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Il Cinema della "New Hollywood" tra storia, arte e psicologia

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Il Cinema della "New Hollywood" tra storia, arte e psicologia

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Informazioni sul libro

Gli anni della "New Hollywood" sono uno spartiacque storico e culturale prima ancora che artistico. Registi visionari, attori carismatici e sceneggiatori anticonformisti conquistano il successo con uno sbalorditivo elenco di titoli che hanno il sapore della sfi da epocale: codici e linguaggi del Cinema vengono reinventati attraverso fi lm di rottura, che scardinano l'approccio classico, sradicano i paletti di Hays, introducono un nuovo modo di guardare e interpretare la realtà. Dalla tragedia del Vietnam al Watergate, dalla Guerra fredda al rapporto con la Chiesa, dal sesso agli intrecci multirazziali. Questo libro racconta quella svolta: dalla prima pallottola agli ultimi cancelli.

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Informazioni

Anno
2020
ISBN
9788857570549
Argomento
Storia

IV
L’ORRORE. L’ORRORE

1. I nuovi mostri, la paura di sé e dell’Altro

Tra i generi maggiormente influenzati dalla nuova leva di autori nata insieme (e grazie) alla New Hollywood c’è sicuramente il cinema horror. In alcuni casi si tratta di opere sperimentali, a basso budget, artigianali e dotati di grande inventiva. In altri, di opere più strutturate, anche sul piano produttivo, girate da registi già affermati e desiderosi di esaltare il valore metaforico dei racconti di fantasia, talvolta ispirandosi a romanzi riadattati, altre volte inventando di sana pianta il plot. Evidente, il più delle volte, lo spunto politico e polemico (in certe occasioni dichiaratamente ideologico) che celava dietro a mostri, alieni e altre entità maligne l’ombra di un’America allo sbando, disgregata, gravida di dolore, tormenti e malcontento.
Non è una novità: già negli anni Cinquanta, in piena Guerra Fredda, Hollywood aveva usato ripetutamente questa branca del cinema per esprimere le tensioni del presente. Dietro alle mutazioni della Laguna Nera e al gigantismo di insetti e ragni assassini si intravedeva la paura del nucleare. E da due opere magistrali e fortemente innovative, entrambe del 1956, quali Il Pianeta Proibito1 e L’Invasione degli Ultracorpi2 (diretto da Don Siegel e sceneggiato, tra gli altri, da Sam Peckinpah), emerge con chiarezza un’intelligente lettura autocritica dell’ondata paranoica innescata da maccartismo e anticomunismo. Nel film di Wilcox il Male è la devastante materializzazione del pensiero tirannico e megalomane di uno scienziato pazzo. In quello di Siegel la normalità dell’essere umano è minata e annientata da un parassita che si annida nell’organismo, svuotandolo dell’anima e condannando l’individuo all’omologazione, a un conformismo del tutto privo di emozioni ed empatia. Quella stessa agghiacciante perfezione che pochi anni dopo Jerry Lewis prenderà di mira nel suo capolavoro: Le Folli Notti del dottor Jerryll3: commedia graffiante che immortala la società moderna come una spietata recita a soggetto, in cui la mostruosità risiede nella apparente bellezza. Senza dimenticare Gli Uccelli4 di sua maestà Alfred Hitchcock, il quale decreta una delle prime rivolte della Natura contro l’uomo, dipingendo un racconto apocalittico che in seguito verrà spesso emulato, citato o letteralmente copiato.
Con l’avvento della New Hollywood, i fantasmi sembrano essersi moltiplicati e, se possibile, incattiviti. Il Mondo è ancora diviso in blocchi; dal 1960 il Muro di Berlino separa fisicamente l’Occidente dall’Oriente; la guerra nel Vietnam sta costando molto più del previsto, in termini di vite, di economie e di reputazione; la rivolta di Detroit, del Luglio 1967, lascia a terra 43 morti e riporta al centro della coscienza americana la questione razziale; gli omicidi dei fratelli Kennedy, Martin Luther King e Malcolm X imbrattano la società americana, rendendo evidenti ai più le storture dei servizi segreti e il coinvolgimento di sfere di potere che infrangono, nei fatti, il Primo Emendamento.
Dopo anni di eroi senza macchia, di rigida divisione tra Bene e Male e tra Giusto e Sbagliato, gli artisti trovano nella cultura popolare (di cui Cinema e Musica rappresentano sicuramente i veicoli più immediati, accessibili e pervasivi) uno specchio dal quale rimandare all’America la propria autentica immagine.
Per vedere gli Stati Uniti per ciò che davvero sono servono nuovi occhi. Ed è forse per questo che diverse pellicole thriller dell’epoca giocano sulla rielaborazione dello sguardo. Gli Occhi della Notte5, interamente girato in un appartamento, consegna a una donna cieca (Audrey Hepburn) la capacità di “guardare” in faccia la realtà e smascherarla. Nel 1980 i Blues Brothers6 trasformeranno dei comuni ray-ban negli strumenti chiave di chi è in “missione per conto di Dio”. Pochi anni dopo il maestro John Carpenter – autore che continuerà a portare con sé la testimonianza e l’energia della New Hollywood anche in anni diversi, condizionati dalla leadership reaganiana – nello sbalorditivo e pessimista Essi Vivono7 (1988) darà a semplici occhiali da sole la funzione di decodificare la menzogna aliena e imperialista. Chi ne indossa un paio può scorgere il vero, spaventoso, volto del potere e i messaggi subliminali che si celano dietro agli apparentemente innocui cartelloni pubblicitari.
Proprio in quest’ottica, ipercritica e fortemente allegorica, vanno analizzati gli zombi di Romero. A partire dal già citato La Notte dei Morti Viventi, il regista scandisce i decenni con le proprie letture apocalittiche, improntate a un malcelato disprezzo nei confronti dell’establishment statunitense, declinato in diverse condanne: contro il consumismo più sfrenato (ricordate gli zombi che vagano per il centro commerciale nel secondo film della serie, de 1978); il militarismo fanatico (i cattivi del terzo film, Il Giorno degli Zombi8, non sono i morti viventi, bensì i soldati che godono a farne scempio); dell’imperialismo e del neocolonialismo che finisce per vampirizzare le società più deboli (La Terra dei Morti Viventi9); l’ossessione per l’immagine e per il presenzialismo mediatico (Le Cronache dei Morti Viventi10); lo sfruttamento dei flussi migratori (Survival of the Dead – L’Isola dei Sopravvissuti11). Nel frattempo, Romero trova tempo e spazio per altri metaforici catastrofismi, come in La Città Verrà Distrutta all’Alba12, dove una cittadina viene incautamente contagiata con un virus prodotto dall’esercito per motivi bellici. Gli abitanti, una volta contagiati, scatenano una furia omicida e distruttiva che condurrà l’intera comunità alla distruzione, decisa, cinicamente, dallo stesso governo che aveva elaborato la patologia.

2. Il Cinema posseduto

Abbiamo già parlato dell’imprescindibile contributo di Roman Polanski, che ha prima fatto leva sulla irresistibile vena grottesca di Per Favore Non Mordermi sul Collo e poi ha tuffato la cinepresa nel tragico destino di Rosemary’s Baby, metafora di una borghesia talmente corrotta da generare il Diavolo. Ma anche primo gradino di una discesa agli inferi che, negli anni, genererà tre filoni.
Il primo, che prenderà spunto direttamente dall’opera di Polanski sviluppandone le coordinate narrative, insisterà sul tema della genesi demoniaca. Nel 1973 il Cinema tocca una delle punte più artisticamente elevate e narrativamente spaventose della sua Storia. William Friedkin e lo scrittore William Peter Blatty traducono in immagini e suoni il romanzo più famoso di Blatty: L’Esorcista13. La trama è ormai nota. Ma qui vale la pena soffermarsi su un’audacia registica tipica del periodo: il desiderio di sfidare mode, infrangere codici, innovare linguaggi, turbare l’immaginario collettivo aggredendo tutto ciò che, fino ad allora, risultava intoccabile. Tutto, in L’Esorcista, è volutamente eccessivo e costruito in maniera magistrale. Friedkin, supportato da attori di notevole intensità, avvia il racconto in tono minore, inoculando nelle prime sequenze un senso di irrequietudine, trasmessa da silenzi, esterni plumbei, interni opprimenti. Poi, improvvisamente, cambia registro e prende a schiaffi lo spettatore scommettendo su un orrore viscerale. La giovane vergine che, una volta posseduta, scalcia, inveisce, insulta, vomita e offre favori sessuali, racchiude nel proprio blasfemo turpiloquio la sintesi di un nuovo modo di fare cinema. Niente più regole, niente più limiti, solo la massima libertà di esprimersi. E di spaventare.
L’anno successivo, nel 1974, il regista, produttore e sceneggiatore Larry Cohen realizza Baby Killer14, impressionante storia di un piccolo mostro, assetato di sangue, che appena partorito fa strage dei medici e che poi fa strage di innocenti, fino a cadere sotto i colpi della polizia. Anche quella di Cohen è una parabola che trascende i confini del genere: il racconto ipotizza che alle origini della mostruosità del piccolo vi siano le cure contraccettive assunte dalla madre e in una scena chiave del film un dirigente suggerisce di uccidere il neonato, non tanto perché sta mietendo vittime innocenti, quanto per far sì che nessuno risalga alla verità e cioè alle pesanti responsabilità dell’industria farmaceutica. Ancora una volta, come nell’opera di Romero, il cattivo di turno non è il mostro, ma i poteri forti che lo hanno, in un certo senso, creato.
Nel 1976 lo sceneggiatore David Seltzer e il regista Richard Donner (futuro artefice di Superman15, ma anche di Goonies16 e della quadrilogia di Arma Letale17) portano sullo schermo un altro piccolo mostro (anche se esteticamente normale), nonché una variazione sul tema del demonio. È l’agghiacciante Omen – Il Presagio18. Lo sguardo vitreo del piccolo protagonista, che nell’ultima scena del film si volta verso la macchina da presa affermando, agli occhi del pubblico, la vittoria del Male, è uno dei tanti finali pessimistici che caratterizzano lo horror della New Hollywood, ben diverso dai ripetuti happy ending in voga nei decenni precedenti. Una scelta, quella di Donner, che a differenza di tanti, successivi, furbi finali aperti, non è funzionale ad un sequel, bensì ad una visione disperata della lotta tra Bene e Male e alla volontà di non concedere (più) allo spettatore le chiusure rassicuranti che il Codice Hays non solo auspicava, ma imponeva.
L’anno successivo, il regista Elliot Silverstein sovrappone l’impronta demoniaca all’ossessione della modernità, realizzando La Macchina Nera19. In questo caso il Diavolo non alberga in un bambino, bensì in un’auto, che scorrazza per le strade deserte e assolate degli stati del Sud, facendo strage di passanti, ciclisti e poliziotti. L’idea di base ispirerà Stephen King, che nel 1983 scriverà uno dei suoi capolavori: Christine, la Macchina Infernale20, portato al Cinema, nello stesso anno, da John Carpenter. Nella versione di King e Carpenter, però, si aggiunge un ulteriore, affascinante elemento: la femminilità di Satana. L’auto intreccia un rapporto d’amore col suo proprietario, uccidendo chiunque – amico, nemico o fidanzata – si metta tra lui e “lei”.
Nel 1977 Brian De Palma, destinato a diventare maestro indiscusso del virtuosismo, dirige Carrie – Lo Sguardo di Satana21, tratto dall’omonimo romanzo di Stephen King. In questo caso, la fisicità esile ed emaciata della protagonista (una superlativa Sissy Spacek) viene contrapposta ai suoi devastanti poteri, che provocheranno la morte dei suoi giovani aguzzini, a cominciare dalla madre, ma anche di chi, come la professoressa, ha cercato di difenderla. De Palma riprenderà il tema dei poteri paranormali nel successivo Fury2...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. INDICE
  5. INTRODUZIONE. “THE STATE OF THE UNION IS NOT GOOD”: GLI STATI UNITI TRA INQUIETUDINE E DISILLUSIONE
  6. I. PERCHÉ UN LIBRO SULLA NEW HOLLYWOOD?
  7. II. L’OSCURANTISMO DI HAYS
  8. III. RIVOLUZIONE BREVE
  9. IV. L’ORRORE. L’ORRORE
  10. V. LA SFIDA DELL’INFINITO
  11. VI. LE SPORCHE GUERRE
  12. VII. COMPLOTTI E PARANOIE
  13. VIII. UN BACIO E UNA PISTOLA
  14. IX. IL CINEMA DIETRO LA SBARRE
  15. X. NEW (WOMAN IN) HOLLYWOOD
  16. XI. LA FAMIGLIA IMPOSSIBILE
  17. XII. NOTE DI CAMBIAMENTO
  18. XIII. L’ALTRA FRONTIERA
  19. INDICE DELLE IMMAGINI