioni e aperture sul futuro
  12. Riferimenti bibliografici