I Cavalieri di Malta a Ferrara
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I Cavalieri di Malta a Ferrara

I Cavalieri di Malta e la loro presenza in Ferrara. Dante e l'enigma dei Cavalieri Gaudenti

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I Cavalieri di Malta e la loro presenza in Ferrara. Dante e l'enigma dei Cavalieri Gaudenti

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I rari argomenti trattati dallo storico ed esperto dei Cavalieri di Malta Paolo Sturla Avogadri in questo libro sono: I Cavalieri di Malta e la loro presenza in Ferrara ( Da Gerusalemme a Ferrara ) e Dante e l'enigma dei Cavalieri Gaudenti ( Dall'autentico significato di "gaudenti" allo scioglimento dell'Ordine ).

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Informazioni

Anno
2017
ISBN
9788826465593
Argomento
Storia

DANTE E L’ENIGMA DEI CAVALIERI GAUDENTI

DANTE E L’ENIGMA DEI CAVALIERI GAUDENTI (*)

Gaudente: un aggettivo che, se riferito ad un frate o a chi è ritenuto tale (1), diventa un epiteto e porta immediatamente a far sorridere e a pensare al protagonista di qualche “ dubbio” del Bandello o di qualche dimenticata novella del Boccaccio o dell’Aretino; ad un personaggio, insomma, dedito, più che all’ascesi e alla contemplazione, ai piaceri di una vita comoda, quando non addirittura licenziosa, sotto la compiacente copertura di un chiostro conventuale.
Neppure il nostro Sommo Poeta volle esimersi dall’etichettare di ipocrisia i nostri Cavalieri (ma forse non era totalmente nel giusto) con l’effetto di tramandarne in perpetuo il nome e il ricordo, relegando, appunto, nella “Bolgia degli Ipocriti” e gravati dalle plumbee “cappe rance” (2), due dei loro maggiorenti.
Chi di noi, sondando fra le reminiscenze scolastiche, non ricorda questi versi del canto XXIII dell’ Inferno?

Frati godenti fummo e bolognesi; 103
io Catalano e questi Loderingo
nomati, a da tua terra insieme presi
come suole esser tolto un uom solingo 106
per conservar sua pace; e fummo tali
ch’ancor sì pare intorno dal Gardingo.

Ma dei protagonisti di questa vicenda, Loderingo degli Andalò e Catalano dei Malavolti, parleremo più avanti, al momento opportuno.
Così, sull’eco di Dante, anche importanti storici come il Villani e il Muratori (3), nonché araldisti di fama e studiosi degli Ordini cavallereschi, oltre agli stessi commentatori della Divina Commedia, non hanno lesinato pesanti negatività sui Cavalieri Gaudenti, facendo addirittura risalire l’origine del nome alla “ qualitatem vitae” e, secondo loro, visto che “ sine labore vitabant et splendide epulabantur in otio”, la gente avrebbe cominciato a commentare e a chiedersi: Quales fratres sunt isti? Certe sunt fratres gaudentes! (4).
Tutto questo senza minimamente approfondire, e quindi scoprire, che l’origine del nome “ gaudente” non deriva da un sistema di vita, ma da una città francese: Saint Gaudens che fu teatro di una loro importante vittoria.
Ma, in effetti, rispetto agli altri Ordini monastico-militari (Templari, Ospitalieri di S. Giovanni (5), Teutonici, ecc.) che dovevano attenersi ad una “Regola” ferrea e restrittiva che imponeva tassativamente i voti di povertà, castità ed obbedienza, una differenza sostanziale esisteva: ai Gaudenti era concesso vivere nelle proprie case e prendere moglie, pur mantenendo la castità coniugale. Forse per questo, per dileggio, venivano chiamati “ capponi di Cristo” e le loro mogli “ pollastre”. Ad esse era concesso far parte dell’Ordine con compiti ospedalieri e di sussistenza: oggi le potremmo considerare, a tutti gli effetti, le antesignane delle Crocerossine.
E, pur se per tradizione viene considerato un Ordine “di casa nostra”, più precisamente bolognese con un’appendice nella Marca Trevigiana, le sue radici, come l’origine del nome, vanno ricercate un po’ più indietro nel tempo e, soprattutto, in un’altra latitudine.
Dobbiamo pertanto trasferirci idealmente in quella parte della Francia meridionale che i Romani chiamavano Gallia Narbonese e che noi conosciamo meglio come Liguadoca e Provenza: la terra dove les troubadours, i trovatori, componevano i versi dei sirventesi e delle ballate provenzali: chi non ricorda i nomi di Jaufrè Rudel, Bertran de Born, Pierre Vidal e di tanti altri ancora? Ma dove erano anche ambientati i grandi poemi cavallereschi di Chretien de Troyes, di Wolfram von Eschembach, di Robert de Boron, ecc., che, oltre all’ amor cortese, celebravano l’incessante ricerca di quell’“ oggetto misterioso” conosciuto come il Santo Graal.
E non a caso, prima di comporre, nella tranquillità di Ravello, la musica del suo capolavoro, Il Parsifal, Richard Wagner volle soggiornare in quel luogo emblematico, forse il più emblematico di tutta la Linguadoca, che è Montsegur, per poterne assorbire tutta la magica e drammatica atmosfera.
Una terra meravigliosa e misteriosa, la Linguadoca, situata fra il Basso Rodano, i Pirenei ed il Golfo del Leone, mèta per millenni di immigrazioni: le leggende ne parlano come il rifugio per gli scampati dall’immane cataclisma che distrusse la mitica Atlantide, la preistoria e la protostoria come il traguardo del misterioso popolo dei Portatori dei campi di urne (6), dei Veneti e dei Celti del Mare.
Un incredibile coacervo di differenti etnie, costumi, tradizioni e religioni con un affollatissimo Pantheon di divinità che esigevano aberranti sacrifici umani (7): Plinio il Vecchio, probabile testimone oculare, parlava addirittura di antropofagia, ovvero di cannibalismo rituale (8).
Forse proprio questo era il motivo per il quale i Romani, solitamente tolleranti con i culti dei popoli assoggettati, nei confronti dei Galli, ovvero dei Celti (9) e dei loro sacerdoti-maghi, i Druidi, erano inflessibili. Era ancora vivo, infatti, il ricordo di quando, guidati da Brenno, nel 390 a.C. avevano razziato Roma, successivamente, con Sigoveso, nel 219 a.C. l’Oracolo di Apollo a Delfi, nella Focide e nel 218 a.C., durante la II Guerra Punica avevano aiutato Annibale a passare le Alpi (10).
Anche la morfologia dei luoghi ha notevolmente contribuito a creare un’atmosfera di carattere esoterico, oserei dire inquietante, il che è confermato dalla persistenza di alcuni antichi toponimi:
- Roche Tremblante;
- Coume Sourde: vallata sovrastante un sistema di caverne dal quale provengono sordi boati, certamente causati dall’abbondante presenza di acque termali (11) e dalle correnti telluriche che gli antichi chiamavano wouivre: un termine intraducibile che però stava ad indicare un qualcosa di serpeggiante ed impalpabile. Questo wouivre sarebbe spesso riscontrabile nelle cripte e nel sottosuolo delle Cattedrali Gotiche, le Notre Dame, solitamente erette sui ruderi di luoghi di culto pagani (12);
- Lavaldieu: non la valle di Dio, ma delle antiche divinità semite Baal e Bèlenos. Esistono ancora le vestigia dell’antico tempio a loro dedicato;
- Sedia del Diavolo;
- Pic du Bec, ovvero il becco del corvo o della cornacchia: presagio negativo per i Celti;
- Pic du Bugarach, definito il Monte Sinai degli occultisti;
- Torre dell’Alchimista presso Rennes-le-Chateau, l’antica capitale dei Visigoti; ecc.
Fu certamente per tutte queste peculiarità che, fin dal V secolo, in quella regione trovarono un habitat ideale numerose correnti ereticali: Manichei, Priscilliani, Pauliciani, Ariani, Bogomili, Catari o Albigesi, ecc.
Così nel 1206, Domingo Guzman, Sottopriore dei Canonici di Osima (il futuro S. Domenico), facendo eco a quanto già mezzo secolo prima paventava San Bernardo di Clairevaux (il grande Abate dei Cistercensi), denunciava la necessità di estirpare l’eresia càtara che, partendo dalla città di Alby in Provenza, si stava paurosamente rafforzando in tutta la regione a causa, se non proprio dell’aiuto, della tolleranza e indifferenza delle grandi famiglie feudatarie (13).
Due anni dopo (1208) papa Innocenzo III (Lotario dei conti di Segni) bandiva la “ Crociata Albigese” e ne nominava quale comandante un nobile dell’Ile de France, Simone di Montfort, conte di Evreux e Leicester, condottiero valoroso quanto crudele e senza scrupoli; lo affiancava il Legato pontificio Arnaud Amaury.
In precedenza, però, il Pontefice aveva interpellato i Cavalieri Templari che non avevano dato la loro disponibilità perché impegnati nella Crociata contro l’Islam, in Terrasanta e in Ispagna (14).
Poi, non riuscendo a costituire un esercito adeguato per combattere Raimondo VI di Tolosa che proteggeva i Catari, Simone di Montfort nel 1209 istituiva una nuova compagine cavalleresca formata da cavalieri viventi nelle proprie case, le cui mogli, come si è detto, potevano fare parte dell’Ordine, impegnate in funzioni ospedaliere e di carità. L’Ordine veniva intitolato “ Milizia di Gesù Cristo”, ma i suoi componenti erano chiamati anche Cavalieri Predicatori o Tolosani.
Nell’estate dello stesso anno si mette in moto la grande macchina bellica, forte di 20.000 cavalieri e 200.00 fanti, nella quale sono inquadrati anche i nostri Cavalieri, con a capo Simone di Montfort nella duplice veste di loro Gran Maestro e comandante della Crociata.
Il primo loro obiettivo fu la città di Beziers. È sconcertante e quanto mai emblematico questo episodio: i Crociati, senza alcuna avvisaglia, il 22 luglio 1209 occuparono la città inerme ed attonita, promettendo agli abitanti che avrebbero avuto salva la vita ed i beni se avessero consegnato o denunciato gli eretici.
Al loro rifiuto cominciava un massacro indiscriminato, senza di...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. I CAVALIERI DI MALTA A FERRARA
  3. Indice
  4. Intro
  5. I CAVALIERI DI MALTA E LA LORO PRESENZA IN FERRARA
  6. Note
  7. Immagini 01
  8. Bibliografia
  9. DANTE E L’ENIGMA DEI CAVALIERI GAUDENTI
  10. Note
  11. Immagini 02
  12. Bibliografia
  13. Ringraziamenti