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Rerum Vulgarium Fragmenta

Francesco Petrarca

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Rerum Vulgarium Fragmenta

Francesco Petrarca

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Il Canzoniere ( Rerum Vulgarium Fragmenta ) di Francesco Petrarca comprende 366 componimenti (365 come i giorni dell'anno più uno introduttivo), suddivisi in 317 sonetti, 29 canzoni, 9 sestine, 7 ballate e 4 madrigali. La maggior parte delle rime del Canzoniere è di argomento amoroso, una trentina sono di argomento morale, religioso o politico. Nei primi del Cinquecento, l'opera venne eletta a modello di eccellenza stilistica da Pietro Bembo.

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Informazioni

Anno
2019
ISBN
9788829592999
Argomento
Letteratura
Categoria
Poesia

CANZONIERE

(Rerum Vulgarium Fragmenta)

1
Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono
di quei sospiri ond’io nudriva ’l core
in sul mio primo giovenile errore
quand’era in parte altr’uom da quel ch’i’ sono,
del vario stile in ch’io piango et ragiono
fra le vane speranze e ’l van dolore,
ove sia chi per prova intenda amore,
spero trovar pietà, nonché perdono.
Ma ben veggio or sí come al popol tutto
favola fui gran tempo, onde sovente
di me medesmo meco mi vergogno;
et del mio vaneggiar vergogna è ’l frutto,
e ’l pentersi, e ’l conoscer chiaramente
che quanto piace al mondo è breve sogno.

2
Per fare una leggiadra sua vendetta
et punire in un dí ben mille offese,
celatamente Amor l’arco riprese,
come huom ch’a nocer luogo et tempo aspetta.
Era la mia virtute al cor ristretta
per far ivi et ne gli occhi sue difese,
quando ’l colpo mortal là giú discese
ove solea spuntarsi ogni saetta.
Però, turbata nel primiero assalto,
non ebbe tanto né vigor né spazio
che potesse al bisogno prender l’arme,
overo al poggio faticoso et alto
ritrarmi accortamente da lo strazio
del quale oggi vorrebbe, et non pò, aitarme.

3
Era il giorno ch’al sol si scoloraro
per la pietà del suo factore i rai,
quando i’ fui preso, et non me ne guardai,
ché i be’ vostr’occhi, donna, mi legaro.
Tempo non mi parea da far riparo
contra colpi d’Amor: però m’andai
secur, senza sospetto; onde i miei guai
nel commune dolor s’incominciaro.
Trovommi Amor del tutto disarmato
et aperta la via per gli occhi al core,
che di lagrime son fatti uscio et varco:
però al mio parer non li fu honore
ferir me de saetta in quello stato,
a voi armata non mostrar pur l’arco.

4
Que’ ch’infinita providentia et arte
mostrò nel suo mirabil magistero,
che crïò questo et quell’altro hemispero,
et mansüeto piú Giove che Marte,
vegnendo in terra a ’lluminar le carte
ch’avean molt’anni già celato il vero,
tolse Giovanni da la rete et Piero,
et nel regno del ciel fece lor parte.
Di sé nascendo a Roma non fe’ gratia,
a Giudea sí, tanto sovr’ogni stato
humiltate exaltar sempre gli piacque;
ed or di picciol borgo un sol n’à dato,
tal che natura e ’l luogo si ringratia
onde sí bella donna al mondo nacque.

5
Quando io movo i sospiri a chiamar voi,
e ’l nome che nel cor mi scrisse Amore,
LAUdando s’incomincia udir di fore
il suon de’ primi dolci accenti suoi.
Vostro stato REal, che ’ncontro poi,
raddoppia a l’alta impresa il mio valore;
ma: TAci, grida il fin, ché farle honore
è d’altri homeri soma che da’ tuoi.
Cosí LAUdare et REverire insegna
la voce stessa, pur ch’altri vi chiami,
o d’ogni reverenza et d’onor degna:
se non che forse Apollo si disdegna
ch’a parlar de’ suoi sempre verdi rami
lingua mortal presumptüosa vegna.

6
Sí travïato è ’l folle mi’ desio
a seguitar costei che ’n fuga è volta,
et de’ lacci d’Amor leggiera et sciolta
vola dinanzi al lento correr mio,
che quanto richiamando piú l’envio
per la secura strada, men m’ascolta:
né mi vale spronarlo, o dargli volta,
ch’Amor per sua natura il fa restio.
Et poi che ’l fren per forza a sé raccoglie,
i’ mi rimango in signoria di lui,
che mal mio grado a morte mi trasporta:
sol per venir al lauro onde si coglie
acerbo frutto, che le piaghe altrui
gustando afflige piú che non conforta.

7
La gola e ’l sonno et l’otïose piume
ànno del mondo ogni vertú sbandita,
ond’è dal corso suo quasi smarrita
nostra natura vinta dal costume;
et è sí spento ogni benigno lume
del ciel, per cui s’informa humana vita,
che per cosa mirabile s’addita
chi vòl far d’Elicona nascer fiume.
Qual vaghezza di lauro, qual di mirto?
Povera et nuda vai philosophia,
dice la turba al vil guadagno intesa.
Pochi compagni avrai per l’altra via:
tanto ti prego piú, gentile spirto,
non lassar la magnanima tua impresa.

8
A pie’ de’ colli ove la bella vesta
prese de le terrene membra pria
la donna che colui ch’a te ne ’nvia
spesso dal somno lagrimando desta,
libere in pace passavam per questa
vita mortal, ch’ogni animal desia,
senza sospetto di trovar fra via
cosa ch’al nostr’andar fosse molesta.
Ma del misero stato ove noi semo
condotte da la vita altra serena
un sol conforto, et de la morte, avemo:
che vendetta è di lui ch’a ciò ne mena,
lo qual in forza altrui presso a l’extremo
riman legato con maggior catena.

9
Quando ’l pianeta che distingue l’ore
ad albergar col Tauro si ritorna,
cade vertú da l’infiammate corna
che veste il mondo di novel colore;
et non pur quel che s’apre a noi di fore,
le rive e i colli, di fioretti adorna,
ma dentro dove già mai non s’aggiorna
gravido fa di sé il terrestro humore,
onde tal fructo et simile si colga:
così costei, ch’è tra le donne un sole,
in me movendo de’ begli occhi i rai
crïa d’amor penseri, atti et parole;
ma come ch’ella gli governi o volga,
primavera per me pur non è mai.

10
Glorïosa columna in cui s’appoggia
nostra speranza e ’l gran nome latino,
ch’ancor non torse del vero camino
l’ira di Giove per ventosa pioggia,
qui non palazzi, non theatro o loggia,
ma ’n lor vece un abete, un faggio, un pino
tra l’erba verde e ’l bel monte vicino,
onde si scende poetando et poggia,
levan di terra al ciel nostr’intellecto;
e ’l rosigniuol che dolcemente all’ombra
tutte le notti si lamenta et piagne,
d’amorosi penseri il cor ne ’ngombra:
ma tanto ben sol tronchi, et fai imperfecto,
tu che da noi, signor mio, ti scompagne.

11
Lassare il velo o per sole o per ombra,
donna, non vi vid’io
poi che in me conosceste il gran desio
ch’ogni altra voglia d’entr’al cor mi sgombra.
Mentr’io portava i be’ pensier’ celati,
ch’ànno la mente desïando morta,
vidivi di pietate ornare il volto;
ma poi ch’Amor di me vi fece accorta,
fuor i biondi capelli allor velati,
et l’amoroso sguardo in sé raccolto.
Quel ch’i’ piú desiava in voi m’è tolto:
sí mi governa il velo
che per mia morte, et al caldo et al gielo,
de’ be’ vostr’occhi il dolce lume adombra.

12
Se la mia vita da l’aspro tormento
si può tanto schermire, et dagli affanni,
ch’i’ veggia per vertù de gli ultimi anni,
donna, de’ be’ vostr’occhi il lume spento,
e i cape’ d’oro fin farsi d’argento,
et lassar le ghirlande e i verdi panni,
e ’l viso scolorir che ne’ miei danni
a ∙llamentar mi fa pauroso et lento:
pur mi darà tanta baldanza Amore
ch’i’ vi discovrirò de’ mei martiri
qua’ sono stati gli anni, e i giorni et l’ore;
et se ’l tempo è contrario ai be’ desiri,
non fia ch’almen non giunga al mio dolore
alcun soccorso di tardi sospiri.

13
Quando fra l’altre donne ad ora ad ora
Amor vien nel bel viso di costei,
quanto ciascuna è men bella di lei
tanto cresce ’l desio che m’innamora.
I’ benedico il loco e ’l tempo et l’ora
che sí alto miraron gli occhi mei,
et dico: Anima, assai ringratiar dêi
che fosti a tanto honor degnata allora.
Da lei ti vèn l’amoroso pensero,
che mentre ’l segui al sommo ben t’invia,
pocho prezando quel ch’ogni huom desia;
da lei vien l’animosa leggiadria
ch’al ciel ti scorge per destro sentero,
sí ch’i’ vo già de la speranza altero.

14
Occhi miei lassi, mentre ch’io vi giro
nel bel viso di quella che v’à morti,
pregovi siate accorti,
ché già vi sfida Amore, ond’io sospiro.
Morte pò chiuder sola a’ miei penseri
l’amoroso camin che gli conduce
al dolce porto de la lor salute;
ma puossi a voi celar la vostra luce
per meno obgetto, perché meno interi
siete formati, et di minor virtute.
Però, dolenti, anzi che sian venute
l’ore del pianto, che son già vicine,
prendete or a la fine
breve conforto a sí lungo martiro.

15
Io mi rivolgo indietro a ciascun passo
col corpo stancho ch’a gran pena porto,
et prendo allor del vostr’aere conforto
che ’l fa gir oltra dicendo: Oimè lasso!
Poi ripensando al dolce ben ch’io lasso,
al camin lungo et al mio viver corto,
fermo le piante sbigottito et smorto,
et gli occhi in terra lagrimando abasso.
Talor m’assale in mezzo a’tristi pianti
un dubbio: come posson queste membra
da lo spirito lor viver lontane?
Ma rispondemi Amor: Non ti rimembra
che questo è pr...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. CANZONIERE
  3. Indice
  4. Intro
  5. CANZONIERE
  6. Ringraziamenti
Stili delle citazioni per Canzoniere

APA 6 Citation

Petrarca, F. (2019). Canzoniere ([edition unavailable]). Tiemme Edizioni Digitali. Retrieved from https://www.perlego.com/book/2090920/canzoniere-rerum-vulgarium-fragmenta-pdf (Original work published 2019)

Chicago Citation

Petrarca, Francesco. (2019) 2019. Canzoniere. [Edition unavailable]. Tiemme Edizioni Digitali. https://www.perlego.com/book/2090920/canzoniere-rerum-vulgarium-fragmenta-pdf.

Harvard Citation

Petrarca, F. (2019) Canzoniere. [edition unavailable]. Tiemme Edizioni Digitali. Available at: https://www.perlego.com/book/2090920/canzoniere-rerum-vulgarium-fragmenta-pdf (Accessed: 15 October 2022).

MLA 7 Citation

Petrarca, Francesco. Canzoniere. [edition unavailable]. Tiemme Edizioni Digitali, 2019. Web. 15 Oct. 2022.