Decamerone. Le 5 più famose novelle
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Decamerone. Le 5 più famose novelle

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Decamerone. Le 5 più famose novelle

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Sono qua riportate le 5 più celebri novelle del Decamerone, del grande trecentista toscano Giovanni Boccaccio. Dall'ironica «San Ciappelletto» alla struggente «Federigo degli Alberighi in cerca di amore», dall'arguta «Il cuoco Chichibio e la gru con una gamba» alla spassosa «Predica di frate Cipolla» e all'irresistibile «Calandrino in cerca dell'Elitropia».

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Informazioni

Anno
2018
ISBN
9788829576272

SAN CIAPPELLETTO

Ser Cepparello con una falsa confessione inganna uno santo frate, e muorsi ed essendo stato un pessimo uomo in vita è morto reputato per santo e chiamato san Ciappelletto.

Covenevole cosa è, carissime donne, che ciascuna cosa la quale l’uomo fa, dallo ammirabile e santo nome di Colui il quale di tutte fu facitore le dea principio. Per che, dovendo io al vostro novellare, sì come primo, dare cominciamento, intendo da una delle sue maravigliose cose incominciare, acciò che, quella udita, la nostra speranza in Lui, sì come in cosa impermutabile, si fermi, e sempre sia da noi il suo nome lodato.
Manifesta cosa è che, sì come le cose temporali tutte sono transitorie e mortali, così in sé e fuor di sé essere piene di noia e d’angoscia e di fatica, e ad infiniti pericoli soggiacere; alle quali senza niuno fallo né potremmo noi, che viviamo mescolati in esse e che siamo parte d’esse, durare né ripararci, se spezial grazia di Dio forza e avvedimento non ci prestasse. La quale a noi e in noi non è da credere che per alcuno nostro merito discenda, ma dalla sua propia benignità mossa e da’ prieghi di coloro impetrata che, sì come noi siamo, furon mortali, e bene i suoi piaceri mentre furono in vita seguendo, ora con lui etterni sono divenuti e beati; alli quali noi medesimi, sì come a procuratori informati per esperienza della nostra fragilità, forse non audaci di porgere i prieghi nostri nel cospetto di tanto giudice, delle cose le quali a noi reputiamo opportune gli porgiamo. E ancora più in Lui, verso noi di pietosa liberalità pieno, discerniamo che, non potendo l’acume dell’occhio mortale nel segreto della divina mente trapassare in alcun modo, avvien forse tal volta che, da oppinione ingannati, tale dinanzi alla sua maestà facciamo procuratore che da quella con etterno essilio è scacciato; e nondimeno Esso, al quale niuna cosa è occulta, più alla purità del pregator riguardando che alla sua ignoranza e allo essilio del pregato, così come se quegli fosse nel suo conspetto beato, esaudisce coloro che ’l priegano. Il che manifestamente potrà apparire nella novella la quale di raccontare intendo: manifestamente, dico, non il giudicio di Dio ma quel degli uomini seguitando.
Ragionasi adunque che essendo Musciatto Franzesi di ricchissimo e gran mercatante in Francia cavalier divenuto e dovendone in Toscana venire con messer Carlo Senzaterra, fratello del re di Francia, da papa Bonifazio addomandato e al venir promosso, sentendo egli gli fatti suoi, sì come le più volte son quegli de’ mercatanti, molto intralciati in qua e in là, e non potersi di leggiere né subitamente stralciare, pensò quegli commettere a più persone, e a tutti trovò modo: fuor solamente in dubbio gli rimase, cui lasciar potesse sofficiente a riscuoter suoi crediti fatti a più borgognoni. E la cagion del dubbio era il sentire li borgognoni uomini riottosi e di mala condizione e misleali; e a lui non andava per la memoria chi tanto malvagio uom fosse, in cui egli potesse alcuna fidanza avere che opporre alla loro malvagità si potesse. E sopra questa essaminazione pensando lungamente stato, gli venne a memoria un ser Cepperello da Prato, il qual molto alla sua casa in Parigi si riparava: il quale, per ciò che piccolo di persona era e molto assettatuzzo, non sappiendo li franceschi che si volesse dire Cepparello, credendo che «cappello», cioè «ghirlanda», secondo il loro volgare a dir venisse, per ciò che piccolo era come dicemmo, non Ciappello, ma Ciappelletto il chiamavano: e per Ciappelletto era conosciuto per tutto, là dove pochi per ser Cepperello il conoscieno. Era questo Ciappelletto di questa vita: egli, essendo notaio, avea grandissima vergogna quando uno de’ suoi strumenti, come che pochi ne facesse, fosse altro che falso trovato; de’ quali tanti avrebbe fatti di quanti fosse stato richiesto, e quelli più volentieri in dono che alcun altro grandemente salariato. Testimonianze false con sommo diletto diceva, richiesto e non richiesto; e dandosi a que’ tempi in Francia a’ saramenti grandissima fede, non curandosi fargli falsi, tante quistioni malvagiamente vincea a quante a giurare di dire il vero sopra la sua fede era chiamato. Aveva oltre modo piacere, e forte vi studiava, in commettere tra amici e parenti e qualunque altra persona mali e inimicizie e scandali, de’ quali quanto maggiori mali vedeva seguire tanto più d’allegrezza prendea. Invitato ad un omicidio o a qualunque altra rea cosa, senza negano mai, volonterosamente v’andava, e più volte a fedire e ad uccidere uomini colle proprie mani si trovò volentieri. Bestemmiatore di Dio e de’ Santi era grandissimo; e per ogni piccola cosa, sì come colui che più che alcun altro era iracundo. A chiesa non usava giammai e i sacramenti di quella tutti come vil cosa con abominevoli parole scherniva; e così in contrario le taverne e gli altri disonesti luoghi visitava volentieri e usavagli. Delle femine era così vago come sono i cani de’ bastoni, del contrario più che alcun altro tristo uomo si dilettava. Imbolato avrebbe e rubato con quella coscienza che un santo uomo offerrebbe. Gulosissimo e bevitore grande, tanto che alcuna volta sconciamente gli facea noia: giucatore e mettitor di malvagi dadi era solenne. Perché mi distendo io in tante parole? egli era il piggiore uomo forse che mai nascesse. La cui malizia lungo tempo sostenne la potenzia e lo stato di messer Musciatto, per cui molte volte e dalle private persone, alle quali assai sovente faceva ingiuria, e dalla corte, a cui tuttavia la facea, fu riguardato.
Venuto adunque questo ser Cepparello nell’animo a messer Musciatto, il quale ottimamente la sua vita conosceva, si pensò il detto messer Musciatto costui dovere essere tale quale la malvagità de’ borgognoni il richiedea; e perciò, fattolsi chiamare, gli disse così: – Ser Ciappelletto, come tu sai, io sono per ritrarmi del tutto di qui, e avendo tra gli altri a fare co’ borgognoni, uomini pieni d’inganni, non so cui io mi possa lasciare a riscuotere il mio da loro più convenevole di te: e perciò, con ciò sia cosa che tu niente facci al presente, ove a questo vogli intendere, io intendo di farti avere il favore della corte e di donarti quella parte di ciò che tu riscoterai che convenevole sia.
Ser Ciappelletto, che scioperato si vedea e male agiato delle cose del mondo e lui ne vedeva andare che suo sostegno e ritegno era lungamente stato, senza niuno indugio e quasi da necessità costretto si diliberò, e disse che volea volentieri. Per che, convenutisi insieme, ricevuta ser Ciappelletto la procura e le lettere favorevoli del re, partitosi messer Musciatto, n’andò in Borgogna dove quasi niuno il conoscea: e quivi fuor di sua natura benignamente e mansuetamente cominciò a voler riscuotere e fare quello per che andato v’era, quasi si riserbasse l’adirarsi al da sezzo. E così faccendo, riparandosi in casa di due fratelli fiorentini, li quali quivi ad usura prestavano e lui per amor di messer Musciatto onoravano molto, avvenne che egli infermò: al quale i due fratelli fecero prestamente venire medici e fanti che il servissero e ogni cosa opportuna alla sua santà racquistare. Ma ogni aiuto era nullo, per ciò che ’l buon uomo, il quale già era vecchio e disordinatamente vivuto, secondo che i medici dicevano, andava di giorno in giorno di male in peggio, come colui ch’aveva il male della morte; di che li due fratelli si dolevano forte.
E un giorno, assai vicini della camera nella quale ser Ciappelletto giaceva infermo, seco medesimi cominciarono a ragionare: – Che farem noi – diceva l’uno all’altro – di costui? Noi abbiamo dei fatti suoi pessimo partito alle mani, per ciò che il mandarlo fuori di casa nostra così infermo ne sarebbe gran biasimo e segno manifesto di poco senno, veggendo la gente che noi l’avessimo ricevuto prima, e poi fatto servire e medicare così sollecitamente, e ora, senza potere egli aver fatta cosa alcuna che dispiacere ci debba, così subitamente di casa nostra e infermo a morte vederlo mandar fuori. D’altra parte, egli è stato sì malvagio uomo, che egli non si vorrà confessare né prendere alcuno sacramento della Chiesa; e, morendo senza confessione, niuna chiesa vorrà il suo corpo ricevere,...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. DECAMERONE. LE 5 PIÙ FAMOSE NOVELLE
  3. Indice
  4. Intro
  5. DECAMERONE. LE 5 PIÙ FAMOSE NOVELLE
  6. SAN CIAPPELLETTO
  7. FEDERIGO DEGLI ALBERIGHI IN CERCA DI AMORE
  8. IL CUOCO CHICHIBIO E LA GRU CON UNA GAMBA
  9. LA PREDICA DI FRATE CIPOLLA
  10. CALANDRINO IN CERCA DELL’ELITROPIA
  11. Ringraziamenti