Tecnoconsapevolezza e libertà di scelta
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Tecnoconsapevolezza e libertà di scelta

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Saggi - saggio (283 pagine) - Alla ricerca di senso nell'era tecnologica e digitale

È iniziato il tempo del disincanto tecnologico, della riflessione critica, della tecnoconsapevolezza. Stanchi di false notizie e inganni digitali, cosa faranno gli internauti? Si doteranno di nuovi strumenti, ricercando vie di fuga e alternative possibili? Cercheranno itinerari di viaggio con destinazioni diverse da quelle suggerite da Tripadvisor, Booking, Google Search e dai loro clienti paganti? La stanchezza emergente è legata all'interazione con il medium tecnologico e all'emergere di nuovi bisogni. Uno in particolare: riconquistare spazi privati di libertà personale nei quali esercitare la capacità di scelta e il diritto alla verità, anche se illusoria. Una libertà che non sia negativa e subita, come quella che nasce dal consumismo e dalla costante variabilità di messaggi, prodotti e opinioni. Una libertà non fasulla come quella suggerita da cookie, bot, assistenti personali e algoritmi, ma reale, non automatizzata, vaccinata contro ogni tentativo di condizionarla algoritmicamente. Una libertà che nasca dalla volontà di liberarsi dalla schiavitù dei social network, per esercitare il libero arbitrio, assumendosi tutta la responsabilità che ogni scelta impone. Una libertà che rifiuta protezione, controllo, e gratificazioni che li rendono accattivanti, per lasciare emergere nuove idee, elaborare nuovi pensieri, sperimentare nuovi spazi di consapevolezza e possibilità. La tecno-consapevolezza è il primo passo verso la libertà. Non è finalizzata a staccare la spina o a rinunciare alle tante opportunità e vantaggi offerti dalla tecnologia. Serve a disvelare l'inganno che la sorregge, a comprendere meglio il ruolo di coloro che la producono e i loro modelli di business monopolistici, guidati dalla volontà di potenza e di dominio del mondo. Serve a comprendere quanto i comportamenti e le nostre vite siano oggi manipolate, tecno-guidate con l'obiettivo di ingaggiarci, addestrarci, renderci tecno-dipendenti, in modo da trasformarci in merce e in semplici consumatori. Dalla fase attuale di sviluppo tecnologico non si torna indietro ma il futuro può ancora essere nelle mani di tutti. Per determinarlo bisogna impegnarsi nella ricerca di una soluzione. Il primo passo è acquistare maggiore libertà di scelta e riconquistare il controllo della propria vita. La tecnoconsapevolezza ne è lo strumento. Si concretizza attraverso la conoscenza, la riflessione, l'elaborazione di pensiero, la dissidenza nei confronti del conformismo diffuso, la fuga dall'apatia e dall'isolamento digitale, e con il ritorno a nuove forme umane ed empatiche di socialità. Le scelte tecnoconsapevoli di ognuno faranno la differenza e costruiranno gli scenari futuri per tutti.

Dirigente d'azienda, filosofo e tecnologo, Carlo Mazzucchelli è il fondatore del progetto editoriale SoloTablet.it dedicato alle nuove tecnologie e ai loro effetti sulla vita individuale, sociale e professionale delle persone. Esperto di marketing, comunicazione e management, ha operato in ruoli manageriali e dirigenziali in aziende italiane e multinazionali. Focalizzato da sempre sull'innovazione ha implementato numerosi programmi finalizzati al cambiamento, ad incrementare l'efficacia dell'attività commerciale, il valore del capitale relazionale dell'azienda e la fidelizzazione della clientela attraverso l'utilizzo di tecnologie all'avanguardia e approcci innovativi. Giornalista e writer, communication manager e storyteller, autore di e-book, formatore e oratore in meeting, seminari e convegni. È esperto di Internet, social network e ambienti collaborativi in rete e di strumenti di analisi delle reti social, abile networker, costruttore e gestore di comunità professionali e tematiche online.

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Informazioni

Anno
2019
ISBN
9788825408911

Le domande da porsi

Giudicate un uomo dalle sue domande più che dalle sue risposte»
Voltaire
A distinguerci dalle macchine non sono le risposte ma le domande [… le domande giuste saranno più importanti delle risposte.
Kevin Kelly
Where does technology exploit our minds’ weaknesses? I learned to think this way when I was a magician. Magicians start by looking for blind spots, edges, vulnerabilities and _limits of people’s perception, so they can influence what people do without them even realizing it. Once you know how to push people’s buttons, you can play them like a piano.
Tristan Harris
Secondo Umberto Eco porsi delle domande è ciò che distingue gli esseri umani dagli esseri animali. La ricerca del nutrimento, del riposo, del gioco e dell’amore sono bisogni condivisi, ma solo gli umani sentono anche il bisogno di chiedersi dei perché, fin dalla più tenera età. Interrogarsi, elaborare domande utili a trovare risposte ai tanti perché che animano la mente, non è più solo un bisogno ma una necessità. Legata alla ricerca dei fatti che a volte la mente tende a nascondere. Alla capacità di ragionare, che alcuni ritengono sia messa a rischio dalle tante rivoluzioni tecnologiche che stanno determinando una vera e propria mutazione antropologica.76 Dettata dalla speranza che si continui a esercitarla per farsi venire la voglia di porsi altre domande, produrre idee, proposte, teorie nuove, e per discuterle, falsificarle o validarle dialogicamente e analiticamente.
Interrogarsi è un modo per alimentare il pensiero (il logos) e la capacità di dialogare (διάλογος – dià, "attraverso" e logos, "discorso") con sé stessi, la capacità critica e la logica, creando le condizioni per fare delle scelte, non solamente dettate da emozioni e passioni ma anche dalla razionalità. Le domande devono sfidare le risposte esistenti, non devono essere poste al servizio di risposte immediate e corrette, servono a creare nuovi spazi di pensiero, sono segnali sonar lanciati in profondità alla ricerca di tracce invisibili ma rilevabili, sono il punto di partenza dell’autocritica, per cominciare ad analizzare la propria debolezza, chiedersi cosa siamo diventati, perché non cambiamo strada, chi siamo, cosa vogliamo veramente e dove vorremmo andare. Con l’obiettivo di capire anche cosa implichi ogni cambiamento generato dalle risposte e dalle scelte che faremo.

Domande, domande, domande

Le domande a cui questo e-book continua a fare riferimento sono le stesse che si stanno ponendo molti professionisti che hanno contribuito con la loro genialità e capacità inventiva a dare forma ai mondi digitali attuali. Persone come l’inventore del bottone del Like, Justin Rosenstein, che ha lasciato Facebook ed è impegnato nel mettere in guardia dalle dipendenze tecnologiche. Lo fa promuovendo iniziative e attività di formazione per fornire strumenti di analisi e comprensione dei meccanismi non trasparenti e in alcuni casi diabolici sui quali si reggono molti algoritmi e modelli di business delle società tecnologiche della Silicon Valley. L’educazione serve a prendere consapevolezza delle tante droghe leggere disseminate online.
Alcune domande se le deve essere poste anche il Millennial Tristan Harris, fondatore di Time Well Spent che la lasciato Google, nel quale rivestiva il ruolo di designer di prodotto, per intraprendere una crociata di sensibilizzazione sull’uso consapevole dei dispositivi tecnologici finalizzata alla comprensione dei loro meccanismi, di algoritmi che catturano l’attenzione per soddisfare obiettivi commerciali senza prestare alcuna cura alla qualità di vita delle persone che li usano. La fondazione Time Well Spent punta a raccogliere l’adesione di altre persone che lavorano nella Silicon Valley per denunciare il dirottamento e l’imprigionamento costante della mente degli utenti-consumatori grazie a strumenti tecnologici manipolatori sempre più intelligenti, subdoli e potenti. Rivolgendosi prevalentemente ai designer e ai tecnici che lavorano nelle aziende tecnologiche della Silcon Valley, la fondazione li invita a essere i primi a riflettere sui valori da trasmettere e coltivare, proponendo l’ideazione, il design e la creazione di piattaforme software alternative, capaci di dare origine a esperienze di qualità che permettano agli utenti della Rete di dare un senso a quello che fanno.
Tristan Harris, Jim Steyer e un folto gruppo di tecnologi della Silicon Valley che hanno contribuito al successo delle piattaforme di Google e Facebook sono oggi impegnati nel finanziare iniziative come Common Sense Media, The Truth About Tech e le loro campagne di sensibilizzazione sull’uso delle nuove tecnologie. Sono mossi prevalentemente dall’allarme sugli effetti malati delle piattaforme social e degli smartphone. L’obiettivo è di fare lobby contro la dipendenza da tecnologia, sostenendo campagne pubblicitarie che raggiungano ognuna delle quasi 60000 scuole americane. La campagna The Truth About Tech ha raccolto sette milioni di dollari anche con l’aiuto del Center for Humane Technology. I destinatari sono studenti, genitori e insegnanti. L’impegno è a fornire loro strumenti adeguati a prendere consapevolezza del mezzo tecnologico in modo da poter combatterne gli effetti negativi.
Il Center for Humane Technology sta attirando un numero crescente di tecnologi ed ex dipendenti delle aziende della Silicon Valley, persone come Sansy Parakilas, ex Operation Manager di Facebook, Lynn Fox, Communication Executive di Apple e Google, Dave Morin, ex dirigente di Facebook, Roger McNamee, uno dei finanziatori di Facebook, Renèe DiResta, creatore di bot, Chamat Palihapitya, ex vicepresidente di Facebook dimessosi per senso di colpa per avere contribuito con gli algoritmi di Facebook a distruggere il tessuto sociale, e molti altri. Si rivolgono prima di tutto ai loro ex colleghi, agli sviluppatori, ai designer e agli ingegneri con l’obiettivo di fornire loro informazioni e conoscenze che possano motivarli a porsi delle domande, a farli dubitare, interrogarsi, riflettere e agire diversamente da quello che fanno. Il gruppo di ‘pentiti’ per le promesse mancate della tecnologia è in costante aumento, soprattutto perché preoccupato degli effetti che ambienti come quelli di Facebook stanno producendo sulle menti delle persone più giovani, sfruttando la loro maggiore vulnerabilità e modellabilità. Uno degli obiettivi è di fare lobby per ottenere la promulgazione di nuove leggi finalizzate a contrastare il potere crescente delle grandi aziende tecnologiche.
Impegnato sullo stesso fronte anche se su tematiche diverse è anche Lawrence Lessig, giurista, saggista e accademico da sempre legato al Web e fondatore dell’iniziativa Creative Commons nata con l’obiettivo di riformare il diritto d’autore in Rete. Per Lessig il Web di oggi non è più quello delle sue origini. Qualcosa di radicale è avvenuto, trasformando un’utopia rivoluzionaria, fondata sulla libertà e sull’assenza di censure, in uno strumento di disinformazione e propaganda politica, e in una piattaforma di sorveglianza di massa. Quest’ultima determinata dalla massiccia raccolta di dati e di informazioni con l’obiettivo di «poter misurare, prevedere e indurre comportamenti senza che le persone neppure se ne accorgano». Un potere immenso di controllo gestito attraverso la pubblicità e il marketing promozionale. Il risultato è che il Web non esiste più, tanto è stato assorbito e rinchiuso all’interno di piattaforme che lasciano spazi di libertà solo nelle fasi nelle quali l’utente sperimenta la transizione interstiziale tra una piattaforma e l’altra.
Per Justin Rosenstein, Tristan Harris e molti altri, droghe come il Like producono scariche di dopamina in grado di generare continue sensazioni di piacere, emozioni positive e gratificazioni alle quali si fa fatica a rinunciare. Droghe assimilabili al soma del nuovo mondo di Huxley, che impediscono di compiere scelte molto semplici, come quella di evitare di postare contenuti volgari online come reazione a post simili e di impegnarsi a ricercare un confronto diretto per parlarne di persona, faccia a faccia. Così come le nuove droghe che stanno diffondendosi tra le nuove generazioni, anche quelle digitali sono economiche, non costano fatica, si prestano a un consumo veloce e ripetitivo, possono essere facilmente reperibili e consumabili, alla lunga sono capaci di creare dipendenza con conseguenze difficilmente valutabili perché riferite alla capacità cognitiva, di attenzione, di concentrazione e di riflessione razionale.
La dipendenza è dimostrata da numerosi studi che indicano in quasi 3000 le volte che ogni persona sfiora il suo dispositivo ogni giorno, spesso semplicemente per vedere se ci sono aggiornamenti di vario tipo sui propri profili digitali o negli spazi frequentati online. Si tratta di una dipendenza pericolosa non perché colpisca singole persone ma perché esprime comportamenti di massa diffusi che sembrano evidenziare una regressione collettiva della specie umana (l’Homo Stupidus Stupidus di Andreoli o le masse di imbecilli di Umberto Eco) un rincretinimento felicemente ricercato. Il tutto a favore di pochi spacciatori di paradisi artificiali e di illusori mondi felicitari le cui promesse si realizzano solo nei sogni lisergici da esse provocati.

Dipendenze e rinunce alle dosi quotidiane

Rinunciare alla dose quotidiana comporta una scelta. Scegliere implica sempre uno strappo, una rottura. Non è mai facile ma può diventarlo, se si è capaci di operare un vero e proprio svuotamento della propria mente, come quello che si sperimenta durante una sessione di meditazione nella quale ci si interroga e ci si pone delle domande.
Svuotare la mente può aiutare a liberarsi delle tante risposte preconfezionate di cui si dispone, predispone la mente a ospitare pensieri nuovi (il vuoto non esiste, tende a riempirsi), contribuisce a far scoprire nuove connivenze, a acquisire conoscenze nuove, in modo da rendersi disponibili a intraprendere nuove azioni o ad adottare comportamenti diversi. Scegliere è un atto di libertà ma ogni scelta è relativa, fragile e non necessariamente definitiva. Più della scelta in sé stessa conta la libertà di poter continuare a scegliere, cercando di capire ed eliminare eventuali vincoli alla scelta stessa. Ridotti i vincoli esistenti si può pensare di essere più liberi nello scegliere. Una capacità che nasce dal di dentro e dalla consapevolezza di poter fare progetti e scelte diverse, nel tempo e nello spazio.
Il porsi delle domande è un atto creativo e di libertà. Esprime la ricerca di indipendenza del pensiero, apertura mentale, curiosità e disponibilità a confrontarsi con coraggio con la realtà, oggi sempre più incerta, complessa e sull’orlo di catastrofi (pre)annunciate. Riflettere, porsi delle domande, farsi venire delle idee è il percorso da compiere per rimanere umani ma anche per coltivare consapevolezza e responsabilità. Sapendo che nel momento in cui si avesse un’idea e la si adottasse tutte le altre finirebbero nell’ombra. Nei tempi tecnologici attuali avere un’idea può portare a un uso migliore del mezzo tecnologico, selezionando con attenzione motivazioni ed emozioni, così come a decidere di non ricaricare lo smartphone, di adottare un atteggiamento di sano scetticismo e apatia verso le piattaforme tecnologiche o di staccare la spina. Una qualsiasi di queste scelte finisce per mettere l’altra in ombra senza escludersi a vicenda. Ogni idea all’origine di una scelta è una presa di posizione sulle cose, porta a valutarle in modo differenziato, privilegiandone alcune sulle altre.

Esercitare l’arte delle domande

Per arrivare a fare delle scelte bisogna prima esercitarsi nell’arte delle domande e delle risposte. Chi si sente indifeso e in pericolo tende a costruirsi un’armatura interna che lo protegga da incursioni e curiosità esterne permettendogli di difendere i suoi segreti. Questa armatura e il silenzio che rimbomba al suo interno possono essere violati dalla forza delle domande che aiutano a formarsi un’opinione, a trovare delle risposte capaci di rompere il silenzio e l’isolamento, a valutare i pro e i contro, a fare delle scelte e a prendere delle decisioni.
Così come si impara a ragionare solo ragionando, si apprende a porsi delle domande continuando a porsene di nuove. In tema con la riflessione contenuta in questo testo, le domande sono sulla nostra relazione con la tecnologia, sugli effetti e sulle conseguenze che la tecnologia ha nelle nostre vite, sugli scenari futuri che si stanno palesando all’orizzonte, su cosa stiamo perdendo e su cosa stiamo guadagnando. Le risposte trovate non possono essere brevi e neppure servire per simulare vie di fuga possibili, spesso sperimentate fingendosi sordi o mostrandosi incapaci di comprendere.
Le domande possono essere semplici e ingenue, determinate e concise, finalizzate a capire come un dispositivo, una tecnologia o una piattaforma funzionino, da cosa siano caratterizzati, dal perché li si utilizzi e sul tempo che vi si sta dedicando («Quanto tempo passo online, e su Facebook?»). Domande più utili sono quelle più complesse, che puntano a cambiare prospettiva e punto di vista. Sono le cosiddette domande paradossali che nascono dall’ipotizzare futuri verosimili/inverosimili e le loro potenziali conseguenze («L’intelligenza artificiale mi ruberà il posto di lavoro?»).
Ci si può interrogare politicamente indagando i modelli, i meccanismi, le pratiche che caratterizzano ogni piattaforma tecnologica frequentata. Diventati esperti nell’arte di farsi delle domande sulle interazioni tecnologiche può succedere di sognarne di nuove. Legate ai mondi immaginari, utopici o distopici a cui la tecnologia fa da tramite. Sono le domande oniriche di Borges che aprono all’imprevedibile e all’innominabile e che hanno la potenzialità di favorire l’emergere di risposte inaspettate, in alcuni casi le più utili.
Infine, ci si può far aiutare accettando e traendo suggerimenti dalle domande di persone che, come me, sulla tecnologia hanno intrapreso da tempo un loro percorso di riflessione critica. Domande pensate per resistere al conformismo tecnofilo dilagante che ha rimosso il punto di domanda dalle pratiche quotidiane.
Chiedersi perché, come, cosa, a cosa e a chi serve, sono tutti elementi di un atteggiamento filosofico (tutti possiamo essere filosofi), interrogativo e investigativo finalizzato alla ricerca e alla scoperta, aperto alla conoscenza e alla migliore comprensione delle proprie relazioni e interazioni con le realtà digitali, e non solo. L’assenza di domande evidenzia l’insorgenza di un problema, pensare di avere già trovato tutte le risposte può significare che le domande poste non erano quelle giuste e accettare che «Le domande non sono mai indiscrete. Lo sono, talvolta, le risposte» (Oscar Wilde).

Un elenco di domande possibili

Un primo passo per porsi delle domande è cominciare a porsele. L’elenco che segue è il mio contributo per un utile inizio. Non è esaustivo ma la sua lunghezza evidenzia quanto sia diventato urgente interrogarsi sulla tecnologia. Sono domande che si stanno ponendo da tempo studiosi, filosofi, scrittori, sviluppatori di software, designer e semplici persone che percepiscono la forza trasformativa della tecnologia e gli effetti che ne derivano. Sono domande che suggeriscono a tutti di cimentarsi nella buona pratica di porsele, trasformandola in virtù.
Per ognuna delle domande qui elencate avrei potuto condividere le risposte che mi sono dato. Nessuna risposta sarebbe stata sufficiente a produrre il risultato della tecnoconsapevolezza che è alla base della riflessione di questo e-book. Le risposte contano meno delle domande, ognuno deve trovare il tempo e la voglia di porsene delle proprie. Da questo elenco può solo trarre utili indicazioni a vincere la resistenza che impedisce di porsene delle altre, a sbloccare ciò che impedisce loro di fare breccia facendole emergere.
Le mie sono domande pensate per catturare e orientare l’attenzione su tematiche specifiche, ognuna proposta per allargare la riflessione e lo sguardo su situazioni, tematiche e ambiti diversi. Prese tutte insieme permettono di abbra...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Technovisions
  3. Tecnoconsapevolezza e libertà di scelta
  4. Colophon
  5. Indice
  6. Il libro
  7. L'autore
  8. Premessa
  9. Introduzione
  10. Tempi moderni
  11. Tempi tecnologici
  12. Velocità e senso dell’urgenza
  13. Immersi in realtà multiverso
  14. Libertà di scelta ed emozioni
  15. Siamo scimmie intelligenti?
  16. Sentirsi liberi
  17. Gli strumenti che servono
  18. Alimentare il dubbio
  19. Gatti, asini e canarini, voliere, acquari e gabbie di vetro
  20. Attraversare la cornice del display
  21. Interrogarsi sulla solitudine
  22. Il potere degli algoritmi
  23. Poteri forti e monopolistici
  24. Le domande da porsi
  25. Scegliere è difficile
  26. Addestramento alla gentilezza
  27. Alcune considerazioni finali
  28. Disclaimer
  29. Webgrafia
  30. Bibliografia
  31. In questa collana
  32. Tutti gli ebook Bus Stop