L'Editore ideale
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"Ho in mente una mia figura ideale di editore. Mi ci consolo, la sera dei giorni più tumultuosi, 5, 6 per ogni settimana, dopo aver scritto 10 lettere e 20 cartoline, rivedute le terze bozze del libro di Tilgher o di Nitti, preparati gli annunci editoriali per il libraio, la circolare per il pubblico, le inserzioni per le riviste, litigato col proto che mi ha messo un errore nuovo dopo 3 correzioni, mandato via rassegnato dopo 40 minuti di discussione il tipografo che chiedeva un aumento di 10 lire per foglio, senza concederglielo; aiutato il facchino a scaricare le casse di libri arrivate troppo tardi quando ci sono solo piú io ad aspettarlo, schiodata io stesso la prima cassa per vedere i primi esemplari e soffrire io solo del foglio che è sbiancato in una copia, e consolarmi che tutto il resto va bene, che né il legatore né il macchinista non han fatto nessuna gherminella alla […]; arrivato con 30 soli secondi di ritardo alla stazione dove tra un treno e l’altro devo combinare un contratto con un editore straniero, ricevute 20 telefonate, 10 facce nuove che vengono con le proposte più bislacche e bisogna sentire, per vedere l’idea che vi portano, scrutarle, scegliere il giovane da aiutare e il presuntuoso da metter subito alla porta.
Quattordici ore di lavoro al giorno tra tipografia, cartiera, corrispondenza, libreria e biblioteca (perché l’edi­tore dev’essere fondamentalmente uomo di biblioteca e di tipografia, artista e commerciante) non sono troppe anche per il mio editore ideale." «Lo Stato non professa un'etica, ma esercita un'azione politica.» (Piero Gobetti, La Rivoluzione Liberale) Piero Gobetti (Torino, 19 giugno 1901 – Neuilly-sur-Seine, 15 febbraio 1926) è stato un giornalista, filosofo, editore, traduttore ed antifascista italiano.

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Informazioni

Editore
Passerino
Anno
2019
ISBN
9788832545258
Argomento
Filología
Categoria
Publicación

L'inizio di un diario

23. VIII. 1919
Eccomi a cominciare degli appunti in cui dovrò andar concretando le mie esperienze, la mia vita vissuta. Un diario, come lo chiamano. La vita moderna è cosí esteriormente rapida, invadente, c'è tanto bisogno di leggere, di discutere che di rado si posson fare i conti con se medesimo. Voglio vedere se sono capace a fissare un po' i miei sentimenti e i miei pensieri, voglio sorprendere le mie contraddizioni, che anche ora sorprendo e spesso, ma solo per un attimo e senza conservarne l'esperienza. Io ho delle debolezze, ma le mie debolezze, i miei sconforti cedono sempre di fronte a un momento di attività, non esistono piú quando vedo l'attuarsi di qualche cosa di vivo, di grande, di spirituale. Credo che in questa storia di me stesso fatta ora per ora, nell'intensità del superamento del mio pensiero, nel culmine dell'attività e anche nel momento della stanchezza, della passività, saprò vedere quando mi parrà d'essere inutile il valore della vita. mezzogiorno Che cosa ho fatto stamattina? Non ho perso tempo. Ma ahimè che disordine. Ho letto Paradossi educativi di Prezzolini, ho tradotto una pagina di russo, ho letto un altro capitolo di Gentile, La filosofia di Marx, poi ho dovuto scrivere a editori, a amici. Mio Dio!
Non riesco a studiare sempre allo stesso argomento. Ho bisogno di riposarmi mutando. Poi lo riprendo. Mi par di acquistare piú lena. Ma faccio davvero bene o non mi disorganizzo sempre piú? Com'è vasta la cultura che devo conquistare! E non basta conquistare il vecchio. Bisogna anche produrre, creare quel po' che si può creare. Perciò faccio la rivista. Voglio impormi del lavoro. Trovarmi sempre di fronte a un compito piú grave che devo superare. Ma non farei meglio a raccogliermi in me e fare gli studi che mi garba con tutto il mio tempo? Forse. Ma mi parrebbe d'essere più piccolo. Voglio essere migliore che nei momenti in cui penso cosí. Dicono di me che lavoro che scarabocchio sulla rivista mia, che sono ambizioso arrivista, egoista. Chi sa? Mi parrebbe di essere piú egoista lavorando da solo senza badare a nessuno su [?] tutti gli altri. A questo modo son sicuro che farei molto e bene. Ma per la mia fama. E che me ne importa? Non è meglio prodigarsi oltre che per sé per gli amici, per gli altri, per la cultura di questa nostra povera patria. Non credo di esser altruista a questo modo. Quistioni di parole sciocche. Ma sono piú sublime egoista. Voglio aver dinanzi sempre concreta, viva, l'attività dello spirito, voglio veder me negli altri. sera Arriverà tra poco la mia dievocka meravigliosa. Io non sono mai stato cosí olimpicamente calmo, cosí fortemente sereno. Provo della gioia forse, ma piú che gioia quel senso di umanità perfetta che si sente solo nei momenti piú belli della vita nostra quando creiamo la verità. Sí ormai il mio affetto non è piú turbamento interno, non è piú tormentoso aspirare alla comprensione di un'anima o pretenzioso sentimento di esser utile a lei. Sento finalmente l'amore come verità, come serenità. E il mio sentimento non è piú qualcosa che figuri come un episodio, come un momento di me. È tutta la mia vita, e lo sforzo del passato, e la base per lo sforzo del futuro. Ahimè! noi pensiamo ancora l'amore come una cosa troppo esteriore, quando non è addirittura volgare. Noi di questo sentimento non riesciamo neanche a parlare come non sappiamo parlare senza arrossire o scherzare di tutte le nostre cose nobili. Mi pare di essere ormai a una visione piú vera e piú alta. Tanto che con tutta la profondità del mio sentimento son riuscito a vivere lontano da lei senza fremere o imprecare studiando, quasi tranquillo e solo con un senso limpido di estasi che mi trasportava quasi insensibilmente a lei e me la faceva trovar dinanzi ogni momento a [?] e ogni momento in colloquio col mio spirito. È perché qui l'identità delle anime si è realizzata davvero attraverso un processo lungo e instancabile di reciproca formazione che anche se era cosciente in me solo (lei nella purezza del suo affetto che è anche dedizione non voleva neanche pensare di avere dell'influenza, della capacità educativa) non era però meno vero reciprocamente. Il mio ideale l'ho incarnato in lei, l'avevo incarnato in lei già senza conoscerla, nella gentilezza del suo viso che parlava la voce del vero. Io sono stato tanto tempo un egoista. Un'educazione famigliare poco forte moralmente mi aveva tenuto sempre in uno stato di incoscienza morale. Da piccolo son stato sempre perverso con crudo senso di compiacimento, perché questo almeno ho avuto sempre indomabile – e pure ho cercato tante volte di domarlo, di soffocarlo – un senso invincibile di sincerità. Ho dovuto rifarmi un senso morale, un senso della vita forte a sedici anni, in gran parte a diciassette, e siccome m...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. L'editore ideale
  3. Indice
  4. L'infanzia
  5. Racconto interrotto
  6. Intenzioni
  7. L'inizio di un diario
  8. L'ora di un bilancio
  9. L'editore ideale
  10. Appunti per la tragedia cosmica della modernità
  11. Commiato